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Raid notturni delle forze israeliane su obiettivi Hamas a Rafah

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ROMA (ITALPRESS) – L’IDF israeliano ha condotto nella notte attacchi aerei sui quartieri orientali della città di Rafah, nel sud di Gaza.Secondo quanto riferito dai media palestinesi, l’IDF utilizza droni per prendere di mira i veicoli della polizia di Hamas a Rafah. Sono stati segnalati attacchi aerei notturni anche nel quartiere Shejaiya di Gaza City, nella Striscia settentrionale, che avrebbero causato almeno una vittima e altre vittime.

– Foto Ipa Agency –

(ITALPRESS).

 

Sogni e incubi americani in attesa del processo “tempesta” a Trump VIDEO

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di Stefano Vaccara

NEW YORK (ITALPRESS) – Eccoci di nuovo a Centre Street, davanti al Tribunale Downtown Manhattan, dove da tre settimane continua il processo cosiddetto “Hush Money” (soldi per il silenzio), in cui lo Stato di New York cerca la condanna del cittadino Donald Trump, primo ex presidente della storia degli Stati Uniti a subire una incriminazione in un procedimento penale. Giovedì era il secondo giorno di testimonianza per Stephanie Gregory Clifford, l’attrice e produttrice di film porno, alias “Stormy Daniels”, che è stata sottoposta ad una raffica di domande degli avvocati difensori di Trump, che tentavano di farla cadere in contraddizione per dimostrare che la sua storia, sulla notte di sesso trascorsa nel 2006 con l’allora “tycoon” in un resort del Nevada, fosse stata inventata per estorcere del denaro al loro cliente, quando nel 2016 era candidato per la Casa Bianca. Stormy, che in inglese significa tempesta, in aula se l’è cavata rispondendo con fulmini e saette, con Trump che più volte ha chiuso gli occhi.
Fuori dal tribunale, ancora una volta, c’è la fila di telecamere, dei giornalisti famosi dei maggiori network, tra pochi manifestanti, equamente divisi in sostenitori e contestatori di Trump.
La NYPD li tiene “recintati” nel piccolo parco difronte al Tribunale, con bandiere “Maga” (Make America Great Again) pro Trump a destra, e con cartelli che su scritto “criminale”, a sinistra. Sembrano tutti disponibili a rilasciare dei commenti.
Il primo che approcciamo si chiama Joe, ha una maglietta nera con foto di Trump con su scritto “non far arrendere mai il tuo paese” e cappello rosso dei MAGA. Con lui ha un cane, tenuto al guinzaglio, speriamo non morda. Gli chiediamo cosa si aspetta che accada da questo processo: “Voglio che tutta l’America veda cosa stanno facendo a questo grande uomo arancione. Lui sta provando ad aiutarci per riportare questo paese a tornare grande come dovrebbe essere, con costituzione piena, legge e ordine. Questo è tutto quello che voglio, non voglio nient’altro. Non voglio che le strade siano lastricate d’oro. Voglio che la Costituzione sia rimessa in ordine, voglio legge e ordine”.
Stiamo per fargli un’altra domanda, ma Joe continua a parlare: “E voglio i fottuti immigrati fuori. Non mi importa se sono bianchi, viola, gialli o arancioni, devono andarsene fuori, non ci appartengono”.
Proviamo a interromperlo per fargli una domanda, ma Joe non si ferma: “A meno che siano arrivati legalmente. La mia famiglia 200 anni fa è arrivata in questo paese nel modo giusto, e mi aspetto che tutti gli altri arrivino allo stesso modo”.
Finalmente si ferma, chiediamo a Joe se è newyorkese: “Sì, sono del Greenwich Village, Manhattan, New York City. Appena un miglio da qui”.
Che ti aspetti per il giorno delle elezioni? Se l’ex presidente Trump non riuscisse ad ottenere abbastanza voti per vincerle, per esempio, tu cosa faresti?
“Tornerei al lavoro, piangendo. Non saprei che altro fare”. Insistiamo: ma se Trump continuasse nel dire che lui vincerà sicuro e se non avverrà sarà solo perché le elezioni sono state truccate? Se dicesse così anche la notte del 5 novembre?
“E che dovrei fare? Piango e poi vado a lavorare. Così come ho fatto quando Obama è diventato presidente, mi sono messo a piangere e sono tornato a lavorare”.
Quindi non sei d’accordo con quello che accadde il 6 gennaio 2021 (assalto al Congresso da parte dei MAGA per cercare di bloccare l’elezione di Biden, ndr). Ecco che Joe mette le mani avanti, ripete ‘no, no, no’ e dice: “Il 6 gennaio è stato organizzato dalla FBI e Nancy Pelosi (allora la presidente del Congresso, ndr). Non siamo stati noi i responsabili di quello che è successo. C’è in mezzo anche ANTIFA (il movimento antifascista in America, ndr). I nostri ragazzi sono in galera, come prigionieri di guerra, senza essere stati incriminati, in isolamento, non ci dovrebbero stare in prigione in isolamento per non aver fatto niente. Ora stanno seduti in prigione, sette giorni su sette, solo perché hanno marciato sul Campidoglio. Incriminateli per aver oltrepassato delle barriere, vi concedo questo, ma scusate non si va in galera per più di tre anni per un reato del genere. Di solito non ti danno neanche una multa. Allora dai, fategli pura una multa ma mandateli a casa, che ne pensate?”.
Ci spostiamo un po’ di qualche metro nello stesso parco, c’è una donna afro-americana con un lenzuolo tra due bacchette con su scritto “Processo criminale a Trump”. Si chiama Nadine, viene dallo stato del Maryland, dice che ha viaggiato più di tre ore per venire oggi fin qui. E’ cittadina americana ma non è nata negli USA. Alla domanda di che idea si è fatta su questo processo, ci dice: “Io sono originaria del Trinidad e Tobago, vivo negli USA da 37 anni, sono molto delusa dagli USA, dai suoi cosiddetti ‘check and balance” (controlli e bilanciamenti, ovvero il sistema democratico dei pesi e contrappesi, ndr), perché qui non c’è più nessun controllo o contrappeso in questo momento. Il sistema sta cadendo. Sì, ha resistito nel 2021, ma adesso sta crollando. Perché il processo che si doveva tenere a Miami (contro Trump, ndr) è stato rinviato indefinitamente; quello adesso nelle mani della Corte Suprema viene continuamente ritardato, parlo del processo di Washington DC (quello federale sui fatti del 6 gennaio, ndr) e anche il processo in Georgia sta per essere ritardato. Quindi questo di New York è rimasto l’unico processo che si concluderà contro Trump. Forse finirò per partire, se riesco, entro la fine di ottobre, perché non voglio vivere in un paese in cui uno come Trump è al potere”.
