ROMA (ITALPRESS) – È salito a 13 il bilancio delle vittime del raid israeliano condotto sabato scorso su Damasco. Il raid ha preso di mira un edificio nel quartiere di Mezzeh, nella parte occidentale di Damasco, dove si trovano i quartieri generali della sicurezza e dell’esercito siriano, così come altri edifici di leader palestinesi, ambasciate e organizzazioni internazionali. Tredici persone sono state uccise, tra cui cinque consiglieri della Guardia rivoluzionaria iraniana, secondo un nuovo conteggio effettuato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani. L’Osservatorio ha annunciato in un comunicato: “Il bilancio delle vittime dell’attacco israeliano contro un edificio nel quartiere di Mezzeh è salito a 13”. L’attacco condotto nel fine settimana è l’ultima operazione mirata di cui Israele è accusata di aver condotto contro i leader di quello che è noto come “Asse della Resistenza”, che è guidato da Teheran e comprende fazioni palestinesi, tra cui Hamas, quelle irachene, oltre all’Iran, Houthi e Hezbollah.
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Sale a 13 il bilancio delle vittime nel raid a Damasco
Medio Oriente, Tajani “Herzog sembra disponibile a nascita Palestina”
ROMA (ITALPRESS) – “Bisognerà lavorare duro per convincere le parti, ma i due popoli e due Stati sono l’unica soluzione per la pace. Non è un compito facile, Netanyahu non vuole, Hamas non vuole. Herzog mi è sembrato più disponibile a far nascere uno Stato palestinese. Con un interregno vigilato dall’Onu, sotto la guida di un Paese arabo. L’Italia è disponibile eventualmente a mandare dei soldati. Questa è la proposta italiana di cui parlerò mercoledì e giovedì, nella mia visita in Libano, Israele e Palestina”. Lo ha detto, intervistato dal quotidiano “La Stampa” il ministro degli Esteri Antonio Tajani. “Israele è una democrazia e Netanyahu è stato eletto, non tocca a noi dire chi deve guidare il Paese in questa fase. Herzog mi pare persona di buona volontà e ha una visione più pacifica, aperta ad alcuni spiragli per procedere” ha aggiunto il titolare della Farnesina. “L’Ue è debole e non possiamo avere politica estera europea, finchè non avremo una difesa comune. Non puoi portare la pace, se non hai i mezzi, cioè se non sei in grado di difenderti. Dovremmo cominciare a riflettere seriamente sul voto a maggioranza, che rimpiazzi l’unanimità, su un’organizzazione dell’Unione diversa” dice a proposito dell’Ue. La proposta del governo italiano per la Crisi nel Mar Rosso, secondo il ministro, prevede una missione “con il sostegno di Francia e Germania, e di altri Stati che si uniranno, forse la Norvegia” che permetta £di mettere in piedi una missione militare forte, allargando al Canale di Suez quella che già opera nello Stretto di Hormuz”. “La missione farà una protezione attiva delle navi mercantili, con sistemi anti-drone e anti-missile, quindi con strumenti in grado di respingere gli attacchi” conclude.(ITALPRESS).
Foto: Agenzia Fotogramma
Trump resta vincente in attesa del caos
di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – L’appuntamento di martedì con le primarie repubblicane del New Hampshire appare decisivo perché se Nikki Haley non dovesse vincere – o almeno arrivare vicina a Donald Trump – sono in molti a credere che getterebbe la spugna. Quello che si attende del resto anche da Ron DeSantis, che resta a percentuali ad una cifra, ma che resiste.
Ma i due potrebbero restare in corsa anche dopo una debacle in New Hampshire? Probabile e per due motivi. Primo perché “vendere cara la candidatura” serve ad ottenere qualcosa di importante in cambio, ma anche perché nel giro di poche settimane, il responso delle urne potrebbe essere ribaltato nelle aule di giustizia e chi è secondo potrebbe di colpo ritrovarsi primo.
Come è successo in passato, i candidati che alle primarie hanno già speso tantissimo e capiscono che non hanno speranza di vincere la nomination, restano in corsa fino a quando non venga promesso loro il “giusto compenso” per sospendere la candidatura dando l’appoggio al candidato vincente. Questo perché il vincitore delle primarie ha bisogno del sostegno di tutto il partito per poter sperare di vincere le elezioni a novembre contro un candidato democratico che, in questo caso, è – almeno finora – il presidente in carica Joe Biden.
