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Usa, Biden parla al Paese contro la violenza. Trump è già a Milwaukee

Di Stefano Vaccara

MILWAUKEE (STATI UNITI) (ITALPRESS) – In sole 24 ore da quando il rivale Donald Trump è sopravvissuto ad un tentativo di assassinio sabato pomeriggio, Joe Biden per la terza volta ha parlato domenica sera agli americani, questa volta dall’ufficio ovale della Casa Bianca. Il presidente ha detto alla nazione che ora bisogno tutti “abbassare la temperatura nella nostra politica”.
“Non possiamo, non dobbiamo seguire questa strada in America”, ha insistito, in un discorso trasmesso dalle tv in prima serata. “Non c’è posto in America per questo tipo di violenza, per qualsiasi violenza. Punto. Nessuna eccezione. Non possiamo permettere che questa violenza venga normalizzata”. Biden ha detto che si aspetta che Trump e i suoi alleati attacchino il suo record durante la Convenzione repubblicana che inizierà lunedì a Milwaukee, ma ha esortato gli americani a fare un passo indietro da una politica di odio e divisione che porta alla violenza. “Dibattiamo pure e continueremo a non essere d’accordo… Confrontiamo e contrapponiamo il carattere dei candidati, i documenti, le questioni, l’agenda, la visione per l’America, ma dobbiamo risolvere le nostre divergenze alle urne”. Il discorso di sei minuti del presidente arriva mentre l’F.B.I. sta indagando sulla sparatoria alla manifestazione come possibile attacco terroristico interno. Biden nel suo discorso ha ripetuto che finora le indagini dell’FBI non hanno trovato alcuna indicazione che Thomas Matthew Crooks – il giovane di 20 anni della Pennsylvania, che ha sparato al comizio da un tetto ferendo Trump ad un orecchio e uccidendo uno spettatore e ferendone altri due prima di essere a sua volta ucciso da un cecchino del secret service – facesse parte di un complotto più ampio e ancora si deve determinare il suo movente. Biden ha detto che restano diversi punti da chiarire. “Non conosciamo ancora il movente dell’attentatore, quali siano i suoi legami, se abbia avuto un sostegno da qualcuno”, ha detto. Biden aveva già detto precedentemente di aver chiesto una revisione della sicurezza nazionale e ha promesso di condividere i risultati con il popolo americano. Il presidente degli USA ha anche affermato di aver ordinato ai servizi segreti di rivedere le disposizioni di sicurezza per la convenzione repubblicana e di aver promesso che i servizi segreti avrebbero fornito a Trump “tutte le risorse e le misure protettive necessarie per garantire la sua continua sicurezza”. Ripetendo che le “differenze si risolvono alle urne e non con le pallottole”, Biden ha detto che “niente è ora più importante che restare uniti. La sparatoria di ieri al comizio di Donald Trump in Pennsylvania richiama tutti noi a fare un passo indietro”, e che non ci deve essere “violenza nelle nostre strade, solo così la democrazia può funzionare”. Intanto l’Fbi ha affermato di non aver trovato prove che Thomas Matthew Crooks avesse problemi di salute mentale e che il suo telefono, il fucile (che apparteneva al padre) e un possibile ordigno esplosivo “rudimentale” trovato tra i suoi averi sono stati inviati al laboratorio dell’FBI a Quantico, in Virginia. Si è saputo domenica che lo spettatore ucciso al raduno di Trump, era un italoamericano, Corey Comperatore, ex vigile del fuoco rimasto ucciso a 50 anni mentre si gettava addosso alla moglie e alle figlie per proteggerle col suo corpo dalle pallottole. Dopo il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, anche Biden nel suo discorso di domenica sera lo ha definito un eroe. Donald Trump intanto è arrivato domenica pomeriggio a Milwaukee, in Wisconsin, dichiarando che se in un primo momento col suo team aveva pensato di rimandare di un paio di giorni la partenza, ha poi deciso che il tentativo di ucciderlo non avrebbe dovuto cambiare nulla dei piani della convention, che inizia regolamente lunedì per terminare giovedì con l’ufficializzazione della sua nomination e un suo discorso conclusivo. A questo proposito, l’ex presidente, in un’intervista al “Washington Examiner”, ha rivelato di aver cambiato il suo discorso dopo i fatti di sabato. Trump ha detto che prima aveva intenzione solo di concentrarsi nell’attaccare Joe Biden e le sue politiche sbagliate. “Ora sarà un discorso ben diverso”, ha detto Trump, sarà “un’opportunità per unire il Paese” e “il mondo intero”.
(ITALPRESS).