Accanto vediamo una signora, cappello e occhiali scuri che tiene tra le mani un cartello con su scritto “Donne unitevi contro Trump”.
Si chiama Diane, le chiediamo se viene davanti al tribunale ogni giorno: “No, oggi è la prima volta che sono qui”. Sei neworkese? “Vivo a Manhattan. Avevo intenzione di venire da tempo, mi sembra che sia doveroso essere qui, voglio esprimere i miei pensieri”.
Come va col processo? Oggi è il secondo giorno della deposizione di Stormy Daniels, pensi sia importante la sua testimonianza? Come pensi sia andata finora?
“Le persone si eccitano per tutti i dettagli scabrosi su Stormy Daniels, ma io credo che la sua testimonianza provi che sta dicendo la verità. Piaccia o no lei e il suo modo di vivere, io credo che lei stia dicendo la verità, in tutti i dettagli che ha descritto. Ciò mostra il vero carattere (di Trump). Quest’uomo dovrebbe restare lontano dalla Casa Bianca. Il trattamento che riserva alle donne è soltanto una delle questioni, poi c’è il modo in cui tratta gli immigrati e tutti coloro che non sono come lui, cioè un ricco e vecchio uomo bianco. Per questo ho sentito il bisogno di venire qui. Per quanto riguarda il processo, penso che lo Stato di NY sta facendo molto bene nel presentare la sua accusa e penso che lui debba essere ritenuto colpevole ma non si sa mai come le cose vadano a finire. Insomma, si tratta di un caso di falsificazione di documenti e li hanno questi documenti per provare quello che ha fatto, e i tempi sono chiari perché l’ha fatto. Non era per salvare il matrimonio con Melania, ma era per vincere le elezioni, perché ciò avveniva dopo lo scandalo della cassetta di ‘Access Hollywood’ (Quella dove Trump si sente dire che lui può aggrappare le donne per i genitali senza che gli succeda nulla, ndr)”.
Per le leggi degli Stati Uniti, anche se venisse trovato colpevole e condannato in questo processo, l’ex presidente può ancora rimanere un candidato per la Casa Bianca. E se Trump venisse eletto comunque a novembre? Tu che faresti? Sarebbe il tuo presidente?
“Se lui sarà legalmente eletto, sarà il presidente, perché io supporto le leggi del nostro paese. Ma temo che il nostro paese sarebbe irriconoscibile se lui venisse rieletto. Prego Dio che lui non lo sarà, penso che si meriti di perdere a valanga, ma sfortunatamente so bene che si deciderà solo con il risultato in pochi stati. Ma ci sarà il caos se Trump perderà così come se vincerà, mi spiace ma se perderà loro non l’accetteranno e se vincerà noi saremo nei guai perché lui ha già i piani pronti per mettere tutti i suoi fedelissimi nei posti che contano quando lui andrà al potere”.
Pensi che il presidente Joe Biden è il candidato giusto per battere di nuovo Trump o pensi che ci vorrebbe un altro candidato? Magari il presidente dovrebbe rinunciare alla nomination democratica e lasciarla ad un candidato più forte? O c’è un terzo candidato già che potrebbe opporsi a Trump?
“No, Joe Biden è l’uomo di cui abbiamo bisogna adesso. E’ un signore anziano, ma Trump ha solo tre anni di meno. Joe Biden è perfetto? Non lo è, ma ha fatto tantissimo per questo paese e non riceve abbastanza credito per questo. Lui lavora per la classe media, definitivamente lui è la soluzione migliore e spero che vinca”.
Torniamo dove c’erano gli sventolatori di bandiere MAGA pro Trump. C’è un cino-americano che tiene tra le mani uno striscione per Trump e un capello, non è rosso ma blu, sembra molto usato, “della prima ora”, ripete lo slogan “Make America Great Again”. Si chiama Michael, ha un forte accento, si fa difficoltà a capirlo, ma per quello che dice vale la pena sforzarsi. Chiediamo se viene qui ogni giorno: “Spesso, anche se non tutti i giorni. Ma bisogna venire per supportare Trump, perché questo è un processo politico. Qui non esiste un caso, ma il giudice lo ha costruito perché vogliono prendersi la libertà di Trump, che è anche la libertà del nostro popolo. Quindi sono qui per protestare contro il giudice, e contro Biden…”
Michael sei un cittadino degli USA?
“Sì lo sono. Sono venuto negli Stati Uniti venti anni fa”.
Da dove? “Dalla Cina”.
Sei d’accordo con Trump quando dice che i migranti avvelenano il sangue dell’America?
“Migranti… Gli USA accettano i migranti ma non quelli illegali. Ma Biden ha lasciato entrare così tanti illegali, una immigrazione che è arrivata nel nostro paese contro la legge. Contro la nostra Costituzione. Questo distrugge il nostro paese e le nostre comunità’.
Ultima domanda: se Trump dovesse essere ritenuto colpevole in questo processo, potrà ancora essere candidato alla presidenza. Tu lo voteresti lo stesso?
“Trump non è colpevole. Giustizia sarà fatta, Trump sarà un uomo libero e sarà libero di lottare per il nostro paese”.
Stiamo andando via, fuori dal parco c’è parcheggiato uno di quei carrettini di metallo tipici che a Manhattan vendono hotdog e pretzel. Lo gestisce Mohammed, immigrato del Bangladesh. Ci racconta che col suo lavoro è riuscito a mandare i figli pure all’università. Appare sconsolato, gli chiediamo come stanno andando gli affari da quando è iniziato il processo a Trump: “Assolutamente il business va malissimo. Da quando c’è il processo a Trump, la polizia ha chiuso le strade, mi ha fatto spostare lontano dall’entrata, dove avevo tutti i miei clienti e passava tanta gente. Da qui nessuno passa, non vendo più nulla. Ogni giorno perdo almeno duecento dollari. Lo giuro!”.
Dovremo aspettare ancora fino al 5 novembre per sapere se sarà sogno o incubo americano.
-foto Ipa Agency –

