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Giorgio Armani sarà a New York per il nuovo building in Madison Avenue

MILANO (ITALPRESS) – Dopo la One Night Only a New York del 2013, Giorgio Armani torna a New York con un evento che celebra l’apertura del nuovo building in Madison Avenue, interamente riprogettato per includere unità residenziali, l’Armani/Ristorante e le nuove boutique Giorgio Armani e Armani/Casa. “Un progetto importante che conferma lo stretto rapporto dello stilista con la città”, si legge in una nota.
L’evento, che si terrà il 17 ottobre, prevede una sfilata seguita da un after party.
“Sono felice di tornare a New York per celebrare un progetto molto importante. La mia presenza in questa città è sempre stata significativa e ha segnato momenti fondamentali della mia carriera. L’apertura di Madison Avenue è un traguardo personale importante perchè concretizza la mia visione dello stile nella città che forse per prima l’ha davvero accolta”, ha dichiarato Giorgio Armani.

– Foto ufficio stampa Giorgio Armani –

(ITALPRESS).

Dichiarazione Normandia “No all’uso della forza per cambiare confini”

ROMA (ITALPRESS) – “Riuniti oggi nella ricorrenza dell’80° anniversario dello sbarco in Normandia per commemorare il sacrificio di tutti coloro che hanno liberato l’Europa dall’oppressione, ricordiamo gli ideali e i principi per cui essi hanno combattuto”. Inizia così la dichiarazione congiunta di Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Monaco, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia, Stati Uniti e Ucraina. Alla cerimonia che si è svolta a Omaha Beach era presente tra gli altri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“A ottanta anni di distanza, tali ideali continuano a guidare ogni nostra azione, in quanto rappresentano gli elementi fondanti della pace e della sicurezza globale. Sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite e difesi dagli alleati della NATO fin dalla firma del Trattato di Washington, 75 anni fa, questi principi sono nuovamente sotto attacco diretto nel continente europeo”, si legge ancora nella dichiarazione congiunta.
“Dinanzi ad una guerra di aggressione illegittima, i nostri Paesi riaffermano la loro adesione congiunta a questi valori fondamentali – prosegue il testo -: In primo luogo, sosteniamo l’integrità territoriale degli Stati sovrani. I confini non possono essere modificati con la forza. In secondo luogo, rifiutiamo l’uso della forza come mezzo per risolvere le controversie. La nostra Alleanza e i nostri partenariati sono rigorosamente difensivi e non pongono alcuna forma di minaccia alla sicurezza di un altro Stato. Il nostro fine collettivo è salvaguardare e preservare la pace. In terzo luogo, rispettiamo la libertà di tutti gli Stati di scegliere le proprie relazioni in materia di sicurezza e il loro diritto di far parte o meno di alleanze. Si tratta dell’espressione della sovranità nazionale e del desiderio di sicurezza e stabilità che tutti condividiamo. Quarto, ci impegniamo a rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, ivi inclusa la libertà di pensiero, coscienza, religione o credo, per tutti indistintamente. In quinto luogo, sosteniamo il diritto di tutti i popoli di definire liberamente il proprio status politico in virtù del diritto all’autodeterminazione, in conformità con il diritto internazionale”.
“In sesto luogo, promuoviamo l’accesso di tutte le persone a notizie e informazioni attendibili, nonchè un ambiente informativo digitale aperto, sicuro e protetto. La tutela di un settore giornalistico e mediatico libero, indipendente e pluralistico è essenziale per il raggiungimento di tale obiettivo – spiegano i Paesi firmatari -. In settimo luogo, promuoviamo scambi economici pacifici, legami tra le persone e la cooperazione internazionale al fine di promuovere la sicurezza e la prosperità in Europa e nel mondo. Questi i principi universali che costituiscono il fulcro del nostro impegno collettivo per la pace e la sicurezza. Sono stati la pietra miliare dell’alleanza tra gli Stati Uniti, il Canada e i Paesi europei fin dalla Seconda guerra mondiale. Oggi questi principi si confermano al centro del nostro impegno con il resto del mondo, in quanto aspiriamo a favorire norme su scala globale, a promuovere i valori, e a sostenere lo sviluppo sostenibile per tutti. Essi ci guidano nella nostra incrollabile determinazione a sostenere l’Ucraina nella sua autodifesa dalla guerra di aggressione russa – per tutto il tempo che sarà necessario – e a ripristinare la pace in Europa. Dal momento che ci viene tragicamente ricordato che la pace non è eterna e che la sicurezza non è scontata, gli sforzi volti a rafforzare la nostra difesa comune e la nostra azione di deterrenza sono quanto mai necessari. Riaffermiamo la centralità della NATO per la sicurezza europea e l’importanza di una difesa europea più solida e capace in grado di contribuire positivamente alla sicurezza globale e transatlantica. Siamo consapevoli che c’è ancora molto da fare. Quando ottanta anni fa i soldati alleati sbarcarono in Normandia, stavano solo iniziando il loro lungo ed eroico cammino verso la vittoria. Fu una vittoria della libertà e di tutti i principi che ci sono cari, che costituiscono le fondamenta stesse del nostro ordine globale e che oggi sono nuovamente minacciati. Nel commemorare il loro coraggio, ricordiamo anche il nostro dovere storico di proteggere tali ideali», concludono Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lussemburgo, Monaco, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia, Stati Uniti e Ucraina.