Foto: Ipa Agency

Spari al comizio di Trump in Pennsylvania. In America torna l’incubo dell’assassinio politico

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di Stefano Vaccara
LOS ANGELES (ITALPRESS) – Durante un comizio in Pennsylvania, l’ex presidente Donald Trump è stato preso di mira da un cecchino appostato su un tetto. Una pallottola gli ha sfiorato l’orecchio e Trump sanguinante si è buttato subito a terra circondato dagli agenti del Secret Service. Intanto altri tiratori scelti appostati hanno sparato sull’attentatore e lo hanno ucciso. Tra gli spettatori si contano un morto e due feriti gravi. L’FBI ha iniziato le indagini mentre si sa che l’attentatore ha sparato da un tetto fuori dal recinto del comizio che sarebbe dovuto rimanere inaccessibile ed essere necessariamente controllato. Testimoni dicono di aver visto l’attentatore in tuta mimetica con un fucile salire sul tetto e di averlo indicato alla polizia, ma nessuno è intervenuto fino a quando sono partiti i primi colpi. Trump, prima di essere portato via sanguinante, ha voluto alzare il pugno in alto gridando ai suoi fan: “combattete, combattete”. Poi sui social ha mandato un messaggio in cui ha ringraziato il servizio segreto per averlo salvato facendo anche le condoglianze a chi ha perso un proprio caro. L’Fbi ha poi identificato l’attentatore: si tratta di Thomas Matthew Crooks, un ventenne della Pennsylvania.
Il suo staff conferma che lunedì Trump sarà regolarmente a Milwaukee per l’inizio della convention repubblicana, ma l’America e la sua democrazia, come ha detto anche il presidente Joe Biden nel condannare l’attentato a Trump, è sempre più malata. Tornano gli incubi del passato americano, quando negli anni Sessanta furono uccisi i fratelli Kennedy, Martin Luther King, Malcom X.
Chi era l’uomo che ha cercato di uccidere Donald Trump? Solo un pazzo isolato come chi attentò alla vita del presidente Ronald Reagan o qualcuno parte di un complotto politico?
-foto Ipa Agency-
(ITALPRESS).

Biden “Serve unità contro la violenza”

WASHINGTON (STATI UNITI) (ITALPRESS) – “L’unità è l’obiettivo più sfuggente di tutti, ma niente è più importante in questo momento. Un tentativo di assassinio è contrario a tutto ciò che rappresentiamo come nazione. In America non c’è posto per questo o qualsiasi altro tipo di violenza”. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in un breve discorso alla stampa alla Casa Bianca, in merito all’attentato a Donald Trump a Butler, in Pennsylvania, che ha causato il lieve ferimento dell’ex presidente.
Biden ha espresso il cordoglio ai familiari della vittima, un vigile del fuoco in pensione, e ha riferito di aver avuto una “breve ma piacevole conversazione” con Trump.
“Donald Trump è l’ex presidente. Ha già un livello elevatissimo di sicurezza e io ho ripetuto di dargli tutte le misure di sicurezza necessarie – ha detto ancora Biden -. Ho chiesto di potenziare tutti i provvedimenti di sicurezza. Questo nuovo piano sarà implementato già domani”. Il presidente ha anche annunciato un’indagine indipendente “sulla manifestazione di ieri per valutare esattamente cosa è successo”.

– Foto Ipa Agency –

(ITALPRESS).

