TEL AVIV (ITALPRESS) – Il ministero della Sanità di Gaza ha annunciato oggi che Israele ha ucciso 132 palestinesi nelle ultime 24 ore, portando a 24.100 il bilancio totale delle vittime della guerra israeliana nella Striscia di Gaza dallo scoppio del 7 ottobre. Il ministero ha aggiunto, in un comunicato, che 101 giorni dopo l’inizio degli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza, il numero dei feriti è salito a 60.834. La dichiarazione spiega che ci sono ancora numerose vittime sotto le macerie degli edifici distrutti e che gli equipaggi della protezione civile e delle ambulanze non sono in grado di raggiungerli. Stamattina la “Palestine TV” ha riferito che la Protezione Civile ha annunciato l’uccisione di più di 45 membri dei suoi equipaggi dall’inizio della guerra.
-foto Agenzia Fotogramma-
(ITALPRESS).
Uccisi oltre 24 mila palestinesi a Gaza
Usa 2024, in Iowa inizia la resa dei conti tra le due Americhe
di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Con i caucus in Iowa, partono lunedì ufficialmente le elezioni per la Casa Bianca 2024. Il primo appuntamento coinvolge solo il partito repubblicano (quello democratico ha tolto il “privilegio della partenza” allo stato del Midwest) e sono rimasti in 4 a contendersi i delegati per la Convention di Milwaukee che questa estate sceglierà il candidato del GOP alla presidenza. In pole position (con il 48% secondo l’ultimissimo poll del The Des Moines Register-NBC News-Mediacom), c’è Donald Trump, già 45esimo Presidente degli USA. Poi per il secondo posto, con enorme distacco dal primo, lottano il governatore della Florida, l’italoamericano Ron DeSantis e l’ex governatrice della Sud Carolina ed ex ambasciatrice all’ONU (nell’amministrazione Trump) Nikki Haley, che col 20% avrebbe superato per la prima volta il rivale in Iowa. Ancora più indietro ma non vuol mollare, l’imprenditore Vivek Ramaswamy. Anche unendo i consensi dei tre inseguitori, Trump resterebbe in testa.
L’Iowa è uno stato che darà soltanto 40 delegati alla Convention repubblicana (equivalente al 1,6% del totale dei delegati dai 50 stati, inoltre distribuiti in maniera proporzionale, il vincente non li prende tutti), quindi lo stato del Midwest è un peso piuma nella scelta finale del partito. Eppure questa prima tappa, più degli altri anni, è attesa con il fiato sospeso da milioni di americani. Sarà la prima verifica ai sondaggi che da mesi indicano tra i repubblicani Trump in testa non solo in Iowa, ma in tutti gli stati dell’Unione. All’indomani dell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 da parte di una folla di MAGA (supporter del Make America Great Again trumpiano) che voleva interrompere l’ufficializzazione dell’”imbroglio elettorale” che aveva dato vincente Joe Biden, la stella folla che aveva ascoltato quella mattina un comizio di Trump in cui l’allora presidente incitava i suoi supporter a “combattere come all’inferno altrimenti non avremo più un paese”, chi avrebbe potuto immaginare che tre anni dopo, sarebbe stato ancora lui il candidato alla presidenza da battere?
Dato che si stenta ancora a crederlo, ecco che l’Iowa confermerà o meno all’America e al mondo l’accuratezza di questi sondaggi e ciò che ci aspetta nei prossimi mesi.Se lunedì sera in Iowa, la performance elettorale di Trump sarà confermata con il distacco dagli avversari vicino a quello che indicano i poll, un brivido salirà nella schiena di chi crede, come il presidente Biden, che con una rielezione di Trump la democrazia americana, almeno come è stata conosciuta finora, rischia di soccombere. Un risultato che farà esplodere di gioia invece milioni di americani che, al contrario, ritengono che con il ritorno di Trump alla Casa Bianca si compia la rivincita su un sistema “corrotto” che nel 2020 avrebbe “truccato” la democrazia degli USA. Ma se pur risultando vincente, alla fine il consenso dato a Trump rispetto a quello ricevuto da Haley o DeSantis, non risultasse così ampio, ecco che un’ ondata di scetticismo si abbatterebbe sui sondaggi, che in questo caso avrebbero esagerato nell’interpretare l’umore “ribelle” dell’America.