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Ucraina, il Castello di Odessa realizzato da maestranze salentine

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LECCE (ITALPRESS) – Era stato progettato e realizzato da maestranze salentine il Castello di Odessa, di proprietà dell’ex deputato ucraino filorusso Serhiy Kivalov, rimasto ferito nel bombardamento che ha ucciso, secondo le notizie diffuse giorni fa dal governatore regionale Oleh Kiper, 4 persone e ferito 32 persone. La costruzione, chiamata anche “il Castello di Harry Potter” per la somiglianza dell’edificio a quello della serie cinematografica di Harry Potter, ospitava l’Accademia giuridica di Odessa, in uno dei quartieri più frequentati della città. Era stato progettato e completato in tre anni, dal 2011 al 2013 dai progettisti della PIMAR, un’azienda salentina di Melpignano (LE) che ha sviluppato un particolare know-how nell’utilizzo della pietra leccese, estratta dalle cave di Cursi e Melpignano, in provincia di Lecce. Dopo la fase progettuale, elaborata dagli ingegneri e dagli architetti italiani, sono stati trasportati in Ucraina, via mare, molti camion di pietra, estratta dalle cave di Cursi e Melpignano, in provincia di Lecce, e lavorata in Salento secondo le necessità del progetto.
Una volta a Odessa, la pietra è stata utilizzata per realizzare il maniero con maestranze italiane ed ucraine che ne hanno fatto uno degli edifici distintivi della città sul Mar Nero, situato in riva al mare, meta delle passeggiate degli abitanti della città ucraina. La notizia e le immagini del “castello” in fiamme hanno provocato vasta eco nel Salento, non solo tra gli operai e i progettisti che hanno partecipato alla sua realizzazione. “Vedere le fiamme divorare i comignoli dell’Accademia – ha detto la proprietaria della PIMAR, Giorgia Marrocco – ci ha provocato tanto dolore. Lo avevamo realizzato con una grande partecipazione di tante persone che hanno lavorato per mesi ad Odessa ed ha sempre rappresentato una delle opere più importanti della nostra Azienda. Anche io ero mi ero più volte recata ad Odessa per seguire la costruzione dell’edificio. Spero che questa guerra possa concludersi al più presto per evitare tante vittime ancora. E spero anche che la parte distrutta del Castello possa essere ricostruito, tornando ad essere uno dei simboli della città e di quel martoriato Paese”.