Attentato a Trump, il momento più oscuro di un’America senz’anima

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di Gianfranco D’Anna
ROMA (ITALPRESS) – E’ uno dei momenti più oscuri degli Stati Uniti d’America.
L’attentato a Donald Trump evoca e moltiplica misteri e retroscena dell’assassinio a Dallas, nel 1963, del Presidente Kennedy. Un assassinio del quale le verità mai conosciute sono ancora, e probabilmente lo saranno per sempre, infinitamente maggiori dei particolari documentati e accertati. Dallas Texas, Butler Pennsylvania: stesse modalità, un cecchino appostato a distanza che poi viene ucciso, un fucile di precisione e un contesto confuso e caotico. L’unica enorme differenza é che Trump sia stato colpito di striscio all’orecchio destro e sia rimasto illeso.
Il sangue sul volto, l’espressione sconvolta, la gesticolazione convulsa, le grida di rabbia e di rivalsa di Trump sono entrate già nella storia ed hanno l’effetto di rimuovere tutte le gravi accuse spesso infamanti, le pesanti imputazioni processuali, i dubbi, le perplessità e in molti casi anche l’istintiva repulsione dell’opinione pubblica e soprattutto degli elettori americane nei confronti del temuto e discusso ex Presidente, candidato repubblicano alle presidenziali di novembre. Le scene epiche degli agenti del Secret Service che circondano, coprono e accompagnano quasi sollevandolo di peso Trump alla macchina blindata, sono destinate a rimanere nella memoria similmente alle immagini dei Marines americani che issano la bandiera a stelle e strisce a Iwo Jima, nel lontano 1945. Attimi infiniti, riproposti ininterrottamente, che spazzano come un fiume in piena il tormentone sulla senilità e l’inadeguatezza della ricandidatura di Joe Biden, con annesso travaglio sulla scelta del successore, e che proiettano l’America e l’Occidente in una inesplorata dimensione di incertezza democratica, di angoscia esistenziale e di interrogativi senza risposta. Un’America senz’anima, in preda ad una nebulosa di precarietà che rischia di trasformare un Paese autenticamente libero, un esempio di libertà costituzionale che ha finora rappresentato una delle più grandi e solide democrazie, in una nazione fragile in preda ad un oscuro marasma politico istituzionale. Non resta che sperare, come sostiene lo scrittore Paulo Coelho, che l’ora più buia sia quella che precede il sorgere del sole. Proprio come le prime parole dell’inno americano:”O say can you see, by the dawn’s early light”…
-foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).