Per questo l’appuntamento elettorale in Iowa è così atteso. Non per il suo peso politico sul risultato finale alla Convention (accade spesso che chi prevale sui caucus in Iowa non vinca la nomination), ma per capire quanto il vero “pericolo” (o “riscatto”) di Trump sia reale. Su queste elezioni, prima che si arrivi al traguardo del 5 novembre, peseranno come macigni la serie di processi in cui l’ex presidente resta invischiato. E’ vero, nelle primarie, come sostiene per esempio il concorrente DeSantis, invece di danneggiarlo, avrebbe dato una spinta a colui che si autoproclama “perseguitato politico”. Ma, sempre secondo alcuni sondaggi, se Trump venisse condannato prima delle elezioni (e se la Corte Suprema consentirà di arrivarci a queste condanne), soprattutto nei processi in cui è accusato di aver cospirato contro il diritto costituzionale dei cittadini americani di eleggere democraticamente il presidente, a Trump gli resterebbe solo la base MAGA a sostenerne ancora la candidatura. A questo punto, chi sarà in quel momento secondo nelle primarie, diventerà il candidato del GOP ritenuto valido per poter vincere le elezioni di novembre.
Ma soprattutto il voto negli Stati Uniti che inizia lunedì sera nell’Iowa gelato da condizioni meteo record, non ha nulla in comune con tutte le altre elezioni degli ultimi due secoli. Vengono i brividi a scriverlo, ma se ci sono delle similitudini, sono con il periodo (1850-1860) che precedette la vittoria di Abraham Lincoln: nel modo in cui oggi, il più potente paese del mondo, si ritrovi di nuovo diviso dal sospetto e, in certi casi, dall’odio, per il campo politico avversario. I brividi addosso non resteranno per il freddo polare dell’Iowa di questi giorni. Se quattro anni fa la situazione in cui l’America iniziava il suo percorso elettorale, veniva ritenuta “molto grave”, per una pandemia terrorizzante, l’economia paralizzata e le proteste nazionali per gravi crimini razziali, nel 2024, le elezioni presidenziali USA si tengono con lo spettro apparso il 6 gennaio 2021. Uno spettro che ha ipnotizzato un intero paese spaccandolo tra chi crede che tre anni fa a Washington ci sia stato un tentativo di insurrezione fermato in extremis, e dall’altra chi ritiene sia stata una “bella giornata di patriottismo” contro chi aveva “truccato le elezioni” e rivoterà per Trump. (ITALPRESS) – (SEGUE). Alla vigilia dell’Iowa, il New York Times ha pubblicato una inchiesta condotta tra alcuni cittadini che si recheranno a votare nello stato del Midwest, in cui si mette in risalto come in parecchi temono che si sia alla vigilia della resa dei conti tra le due Americhe: non si chiamano più quelle dei sudisti e dei nordisti, ma dei “red” (rosso, dal colore dato agli stati a maggioranza repubblicana) e dei “blu” (democratici). Persino lo storico di Yale, David Blight, tra i maggiori esperti del periodo della guerra civile, conferma che, per quanto riguarda la presenza di “divisioni” che possono mettere in serio pericolo l’esperimento democratico degli USA, “siamo in uno di questi periodi, non c’è dubbio”. Esagerazioni? In un sondaggio del Public Religion Research Institute pubblicato ad ottobre, il 25% degli americani concorda sul fatto che “i veri patrioti americani potrebbero dover ricorrere alla violenza per salvare il nostro Paese”. Già, uno spettro si aggira per l’America e da questo primo voto in Iowa si potrà capire quanti danni ancora farà o se verrà spazzato via.
– Foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).
William Lai nuovo presidente di Taiwan, “Ha vinto la democrazia”
TAIPEI (TAIWAN) (ITALPRESS) – William Lai, autonomista del Partito Democratico Popolare, con circa il 40,2% dei voti, ha vinto le elezioni ptresidenziali a Taiwan. Hou Yu-Ih, candidato dei nazionalisti filo cinesi, ha ammesso la sconfitta.