– Foto ufficio stampa PIMAR –

(ITALPRESS).

Mattarella all’Onu e quell’obiettivo voluto dall’Italia

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di Stefano Vaccara

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – “Non c’è pace, senza giustizia”. Si potrebbe riassumere così il messaggio lanciato al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il tema dell’incontro, al quale ha partecipato anche la vice segretaria dell’Onu Amina Mohammed (possibile candidata favorita alla successione di Guterres), era un’analisi sullo stato di salute del 16esimo degli obiettivi di sviluppo sostenibile, quello su pace e giustizia. Inaugurati dall’Onu nel 2015, gli Unsdg dovrebbero essere raggiunti entro il 2030. Che il presidente della Repubblica italiana nel 2024 tenga un discorso al Palazzo di Vetro incentrato sul 16mo degli obiettivi sostenibili, uno dei meno “dibattuti” almeno rispetto al numero 13 – quello sul climate change, cambiamento climatico – o altri ritenuti certamente più “caldi”, non ci sembra un caso. Infatti quando nei mesi precedenti al lancio degli Sdgs del 2015 si accendevano i negoziati tra i paesi membri dell’Onu per stabilire quanti e quali sarebbero stati gli obiettivi di sviluppo, l’Italia fu tra quei paesi che spinsero per quella connessione, “pace=giustizia” (e viceversa): un imprescindibile obiettivo per rendere questo mondo più sostenibile. Questo fatto, che la giustizia porta alla pace ma solo quando quest’ultima viene mantenuta con la giustizia, qualcuno la ricorderà in bocca a quei “fondamentalisti della democrazia” dei radicali italiani, in quegli anni guidati da Marco Pannella e Emma Bonino (con quest’ultima persino alla guida della Farnesina). Furono loro che avevano fondato già da anni quella Ong riconosciuta dall’Onu, che portava proprio quel nome: “Non c’è pace senza giustizia”. Quando l’ambasciatore italiano all’Onu Maurizio Massari ha dato la parola al presidente Mattarella, il tema del suo discorso, almeno per chi già c’era in quegli anni al Palazzo di Vetro, è sembrato più che appropriato per un capo dello Stato venuto dall’Italia. Nel 2014, come adesso, al nostro paese può essere riconosciuto un ruolo chiave per aver spinto nella lista degli obiettivi, anche quelli contenuti nel 16. “Pace, inclusione e giustizia sono capisaldi irrinunciabili per qualsiasi Paese e qualsiasi società e sono felice di sottolineare che sono principi fondamentali nell’ordinamento costituzionale italiano”, ha detto infatti Mattarella nel suo intervento di apertura. “L’esistenza di un sistema di tutele giuridiche è una precondizione al possesso dei diritti della persona e allo sviluppo umano nel senso più ampio possibile”, ha aggiunto. Mattarella ha non ha cercato di ignorare il contesto in cui ci troviamo, che rende molto più difficile il raggiungimento di questi obiettivi: “All’intensificarsi degli effetti negativi del cambiamento climatico si aggiunge il proliferare di drammatici conflitti che allontanano dal dare priorità all’agenda stessa. Le conseguenze sono disastrose: allo stato attuale solo una modestissima percentuale degli obiettivi dell’Agenda 2030 sarebbe raggiungibile nei tempi dati”. Ma di certo, secondo Mattarella, c’è che “pace e sviluppo condividono un destino comune, non possono esistere l’uno senza l’altro”. Viviamo in un’epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della Seconda guerra mondiale, che divorano enormi quantità di risorse per la corsa agli armamenti, sottraendole allo sviluppo. L’appello a costruire le condizioni per porre fine ai conflitti è necessario ed urgente, ora più che mai”. Il presidente ci ha tenuto nel suo discorso anche a sottolineare l’orgoglio dell’Italia di aver proposto e ottenuto “l’assenso dell’Assemblea Generale, poco più di un mese fa, su una Risoluzione che, a 24 anni dalla Convenzione di Palermo, ha dichiarato, ricordando la figura di Giovanni Falcone, il 15 novembre di ogni anno ‘Giornata internazionale per la prevenzione e la lotta contro tutte le forme di criminalità organizzata transnazionale'”. Mattarella ha anche messo in chiaro, che la libertà di stampa e il diritto all’informazione, come la libertà d’espressione sono diritti che rientrano tutti nel 16mo degli Unsdg: “Ci troviamo di fronte a un altro pericolo che mina la fiducia tra le istituzioni e tra i Paesi, vale a dire la disinformazione. La Giornata mondiale della libertà di stampa di venerdì scorso sottolinea ogni anno quanto sia preziosa la libertà di informazione per il mantenimento della democrazia. Questioni come l’accesso all’informazione, la libertà di espressione e la tutela della privacy appartengono di diritto all’obiettivo di sviluppo sostenibile 16”. Mattarella così ha anche anticipato i temi al centro del discorso del 7 maggio in Assemblea Generale: “Dobbiamo lavorare all’interno e al fianco delle Nazioni Unite per ricostruire la fiducia tra le nazioni, per favorire la cooperazione internazionale e per tessere nuove reti di dialogo e collaborazione: questo è l’approccio su cui si basa l’azione dell’Italia, con la ferma determinazione di sostenere un dialogo basato sul principio del multilateralismo che è così drammaticamente messo alla prova dall’aggressione russa contro l’Ucraina e dalle conseguenze del conflitto irrisolto israelo-palestinese. Non possiamo più continuare a basare le relazioni tra Paesi su visioni ed eredità risalenti al 1800 o guidate dal potere: questo è ciò che è ci viene chiesto con tanta forza dai nostri cittadini, giovani e donne, che vedono un futuro ispirato agli obiettivi delineati dall’Agenda 2030”, ha aggiunto. Domani Mattarella chiuderà il cerchio sulla strategia politica dell’Italia affinché l’Onu resti il bastione principale in difesa della pace, quando all’Assemblea generale il presidente della Repubblica ribadirà la fiducia italiana per il rilancio del multilateralismo. “Voglio testimoniare come l’Italia sia a sostegno del multilateralismo e del ruolo dell’Onu, tanto più in un momento di grande difficoltà, di grandi incomprensioni e tensioni internazionali ed emerge l’indispensabilità di questa sede per trovare strade di mediazione e di dialogo ma anche di prospettive future positive per la vita internazionale”, ha anticipato Mattarella, parlando ai diplomatici italiani mentre visitava la missione dell’Italia alle Nazioni Unite. Domani capiremo meglio come il capo dello Stato indicherà agli altri 192 paesi membri delle Nazioni Unite come si fa a tornare sul solco della pace attraverso quel multilateralismo inventato con l’istituzione dell’Onu nel 1945 a San Francisco. Certo, dirà che l’Onu ha bisogno di essere riformata, soprattutto nel suo Consiglio di Sicurezza per renderlo più rappresentativo (ma l’India in cerca di seggio permanente sta dando sempre più filo da torcere all’Italia e al suo gruppo Uniting for Consensus), ma potremmo scommettere che, anche quando dal podio della più grande sala di New York, si parlerà di riforme, multilateralismo e sviluppo sostenibile, anche nel discorso di Mattarella emergerà quella verità: non c’è la pace senza la giustizia.