Quindi finché Trump non avrà la proposta adatta a “ricompensare” Haley (ancor più che DeSantis, che resta governatore in carica della Florida), si prevede che la ex ambasciatrice resti attiva nel chiedere di scegliere lei, mettendo in guardia i repubblicani che invece Trump rischia di perdere a Novembre.
Trump offrirà la vicepresidenza ad Haley? Ciò sembra escluso dalla stessa ex sua ambasciatrice, che ha ribadito che non accetterebbe mai quell’incarico. Ci sono però alternative di altrettanto prestigio, come quella di Segretario di Stato, come fece Barack Obama subito con Hillary Clinton dopo averla battuta alle primarie del 2008, per assicurarsi il pieno appoggio dell’ex First Lady per la sfida a novembre contro il repubblicano John McCain.
Ma la ex governatrice della Sud Carolina ed ex ambasciatrice all’ONU sta ancora cercando di vincere nel New Hampshire? Questo stato del New England non sarebbe dovuto essere “trumpista” come l’Iowa, e il suo popolare governatore repubblicano Christopher Sununu ha da tempo dato l’appoggio a Haley. Eppure, secondo il “termometro” dei sondaggi che il seguitissimo sito fivethirtyeight.com raggruppa, appare ormai impossibile. Trump sfiora il 50% (come in Iowa), mentre Haley, pur facendo molto meglio che in Iowa, resta a circa 16 punti di distacco dall’ex presidente.
Che il vento del GOP rinforzi ormai solo Trump, lo conferma la notizia che persino Tim Scott, il senatore repubblicano della South Carolina ex candidato alla Casa Bianca, ha deciso di appoggiare l’ex presidente. Cioè nella importantissima tappa alle primarie della South Carolina, dove Trump si trova già in netto vantaggio, ora con l’appoggio ricevuto anche da Scott, la risalita di Haley da ardua sembra diventata impossibile.
Ormai i sostenitori MAGA (dallo slogan trumpiano, Make America Great Again) stanno spazzando via le ultime resistenze di quel mezzo partito repubblicano che non si rassegnava alla ricandidatura dell’ex presidente. A questo punto la nomination di Trump è inevitabile? Non ancora. Resta la spada di Damocle giudiziaria a pendere sopra le ambizioni di Trump di riconquista della Casa Bianca.
Proprio giovedì il team legale di Trump ha scritto alla Corte Suprema, per avvertire che una eventuale sua esclusione dal voto porterebbe “il caos e il pandemonio”. Gli avvocati di Trump, con una mossa piuttosto rischiosa, fotografano la realtà prima che l’8 febbraio la Corte Suprema si pronunci sulla sua candidatura, un vero e proprio “avvertimento”. La Corte suprema dovrà infatti decidere sulla esclusione di Trump dal voto delle primarie in Colorado, deciso da una corte statale per aver istigato l’assalto al Congresso, e quindi applicando il 14esimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che vieta la candidatura ai pubblici ufficiali che, dopo aver giurato sulla Costituzione, hanno partecipato a insurrezioni contro la stessa. Una decisione presa già anche in Maine ma sospesa in attesa che si pronuncino i 9 giudici supremi, che con la loro decisione cancelleranno o confermeranno le cause pendenti in decine di altri Stati dell’Unione.
Trump con il team dei suoi legali scrive alla Corte Suprema che queste cause minacciano di privare dei diritti civili milioni di americani e che si potrebbe scatenare il caos se altri tribunali e funzionari statali “seguiranno l’esempio del Colorado ed escluderanno il probabile candidato presidenziale repubblicano dalle loro votazioni”. Nella lettera alla Corte Suprema la difesa di Trump afferma che l’ex presidente non ha mai partecipato ad una insurrezione: “Semmai al contrario, Trump ha invocato la pace, il patriottismo, la legge e l’ordine”.
Se anche la decisione dei giudici supremi dovesse favorire Trump, si prevede un’altra importantissima decisione della Corte Suprema sull’immunità presidenziale, per quanto riguarda il processo federale intentato dallo speciale procuratore Jack Smith con l’accusa che il 45esimo presidente abbia cospirato per annullare il voto che aveva eletto Biden, provocando quindi l’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021.
Toccherà quindi alla Corte Suprema, che ricordiamo dopo i tre giudici nominati da Trump, ha una maggioranza “conservatrice” di sei a tre, l’ultima parola. L’attesa vittoria di Trump tra pochi giorni in New Hampshire potrebbe alla fine risultare inutile, nonostante i pur credibili avvertimenti sullo “scoppio del caos”.
