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Ucraina, Michel “La sconfitta non è un’opzione, pieno sostegno”

ROMA (ITALPRESS) – “Credo sia estremamente importante, a due anni dall’inizio della guerra, ribadire il nostro pieno sostegno all’Ucraina”. Così, in un’intervista al Corriere della Sera, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
“Esiste solo un piano A: il sostegno all’Ucraina. Il sostegno politico che significa allargamento. Ma anche coinvolgimento del Sud globale, spiegando che ciò che la Russia sta facendo è estremamente pericoloso per la stabilità del mondo”, spiega.
Poi aggiunge: “Finora abbiamo fatto tutto quello che potevamo, il massimo tenuto conto del progetto europeo: non siamo un governo, un Parlamento, un potere centralizzato ma 27 democrazie”.
Quindi “una sconfitta dell’Ucraina non può essere un’opzione, sappiamo tutti molto bene quali sarebbero le conseguenze ed è per questo che è fondamentale agire come stiamo facendo. Questa è una posizione chiara. E’ stato un pò impegnativo essere uniti per prendere decisioni all’unanimità, ma ce l’abbiamo fatta”. Michel lancia un appello ai Ventisette: “Vorrei invitare tutti a essere estremamente seri e attivi perchè l’Unione della difesa è necessaria e urgente: dobbiamo essere credibili, affidabili, agire per proteggere i nostri valori e i nostri interessi”. Inoltre “gli ultimi sviluppi sul terreno ci fanno capire che gli ucraini hanno bisogno di più munizioni, di più armi, di più supporto militare”, chiosa.
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– Foto: Agenzia Fotogramma –

Navalny, Tajani convoca l’ambasciatore russo

ROMA (ITALPRESS) – “Dall’ambasciatore russo domani vogliamo sapere cosa sta accadendo sulla vicenda Navalny, se ci sono responsabilità e quando il corpo verrà restituito alla famiglia: le sanzioni nei confronti della Russia possono essere inasprite, sentono già il peso delle sanzioni economico-finanziarie”. Lo sottolinea il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani a Tg2 Post, in merito alla decisione di convocare l’ambasciatore russo.
“Yulia Navalnaya ci ha detto a Bruxelles che raccoglierà l’eredità del marito – aggiunge Tajani -. E’ una donna forte e caparbia, sento che potrà portare avanti le sue battaglie e difendere l’eredità morale di Navalny. E’ ovvio che bisogna aspettare l’inchiesta per capire come è morto, ma sulle responsabilità morali non ci sono dubbi: quando una persona finisce in un gulag per anni le responsabilità sulla morte sono ovvie”. Sul fronte interno, il capo della Farnesina sottolinea come “la Lega ha condannato senza se e senza ma quanto successo e non credo sia necessario farne un caso”.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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USA 2024, come la sfida Biden-Trump potrebbe saltare