Biden dice di essere il più qualificato, ma anche Obama non ci crede più

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Joe Biden sperava di riuscire con la conferenza stampa alla fine del vertice della NATO a rompere l’assedio dei sempre più numerosi deputati, senatori e governatori democratici al fortino della sua campagna elettorale, ma il suo tentativo appare fallito. Rispondendo giovedì sera per quasi un’ora ad una serie di domande di una decina giornalisti (reporter già “selezionati” in una lista che lui teneva in mano e da dove chiamava i nomi ma senza conoscere le domande), il più anziano presidente della storia degli Stati Uniti è riuscito a districarsi sulla politica estera e senza avere “pause mentali”, come gli erano capitate nel dibattito con Trump di due settimane fa, quelle che hanno scatenato la valanga di richieste di “gettare la spugna”. Ma nonostante sia stato capace di mantenere con una sufficiente lucidità le sue argomentazioni strategiche riguardo la NATO, la guerra in Ucraina o il conflitto in Medio Oriente, Biden non è mai riuscito a far dimenticare la sua età e quindi fragilità, ormai la vera miccia accesa prossima a far scoppiare la sua campagna presidenziale.
Biden ha cercato di disinnescare alcune domande sulla sua età, ma quando è arrivata la domanda sull’idoneità alla presidenza della sua vice Kamala Harris, ha risposto: “Non avrei scelto il vicepresidente Trump come vicepresidente se penso che non sia qualificata per essere presidente”, scambiando i nomi senza neanche accorgersene. “Il fatto è che penso di essere la persona più qualificata per candidarmi alla presidenza. L’ho battuto una volta e lo batterò ancora”, ha risposto, facendo un nuovo scambio di nomi dopo aver presentato, alla fine del vertice NATO, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky come “presidente Putin” (lì si è subito corretto, ma con Trump al posto di Harris no).
Da otto mesi Biden non teneva una conferenza stampa da solo e si è capito subito il perché. L’errore su Harris non è stato l’unico, come quando Biden ha detto che lui – il Commander-in-Chief degli USA – avrebbe consultato “il mio comandante in capo” su questioni riguardanti l’Ucraina.
Biden è riuscito durante la conferenza stampa a sfoggiare i suoi successi, parlando del calo dell’inflazione o della formula per far concludere un accordo tra Hamas e Israele per porre fine alla guerra a Gaza, o quando ha risposto in modo dettagliato sulla competizione economica e strategica con la Cina, apparendo sempre a suo agio nell’affrontare le questioni di politica estera.
Ma la maggior parte delle domande dei giornalisti riguardavano le richieste dei suoi compagni di partito di farsi da parte, che Biden ha respinto ma convincendo poco sulla motivazione: “Penso di essere la persona più qualificata per svolgere il lavoro” ha ripetuto. Quando gli è stato fatto notare che i sondaggi mostrano che “altri candidati potrebbero essere nella posizione migliore di battere Trump a novembre”, Biden ha ribattuto che “è difficile cominciare da zero una campagna elettorale”.
Rispondendo alle sollecitazioni dei giornalisti, Biden ha dovuto ammettere che la sua vicepresidente Kamala Harris sarebbe qualificata per guidare la Casa Bianca, ma ha insistito che lui resta la persona migliore per sconfiggere Donald Trump a novembre.
Eppure i sondaggi degli ultimi giorni mostrano che la vice Harris ha più probabilità di sconfiggere Trump…Alla domanda se avrebbe cambiato la sua decisione di rimanere in gara se il suo team gli avesse mostrato dei dati secondo cui Harris avrebbe battuto con più certezza Trump, Biden ha però risposto che non avrebbe abbandonato la gara.
“No”, ha detto, “a meno che non tornino e dicano che non sia possibile vincere per me. Ma nessuno lo dice”.
Quando una giornalista gli ha ricordato cosa lui stesso aveva affermato durante la campagna elettorale del 2020, e cioè che si considerava un candidato “ponte tra due generazioni”, chiedendogli cosa gli avesse ora fatto cambiare idea, Biden ha risposto: “La difficile situazione in cui ci troviamo. Mi rendo conto che sono il più qualificato per portare a termine il lavoro iniziato”.
Facendo riferimento alla sua esperienza da senatore, ha detto che dai tempi di “Lyndon Johnson non c’era un presidente che fosse riuscito a far approvare dal Congresso leggi come ho fatto io”.
A chi gli ha chiesto delle sue condizioni di salute, ha risposto così: “Mi sono sottoposto a tre significativi e intensi esami neurologici. Il più recente in febbraio e tutti hanno detto che sono in forma”, promettendo che se il medico glielo chiedesse farebbe un altro esame neurologico.
Biden non ha alcuna intenzione di mollare quindi, ma neanche gli esponenti del suo partito che intanto aumentano ogni giorno nella richiesta di voler cambiar candidato.
Trapela che nella campagna elettorale del presidente si spera di resistere all’assedio ancora per almeno tre giorni. Infatti lunedì inizierà la Convention Repubblicana a Milwaukee e tra i “resistenti” di Biden si spera che l’attenzione dei media si diriga tutta su Trump e sulla sua imminente scelta per la vice presidenza (in pole position appare il senatore dell’Ohio J.D. Vance), dando così un po’ di fiato al loro candidato per riprendersi.
Ma i democratici che non vogliono più Biden fanno allo stesso tempo filtrare una notizia “devastante”: colui che avrebbe potuto convincere la star di Hollywood George Clooney a non pubblicare l’editoriale bomba sul New York Times che esortava Biden a mollare, invece di fermarlo lo avrebbe addirittura sollecitato. Il nome dell’amico intimo e anche “complice” di Clooney? Barack Obama! Se fosse veramente così, che anche il presidente che lo scelse nel 2008 nel ticket ora lo abbandona, l’impresa del vecchio Joe Biden di restare in corsa diventerebbe una “mission impossible”.

– foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).

Vertice Nato rafforza sostegno a Kiev, Russia “Torna la guerra fredda”

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di Stefano Scibilia
WASHINGTON (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Il terzo giorno del summit della Nato è stato caratterizzato ancora una volta dall’unità nel cercare di adottare una politica di rafforzamento contro il presidente russo Vladimir Putin. Dopo aver ufficialmente avviato il trasferimento degli F16 e altri 40 miliardi a Kiev per i sistemi di difesa aerea, nel corso dell’incontro tra i leader dei 32 Stati membri è stato lanciato un appello alla Cina, invitata a non sostenere la Russia. Su questo tema si è espresso anche il vicepremier e ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che parlando a margine del vertice ha dato risalto a questo argomento: “La Cina deve svolgere un ruolo positivo che deve essere quello di convincere la Russia a tornare a più miti consigli quindi a chiudere questa stagione di guerra”.
Durante l’ultimo giorno di vertice i capi di Stato si sono incontrati nuovamente al Walter E. Washington Convention Center per una riunione del Consiglio Nord Atlantico che ha visto anche la partecipazione dei partner indo-pacifici.