(ITALPRESS).

Mattarella incontra Guterres “L’Italia ha fiducia nell’Onu”

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – “Sono qui all’Onu per testimoniare ancora una volta quanto l’Italia abbia fiducia nelle Nazioni Unite, e anche nella sua azione. Tanto più nel mondo crescono le crisi, le difficoltà, le contrapposizioni e i contrasti, tanto più si afferma quanto sia indispensabile l’azione delle Nazioni Unite”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontrando il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres al Palazzo di Vetro.
Per Mattarella “occorre riuscire a interrompere ovunque le spirali di violenza, la spirale di azione e reazione che fa aggravare i problemi”.
Guterres ha ribadito che “l’Italia è un pilastro fondamentale del multilateralismo e un partner esemplare delle Nazioni Unite. In tutti gli ambiti delle nostre attività, l’Italia è sempre presente: nelle operazioni di mantenimento della pace, nello sviluppo sostenibile, nell’azione per il clima, per i diritti umani e lo Stato di diritto”.
Per il segretario generale dell’Onu “l’Italia ha una ricca storia ed è un paese del nord che capisce il sud. E’ sempre stato un ponte tra nord e sud. Un ponte ora più necessario che mai quando viviamo in un mondo così diviso, con divisioni geopolitiche che stanno creando così tante difficoltà in tutti gli ambiti dell’attività umana, dal clima all’intelligenza artificiale alla pace e alla sicurezza”. Per Guterres è molto importante “che l’Italia sia alla guida del G7 e che sia in grado di guidare la riforma delle nostre istituzioni multinazionali che sono state create dopo la Seconda Guerra mondiale e che non rappresentano più la realtà del mondo di oggi”.

