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Medio Oriente, al Cairo il vertice per la pace

ROMA (ITALPRESS) – Ha preso il via oggi il vertice per la pace del Cairo, convocato dal presidente egiziano, Abdel Fattah Al-Sisi, per discutere della crisi in corso a Gaza scoppiata il 7 ottobre, dopo l’attacco di Hamas su Israele. Ampia partecipazione all’evento che si terrà nella nuova capitale amministrativa, con l’obiettivo di discutere la riduzione dell’escalation nella Striscia di Gaza e nei territori palestinesi. E’ stata confermata la partecipazione di 31 Paesi e 3 organizzazioni internazionali, tra cui dei leader di Qatar, Turchia, Grecia, Autorità palestinese, Emirati, Bahrein, Kuwait, Arabia Saudita, Iraq, Italia e Cipro, oltre al Segretario Generale degli Stati Uniti Nazioni, Antonio Guterres. Il primo ministro britannico, Rishi Sunak, è arrivato al Cairo da Tel Aviv e dovrebbe partecipare al vertice di pace, per tenere colloqui con i suoi omologhi nella regione sulla situazione in Israele e Gaza. Il presidente egiziano Al-Sisi ha sottolineato l’importanza che il vertice produca risultati che contribuiscano a fermare l’attuale escalation. Ma anche ad affrontare il deterioramento della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza e a dare un forte impulso al processo di pace. Il vertice mira a fermare l’escalation a Gaza per fermare lo spargimento di sangue dei civili, affrontare il deterioramento della situazione umanitaria e dare un forte impulso al cammino della pace. Il ministro degli Esteri britannico James Cleverly ha elogiato l’iniziativa dell’Egitto di ospitare un vertice internazionale per affrontare la crisi in corso e coordinare gli sforzi internazionali per ridurre l’escalation. Durante la sua visita in Egitto, Cleverly ha discusso con il ministro degli Esteri Sameh Shoukry ed ha accolto con favore il coordinamento intrapreso dall’Egitto con le Nazioni Unite per stabilire un centro logistico ad Al-Arish e facilitare l’arrivo di aiuti umanitari a Gaza. Anche il governo italiano ha confermato che il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà alla conferenza internazionale di pace. In precedenza era stata confermata solo la presenza del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ma Meloni ha fatto sapere che parteciperà alla prima sessione dei lavori. Anche il primo ministro spagnolo ad interim Pedro Sanchez ha annunciato la sua presenza al vertice, esprimendo i suoi ringraziamenti al presidente Al-Sisi per il suo ruolo nel garantire l’arrivo degli aiuti a Gaza. Secondo il giornale arabo “al-Arab”, i palestinesi non si aspettano che il vertice di pace raggiunga risultati tangibili alla luce dello stato d’animo israeliano, statunitense e occidentale in generale che spinge verso un’escalation ed esclude al momento l’opzione di un cessate il fuoco nella guerra di Gaza. Gli osservatori ritengono che il vertice di pace del Cairo sembri più un vertice che non possa fare altro che scagionare i rappresentanti arabi, che da un lato non vogliono far arrabbiare gli Stati Uniti e dall’altro cercano di mostrare il loro sostegno ai palestinesi e calmare la rabbia delle piazze domestiche. L’obiettivo degli sforzi diplomatici intrapresi dai paesi occidentali sia quello di liberare gli ostaggi detenuti a Gaza prima dell’inizio dell’operazione di terra, come indicato dalle dichiarazioni Usa e francesi. L’Egitto ritiene che il vertice possa ridurre la pressione che sta subendo per questa crisi e farlo apparire come un paese che ha ancora influenza diplomatica sulle questioni regionali, soprattutto alla luce dei discorsi sulla partecipazione di Cina e Russia al vertice. Tutti gli occhi saranno puntati sulla partecipazione degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita, a qualsiasi livello, poichè la loro presenza conferisce al vertice un’altra dimensione grazie al loro influente ruolo regionale e, in primo luogo, al loro rapporto con gli Stati Uniti. L’agenzia di stampa ufficiale saudita ha affermato che il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, e il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Mohammed bin Zayed Al Nahyan, si sono incontrati ieri, a margine del vertice del Golfo e dell’Asean, che ha chiesto un cessate il fuoco permanente, il rilascio immediato di ostaggi e civili. Il vertice di pace rappresenta un’opportunità sia per la Cina che per la Russia di dimostrare la propria influenza nella regione e di dare copertura diplomatica al proprio ruolo economico e militare. Il ministero degli Esteri cinese ha annunciato venerdì che al vertice parteciperà l’inviato cinese per le questioni del Medio Oriente, Zhai Jun. Per la Russia ci sarà invece il rappresentante speciale del presidente russo Vladimir Putin per il Medio Oriente e l’Africa, il vice ministro degli Esteri Mikhail Bogdanov. Il vertice offrirà l’opportunità al Cairo di rinnovare il suo appello a Israele affinchè accetti l’ingresso di aiuti e fornisca cibo, acqua e medicine ai civili, nonchè il rifiuto da parte dell’Egitto dell’idea di sfollamento e di spingere migliaia di palestinesi nelle sue terre. (ITALPRESS).