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Un presidente e un ex presidente degli USA che il 5 novembre 2024 puntano a replicare la sfida elettorale del 2020, sono anche coloro che la maggioranza degli elettori americani non vorrebbe più votare per la Casa Bianca. Da mesi diversi sondaggi indicano che la maggior parte di elettori democratici, repubblicani e indipendenti, preferirebbe non essere costretta a scegliere tra Joe Biden e Donald Trump. Nikki Haley, l’ex governatrice della South Carolina rimasta unica rivale in campo per la nomination del GOP e che si gioca le ultime chance tra una settimana nelle primarie del suo Stato, ripete come uno slogan che “il primo partito che sostituirà uno dei due candidati più anziani che abbiano mai corso per la presidenza (Biden ha 81 anni, Trump ne ha 77), vincerà le elezioni”.
Quale partito potrebbe farlo prima della fatidica data del 5 novembre? Purtroppo per le speranze dell’ex ambasciatrice all’ONU Haley, è più probabile che accada con i democratici che con i repubblicani. Nonostante Trump sia al centro di quattro distinte indagini penali, anche eventuali condanne prima delle elezioni, non potranno costringerlo a rinunciare alla candidatura a meno che sia lui stesso a deciderlo. La Costituzione USA non prevede che anche un candidato alla Casa Bianca che si trovi anche in galera dopo una condanna, sia escluso dalle elezioni (l’eccezione è il quattordicesimo emendamento della Costituzione con chi si trovi già condannato per insurrezione: ma Trump, “tecnicamente”, non è incriminato in nessuno dei processi in corso per aver partecipato attivamente alla insurrezione del 6 gennaio 2021).
Trump ha appena subito due sconfitte giudiziarie importanti. Giovedì, un giudice statale di Manhattan ha fissato la data del 25 marzo per il primo processo penale di Trump, con l’accusa di aver falsificato documenti aziendali riguardanti pagamenti segreti alla porno star “Story Daniel” prima delle elezioni del 2016.
Trump sta affrontando processi in cui è accusato di accuse molto più gravi, come quello di aver tentato di ostacolare il trasferimento pacifico del potere presidenziale dopo le elezioni del 2020. Ma venerdì Trump e la sua campagna elettorale sono stati colpiti da un altro macigno giudiziario quando un giudice statale di New York gli ha ordinato di pagare una multa di quasi 355 milioni di dollari per aver truccato il valore immobiliare in possesso della sua azienda. Se si pensa che il mese scorso, in un altro processo, una giuria federale di New York, ha ordinato a Trump di pagare più di 83 milioni di dollari per aver diffamato una giornalista dopo che lei lo aveva accusato di uno stupro avvenuto negli anni Novanta, si capisce che la campagna elettorale dovrà ricevere molti soldi dai Maga (i supporter del movimento trumpiano Make America Great Again) per aiutarlo anche con le sue spese giudiziarie.
Ma se con Trump, i problemi arrivano dai tribunali, per il presidente Biden concludere la corsa fino a novembre sta diventando più “politicamente” difficile. Il recente rapporto del procuratore speciale Robert Hur, che lo indagava per la sottrazione agli archivi federali di alcuni documenti segreti di quando era vice presidente di Obama, hanno fatto esplodere il caso che già covava sulla sua candidatura: Biden è troppo anziano, mai un presidente degli Stati Uniti ha governato alla sua età, figuriamoci per altri quattro anni. Hur ha scritto nel suo rapporto che il presidente ha problemi seri di memoria, quello che già milioni di americani temevano. Per questo in questi giorni, nelle grandi testate del giornalismo “main stream” degli USA, si indicano quali potrebbero essere i piani d’ emergenza dei democratici per sostituire il loro candidato.
La soluzione più probabile appare quella che Biden rimanga candidato, almeno fino al momento della Convention in agosto. Lì a Chicago, il partito potrebbe scegliere un’alternativa al presidente per competere a novembre. Questo piano però funzionerebbe solo se Biden si farà da parte volontariamente.
Questa “via d’uscita” sarebbe migliore dell’alternativa a una rinuncia immediata di Biden alla ricandidatura (cioè in stile Lindon Johnson), perché anche senza uscire dalla Casa Bianca, ci sarebbe comunque il problema della sua vice ma affatto popolare Kamala Harris. Siamo ormai anche al limite dei tempi per trovare altri candidati adatti per concorrere nelle primarie. Questo perché alla fine di febbraio scadono i termini per l’accesso alle elezioni primarie in quasi tutti gli stati dell’Unione. Ecco perché c’è solo un piano più adatto alla situazione, quello in cui Biden accetti di consegnare il testimone, solo dopo aver fatto il pieno di delegati per la Convention.
Cioè Biden sarebbe il vincitore delle primarie con oltre i 1.968 voti dei delegati necessari per rivendicare la nomina, ma annunciando di non accettarla, esorterebbe i suoi delegati a sostenere un candidato diverso, accettando così che è troppo rischioso per gli USA avere un presidente che avrebbe 86 anni alla fine del secondo mandato. Dopo aver sconfitto Trump una volta e aver protetto l’economia quanto la democrazia degli USA, Biden potrebbe ritirarsi con un certo successo. Il 19 agosto, quando inizierà la Convention del Partito democratico, Biden avrebbe il potere si essere il “kingmaker”, la stragrande maggioranza dei delegati sarebbe controllata da lui, perché anche se dalle regole del partito non sono legalmente obbligati a sostenere il presidente, probabilmente seguirebbero la sua indicazione sulla nomination.
A quel punto la scelta potrebbe ricadere sul governatore della California Gavin Newsom, o quella del Michigan Gretchen Whitmer o dell’Illinois J.B. Pritzker o di chiunque Biden e il suo partito si fidano e che soprattutto abbia ottime chance di battere Trump.
Ma perché non potrebbe accadere lo stesso con i repubblicani? Anche Trump, è anziano ed ha dimostrato di perdere colpi – come quando ha scambiato l’ex ambasciatrice Haley con la ex speaker del Congresso Pelosi – ma i delegati alla convention repubblicana, a differenza di quelli democratici, sono legati al loro candidato, almeno alla prima votazione. Quindi se Trump, come previsto, arriverà con la maggioranza dei delegati alla convention di luglio a Milwaukee – anche se fosse stato già condannato nei processi- e lui deciderà di voler essere nominato, i delegati che hanno ricevuto il mandato per lui, sono obbligati a votarlo (e comunque si prevede che lo faranno da Maga convinti). A quel punto, la profezia-vendetta di Haley (“Il primo partito che cambia l’anziano candidato vince”) potrebbe diventare realtà.

