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Usa 2024, Haley esce dalla corsa ma Trump dovrà “meritarsi” i suoi voti

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NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – All’indomani del Super Martedì, l’ex governatrice della Carolina del Sud Nikki Haley ha sospeso la sua campagna presidenziale rifiutando di sostenere il suo rivale, l’ex presidente Donald J. Trump.
Haley, in un breve discorso tenuto a Charleston, ha detto ai suoi sostenitori che ora tocca a Trump riuscire a guadagnarsi il sostegno dei suoi elettori.
“Spetta ora a Donald Trump guadagnare i voti di coloro che nel nostro partito non lo hanno sostenuto, e spero che lo faccia”, ha detto. “Ora la scelta è sua”.
L’annuncio dell’ex ambasciatrice all’ONU ha chiuso la sfida repubblicana delle primarie con anticipo mai registrato prima tra contendenti di un partito senza un presidente in carica. Haley nel Super Martedì ha perso in 14 Stati su 15, e la vittoria solo nel Vermont rende ormai praticamente impossibile una rimonta.
A differenza di altri candidati repubblicani usciti in precedenza dalla corsa, come il governatore della Florida Ron DeSantis, Haley nel suo annuncio ha rifiutato di sostenere colui che si trova nettamente in testa, nonostante la sua promessa al Comitato Nazionale Repubblicano mesi fa che lo avrebbe fatto.
Haley si ritira con solo 89 delegati contro i 995 conquistati già da Trump – sono necessari 1.215 per vincere – una soglia che Trump raggiungerà entro un paio di settimane.
Parlando nella sua casa in Florida, martedì sera Trump non aveva mai menzionato la sua avversaria alla nomination, ma aveva invocato “l’unità” tra i repubblicani. Anche se Haley è uscita dalla corsa, la conquista di coloro che finora avevano votato l’ex ambasciatrice (una media che si può quantificare in circa il 25% dei partecipanti alle primarie repubblicane) e che senza la quale non si può battere a novembre Joe Biden, per Trump resta ancora un grande problema da risolvere.

– Foto Ipa Agency –

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USA 2024, Biden e Trump sbancano il super martedì