– Foto ufficio stampa Quirinale –

(ITALPRESS).

“Trame Sarde” all’Istituto Italiano di Cultura di Madrid

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MADRID (SPAGNA) (ITALPRESS) – L’Istituto Italiano di Cultura di Madrid ha dato il via ieri sera a “Trame Sarde”, un programma di eventi ideato in occasione della Festa della Repubblica Italiana, quest’anno dedicata alla Sardegna. “Abbiamo scelto questo titolo perché una trama si tesse con fili diversi, tutti importanti e tutti parte di un insieme – ha dichiarato Marialuisa Pappalardo, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Madrid – Per la Sardegna, abbiamo immaginato una trama complessa, fatta di fili preziosi e colorati che danno forma a un disegno originale, di grande suggestione e creatività. E´ la straordinaria cultura di quest’isola, in cui storia, sapori, tradizioni, musica e poesia si uniscono per comporre una trama affascinante e unica che, con il nostro progetto, vogliamo farvi conoscere e apprezzare ancora di più”. Fino a domani l’isola è grande protagonista nella sede dell’Istituto Italiano di Cultura. Attraverso la musica, la letteratura, il teatro, i costumi della tradizione e i sapori della cucina sarda, il pubblico sarà accompagnato in un viaggio nella ricchissima cultura sarda, rendendo omaggio a grandi personalità come Grazia Deledda e con uno sguardo alla contemporaneità grazie alla presenza di scrittori quali Marcello Fois e Paola Soriga e artisti come Gavino Murgia. Per l’ambasciatore Giuseppe Buccino Grimaldi, presente all’inaugurazione, “la Sardegna è al centro delle celebrazioni della Festa della Repubblica italiana di quest’anno, con la sua storia, la sua scienza, la sua arte, la sua cultura, la sua cucina, con attività programmate dal Sistema Italia durante tutta la settimana, in tutta la Spagna. Ringrazio in particolare l’Istituto italiano di Cultura di Madrid e la sua Direttrice Marialuisa Pappalardo per una programmazione culturale, ancora una volta, ricca e di grande rilevanza”. L’inaugurazione di Trame Sarde è stata arricchita dalla presenza di 7 costumi storici della tradizione sarda provenienti dalla prestigiosa collezione del Museo delle Civiltà di Roma, portati a Madrid appositamente per l’occasione grazie alla collaborazione con il Muciv. Francesco Aquilanti, in rappresentanza del Museo delle Civiltà di Roma, ha presentato questi capolavori – una piccola ma significativa rappresentanza degli oltre novecento costumi regionali che arricchiscono le collezioni del Museo – che, con la loro maestria manifatturiera e fantasia, esaltano la ricchezza delle tradizioni dell’isola. “I costumi che abbiamo portato presso l’Istituto in occasione di questi eventi sulla Sardegna – ha affermato Aquilanti – appartengono alla ricchissima collezione raccolta agli inizi del Novecento per il Museo Nazionale di Arti e Tradizioni popolari, recentemente confluito nel Museo delle Civiltà. Rappresentano tre aree dell’isola: il nord, il centro e il sud. Si tratta di una parte minima anche se significativa della ricchissima collezione di costumi del Museo, la cui scelta comunque ha dovuto far torto ai tanti, altrettanto meravigliosi e stupefacenti, che rappresentavano le altre località dell’Isola”. (ITALPRESS).
– Foto: Matteo Rovella Pictures / IIC Madrid –