Nelle ore precedenti il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha avuto un bilaterale con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il tema centrale del confronto è stato quello della collaborazione sui temi migratori. In un altro bilaterale, Meloni ha incontrato il neo primo ministro britannico, Keir Starmer, passndo “in rassegna l’ampio spettro delle relazioni bilaterali, reiterando l’intenzione di rafforzare l’azione di rilancio del partenariato strategico tra le due Nazioni in tutti i settori di mutuo interesse, inclusa la cooperazione nel contrasto alle migrazioni irregolari”, si legge in una nota dei Palazzo Chigi.
Meloni nel corso del vertice Nato ha più volte rassicurato gli alleati sul 2% del pil per le spese militari e sull’impegno per la quota italiana nel fondo da 40 miliardi annunciato dall’Alleanza Atlantica in favore dell’Ucraina.
Allo stesso tempo il ministro della Difesa Guido Crosetto ha firmato a margine del summit l’Elsa European Long-Range Strike Approach, un piano che ha l’obiettivo di “migliorare la nostra capacità, come europei, di sviluppare, produrre e fornire capacità nel campo degli attacchi a lungo raggio, che sono estremamente necessarie per scoraggiare e difendere il nostro continente”.

Successivamente i lavori hanno previsto una conferenza stampa congiunta con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il segretario generale della Nato Jens Stoltemberg: “Se vogliamo vincere, se vogliamo prevalere, se vogliamo salvare il nostro Paese e difenderlo, dobbiamo rimuovere tutte le limitazioni”, ha affermato Zelensky, che oltre a ringraziare gli alleati per il pacchetto di aiuti e per “il percorso irreversibile” verso l’adesione ha anche lanciato un allarme e sostenendo che l’Ucraina non può vincere la guerra con la Russia se gli Stati Uniti non eliminano i limiti all’uso delle loro armi per attaccare gli obiettivi militari della Russia. Allo stato attuale l’amministrazione Biden consente all’Ucraina di sparare armi in territorio russo solo allo scopo di reagire alle forze russe che la stanno attaccando o si preparano a farlo, temendo che un uso più ampio di armi di fabbricazione americana possa spingere la Russia ad ampliare il conflitto.
Il presidente ucraino è stato anche protagonista di un incontro con il presidente Joe Biden. Un’occasione in cui è stato reso noto un pacchetto di aiuti militari da 225 milioni di dollari che comprende anche un sistema missilistico Patriot per rafforzare le difese aeree dell’Ucraina contro un mortale assalto di attacchi aerei russi.

Una scelta che deriva anche dal recente attacco missilistico in un ospedale pediatrico di Kiev alla vigilia del vertice Nato, un segno che dimostra, al di là della retorica degli incontri che si sono a Washington, che il percorso verso la pace è tutt’altro che semplice. Mentre gli alleati della Nato parlavano di un percorso irreversibile verso l’adesione dell’Ucraina, Dmitry Medvedev, vicecapo del Consiglio di sicurezza russo, ha dichiarato che la Russia dovrebbe “fare in modo che questo percorso irreversibile dell’Ucraina verso la Nato porti alla scomparsa dell’Ucraina o della Nato, o meglio di entrambe”.
Ulteriore elemento che sta creando diverse tensioni in questi giorni in questi giorni tra la Russia e la Nato è dato dalla decisione degli Stati Uniti di posizionare missili a lungo raggio in Germania. La Casa Bianca ha annunciato tale decisione nella giornata di mercoledì, con il provvedimento che è stato accolto in modo favorevole dal cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Immediata la reazione del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov: “Stiamo procedendo con passo deciso verso la Guerra Fredda”, ha detto alla tv di Stato russa. La Casa Bianca ha reso noto che gli “schieramenti episodici” di missili a lungo raggio in Germania inizieranno nel 2026.
I leader della Nato, pur promettendo che un giorno l’Ucraina diventerà un membro dell’Alleanza, hanno affermato che ciò potrà accadere solamente dopo la guerra con la Russia e quando gli alleati si saranno messi d’accordo su tutte le condizioni da soddisfare.
Nell’ultimo giorno del vertice il presidente Zelensky, oltre alla conferenza stampa congiunta con il Segretario Generale Stoltenberg, si è anche unito ai leder alleati per una riunione del Consiglio Nato-Ucraina, un forum istituito un anno fa per consentire ai 32 alleati e a Kiev di incontrarsi per condividere informazioni e preoccupazioni sul conflitto in corso.