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Per la prima volta da quando Theodore Roosevelt tentò di riconquistare la Casa Bianca nel 1912 (dove aveva già speso due mandati) sembra ormai che un presidente in carica e un ex presidente si sfideranno alle elezioni per la Casa Bianca di novembre. Il Super Martedì, come previsto, ha reso ormai imminenti le “matematiche” nomination del presidente Joe Biden e dell’ex presidente Donald Trump per la sfida del 5 novembre (anche se rimangono le “mine vaganti” dell’età per Biden e dei guai giudiziari per Trump che potrebbero far naufragare le chance di nomina o vittoria per entrambi). Nel Super Martedì i due “presidenti” hanno entrambi accumulato una quantità tale di delegati con le loro vittorie in quasi tutti gli stati in ballo (15 tranne uno) che i due “vecchietti” a gonfie vele si dirigono verso quella rivincita per la Casa Bianca che la maggioranza degli americani, secondo i sondaggi, continua a non volere.
L’unica rivale di Trump, l’ex governatrice della Sud Carolina Nikki Haley, è riuscita a vincere il Vermont, privando così Trump dell’emplein. Biden ha vinto ovunque tranne nei caucus democratici nelle isole Samoa americane, dove ha vinto lo sconosciuto Jason Palmer. Mentre scriviamo aspettiamo ancora i risultati di Utah e Alaska. Haley, che non ha parlato martedì sera, potrebbe annunciare il ritiro tra poche ore, ma quella media di circa il 30% di consenso a livello nazionale finora da lei raccolto resta una pesantissima zavorra per le speranze di vittoria di Trump a novembre. L’ex presidente, invece dalla Florida ha parlato a lungo martedì sera con tono insolitamente calmo – senza mai nominare Haley – ripetendo che tocca a lui salvare gli Stati Uniti dal “peggior presidente della storia”. Trump ha soprattutto incitato i repubblicani a unirsi, ma Haley obbedirà? Anche se la sua ex ambasciatrice all’ONU decidesse per “l’unità” del partito (magari per ottenere da Trump la promessa della Segreteria di Stato come riuscì ad Hillary con Obama), una importante percentuale di coloro che l’hanno sostenuta finora, resterà nel campo dei “never Trump” che – confermano gli exit poll – sono andati a votare Haley convinti che l’ex presidente loro non lo voteranno mai. Sceglierebbero Biden allora? Mai, resteranno a casa ma potrebbero anche essere tentati da un candidato indipendente…
Per quanto riguarda Biden, la vittoria del super martedì è stata ancora più netta, in certi casi trionfante. Ma in alcuni stati (come Minnesota e Colorado) si è ripresentato per il presidente il serio problema del voto “uncommitted”, che esprime la protesta per il conflitto a Gaza – già esploso una settimana fa Michigan – e che Biden non potrebbe permettersi di trascinarsi fino a novembre. Biden non ha parlato martedì sera, ma ha diffuso un comunicato in cui ha ribadito che la sua rielezione serve a salvare la democrazia da Trump e per questo chiede il voto a democratici, indipendenti ma anche ai repubblicani che ancora hanno a cuore i valori costituzionali. Biden non ha parlato martedì sera soprattutto perché lo farà giovedì sera al Congresso riunito per il discorso sullo “Stato dell’Unione”, forse il suo più importante della lunga carriera politica.
Il 46esimo presidente dovrà riuscire nell’impresa di calmare i timori sul suo stato di salute, e allo stesso tempo essere in grado di delineare un programma politico di secondo mandato capace di ricostruire quella “coalizione allargata” che gli consentì di battere Trump nel 2020 e che oggi appare sfaldata. Infatti non solo i giovani lo stanno abbandonando, ma addirittura gli afroamericani, come già facevano gli ispanici, vengono attratti in percentuali mai viste nel campo di Trump. Questa analisi è iniziata ricordando la sfida di centododici anni fa nelle elezioni tra due presidenti, uno in carica, il repubblicano William Taft, e un ex ancora molto popolare e “fuori dagli schemi”, Teddy Roosevelt. TR però non correva più nel Gop, ma con un suo partito chiamato “Progressive”. Nel 1912, non vinse nessuno dei due “presidenti”. La spuntò un terzo sfidante, il democratico Woodrow Wilson.
Anche nella sfida tra Trump e Biden si sta allungando l’ombra di un terzo candidato, Robert Kennedy jr, finora snobbato dai grandi media. Eppure il figlio del senatore RFK e nipote del presidente JFK, nonostante quel suo passato “no vax”, continua a salire nei sondaggi grazie alle sue posizioni anti-guerra, ambientaliste e capacità di comunicazione nel web. Così, nonostante le vittorie senza avversari nelle primarie, potrebbero saltare tutti i calcoli e le strategie elettorali dei due “vecchietti” che si ostinano a sfidarsi nonostante la maggioranza dell’America vorrebbe non essere costretta a scegliere tra i due.

foto: Agenzia Fotogramma

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Crosetto in Kuwait “Lavoriamo insieme contro minacce comuni”