Il Marocco sostiene il piano Biden per Gaza

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RABAT (MAROCCO) (ITALPRESS) – Il Marocco ha dichiarato attraverso un comunicato ufficiale il suo sostegno alla proposta lanciata dal presidente Biden per un cessate il fuoco in Gaza. Il Marocco è il primo paese arabo ed islamico a dare il suo sostegno alla proposta americana.
Nel comunicato si legge che il Regno, sotto la guida del Sovrano Mohammed VI che presiede il Comitato Al Quds, sottolinea l’importanza delle proposte presentate dal Presidente degli Stati Uniti d’America, volto a promuovere l’instaurazione di un cessate il fuoco duraturo a Gaza, l’accesso agli aiuti umanitari, la protezione dei civili, il ritorno degli sfollati, nonché la ricostruzione delle aree distrutte. Il Marocco auspica che le diverse parti interessate aderiscano a questa iniziativa e si impegnino a realizzarne le diverse fasi.
Il paese nord africano, conclude il comunicato, continua a credere che una pace duratura in Medio Oriente richieda inevitabilmente una soluzione a due Stati: uno Stato palestinese, ai confini del giugno 1967, con Gerusalemme Est come capitale, che convive fianco a fianco con uno Stato israeliano.

– foto: MAP –
(ITALPRESS).

Trump sospettato di “comprare” dipendenti-testimoni dei processi

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Un articolo dell’autorevole giornale d’inchiesta on-line Pro-Publica, ha lanciato un sospetto che potrebbe avere altri gravi risvolti giudiziari per Donald Trump: diversi testimoni dei vari procedimenti penali contro l’ex presidente e che lavorano per lui, avrebbero ottenuto aumenti di stipendio, nuovi posti di lavoro e altri benefici poco prima o subito dopo la loro testimonianza alle autorità. Per la legge americana, concedere benefici per influenzare i testimoni durante un procedimento giudiziario costituisce un crimine, anche se é un reato molto difficile da provare. Secondo l’inchiesta ben nove testimoni dei procedimenti penali contro l’ex presidente che lavorano o hanno lavorato nella campagna elettorale di Trump, hanno ricevuto significativi benefici finanziari, tra cui ingenti aumenti di stipendio, indennità di fine rapporto, nuovi posti di lavoro e una concessione di azioni e contanti dalla società di media sempre di proprietà di Trump. Secondo l’analisi di Pro-Publica, un assistente elettorale della campagna di Trump ha raddoppiato la sua paga da 26.000 a 53.500 dollari al mese. Un altro dipendente ha ricevuto un pacchetto di buonuscita di 2 milioni di dollari che, sempre secondo Pro-Publica, lo avrebbe spinto a non collaborare volontariamente con le forze dell’ordine. Secondo l’inchiesta giornalistica, un alto funzionario della campagna elettorale ha fatto assumere sua figlia nello staff, dove ora sarebbe diventata la quarta dipendente più pagata. Un altro assistente ha ricevuto una posizione privilegiata nel consiglio di amministrazione della società di social media di Trump ottenendo il posto dopo essere stato citato in giudizio e ancora prima di testimoniare. Modifiche significative alla situazione lavorativa di un dipendente – come bonus, aumenti salariali, licenziamenti o promozioni – possono costituire prova di un reato se esulano dal normale svolgimento dell’attività. I pubblici ministeri dovrebbero riuscire a dimostrare che i vantaggi o le punizioni erano destinati a influenzare le testimonianze, un reato molto difficile da provare. Secondo molti avvocati intervistati da Pro-Publica, la situazione in cui si trova Trump – nel doppio ruolo di imputato e datore di lavoro di molte delle persone che sono stati chiamati come principali testimoni dei suoi presunti crimini – non è insolita. Però il consiglio che di solito gli avvocati danno ai loro clienti è quello di non fornire benefici o penalità insoliti ai dipendenti chiamati a testimoniare. Anche se questi vantaggi non avessero avuto lo scopo di influenzare i testimoni, potrebbero comunque portare gravi danni a Trump in eventuali processi futuri perché i pubblici ministeri potrebbero riuscire a minare la credibilità di quegli assistenti sul banco dei testimoni. Rispondendo alle domande poste da Pro-Publica, un funzionario della campagna di Trump ha affermato che eventuali aumenti o altri benefici forniti ai testimoni erano il risultato del fatto che avevano assunto più lavoro a causa della campagna o perché avevano assunto nuovi incarichi. Il funzionario ha aggiunto che lo stesso Trump non è mai stato coinvolto nel determinare quanto viene pagato il personale della campagna elettorale e che il compenso è interamente delegato ai massimi leader della campagna. “Il presidente non è coinvolto nel processo decisionale”, ha detto il funzionario. “Direi che Trump non sa quanto veniamo pagati”. Il portavoce della campagna di Trump2024, Steven Cheung, ha affermato in una dichiarazione riportata da Pro-Publica che “la campagna Trump del 2024 è l’operazione più ben gestita e professionale nella storia politica”. Qualsiasi falsa affermazione secondo cui siamo impegnati in qualsiasi tipo di comportamento che possa essere considerato una manomissione è assurda e completamente falsa”. Un avvocato di Trump, David Warrington, ha già inviato a ProPublica una lettera in cui minaccia una querela se l’articolo fosse stato pubblicato. La lettera avvertiva che se il quotidiano e i suoi giornalisti “continueranno la loro sconsiderata campagna di diffamazione, il presidente Trump valuterà tutti i rimedi legali”.
(ITALPRESS).
– Foto: Ipa Agency –