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Road map per cessate il fuoco a Gaza su principio dei due stati

ROMA (ITALPRESS) – Alla conferenza di pace de Il Cairo, il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi ha sottolineato che “la liquidazione della questione palestinese senza una giusta soluzione non avverrà e in ogni caso non avverrà mai a spese dell’Egitto”, chiedendo protezione internazionale per i palestinesi. Al Sisi ha aggiunto: “Rinnoviamo il nostro rifiuto dello sfollamento forzato dei palestinesi e del loro esodo nel Sinai e consideriamo ciò una liquidazione definitiva della sua causa. Chiunque pensi che il tenace popolo palestinese voglia lasciare la propria terra, anche se è sotto occupazione o bombardata, si sbaglia”. Il presidente egiziano ha affermato di aver invitato i leader a partecipare per concordare una road map per porre fine alla catastrofica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza e rilanciare il processo di pace tra israeliani e palestinesi. Al Sisi ha chiarito che gli obiettivi della road map includono la fornitura di aiuti a Gaza e l’accordo su un cessate il fuoco, seguito da negoziati che conducano a una soluzione a due Stati. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas Abu Mazen ha affermato, da parte sua che la macchina da guerra israeliana sta prendendo di mira i civili, colpendo scuole e ospedali. Durante il suo discorso, Abu Mazen, ha sottolineato che lo Stato palestinese non accetterà lo sfollamento, aggiungendo: “Rimarremo saldi, non importa quanto dureranno le sfide”.
Da parte sua, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha affermato, che l’Italia ha provato un grande dolore a seguito dell’attacco di Hamas a Israele. Meloni ha quindi sottolineato la necessità di facilitare l’arrivo degli aiuti nella Striscia di Gaza il più presto possibile, spiegando che è necessario raggiungere la pace per il bene dei cittadini di Gaza.
La presidente del consiglio ha affermato la necessità di impegnarsi in un dialogo globale per risolvere il conflitto esistente, chiedendo una maggiore attenzione alla lotta al terrorismo. Meloni ha sollecitato il lancio di un’iniziativa politica basata su una soluzione a due Stati, realistica e attuabile in un breve periodo, al fine di raggiungere la pace e la sicurezza per palestinesi e israeliani.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha sottolineato durante il suo intervento che “è ora di porre fine a questo orribile incubo”. Guterres ha affermato che l’unica base realistica per una vera pace e stabilità è la “soluzione dei due Stati” al conflitto israelo-palestinese. Mentre il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, ha affermato che i tragici eventi in Palestina richiedono un’azione urgente per fermare le operazioni militari. Nel suo discorso, bin Farhan ha aggiunto che è necessario trovare una soluzione pacifica alla crisi per fermare lo spargimento di sangue e stabilire una soluzione globale, chiedendo l’apertura urgente di corridoi umanitari, facilitando il trasferimento dei feriti e lavorando per ridurre gli oneri sui cittadini. A sua volta, il re giordano Abdullah II ha sottolineato che la violenta campagna di bombardamenti su Gaza è feroce e inaccettabile a vari livelli, sottolineando la necessità di lavorare per fermare questa catastrofe umanitaria che sta spingendo la regione nell’abisso. Da parte sua, il presidente della Mauritania Mohamed Ould Cheikh Al-Ghazouani ha dichiarato nel suo intervento che l’attuale situazione nella regione è “disastrosa sotto tutti i punti di vista”. Al-Ghazouani ha chiesto di accelerare la creazione di corridoi sicuri per fornire aiuti umanitari urgenti alla Striscia di Gaza e di lavorare per un cessate il fuoco immediato.
L’avvio di un cessate il fuoco immediato e l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza erano tra gli obiettivi principali della conferenza di pace. Secondo quanto hanno spiegato fonti egiziane all’agenzia “Italpress”, sono due le priorità all’ordine del giorno. La più importante è un cessate il fuoco immediato, in modo da consentire l’ingresso “sostenibile” di aiuti e forniture nel paese. La Striscia di Gaza, che soffre per le difficili condizioni umanitarie che si sono venute a creare, è devastata così come la sua popolazione di oltre 2,3 milioni di persone. L’Egitto in quanto paese confinante con Gaza, teme l’arrivo di profughi in massa sul suo territorio, cosa peraltro voluta da Israele, e con la conferenza di oggi cerca di evitare quella che per il suo paese sarebbe una catastrofe. Un terzo obiettivo della conferenza di pace è cercare di avviare una soluzione globale del conflitto “palestinese-israeliano” basata sul principio della soluzione dei due Stati.
(ITALPRESS).
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Stati Uniti, la democrazia “indispensabile” batte un colpo