– Foto Quirinale –

(ITALPRESS).

Il Cairo, inaugurazione della Casa “Oasi della Pietà”. Papa “Un posto dove tanti bambini troveranno l’abbraccio di una famiglia”

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IL CAIRO (ITALPRESS) – E’ stata inaugurata la Casa di Accoglienza “Oasi della Pietà”, edificata a il Cairo, nella Nuova Capitale Amministrativa dell’Egitto, Seconda Area Residenziale.
L’inaugurazione è avvenuta alla presenza di Monsignor Yoannis Lahzi Gaid, già Segretario personale di Sua Santità Papa Francesco, Presidente dell’Associazione “Bambino Gesù del Cairo” e della Fondazione della Fratellanza Umana, mediante cui egli ha concretizzato il progetto “Oasi della Pietà”, e alla presenza di Sua Altezza lo Sceicco Abdullah Bin Zayed Al Nahyan, il quale ha partecipato in rappresentanza di Sua Eccellenza il Ministro Noura Al Kaabi, Ministro del Ministero degli Affari Esteri, il quale ha tagliato il nastro nella Sala “Figli di Zayed”.
La Sala è stata denominata “Figli di Zayed” in segno di gratitudine, apprezzamento e ringraziamento per Sua Altezza lo Sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, Presidente degli Emirati Arabi Uniti, che ha sostenuto la costruzione della Casa di Accoglienza , i cui lavori sono iniziati dopo la firma del Documento sulla “Fratellanza Umana”.
Il giornalista Biagio Maimone, Direttore dell’Ufficio Stampa dell’Associazione “Bambino Gesù” del Cairo, ha curato la comunicazione dell’iniziativa interfacciandosi dall’Italia con l’organizzazione egiziana.
Sua Santità Papa Francesco ha fatto pervenire una pergamena nella quale è riportata la benedizione apostolica all’Orfanotrofio in lingua italiana e in lingua inglese, insieme ad un video mediante il quale ha dichiarato: “Sono molto felice oggi di condividere con voi la gioia di inaugurare questo progetto ‘Oasi della Pietà, nome bello, che è uno dei primi buoni frutti del Documento sulla “Fratellanza Umana”, un’ iniziativa che interpreta e raffigura in maniera concreta i valori del Documento, un posto ove tante bambine e tanti bambini troveranno casa, famiglia, assistenza, futuro, formazione e, soprattutto, l’abbraccio di una famiglia. Grazie tante per il vostro lavoro, grazie tante per la vostra gioia. Il Signore Dio ci benedica e pregate per me”.
Il messaggio di Sua Santità Papa Francesco attesta l’importanza della realizzazione del progetto in quanto esso è uno dei frutti generati dal Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune”, voluto da Sua Santità Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb , sottoscritto da entrambi il 4 febbraio 2019, nella città di Abu Dhabi.
ll Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune” rappresenta la pietra angolare del dialogo interreligioso proprio in quanto si pone come finalità primaria la fratellanza umana, da instaurare, innanzitutto, nella relazione con le altre fedi, per poi essere,conseguentemente, diffusa in ogni territorio del mondo.
Non secondari sono ritenuti dal medesimo Documento il valore e l’importanza della fede e della responsabilità, nonché la condanna della violenza perpetrata in nome di Dio.
All’inaugurazione della Casa di Accoglienza, che si qualifica come opera altamente umanitaria, hanno partecipato i membri dell’Associazione “Bambino Gesù del Cairo” e della Fondazione della Fratellanza Umana e ospiti provenienti dagli Emirati Arabi Uniti, dall’Italia, dalla Giordania, dall’Iraq e dagli Stati Uniti.
L’ Associazione “Bambino Gesù del Cairo” e la Fondazione della Fratellanza Umana sono due realtà che lavorano per convertire il principio della fratellanza in azioni di solidarietà, in adesione ai contenuti del Documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune”.
La Casa “Oasi della Pietà”, che rientra tra i progetti più tenacemente perseguiti dal suo ideatore Monsignor Yoannis Lahzi Gaid, ospiterà bambini abbandonati, ai quali offrirà la possibilità di crescere in un ambiente familiare, in grado di donare loro serenità ed affetto, nonché un futuro sereno e dignitoso.
La denominazione “Oasi della Pietà”, attribuita alla Casa di Accoglienza, rappresenta un segno di riconoscenza per il ricevimento del dono di una copia fedele della statua della Pietà di Michelangelo, che Sua Santità Papa Francesco ha voluto offrire all’Associazione , che ricorda anche la sua visita in Egitto del 2017, nonché l’ apprezzamento del ruolo storico dell’Egitto come fautore delle creazione di oasi di convivenza, di pace, di fratellanza e di dialogo tra le religioni .
Tra i progetti finora realizzati si collocano l il Ristorante “Fratello”, inaugurato a Il Cairo il 9 gennaio 2024, già operativo, che offre pasti, ogni giorno, a 5000 famiglie egiziane in difficoltà, e i “Veicoli Sanitari” che effettuano visite mediche in ogni angolo del territorio dell’Egitto per le persone disagiate.
Entro la fine dell’anno si avvieranno i lavori per la costruzione dell’Ospedale “Bambino Gesù del Cairo”, il primo “Ospedale del Papa” fuori dall’Italia, che usufruirà delle competenze scientifiche e del personale medico dell’Ospedale “Bambino Gesù” di Roma, con il quale è stato siglato un accordo di collaborazione.