KUWAIT CITY (ITALPRESS) – Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha concluso la sua visita in Kuwait, durante la quale ha incontrato il suo omologo, Fahad Al Sabah e visitato il contingente italiano. Colloqui incentrati sulla cooperazione tra Italia e Kuwait nel contrasto al Daesh e nella promozione della stabilità regionale.
“L’Italia e il Kuwait sono impegnati attivamente per contrastare la minaccia del Daesh e per promuovere la stabilità regionale. L’incontro di oggi intende dare alle iniziative comuni ancora maggiore determinazione e vigore. L’Italia e il Kuwait continueranno a lavorare insieme per affrontare le minacce comuni, in un periodo di grande instabilità”, ha dichiarato il ministro Crosetto.
In merito alla crisi in Medio Oriente e agli attacchi terroristici degli Houti alle navi in transito nello stretto di Bab el-Mandeb, Crosetto ha sottolineato: “Sono un atto di guerra, fisica e ibrida che incidono sulle economie di alcuni Paesi, agevolandone altri, le cui navi non vengono intenzionalmente attaccate. Per contrastare questi attacchi l’Italia partecipa alla Missione Europea Aspides, recentemente approvata dal Parlamento, della quale detiene il Comando Tattico”.
Di grande interesse anche la cooperazione in ambito Difesa. “E’ fondamentale – ha affermato il Ministro Crosetto – per affrontare le sfide emergenti e garantire la sicurezza dei nostri cittadini. Sono molteplici le attività congiunte e i settori in cui collaborano le Forze armate dei nostri Paesi: formazione, addestramento e incontri, utili a condividere le lezioni apprese dalle rispettive esperienze operative. Un impegno che conferma l’amicizia tra Italia e Kuwait, essenziale per accrescere ulteriormente le solide e durature relazioni bilaterali”.
Durante la visita il ministro Crosetto ha incontrato i militari dell’Italian National Contingent Command Air (IT NCC AIR) e rivolgendosi loro ha affermato: “La Nazione vi è grata per quello che state facendo, per il vostro prezioso contributo per la pace e la stabilità regionale. A nome delle Istituzioni e mio personale vi ringrazio per la professionalità e l’impegno con cui operate, per lo spirito di servizio e per i sacrifici che affrontate ogni giorno. Siate consapevoli che ciò che fate per la sicurezza internazionale è utile all’Italia e rafforza il suo ruolo a livello internazionale”.
Il contingente è inserito nell’ambito dell’Operazione Prima Parthica con lo scopo di assicurare le condizione necessarie al fine di proseguire il processo di stabilizzazione dell’Iraq e supportare le Forze di Sicurezza nel contrasto al Daesh.
-foto Agenzia Fotogramma-
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Usa 2024, Corte Suprema “accelera e rallenta” per Trump e Biden teme il Super Martedì