A votare negli oltre 18mila seggi sono stati chiamati 19,3 milioni di elettori per elezioni che potrebbero ridefinire i rapporti tra Taipei e Pechino. Secondo le prime indicazioni, le elezioni dovrebbero aver registrato un’affluenza record, almeno oltre il 70%. Ma se Lai Lai vince le presidenziali, il Partito democratico progressista perde la maggioranza assoluta allo Yuan legislativo, il parlamento dell’isola. A scrutinio non ancora ultimato, infatti, dovrebbe avere 34 seggi, contro i 32 dei nazionalisti del Kmt. Quindi è possibile che Dpp e Kmt si trovino entrambi sopra quota 40, lasciando al Tpp – la terza forza politica – una decina di seggi con una sorta di potere di veto su ogni provvedimento. “Abbiamo mostrato al mondo quanto abbiamo a cuore la democrazia. Voglio ringraziare il popolo taiwanese per aver scritto un nuovo capitolo nella nostra democrazia. Questo è il nostro impegno incrollabile. Taiwan ha ottenuto una vittoria in nome delle democrazie”, ha detto William Lai rivolgendosi ai suoi sostenitori al quartier generale della campagna elettorale del Dpp. “Solo il popolo di Taiwan ha il diritto di scegliere il proprio presidente, confidiamo in questo”, ha aggiunto, assicurando comunque di essere “determinato a salvaguardare Taiwan dalle continue minacce e intimidazioni da parte della Cina” e lavorare per mantenere lo status quo tra le due sponde dello Stretto di Taiwan. Quindi ha spiegato che la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan “sono una responsabilità importante. Useremo il dialogo per sostituire il confronto negli scambi con la Cina”.
(ITALPRESS).
– Foto: fermo immagine video Rai –
Usa e Regno Unito bombardano basi dei ribelli Houthi in Yemen. Palazzo Chigi “L’Italia è con gli alleati”
ROMA (ITALPRESS) – Le forze statunitensi e quelle britanniche di stanza nel Mar Rosso hanno bombardato nella notte più di 60 obiettivi in 16 siti utilizzati dai ribelli Houthi sostenuti dall’Iran nello Yemen. Lo hanno fatto con un massiccio attacco per ritorsione, utilizzando missili Tomahawk lanciati da navi da guerra e aerei da combattimento. Gli obiettivi militari colpiti includevano hub logistici, sistemi di difesa aerea e depositi di armi. Gli attacchi di oggi hanno preso di mira una base aerea, aeroporti e un campo militare, ha detto la stazione televisiva Al-Masirah dei ribelli Houthi. “Il nostro Paese è stato sottoposto a un massiccio attacco da parte di navi, sottomarini e aerei da guerra americani e britannici”, ha detto il vice ministro degli Esteri Houthi, Hussein Al-Ezzi, secondo i media ufficiali dei ribelli. “L’America e la Gran Bretagna dovranno prepararsi a pagare un prezzo elevato e a sopportare tutte le terribili conseguenze di questa palese aggressione”, ha affermato.
Il comando centrale degli Stati Uniti ha descritto gli attacchi militari contro i siti Houthi come un “successo” in una dichiarazione di venerdì mattina. Il comando centrale degli Stati Uniti ha affermato di ritenere gli Houthi sostenuti dall’Iran responsabili degli attacchi alle navi internazionali nelle ultime settimane. Questi attacchi miravano a minare la capacità degli Houthi di effettuare ulteriori attacchi. Sessanta obiettivi in 16 località Houthi sono stati colpiti da più di 100 munizioni a guida di precisione. “Riteniamo i militanti Houthi e i loro destabilizzanti sponsor iraniani responsabili degli attacchi illegali, indiscriminati e sconsiderati alle navi internazionali che hanno avuto finora un impatto su 55 nazioni, mettendo in pericolo la vita di centinaia di marinai, compresi gli Stati Uniti”, ha affermato il Generale Michael Erik Kurilla, comandante dell’USCENTCOM.Gli attacchi hanno coinvolto aerei da combattimento e missili Tomahawk, ha affermato il comando centrale delle forze aeree statunitensi. “Oggi, sotto la mia direzione, le forze militari statunitensi – insieme al Regno Unito e con il sostegno di Australia, Bahrein, Canada e Paesi Bassi – hanno condotto con successo attacchi contro una serie di obiettivi nello Yemen utilizzati dai ribelli Houthi per mettere in pericolo la libertà di navigazione in Yemen. uno dei corsi d’acqua più vitali del mondo”, ha detto il presidente statunitense, Joe Biden in una dichiarazione. I giornalisti nella capitale dello Yemen, Sana’a, hanno sentito quattro esplosioni all’alba di oggi ma non hanno visto alcun segno di aerei da guerra. Due residenti di Hodieda, Amin Ali Saleh e Hani Ahmed, hanno detto di aver sentito cinque forti esplosioni. Hodieda si trova sul Mar Rosso ed è la più grande città portuale controllata dagli Houthi. Gli attacchi hanno segnato la prima risposta militare degli Stati Uniti a quella che è stata una persistente campagna di attacchi con droni e missili contro navi commerciali dall’inizio del conflitto Israele-Hamas.