– Foto xp6/Italpress –

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Stoltenberg “Il futuro dell’Ucraina è nella Nato”

WASHINGTON (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Il “futuro dell’Ucraina” è nella Nato e Kiev si muove irreversibilmente lungo un percorso in direzione dell’Alleanza Atlantica. Lo ha affermato Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, durante la conferenza stampa congiunta con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a margine del vertice di Washington.
“La riduzione delle restrizioni all’utilizzo delle armi a lungo raggio fornite dagli alleati all’Ucraina, che consente di colpire obiettivi militari in territorio russo, rientra nel quadro del diritto di autodifesa”, ha chiarito Stoltenberg.
“Ci aspettiamo che nuovi sistemi di difesa siano consegnati velocemente per salvare più vite possibili. Se vogliamo vincere abbiamo bisogno che i nostri partner eliminino tutte le restrizioni sugli attacchi con le loro armi in territorio russo”, ha detto Zelensky, che si è detto “convinto che l’Ucraina sia vicina all’ingresso nella Nato. Il prossimo passo sarà l’invito formale e poi la piena membership”.

– Foto xp6/Italpress –

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Ellafi “Italia paese chiave per forum migrazione di Tripoli”

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ROMA (ITALPRESS) – L’Italia è considerata un paese chiave su più livelli per la Libia e in particolare in vista del forum del 17 luglio delle migrazioni di Tripoli. A dirlo, in un’intervista alla Italpress, il ministro di Stato per la Comunicazione e gli Affari politici del Governo di unità nazionale della Libia con sede a Tripoli, Walid Ellafi. “La posizione geografica dell’Italia, la sua influenza sulla questione migratoria e il suo rapporto con la Libia e i paesi del Mediterraneo meridionale sono tutti fattori che rendono il contributo italiano una questione centrale. Essa non si limita a fornire supporto tecnico, logistico e tecnico nel quadro della cooperazione in materia di sicurezza, ma va piuttosto oltre ciò che può essere fornito attraverso il partenariato, l’integrazione economica e commerciale e l’avanzamento di progetti di sviluppo vitali”, ha spiegato. Il forum di mercoledì prossimo servirà a “creare un gruppo di lavoro dei paesi partecipanti e dei paesi interessati, per lavorare per attuare la visione del forum basata sul passaggio da approcci unilaterali alla sicurezza verso approcci globali allo sviluppo”, ha aggiunto. Il gruppo di lavoro sarà “responsabile dell’identificazione delle aree economiche vitali per lo sviluppo in ciascuno paese e la determinazione degli strumenti e dei metodi di finanziamento”, ha concluso. Saranno 11 i Paesi presenti al forum, che avrà come obiettivo quello di trovare soluzioni pratiche al problema dell’immigrazione. Secondo Ellafi l’iniziativa rappresenta una visione strategica sulla questione dell’immigrazione in collaborazione con i paesi europei e africani. Al forum parteciperanno Italia, Malta, Niger, Ciad, Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Sudan, Algeria, Tunisia e Paesi Bassi, oltre alla Lega Araba, all’Unione Africana e all’Unione Europea. Il ministro dell’Interno Trabelsi ha affermato che la crisi migratoria è peggiorata nel Paese da 10 anni e quest’anno ha raggiunto il suo picco. Il numero di migranti irregolari in Libia, secondo Trabelsi, ha raggiunto i 2,5 milioni, indicando che la Libia si è trasformata da paese di transito a paese di residenza. Il ministro ha invitato le forze armate dell’est della Libia a cooperare per proteggere il confine meridionale.
(ITALPRESS).
– Foto: fonte ministero dell’Interno libico –