Erano presenti numerosi diplomatici, tra cui, in rappresentanza dell’Egitto, Sua Eccellenza Nabila Makram, ex Ministro dell’Immigrazione e Capo della Fondazione Fahim per il sostegno psicologico, lo Stato Maggiore con Sua Eccellenza Generale Khaled Labib, Vice Ministro della Difesa, in rappresentanza del Ministro della Difesa, Sua Eccellenza il Maggiore Generale Ahmed Fahmy, Direttore Generale della Società della Capitale Amministrativa per lo Sviluppo Urbano, in rappresentanza di Sua Eccellenza l’Ingegnere Khaled Abbas, Presidente della Nuova Società della Capitale Amministrativa, Sua Eccellenza l’Ambasciatore Omar Selim, Assistente del Ministro degli Affari Esteri per le Relazioni Culturali Internazionali, in rappresentanza del Ministro degli Affari Esteri, Monsignor Clement, in rappresentanza di Sua Santità Papa Tawadros II, Patriarca della Chiesa Copta Ortodossa di Alessandria, Sua Eminenza Sheikh Dr. Mazhar Shaheen, il Dottor Magdy Ishaq, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Magdy Yacoub, e Sua Eccellenza il Consigliere Hani Ramzy, Presidente della Fondazione Pastore d’Egitto.
In rappresentanza degli Emirati Arabi erano presenti Sua Eccellenza Ambasciatrice Maryam Al Kaabi, Ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti in Egitto, il Signor Hamad Al Kaabi, Redattore Capo del Quotidiano Al-Ittihad, il Signor Capitano Hamad Yousef Khater , Capo del Dipartimento Progetti Speciali presso il Ministero degli Interni degli Emirati Arabi Uniti , Ufficio di Sua Altezza lo Sceicco Saif bin Zayed Al Nahyan, Vice Primo Ministro e Ministro dell’Interno degli Emirati Arabi Uniti.
Erano presenti anche Sua Eccellenza Alejandro Iván Mendoza Gantz, Ambasciatore del Perù in Egitto, Sua Eccellenza Jorge Y. Borisenko, Ambasciatore della Bielorussia in Egitto, Sua Eccellenza Mariela Laroccia, Vice Ambasciatrice e Incaricata d’Affari dell’Ambasciata a nome di Sua Eccellenza l’Ambasciatore, Sua Eccellenza l’Ambasciatore Michele Quaroni, Ambasciatore d’Italia in Egitto, e numerose personalità pubbliche, imprenditori, soci della Fondazione e ospiti provenienti dagli Emirati Arabi, dall’Italia, dalla Giordania, dall’ Iraq e dagli Stati Uniti.
E’ di estremo rilievo far presente che Sua Eccellenza il Ministro Noura Al Kaabi e Monsignor Yoannis Lahzi Gaid hanno piantato insieme un ulivo all’ingresso della Casa “Oasi della Pietà” per confermare che esso è un progetto che nasce come segno di amicizia tra i figli di Zayed e il popolo della terra del Kenya , nonché simbolo di pace, prosperità e fratellanza umana.
La celebrazione è iniziata con una visita alla Casa “Oasi della Pietà”. Gli ospiti sono stati introdotti nel Museo della Fraternità Umana, dove sono conservati una copia originale, firmata da Sua Santità il Papa e da Sua Eminenza l’Imam, del Documento sulla “Fratellanza Umana” e alcuni rari reperti.
Vi è stata successivamente la visita agli appartamenti dei bambini, alla sala VIP, alle stanze degli ospiti e alla Statua della Pietà.
Gli ospiti, visitando la Casa di Accoglienza “Oasi della Pietà”, hanno potuto constatare personalmente le opportunità che offre ai suoi giovani residenti. Essa è costituita da quattro piani, di cui il quarto è in fase di ultimazione. .
Al momento, secondo le disposizioni del Ministero della Solidarietà, sarà possibile ospitare un numero di bambini limitato (dai 6 ai 12 bambini).
Vi sarà, tuttavia, un progressivo aumento del numero di bambini a cui offrire ospitalità.
Il 97 per cento della struttura è terminata, manca soltanto la cupola per ultimare la Cappella del Beato Carlo Acutis.
Un donatore ha offerto un mosaico, che verrà inserito nella Cappella, che raffigura i 12 apostoli dell’ultima cena di Gesù, con Maria e San Giovanni Battista, come prevede il rito copto.
Vi sarà, inoltre, la “Cucina – Scuola Francesco Mazzei” , che opererà all’interno della Casa di Accoglienza , finalizzata a trasformare la cucina dell’Oasi della Pietà in una “Scuola Cucina” per garantire un futuro professionale agli ospiti della Casa di Accoglienza.
La cerimonia ha previsto anche il discorso di Sua Eccellenza l’Ambasciatore Nicholas Henry, Ambasciatore della Santa Sede (Vaticano) in Egitto e della Lega degli Stati Arabi e il discorso di Monsignor Yoannis Lahzi Gaid, il quale ha concluso ringraziando i ministri e alcune personalità che hanno contribuito alla realizzazione del progetto.
Sua Eccellenza il Ministro Noura Al Kaabi ha espresso il suo entusiasmo per la partecipazione e la sua ammirazione per il progetto. Ha sottolineato il rapporto storico tra gli Emirati Arabi Uniti e il popolo egiziano. Ha menzionato nel suo discorso la volontà dello sceicco Zayed , espressa ai suoi figli di amare l’Egitto con le seguenti parole: “Ho detto ai miei figli di essere sempre accanto all’Egitto. La mia volontà è che siano sempre accanto all’Egitto, in quanto ciò costituisce un motivo di orgoglio per gli arabi. Per gli arabi l’Egitto è il cuore e, se il cuore si ferma, non vi sarà vita per gli arabi”.
Monsignor Jade ha espresso il suo profondo ringraziamento ai partecipanti, alle Loro Altezze gli Sceicchi degli Emirati e al popolo degli Emirati per il loro generoso sostegno al progetto “Oasi della PIetà”, nato nella terra di Zayed Al Khair per incarnare i principi del Documento firmato a Abu Dhabi. Ha, inoltre, ringraziato Sua Eccellenza il Presidente Abdel Fattah El-Sisi per il suo grande sostegno alla Fondazione Human Fraternity e per le sue iniziative di beneficenza rivolte a tutte le fasce del popolo egiziano.
Monsignor Yoannis Lahzi Gaid ha ringraziato le Forze Armate e la Nuova Capitale Amministrativa per il generoso sostegno offerto al progetto “Oasi della Pietà”.
-foto di Biagio Maimone –
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Israele chiede ai palestinesi di evacuare i quartieri est di Rafah