foto: Agenzia Fotogramma

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Nasce ilNewyorkese, giornale di riferimento degli italiani a New York

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NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Si è svolta a New York, presso l’Istituto italiano di Cultura, la presentazione del primo numero cartaceo de ilNewyorkese, il giornale di riferimento degli italiani a New York fondato da Davide Ippolito. L’evento è stato introdotto dal Direttore dell’Istituto, professore Fabio Finotti, e moderato dal giornalista Mattia Iovane, direttore editoriale de Il Newyorkese. Alla tavola rotonda sono intervenuti Michael Cascianelli – Head of school “La Scuola d’Italia”, Don Luigi Portarulo – Our Lady of Pompeii, Umberto Mucci – “President of “We The Italians”, Alex Carini – Real estate developer. L’obiettivo de ilNewyorkese, è stato sottolineato nel corso della presentazione, è quello di rafforzare il sentimento di comunità, un luogo dove gli italiani nella Grande Mela possano trovare un forte spirito di appartenenza e nuovi punti di rifermento, mentre gli appassionati possano scoprire nuove storie e fonti di ispirazioni. Il giornale è disponibile in versione cartacea presso la libreria Rizzoli di New York e nelle librerie Barnes&Nobles e su Amazon, mentre è sempre consultabile online su www.ilNewyorkese.com.
– foto ufficio stampa ilNewyorkese –
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E’ morto in prigione il dissidente russo Alexei Navalny

ROMA (ITALPRESS) – E’ morto Alexei Navalny. Il dissidente leader dell’opposizione russa è deceduto nella colonia penale dove era detenuto: lo annunciano i media russi, citando il servizio carcerario. Le cause della morte di Navalny “sono in fase di accertamento”.
Secondo quanto riferito dal servizio penitenziario federale russo, Navalny dopo avere effettuato questa mattina una passeggiata si è sentito male e ha perso conoscenza quasi immediatamente. Gli operatori sanitari dell’istituto sono arrivati immediatamente ed è stata chiamata un’équipe medica di emergenza. Tutte le misure di rianimazione necessarie non hanno dato però risultati positivi. I medici del pronto soccorso hanno confermato la morte del condannato e si stanno accertando le cause del decesso. Il presidente russo Vladimir Putin è stato informato della morte del leader dell’opposizione Aleksei Navalny, secondo quanto riferito dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
“Dopo anni di detenzione in un regime carcerario non proprio liberale, la Russia perde una voce libera- Siamo vicini alla famiglia, ci siamo sempre battuti, anche quando ero al Parlamento europeo, per la libertà sia in Russia sia in Bielorussia. Adesso ci sarà una voce di libertà meno”, ha commentato il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
Per il premier Giorgia Meloni, “la morte di Alexei Navalny, durante la sua detenzione, è un’altra triste pagina che ammonisce la comunità internazionale. Esprimiamo il nostro sentito cordoglio e ci auguriamo che su questo inquietante evento venga fatta piena chiarezza”.
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– foto: Ipa Agency –