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Il Meeting di Rimini in missione al Cairo
RIMINI (ITALPRESS) – Missione al Cairo per il Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si tiene ogni anno a Rimini. Il 14 gennaio scorso è atterrata all’aeroporto internazionale della capitale egiziana una delegazione composta dal presidente Bernhard Scholz, dal direttore Emmanuele Forlani e dalla responsabile delle mostre Alessandra Vitez. Ad accoglierla Wael Farouq, componente della redazione culturale del Meeting e “inviato speciale” nei paesi di lingua araba.
La mattinata di lunedì 15 è stata dedicata alla visita dei luoghi in cui secondo una tradizione millenaria la Sacra Famiglia di Nazareth ha soggiornato per vari mesi.
La delegazione ha visitato una chiesa e un monastero sul Nilo, dedicati alla Vergine Maria, la prima costruita nel IV secolo proprio per ricordare la presenza della Sacra Famiglia. Un mosaico ricorda che proprio dalla grotta che affaccia direttamente sulle sponde del fiume i tre profughi, in fuga dal re Erode, si sarebbero imbarcati continuando la loro fuga. L’altare nella cripta è ricoperto dai biglietti di preghiera dei fedeli che arrivano in pellegrinaggio.
La zona del Cairo copto è detta «delle sette chiese», ed è vicina alla moschea Amr, la prima costruita dagli arabi, e alla sinagoga di Ben Ezra, dove la tradizione vuole sia stato ritrovato il piccolo Mosè.
Ma qual era lo scopo principale della visita al Cairo? Come spiegano Bernhard Scholz e Alessandra Vitez, “vogliamo realizzare una mostra sulla Fuga in Egitto, mostrando luoghi cari a cristiani e musulmani, per un evento che è percepito come sacro da varie religioni. Una mostra in piena linea con la vocazione del Meeting, per portare alla luce esperienze sia storiche sia contemporanee di dialogo vissuto”.
Nel pomeriggio poi la delegazione del Meeting di Rimini ha visitato l’Ambasciata italiana d’Egitto, accolti dall’ambasciatore Michele Quaroni. Con lui un dialogo sul ruolo del Meeting nel contesto internazionale e in Egitto, ricordando il Meeting Cairo del 2010 e 2012 e le presentazioni ad Alessandria e al Cairo nel 2018, prospettando la possibilità di un lavoro comune nel 2025. “La speranza – spiega Scholz – è riproporre in futuro eventi simili”.
Martedì 16 gennaio, come racconta Wael Farouq, l’incontro con Anba Ermia, vescovo generale e presidente del Centro culturale Copto ortodosso. Il vescovo Ermia, che fu al Meeting nel 2011, si è detto molto contento di realizzare insieme la mostra sulla Fuga in Egitto al Meeting. «Siamo rimasti colpiti», commenta Wael, «da questa chiesa povera e perseguitata ma che vive profondamente la sua fede, lavorando silenziosamente per il bene».
Al direttore Emmanuele Forlani il compito di offrire una sintesi delle due giornate: “Due giorni intensi, vissuti senza respiro, ma di cui essere profondamente grati. Al termine della visita non si può non ringraziare per l’accoglienza e per la bellezza che abbiamo visto per i luoghi della Fuga in Egitto. Altrettanta gratitudine va a Wael Farouq, senza il quale la visita non sarebbe stata possibile, e assieme a lui agli amici che realizzeranno la mostra”.
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Raid pakistani in Iran, 9 morti
TEHERAN (ITALPRESS) – E’ di 9 morti il bilancio dei raid condotti nella notte dal Pakistan in territorio iraniano ed in particolare nelle province del Sistan e del Belochistan. Tra le vittime si contano anche quattro bambini, secondo quanto riferiscono i media arabi. Islamabad ha così risposto a Teheran che aveva condotto nel giorno precedenti analoghi raid nella provincia pakistana del Belochistan, sostenendo di aver colpito gruppi ribelli che operano oltre confine. Il ministero degli Esteri pakistano ha confermato gli attacchi lanciati erano contro postazioni di presunti gruppi terroristici nella provincia del Sistan e Balochistan, nel sud-est dell’Iran. Entrambi i paesi, Iran e Pakistan, si accusano a vicenda da tempo di ospitare gruppi armati che compiono attacchi dalle regioni lungo il confine condiviso. Inoltre, è stata confermata la morte di “diversi terroristi” nel corso di un’operazione di intelligence denominata “Marg Bar Sarmachar”, che cercava di neutralizzare il gruppo autoproclamato “Sarmachars”, considerato terrorista da Islamabad.