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ROMA (ITALPRESS) – L’esercito israeliano ha iniziato a chiedere ai palestinesi di evacuare i quartieri orientali di Rafah, quelli vicini al confine israeliano, in vista di un’offensiva pianificata nell’area meridionale della Striscia di Gaza. I civili sono stati chiamati a spostarsi in una zona umanitaria ampliata nelle aree di al-Mawasi e Khan Younis. L’IDF sta ora iniziando a lanciare volantini nella parte orientale di Rafah, inviare messaggi di testo e telefonare ai palestinesi con istruzioni sulle zone che devono essere evacuate e quali percorsi prendere per raggiungere una zona umanitaria designata. L’ordine di evacuazione si applica per ora solo ad alcuni quartieri orientali di Rafah e non all’intera città nel sud di Gaza. I militari in un comunicato affermano che “in accordo con l’approvazione del livello politico, l’IDF invita la popolazione, che è sotto il controllo di Hamas, ad evacuare temporaneamente dai quartieri orientali di Rafah verso la zona umanitaria ampliata”.
“Questa questione progredirà gradualmente, secondo una valutazione continua della situazione”, afferma. La zona umanitaria ampliata nelle aree di al-Mawasi e Khan Younis comprende ospedali da campo e tendopoli per i palestinesi sfollati, con l’IDF che afferma che “c’è stata un’ondata di aiuti umanitari diretti a Gaza” di recente. Il valico di Kerem Shalom con il sud di Gaza rimane ancora chiuso dopo l’attacco missilistico di ieri contro le truppe nell’area, ma potrebbe essere aperto a seguito di una nuova valutazione della situazione.

– Foto Ipa Agency –

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Il Governo Netanyahu blocca l’attività di Al Jazeera in Israele

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ROMA (ITALPRESS) – Il Governo di Israele, guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu, ha deciso all’unanimità di chiudere gli uffici dell’emittente Al Jazeera nel Paese, confiscando anche le attrezzature.
Su Twitter l’emittente di proprietà del Qatar parla di “atto criminale” che “viola i diritti umani e il diritto all’informazione”. In Israele Al Jazeera adesso non è più visibile nemmeno via web.

– Foto Agenzia Fotogramma –

(ITALPRESS).