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (ITALPRESS) – Quando vuole la Corte Suprema sa come accelerare le sue decisioni: a 24 ore dal Super Martedì elettorale (si vota alle primarie in 15 stati per i repubblicani e 16 per i democratici), ha rilasciato la sentenza che permette a Trump di rientrare da candidato anche alle primarie nel Colorado, dove fra poche ore si vota.
La Corte Suprema del “Mountain State” aveva escluso l’ex presidente lo scorso 19 dicembre basando la sua sentenza sulla sezione 3 del 14° emendamento della Costituzione, che vieta a coloro che in precedenza hanno ricoperto incarichi pubblici ma in seguito si sono impegnati o hanno favorito un’insurrezione, di assumere incarichi federali. Secondo la denuncia contro Trump, il 45esimo presidente avrebbe intenzionalmente organizzato e incitato una folla violenta ad attaccare il Congresso degli Stati Uniti nel tentativo di impedire il conteggio dei voti elettorali espressi a favore di Biden.
Lunedì mattina invece tutti e 9 giudici supremi (quindi non solo i 6 nominati da presidenti repubblicani, ma anche le tre donne liberal nominate da presidenti democratici) hanno deciso a favore di Trump bocciando la decisione della Corte Suprema del Colorado e di conseguenza, bocciando anche le decisioni già avvenute in altri stati (Maine e Illinois) di escludere Trump.
I giudici supremi hanno deciso che nessuno dei 50 stati può escludere un candidato a causa del 14esimo emendamento se prima non ci sia stata una decisione al riguardo da parte del Congresso.
La decisione della Corte era aspettata, infatti se fosse stata differente avrebbe creato il caos sulle elezioni presidenziali americane. Inoltre alla lettura “letterale” del 14esimo Emendamento, più che impedire la “candidatura”, si concentra sull’entrata in carica (“hold any office”). Cioè, se il caos avverrà dopo un’eventuale vittoria elettorale di Trump, potrebbe accadere al momento del suo insediamento, soprattutto se in uno dei processi penali l’ex presidente fosse condannato rendendo palese il reato di “insurrezione”.
Ed è qui, su un altro processo potenzialmente molto più decisivo per le sorti di Trump, che la Corte deve ancora decidere: verificare se sia immune da procedimenti giudiziari con l’accusa di aver complottato per ribaltare i risultati delle elezioni del 2020.
Per questa decisione il calendario della Corte si sta sviluppando con “sospetta” lentezza rispetto al caso del Colorado. I giudici hanno impiegato 16 giorni dopo la richiesta d’urgenza di Trump in merito all’immunità decidendo di fissare le discussioni sette settimane dopo, a partire dal 22 aprile. Nel frattempo la Corte ha mantenuto in sospeso il processo preparato dal procuratore speciale Jack Smith, che originariamente sarebbe dovuto partire il 4 marzo.
Ora per il Colorado la Corte è stata puntualissima e ha deciso entro un mese dall’udienza delle argomentazioni. Una volta fissate a fine aprile le udienze per il processo in cui Trump è stato incriminato dal procuratore Smith, potrebbe arrivare alla decisione a fine maggio. Su questa decisione è previsto che Trump perda – è già stata forte la sorpresa quando la Corte ha preso in considerazione il caso, perché è effettivamente ridicolo poter sostenere che da presidente Trump “possa sparare a chiunque sulla Quinta Avenue” senza dover rispondere penalmente – e secondo un tentativo di calendario previsto dai maggiori media americani, dopo i procedimenti preliminari, il processo stesso potrebbe aprirsi a fine settembre, a sole poche settimane dalle elezioni di novembre. Una corsa contro il tempo che Trump vorrebbe rallentare il più possibile e che i giudici supremi – almeno quelli da lui nominati – in questa fase hanno dato segnali di volerlo aiutare. Ma potrebbero questi posticipare la loro decisione a tal punto da demolire quello che rimane della “neutralità” e quindi credibilità della Corte Suprema?
Il conto alla rovescia che si conclude il 5 novembre va avanti e il Super Martedì si preannuncia giornata trionfante per Trump, favorito in tutti gli stati dove si vota e che potrebbe martedì notte far gettare la spugna all’ex sua ambasciatrice all’ONU Nikki Haley in caso di bruciante sconfitta, ovvero se il suo consenso scendesse sotto il 20% (ma intanto l’ex governatrice della Sud Carolina domenica ha vinto la sua prima corsa nel distretto di Columbia della capitale Washington).
A differenza di Trump, che canta già vittoria sui suoi social, il Presidente Joe Biden deve attendere con una certa apprensione il super martedì che coinvolge stati fondamentali come California e Texas (si voterà anche in Alabama, Alaska, Arkansas, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Utah, Vermont e Virginia e i democratici anche nel territorio americano di Samoa e il caucus in Iowa). Infatti il cosiddetto voto di protesta “uncommited” esploso in Michigan la settimana scorsa (quasi il 14%), potrebbe avere effetti contagiosi, soprattutto negli stati con grandi campus universitari di giovani arrabbiati con la politica della Casa Bianca che ha finora impedito con i veti all’ONU di imporre un cessate il fuoco a Israele su Gaza. Non è un caso che la vice presidente Kamala Harris, a poche ore dal super Tuesday, si è espressa con forza a favore del cessate il fuoco e “sgridando” Israele per aver ostacolato il flusso degli aiuti umanitari per i civili palestinesi. Mentre Giorgia Meloni era seduta sorridente venerdì accanto a Joe Biden nell’ufficio ovale, la politica estera era ormai diventata una zavorra per la rielezione del 46esimo presidente degli USA. Senza il supporto di quella fascia di elettori sotto i trent’anni che risultarono determinanti per la vittoria di 4 anni fa, Biden non avrebbe chance nella sfida con Trump, così come contro qualsiasi altro sfidante.
-foto Agenzia Fotogramma –
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Medio Oriente, progressi verso la tregua a Gaza