Da parte sua, il vice governatore del Sistan e Balochistan, Alireza Marhamati, ha riferito di un’esplosione vicino alla città di Saravan alle 4,30 (ora locale) in cui sarebbero morti tre donne e quattro bambini.
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Kate Middleton operata all’addome a Londra. Re Carlo subirà un intervento alla prostata
LONDRA (ITALPRESS) – La principessa del Galles Kate Middleton è ricoverata in ospedale a Londra dove è stata operata “con successo” all’addome. Lo ha reso noto Kensington Palace aggiungendo che rimarrà ricoverata in ospedale dai dieci ai quattordici giorni. “Sulla base delle attuali raccomandazioni mediche, è improbabile che ritorni alle funzioni pubbliche prima di Pasqua”, si legge nella nota. L’intervento chirurgico addominale, che era già programmato, non è stato causato da un problema “canceroso”, riferisce la nota. La prossima settimana Re Carlo III, 75 anni, sarà sottoposto a un intervento chirurgico per curare un ingrossamento della prostata. Lo riferisce Buckingham Palace, precisando che la patologia è benigna ma sarà necessaria una “procedura correttiva”.
Gli impegni pubblici saranno rinviati per un breve periodo di recupero.
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Ucraina, Von der Leyen “Kiev può prevalere, ma va sostenuta ancora”
DAVOS (SVIZZERA) (ITALPRESS) – “Come in tutte le democrazie, la nostra libertà comporta dei rischi. Ci sarà sempre chi cercherà di sfruttare la nostra apertura, sia dall’interno che dall’esterno. Ci saranno sempre tentativi di portarci fuori strada, ad esempio con la disinformazione. E da nessuna parte se ne è parlato tanto quanto sulla questione dell’Ucraina. Permettetemi quindi di fornire alcune informazioni reali. La Russia non riesce a raggiungere gli obiettivi strategici. E’ innanzitutto un fallimento militare”. Lo ha detto la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, alla 54^ edizione del World Economic Forum a Davos.
“Quando la Russia invase l’Ucraina, molti temevano che Kiev sarebbe caduta in pochi giorni e il resto del paese nel giro di poche settimane. Ciò non è accaduto – ha aggiunto -. Invece, la Russia ha perso circa la metà delle sue capacità militari. L’Ucraina ha cacciato la Russia dalla metà dei territori che aveva conquistato. L’Ucraina ha respinto la flotta russa del Mar Nero e ha riaperto un corridoio marittimo per fornire grano al mondo. E l’Ucraina ha mantenuto la sua libertà e indipendenza”.
“Il fallimento della Russia è anche economico. Le sanzioni hanno disaccoppiato la sua economia dalla tecnologia moderna e dall’innovazione. Ora dipende dalla Cina. E, infine, il fallimento della Russia è anche diplomatico. La Finlandia ha aderito alla NATO. La Svezia seguirà presto. E l’Ucraina è più vicina che mai all’Unione Europea – ha sottolineato Von der Leyen -. Tutto ciò ci dice che l’Ucraina può prevalere in questa guerra. Ma dobbiamo continuare a rafforzare la loro resistenza. Gli ucraini hanno bisogno di finanziamenti prevedibili per tutto il 2024 e oltre. Hanno bisogno di una fornitura di armi sufficiente e prolungata per difendere l’Ucraina e riconquistare il suo legittimo territorio. Hanno bisogno di capacità per scoraggiare futuri attacchi da parte della Russia. E hanno bisogno anche di speranza. Hanno bisogno di sapere che, con la loro lotta, guadagneranno un futuro migliore per i loro figli. E il futuro migliore dell’Ucraina si chiama Europa. E’ con immensa gioia che il mese scorso abbiamo deciso di avviare i negoziati per l’adesione dell’Ucraina all’UE. Questo sarà il risultato storico dell’Ucraina. E sarà l’Europa a rispondere al richiamo della storia”.