L’assalto militare coordinato arriva appena una settimana dopo che la Casa Bianca e i paesi partner hanno lanciato un ultimo avvertimento agli Houthi affinché cessino gli attacchi o affrontino una potenziale azione militare. Sembra che l’avvertimento abbia avuto almeno un impatto di breve durata, poiché gli attacchi si sono fermati per diversi giorni. Martedì scorso, tuttavia, i ribelli Houthi hanno lanciato la loro più grande offensiva con una raffica di droni e missili contro le navi nel Mar Rosso, navi statunitensi e britanniche. I caccia Usa hanno quindi hanno risposto abbattendo 18 droni, due missili da crociera e un missile antinave.
In serata è arrivata la presa di posizione di Palazzo Chigi. “L’Italia condanna con fermezza i ripetuti attacchi degli Houthi a danno di navi mercantili nel Mar Rosso e conferma il proprio deciso sostegno al diritto di libera e sicura navigazione, in linea con le norme Internazionali. A fronte del comportamento inaccettabile degli Houthi, l’Italia sostiene le operazioni dei Paesi alleati, che hanno il diritto di difendere le proprie imbarcazioni, nell’interesse dei flussi commerciali globali e dell’assistenza umanitaria”. “L’Italia – si legge – accoglie con favore l’approvazione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 2722 (2024) del 10 gennaio 2024 e sostiene pienamente gli sforzi dei Paesi membri delle Nazioni Unite per assicurare la libera e sicura navigazione nelle acque del Mar Rosso”. “Sono da condannare le ripetute violazioni dell’embargo di armi stabilito dalla Risoluzione 2216 (2016) e si fa appello a tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite affinché le restrizioni imposte siano rispettate. È essenziale – conclude la nota – garantire la sicurezza del Mar Rosso, prevenendo e contrastando azioni di destabilizzazione che non sono nell’interesse né degli attori locali, né della comunità internazionale. È fondamentale evitare un ulteriore innalzamento del livello di tensione nella regione”.
– foto pexels.com –
(ITALPRESS).
Nuove incursioni israeliane in Cisgiordania
TEL AVIV (ITALPRESS) – Le forze di sicurezza israeliane (IDF) hanno condotto nella notte nuove incursioni in Cisgiordania. In particolare hanno preso d’assalto il quartiere orientale della città di Jenin tra le sirene che suonavano nella città. Dei blitz sono avvenuti anche a Beitunia, a ovest di Ramallah, nella Cisgiordania centrale, e la città di Qalqilya, a nord. Le incursioni includevano il campo di Dheisheh nella città di Betlemme, dove le forze di israeliane hanno fatto irruzione nelle case di numerosi palestinesi. Il corrispondente dell’emittente “Al Jazeera” ha riferito di nuovi scontri armati tra combattenti delle fazioni palestinesi e forze israeliane nel quartiere orientale della città di Jenin, in Cisgiordania.
-foto Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).
Abbas assicura Blinken sull’unità della Cisgiordania e Gaza
ROMA (ITALPRESS) – Il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ha detto al segretario di Stato degli Stati Uniti, Anthony Blinken che la Striscia di Gaza fa parte dello Stato palestinese e che i piani israeliani per separarla o tagliarne qualsiasi parte non possono essere accettati. Abbas ha sottolineato la necessità di fermare immediatamente la guerra a Gaza e in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese ha ricevuto oggi Blinken presso la sede presidenziale a Ramallah, nell’ambito di una visita del capo della diplomazia Usa nella regione. Per la quarta volta dallo scoppio della guerra israeliana nella Striscia di Gaza, dopo l’attacco sferrato da Hamas il 7 ottobre scorso contro gli insediamenti e le basi militari israeliane nella Striscia di Gaza, il segretario di Stato americano, Anthony Blinken, visita il Medio Oriente.