Resta l’incertezza sull’ipotesi di accordo tra Israele e Hamas

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Regna ancora l’incertezza nel governo israeliano sull’ipotesi di accordo presentata dagli Stati Uniti e accettata da Hamas. Sotto le pressioni e le minacce a cui è stato esposto nei giorni scorsi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, di sciogliere il suo governo da parte di ministri della destra, il portavoce del governo di Gerusalemme oggi sembra giustificare la confusione che circonda la proposta presentata dal presidente americano Joe Biden di un cessate il fuoco a Gaza. David Mincer, citando Netanyahu, ha confermato che Biden ha pubblicato solo alcuni dettagli durante la presentazione del piano per porre fine alla guerra a Gaza venerdì scorso. Ha anche aggiunto che Netanyahu ha detto che “la guerra si fermerà con l’obiettivo di restituire i prigionieri, ma poi andremo avanti con altre discussioni”, in quello che sembra essere una ripetizione del rifiuto di Israele di fermare definitivamente l’attacco ad Hamas. “La guerra finirà con l’obiettivo di restituire gli ostaggi”, ha aggiunto, e poi si discuterà su come raggiungere l’obiettivo bellico di eliminare Hamas. Ciò è avvenuto dopo che l’ufficio di Netanyahu ha confermato in una dichiarazione separata che “le accuse secondo cui il governo avrebbe accettato un cessate il fuoco senza rispettarne le condizioni sono errate”. Ma anche dopo che il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, partner della coalizione di governo, ha ripetuto la sua minaccia di dimettersi, accusando il primo ministro di aver temporeggiato nell’informarlo del progetto di accordo che è oggetto di controversia nel Paese. Lo ha anche accusato di aver tentato di “insabbiare” la proposta che aveva presentato in precedenza a Biden, prima che il presidente degli Stati Uniti la affrontasse pubblicamente venerdì scorso, presentandone i dettagli. A sua volta, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha minacciato di dimettersi e di sciogliere il governo, sottolineando che se Netanyahu accetterà qualsiasi accordo a Gaza, lavorerà contro di lui. Nel frattempo, le famiglie dei prigionieri, così come l’opposizione, stanno facendo pressioni sul governo affinché vada avanti con qualsiasi accordo che porti al loro rilascio. La prima fase della proposta in discussione prevede il rilascio di circa 33 prigioniere donne e ferite, in cambio di centinaia di palestinesi. Mentre la seconda fase prevede il rilascio di tutti i prigionieri israeliani, compresi i soldati, il ritorno degli sfollati palestinesi nelle loro aree, nonché il ritiro delle forze israeliane da quelle aree, quindi la cessazione definitiva dei combattimenti e il completo ritiro dell’esercito israeliano da tutta Gaza, affinché nella terza e ultima fase si parli della ricostruzione della Striscia distrutta. Hamas ha invece risposto positivamente alla proposta di accordo sugli ostaggi, ma al contempo vuole la garanzia degli Stati Uniti sulla conclusione delle operazioni di Israele nella Striscia di Gaza. Lo riporta il quotidiano israeliano “Haaretz”, citando fonti di Hamas, secondo cui i vertici del movimento hanno informato i mediatori di Qatar ed Egitto su “una garanzia ufficiale da parte degli Stati Uniti che Israele applicherà tutte le condizioni dell’accordo, sottolineando la richiesta del cessate il fuoco”. Eppure per Netanyahu la proposta di accordo Usa è “incompleta”. Parlando alla commissione Affari esteri e Difesa della Knesset, il parlamento monocamerale dello Stato ebraico, il premier ha sostenuto che ci sono “lacune” tra la versione israeliana e quanto annunciato dal presidente statunitense. (ITALPRESS).
– Foto: Ipa Agency –