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Valanga Trump in Iowa, la rivincita con Biden si avvicina
di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – I sondaggi hanno avuto ragione, Donald Trump vince a valanga con il 51,2% la prima tappa elettorale in Iowa, battendo ogni record: non era mai accaduto che un candidato ai caucus dello Stato del Midwest per la nomination repubblicana prevalesse su tutti gli altri con oltre il 50%, staccando il secondo di 30 punti! Non era neanche mai accaduto, che quando ancora i cittadini dell’Iowa non avevano finito di votare, i maggiori canali tv degli USA dichiarassero già il vincitore (basandosi soltanto sui poll d’entrata). I numeri sono proprio quelli che per mesi i sondaggi avevano predetto e almeno in Iowa (ma i poll dicono lo stesso in tutti gli USA) la stragrande maggioranza dei repubblicani rivuole Trump come candidato alla presidenza. Un altro dato che esce dai caucus dell’Iowa: ben il 70% dei repubblicani che hanno sfidato il freddo record per recarsi a votare (le condizioni del tempo avrebbero più sui meno entusiasti supporter di Ron DeSantis e Nikki Haley) hanno dichiarato di non credere che Joe Biden sia un legittimo presidente: le elezioni nel 2020 per loro restano “truccate”. Un sospetto (certezza per i Make America Great Again – MAGA) che nessuna indagine è mai riuscita a legittimare, ma che Trump ripete e che ha ormai convinto ben oltre il 2/3 dei repubblicani. E poi, un altro dato, forse il più importante: sempre in exit-poll dell’Iowa, la CNN ha riportato che ben il 63% dei repubblicani dello stato del Midwest voterebbe per Trump anche se venisse condannato nei processi più gravi.
“Credo che questo sia il momento in cui nel nostro Paese bisogna unirsi. Che siate repubblicani, democratici, liberali o conservatori, dovremmo unirci per risolvere i problemi del mondo e trovare le soluzioni alla morte e distruzione a cui stiamo assistendo”. Con questo tono apparentemente “moderato” – mai ascoltato prima da Trump – nel suo discorso della vittoria di lunedì sera in Iowa, l’ex presidente si è congratulato con Ron e Nikki, chiamandoli per nome, dopo mesi che per loro usava soltanto soprannomi dispregiativi. Sicuramente un appello ad unire tutti i repubblicani dietro la “inevitabilità” della sua nomination e che né DeSantis né Haley vogliono ancora raccogliere; invece l’imprenditore Vivek Ramaswany, congratulato da Trump per aver dal nulla raggiunto il quarto posto con l’8%, ha annunciato la sua uscita dando il suo sostegno a Trump. Il governatore della Florida DeSantis, resta ancora per un soffio in corsa. Se dopo aver speso in Iowa 30 milioni di dollari, l’italoamericano governatore della Florida fosse arrivato dietro alla ex ambasciatrice Haley, si prevedeva che avrebbe gettato la spugna. Invece nel suo discorso, ha potuto ringraziare i suoi sostenitori con l’entusiasmo di un “resuscitato”; eppure non si vede come DeSantis possa trovare la strada per impensierire Trump a partire dal prossimo appuntamento in New Hampshire, dove i poll (certamente ora più credibili) lo danno fermo ad una percentuale con una sola cifra.
Nikki Haley, arrivata invece terza a soli due punti dal secondo, dopo essersi congratulata con Trump (senza invece mai nominare DeSantis), ha tenuto un discorso come se fosse lei ad aver vinto i caucus. Sfoggiando un sorriso trionfante davanti ai suoi sostenitori, l’ex governatrice della Sud Carolina ha sostenuto che la sua candidatura “è l’unica speranza per fermare l’incubo” del ritorno di una sfida elettorale tra Trump e Biden. Haley li ha definiti politici troppo anziani appartenenti al passato (“entrambi ottantenni) accusandoli di essere frenati “da inchieste e da vendette”. Ha poi messo in guardia che con l’ex presidente i repubblicani rischiano di nuovo la sconfitta e “che Dio ci salvi, potremmo ritrovarci con Kamala Harris presidente”, nominando così, alla Trump, la prima donna vicepresidente della storia degli USA. Nei sondaggi, Haley ha ancora delle chance di battere Trump in New Hampshire. Infatti, dopo il ritiro dell’ex governatore del New Jersey Chris Christie (il suo 10% dei sostenitori si aspetta vada quasi tutto a lei), potrebbe portarla alla vittoria per poi giocarsi il tutto per tutto nel suo Stato, quella South Carolina che però vede ancora Trump solidamente in testa. Haley, salutando l’Iowa fiduciosa della prossima sfida nel New England, ha detto che la corsa è ormai rimasta “tra due contendenti”. Eppure dopo la vittoria con un distacco record in Iowa e tutti i poll che indicano Trump in testa ovunque, le primarie repubblicane hanno uno solo al comando. L’incubo della rivincita Trump-Biden, che tutti i sondaggi dicono la stragrande maggioranza degli americani (tranne il 25% di MAGA) non vorrebbe più rivivere, si avvicina.
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