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ROMA (ITALPRESS) – I mediatori e gli inviati di Hamas hanno fatto “progressi significativi” verso una tregua a Gaza. Lo riferisce la televisione statale egiziana mentre i colloqui al Cairo entrano nel secondo giorno. Egitto, Qatar e Stati Uniti hanno spinto per un cessate il fuoco nella guerra durata quasi cinque mesi tra Israele e Hamas. Israele non ha inviato una squadra negoziale al Cairo dopo aver ricevuto una risposta insoddisfacente da Hamas sull’ultimo quadro elaborato a Parigi lo scorso fine settimana. L’organizzazione palestinese ha rifiutato di rispondere alla richiesta di Gerusalemme di fornire un elenco di ostaggi viventi e di fissare il numero di prigionieri palestinesi che Israele deve rilasciare per ogni ostaggio liberato, ha detto un funzionario israeliano.
Un anonimo funzionario di Hamas ha dichiarato al “Wall Street Journal” che, sebbene vi siano lenti progressi verso un accordo per un cessate il fuoco temporaneo e un accordo sugli ostaggi, sembra improbabile che venga raggiunto prima dell’inizio previsto del Ramadan, il 10 marzo, e invece potrebbe giungere a buon fine entro la fine del mese, cioè il primo fine settimana del mese sacro musulmano. Funzionari egiziani e del Qatar affermano che non ci sono stati contatti con il leader di Gaza di Hamas, Yahya Sinwar, da almeno una settimana. Ieri Israele non ha inviato una squadra negoziale al Cairo dopo aver ricevuto una risposta insoddisfacente da Hamas sull’ultimo accordo sugli ostaggi concordato a Parigi lo scorso fine settimana.
L’organizzazione palestinese con sede a Gaza ha rifiutato di rispondere alla richiesta di Gerusalemme di fornire un elenco di ostaggi ancora in vita e di fissare il numero di prigionieri palestinesi che Israele deve rilasciare per ogni ostaggio liberato, ha detto un funzionario israeliano. Funzionari anonimi citati da “Channel 12”, “Ynet” e altri media israeliani hanno detto che Gerusalemme sospetta che Sinwar non abbia intenzione di raggiungere un accordo nei prossimi giorni e spera di intensificare la violenza durante il Ramadan. In un simile scenario, Israele teme un’escalation non solo lungo i confini con Gaza e Libano, ma anche in Cisgiordania, dove la tensione è alta, così come a Gerusalemme, dove gli scontri per il Monte del Tempio e l’accesso ai luoghi sacri sito sono ampiamente attesi.

– Foto Ipa Agency –

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Usa, Haley vince le primarie repubblicane a Washington

WASHINGTON (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Nikki Haley ha vinto le primarie repubblicane a Washington. L’ex governatrice della South Carolina ha ottenuto il 62,8 per cento, rispetto al 33,3 per cento dell’ex presidente degli Usa Donald Trump. E’ la prima vittoria di Haley nelle primarie repubblicane contro Trump.
Sul social network Truth, l’ex presidente ha spiegato di essersi “tenuto lontano dalla palude di Washington”. Poi l’attacco a Haley, definita da Trump “un cervello di gallina che ha speso lì tutto il suo denaro, tempo e sforzi”.

– Foto Ipa Agency –

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Papa “Continuino i negoziati per cessate il fuoco a Gaza”