Gentiloni “L’Europa ha evitato la recessione ma crescita bassa”

BRUXELLES (BELGIO) (ITALPRESS) – “L’economia europea rallenta. Ha evitato la recessione, ma ha avuto una crescita molto bassa e continuerà ad averla anche quest’anno. Siamo fiduciosi che nel 2025 l’attività economica possa riprendere l’attività e questo vale anche per l’Italia, che per la ripresa deve sfruttare l’insieme di fondi ed investimenti del Pnrr”. Così il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, a margine della conferenza stampa in cui ha annunciato le previsioni economiche per il trimestre invernale. L’inflazione del 2% in Italia è fra le più basse della media europea e “sta scendendo più del previsto” e questo dato può essere in parte visto come “dovuto al rallentamento dell’economia” ma anche come “una buona notizia per i bilanci familiari e per l’insieme del potere d’acquisto del nostro Paese”, ha aggiunto. Il commissario ripone molta fiducia sui fondi comuni europei, come il Pnrr, poichè “l’impegno in questi fondi ha contributo a limitare un allargarsi di differenze e ha fatto avanzare Paesi più in difficoltà”.
(ITALPRESS).
– Foto: xf4/Italpress –

Negoziatori rinviano i colloqui per il cessate il fuoco a Gaza

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ROMA (ITALPRESS) – I negoziatori che si sono riuniti ieri al Cairo non sono stati in grado di raggiungere un accordo per ottenere un cessate il fuoco a Gaza e scambiare gli ostaggi. Nonostante questo, secondo il giornale “al Sharq al Awsat”, continueranno i colloqui. Rappresentanti di Stati Uniti, Israele, Qatar ed Egitto hanno concordato di prolungare i colloqui per tre giorni. A rivelarlo è un anonimo funzionario egiziano. I funzionari di livello inferiore continueranno oggi i colloqui. Anche il “Times of Israel” ha parlato di un prolungamento dei negoziati. La delegazione israeliana, guidata dal capo dei servizi segreti del Mossad, David Barnea, è tornata dal Cairo. Accompagnato dal capo dell’agenzia di intelligence interna israeliana (Shin Bet), Ronen Bar, Barnea ha incontrato il primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani, e il capo della Central Intelligence Agency degli Stati Uniti, William Burns, Al Cairo. Fonti di Hamas hanno riferito che il movimento non ha inviato un rappresentante al Cairo. Si attendono i risultati degli “incontri in corso” e “i colloqui con i mediatori continuano”.
Allo stesso tempo, il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha incontrato in Qatar il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir Abdollahian. In una dichiarazione di Hamas sono citate le affermazioni di Haniyeh durante i colloqui: “Qualsiasi accordo deve garantire un cessate il fuoco, il ritiro dell’esercito di occupazione dalla Striscia di Gaza e il completamento di un serio accordo di scambio”. Egitto, Qatar e Stati Uniti premono per un cessate il fuoco più lungo nella guerra di Gaza. Nell’ambito di un possibile accordo, gli ostaggi ancora detenuti nella Striscia di Gaza verrebbero scambiati con prigionieri palestinesi in Israele in più fasi.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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Tajani “Serve un esercito europeo”

ROMA (ITALPRESS) – “Le parole di Trump sulla Nato? Non entro nella campagna elettorale americana, c’è un tema fondamentale che è quello della difesa europea, sono anni che insistiamo sulla necessità di avere un esercito europeo, di avere una politica di difesa europea che sia parte integrante della politica estera europea”. Lo ha detto il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine di una conferenza stampa.
“Non è un caso che ci siamo imposti per dar vita a una missione europea nel Mar Rosso che tuteli la sicurezza del trasporto marittimo. Bisogna capire – ha aggiunto – che per contare anche all’interno della Nato bisogna essere credibili e l’Europa lo è se si dà una politica estera e di difesa seria”. Per il vicepremier “questo è il modo migliore per dire agli Stati Uniti noi ci siamo, siamo nella Nato, ci crediamo ma siamo degli interlocutori dello stesso livello”.
(ITALPRESS).
– Foto: Italpress/xc3 –