L’alto diplomatico americano ha incontrato il presidente palestinese e gli ha assicurato il sostegno degli Stati Uniti a misure concrete per la creazione di uno Stato palestinese. Abbas ha risposto sottolineando la necessità di sbloccare immediatamente i fondi palestinesi, in riferimento ai fondi fiscali dell’Autorità Palestinese garantiti dagli accordi di Oslo e che Israele rifiuta di trasferire. Ha aggiunto che le dichiarazioni dei ministri israeliani che chiedono l’espulsione del popolo palestinese sono pericolose, sottolineando che non consentiranno lo sfollamento di alcun cittadino palestinese, sia a Gaza che in Cisgiordania. A sua volta, il Dipartimento di Stato americano ha annunciato che Blinken ha tenuto proficue consultazioni con il presidente Abbas sulle riforme amministrative nell’Autorità. Questo incontro è avvenuto dopo che il segretario di Stato Usa, Blinken, ha visitato Tel Aviv e ha annunciato, ieri, di aver esortato i leader israeliani a fare di più per evitare feriti e morti tra i civili palestinesi.
-foto Agenzia Fotogramma-
(ITALPRESS).
Francia, Gabriel Attal nuovo primo ministro
PARIGI (FRANCIA) (ITALPRESS) – Gabriel Attal è il nuovo primo ministro francese. All’età di 34 anni è il più giovane premier nella storia del Paese. La sua nomina arriva all’indomani del sollevamento dall’incarico di Elisabeth Borne. E’ un fedelissimo di Emmanuel Macron, al cui progetto politico ha aderito sin dal 2017.
– Foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).
Libia, Ruvinetti “Preoccupati per la divisione crescente”
ROMA (ITALPRESS) – Si dice molto preoccupato per la situazione in cui si trova la Libia in questo momento, tra l’acuirsi delle divisioni tra est e ovest e le proteste in corso al giacimento di petrolio di al-Sharara e quella prevista per oggi all’impianto di Mellitah Daniele Ruvinetti, Senior Advisor della fondazione “Med-Or”. In un’intervista all’agenzia Italpress, l’esperto italiano di Libia delinea il quadro della situazione nel paese Nord africano che è stato messo da parte della Comunità internazionale a causa delle crisi internazionali in corso in Ucraina e in Medio Oriente. “Continua a esserci una situazione complicata in Libia – spiega Ruvinetti – I libici non riescono a fare i passi in avanti per superare le divisioni tra est e ovest e per la creazione di un governo unificato che poi porti il paese alle elezioni che è l’obiettivo della Comunità internazionale, dell’Onu e di alcuni in Libia. Non di tutti però, perché nel paese c’è a chi conviene che resti lo status quo. Va ricordato che il governo attuale di Tripoli, guidato da Abdel Hamid al-Dabaiba, doveva terminare il mandato il 24 dicembre del 2021 per andare alle elezioni, cosa che non è avvenuta, e da quel momento ha creato forti frizioni con il parlamento di Tobruk e con Khalifa Haftar che non ha mai accettato Dabaiba”.
Per questo l’esperto si dice preoccupato per una divisione del paese “che si sta sempre più acuendo”. Sempre a livello interno “tutti i tentativi che si stanno facendo per ora tra il parlamento e il Consiglio di Stato per trovare un governo unificato non stanno andando a buon fine. Il parlamento insieme a Khalifa Haftar si stanno appoggiando al governo dell’est di Osama Hammad come premier, proprio perché c’è una forte divisione con il governo di Dabaiba che da loro non viene riconosciuto”. Ruvinetti sottolinea come “negli ultimi giorni una serie di sindaci di città importanti della Tripolitania hanno giurato fedeltà al governo dell’est e non più a Dabaiba che si trova in difficoltà. Questo perché non solo è scaduto da tempo e non ha trovato un accordo con Haftar, ma anche perché ha in atto questo scontro con il governatore della Banca Centrale, Sadiq al-Kabir, di cui ho dato notizia più volte nei media arabi e libici, e quindi non sta ricevendo i finanziamenti dalla banca che finanzia tutto il Paese”.