ROMA (ITALPRESS) – “Porto quotidianamente nel cuore, con dolore, la sofferenza delle popolazioni in Palestina e in Israele dovuta alle ostilità in corso. Le migliaia di morti, di feriti, di sfollati, le immani distruzioni, causano dolore e questo con conseguenze tremende sui piccoli e gli indifesi che vedono compromesso il loro futuro. Mi domando: davvero si pensa di costruire un mondo migliore in questo modo? Davvero si pensa di raggiungere la pace? Basta per favore, diciamo tutti noi ‘Basta per favore, fermatevi”. Così Papa Francesco, al termine dell’Angelus in piazza San Pietro, tornando a rivolgere un appello per la situazione in Medioriente. “Incoraggio a continuare i negoziati per un immediato cessate il fuoco a Gaza e in tutta la regione affinchè gli ostaggi siano subito liberati e tornino dai loro cari che li aspettano con ansia e la popolazione civile possa avere accesso sicuro ai dovuti e urgenti aiuti umanitari”, ha aggiunto. “Il 5 marzo ricorre la seconda Giornata Internazionale per la consapevolezza sul disarmo e la non proliferazione. Quante risorse vengono sprecate per la spesa militare che a causa della situazione attuale continuano tristemente ad aumentare. Auspico vivamente che la comunità internazionale comprenda che il disarmo è anzitutto un dovere. Il disarmo è un dovere morale. Mettiamo questo in testa e questo richiede il coraggio da parte di tutti i membri della grande famiglia delle Nazioni, di passare dall’equilibrio della paura all’equilibrio della fiducia”, ha concluso il Santo Padre.
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– Foto: Agenzia Fotogramma –

G7, Meloni a Trudeau “Puntiamo a risultati concreti e incisivi”

TORONTO (CANADA) (ITALPRESS) – “Grazie per la calorosa accoglienza. Durante questo tour nei Paesi del G7 la priorità è condividere gli obiettivi della nostra presidenza. I leader si incontreranno in Puglia, saremo lieti di ospitarla. Dobbiamo condividere gli obiettivi per migliorarli ulteriormente”. Lo ha detto il premier italiano Giorgia Meloni, incontrando a Toronto il primo ministro canadese Justin Trudeau.
“L’obiettivo è arrivare a risultati concreti e incisivi”, ha aggiunto.
“Penso che tu abbia ragione quando dici che ci sono molte cose che condividiamo e che dovremo condividere, e ne sono felice perchè sarai il prossimo Presidente del G7, quindi è importante portare avanti un lavoro che può proseguire negli anni – ha detto Meloni rivolgendosi a Trudeau -. Sono tanti i risultati della Presidenza giapponese che porterò attraverso quella italiana, come ad esempio quelli sull’intelligenza artificiale e il ruolo dell’Indo-Pacifico, ma anche il rispetto dell’ordine internazionale basato sulle regole, quindi il sostegno all’Ucraina, la difficilissima crisi mediorientale, sulla quale dobbiamo parlare molto, evitando un’escalation del conflitto. Ne stavo discutendo ieri anche con Joe Biden”.
“Sull’intelligenza artificiale ci sono delle preoccupazioni che condividiamo. Può essere uno strumento utile ma dipende da come lo si utilizza. Sono preoccupata per il possibile impatto sul mondo del lavoro, l’essere umano deve rimanere al centro”, ha sottolineato il presidente del Consiglio, che ha aggiunto: “Nel rapporto bilaterale con il Canada stiamo aprendo un nuovo capitolo delle nostre relazioni. Qui c’è una grande comunità di italo-canadesi, mi aspetto che la prossima volta a un prossimo vertice internazionale possa parlare anche italiano oltre che inglese e francese…”.
“Ricerca, infrastrutture, intelligenza artificiale, transizione ecologica sostenibile, sono molti gli ambiti in cui possiamo collaborare – ha proseguito Meloni – e l’Italia può mettere sul tavolo il suo know-how, spero che anche negli investimenti possiamo consolidare la nostra posizione”.
“E’ un grande piacere accogliere Giorgia Meloni in Canada. Ci siamo visti una settimana fa in Ucraina dove ha dimostrato l’impegno dell’Italia e del G7 a sostenere Kiev. La sua leadership del G7 è molto importante”, ha detto Trudeau.
“Ci sono molti argomenti su cui possiamo trovare dei punti in comune, siamo impazienti di collaborare con lei e di affrontare tutti i dossier. Il dialogo verterà sulle sfide che ci aspettano, non solo geopolitiche ma anche economiche”, ha proseguito.

– Foto screenshot da video Presidenza del Consiglio –

(ITALPRESS).