Messico, Claudia Sheinbaum primo presidente donna

ROMA (ITALPRESS) – Claudia Sheinbaum ha vinto le elezioni presidenziali in Messico. Un successo storico visto che è il primo presidente donna. La candidata della sinistra ha battuto la sua principale avversaria, Xochitl Galvez, che ha chiamato la Sheinbaum ammettendo la sconfitta.

foto: IPA Agency

(ITALPRESS).

Washington, i cittadini si dividono sulla condanna di Donald Trump

Di Stefano Scibilia

WASHINGTON (STATI UNITI) (ITALPRESS) – I 12 giurati hanno espresso il loro verdetto giudicando l’ex presidente Donald Trump colpevole all’unanimità nel processo a New York. E’ la prima volta nella storia degli Stati Uniti che un ex presidente americano
subisce una condanna in un processo penale. In questo modo Trump diventa anche il primo condannato a correre per la Casa Bianca come pregiudicato e intanto i cittadini americani si dividono su questa sentenza. La reazione istantanea di Trump è stata quella di giudicare una farsa il processo ai suoi danni. Della stessa opinione è Paul, cittadino convinto che il verdetto sia un modo per ostacolare la corsa alla Casa Bianca dell’ex presidente: “Non posso realmente parlare di un processo in cui un ex presidente viene condannato per la prima volta. Io credo che questa sia una persecuzione politica. Non è un caso che la condanna sia arrivata a ridosso delle prossime elezioni”. In tanti come Jack invece si chiedono a quale tipo di condanna andrà incontro Trump. A dare questa risposta sarà il giudice Juan Merchan, che il prossimo 11 luglio, quattro giorni prima della convention repubblicana, si pronuncerà sulla sentenza di condanna: “Ovviamente Donald Trump parla di processo farsa – afferma Jack – ma ciò che adesso bisogna capire è se questa condanna si ridurrà solamente ad una multa oppure se c’è il rischio concreto che possa finire in carcere”. Altri come Jen sostengono che Trump non può essere l’alternativa giusta al presidente Joe Biden, pur ammettendo che gli Stati Uniti abbiano bisogno di un cambio di guida: “Penso che una persona condannata non possa essere nella posizione di poter ambire a diventare presidente e ricoprire un ruolo istituzionale così importante – afferma Jen -. Abbiamo già fatto questo errore una volta. Mi auguro che non accada di nuovo”. Josh invece sostiene che “forse per la prima volta la giustizia negli Stati uniti ha fatto il suo dovere”, mentre Allison afferma che chi sbaglia deve pagare: “Penso che chi non capisce quale sia il confine da non superare nelle regole della nostra Costituzione
debba pagare le conseguenze in qualche modo. Falsificare dei documenti per pagare una pornostar non è quello che gli altri si aspettano da un presidente”. Secondo Mattew la sentenza di condanna allo stato attuale non rappresenta nulla di sconvolgente, poichè adesso “tutto dipende dal tipo di pena che verrà inflitta a Trump”. Infine c’è chi concorda con la frase dell’ex presidente secondo cui “il vero verdetto sarà il 5 novembre” (giorno delle elezioni negli Stati Uniti). E’ il caso di George, convinto che il magnate sia la persona giusta per rilanciare gli States: “Donald Trump vincerà ugualmente e porterà nuovamente in alto il nostro Paese”.(ITALPRESS).

Foto: xp6