Dietro la presa di posizione di Al-Kabir, che a sua volta non vuole finanziare il governo di Dabaiba, c’è il fatto che “contesta il modo con il quale vengono utilizzate queste risorse”. Ma se Dabaiba non ha i fondi “per accontentare anche le milizie si trova davanti ad un problema di instabilità a Tripoli che è controllata dalle milizie. Dabaiba ha già perso influenza a Misurata che già in passato era divisa sull’appoggio al suo governo, e quindi questo quadro sta creando una situazione sempre più di divisione tra la Tripolitania e la Cirenaica”.
Questo ha un riflesso importante nella regione ma anche in Europa. “Nella regione perché vediamo paesi come il Niger – aggiunge l’analista – dove c’è un governo di generali golpisti, che sotto la spinta dei russi hanno abolito il reato di immigrazione clandestina, di traffico di esseri umani anche retroattivamente dal 2015 per liberare tutti i trafficanti dalle carceri, con una Libia così instabile vede riprendere i flussi che dal Centrafrica passano per Niger e Libia e arrivano in Europa. Questo crea un grosso problema all’Italia e all’Europa di gestione di flussi migratori che quest’anno sono aumentati molto rispetto al 2022”.
Con la crisi israelo-palestinese e quella ucraino-russa, “la Libia è una crisi minore e questo sta prolungando questa situazione di divisione dove anche l’Onu non riesce ad ottenere risultati e un punto di incontro tra le parti che porti ad un governo unificato almeno riconosciuto dalle parti in campo per poi organizzare le elezioni che sarebbero la forma massima di democrazione che porti ad un governo realmente espressione del popolo. Questa mancanza di attenzione sta portando ad una situazione che sta peggiorando con riflessi sull’immigrazione che riguardano anche noi”.
Ruvinetti ricorda come nel quadro libico agiscono degli attori che agiscono anche in altri contesti come la Russia. “Mosca ha tutto l’interesse che la Libia rimanga destabilizzata per una presenza ancora con la Wagner in Cirenaica che gli serve per destabilizzare la regione come in Niger – continua l’analista – I russi usano lo strumento dell’immigraione illegale per svolgere una guerra asimmetrica e mettere in difficoltà l’Europa. C’è una presenza della Turchia molto forte in Tripolitania che non vuole abbandonare la sua influenza conquistata nel 2019 quando ha “salvato” il governo di Fayez al Sarraj dall’offensiva di Khalifa Haftar e questo crea una situazione di stallo che sta andando verso divisione delle posizioni tra est e ovest”.
Si registra inoltre un forte attivismo degli Stati Uniti “che invece stanno cercando di spingere le parti a formare un governo unitario anche se loro sono concentrati sulle altre crisi in modo più forte. Per loro la Libia è importante ma non prioritaria. Anche la nomina di un nuovo ambasciatore Usa in Libia è un elemento nuovo”.
Alla luce di tutto questo è importante che l’Europa “si renda conto che il Mediterraneo è sempre più centrale. Si renda conto che è importante un coordinamento europeo su tematiche fondamentali come l’immigrazione clandestina e la stabilità del Mediterraneo e del Nord Africa. Tra queste la Libia è fondamentale sia per la stabilizzazione della regione e del Mediterraneo sia per l’approccio alla gestione dei flussi migratori”.
In questo quadro l’Italia può giocare un ruolo importante “specialmente in Libia per la sua influenza e presenza storica. Tutto questo si inserisce in un momento nel quale sono in corso agitazioni intorno ai pozzi petroliferi con le proteste anche a Mellitah che è uno snodo fondamentale per l’Italia perché ci passa il gas. Questa divisione tra est e ovest della Libia, come già avvenuto in passato, rischia di riflettersi sui pozzi petroliferi e portare verso una chiusura totale creando danni non solo alle casse libiche ma anche ai paesi come l’Italia che ai appoggiano alla Libia per gas e greggio”.
– foto fornita da Daniele Ruvinetti –
(ITALPRESS).