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Di Stefano Vaccara

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – La democrazia americana nel caos, sull’orlo di una crisi profonda per non riuscire ancora ad eleggere lo speaker del Congresso? La più grande potenza del mondo è ormai un gigante d’argilla che mentre promette aiuti ai suoi alleati per difendersi dai nemici, è paralizzata e sull’orlo di sgretolarsi? Immaginiamo su questo tono i titoli dei maggiori giornali del mondo di domani, nel commentare la notizia di venerdì sul deputato dell’Ohio Jim Jordan, che non ha raggiunto per la terza volta i voti necessari – 215, con 25 repubblicani che non lo hanno votato – per essere eletto alla presidenza della Camera ( terza carica dello Stato federale degli USA, soprattutto cuore e cervello nel corpo legislativo americano). Il trumpiano Jordan non è neanche più il candidato Speaker del partito repubblicano, perché il suo partito, alla terza bocciatura in aula, in una riunione a porte chiuse e a scrutinio segreto, lo ha definitivamente silurato, con un margine ancora più ampio di deputati a lui contrari. Con la notizia del rigetto di Jordan, più che a precipitare nel caos, la democrazia americana ha un sussulto di orgoglio e rispetto per la sua storia. Come del resto era successo il 6 gennaio 2020, quando con ancora il sangue caldo nei gradini del Congresso, i deputati si erano riuniti nella notte per ratificare l’avvenuta elezione di Joe Biden, nonostante ancora troppi repubblicani (due terzi di loro, tra i quali in prima fila Jordan) continuavano a supportare con il loro voto contrario i colpi di coda “insurrezionali” di Trump. Le “tensioni” al Congresso all’interno della maggioranza repubblicana, sono state messe in vetrina da due settimane, da quando, con il voto di appena 8 deputati vicini al super-trumpiano Jordan, era stato defenestrato Kevin McCarthy, lo Speaker eletto alla guida della Camera lo scorso gennaio. Jordan viene a sua volta “affondato” come Speaker dopo che la stessa sorte era toccata al deputato del Gop della Louisiana Steve Scalise, che si era ritirato quando era apparso evidente che i sostenitori di Jordan non l’avrebbero mai votato dopo la scomunica al politico italoamericano arrivata dallo stesso Trump.
Uno dei più grandi presidenti degli Stati Uniti, vincitore prima sulla Grande Depressione economica e poi della Seconda Guerra Mondiale, Franklin Delano Roosevelt, nel suo primo discorso inaugurale nel 1933 disse che ciò di cui il popolo americano doveva temere di più era “la paura stessa”. Da quasi quattro anni, dal 6 gennaio 2020, la democrazia americana appare come paralizzata proprio da questo, dalla paura di essersi perduta. La paura è arrivata con Trump ed è rimasta intatta anche dopo la sua sconfitta, perché non è tanto la sua candidatura alla presidenza che terrorizza i democratici americani – non di partito ma di spirito -, quanto la conquista trumpista del Grand Old Party di Lincoln. Oggi però, la mancata elezione del trumpiano di ferro Jordan e il ripudio della sua candidatura da parte del Gop, indica che ci sono ancora dei “resistenti” repubblicani che non hanno paura di Trump e delle minacce ai loro familiari (oggi il Washington Post ha pubblicato un elenco delle testimonianze dei repubblicani che le hanno subite anche in queste ultime votazioni per lo Speaker). Che succederà ora? Il Congresso è il motore che deve far andare avanti la più formidabile potenza democratica della terra e far rispettare le sue promesse, come quando il suo presidente a reti unificate invoca più aiuti all’Ucraina e Israele per scongiurare un allargamento delle guerre e quindi l’intervento diretto degli USA. “Siamo gli Stati Uniti d’America, siamo la nazione indispensabile” ha ripetuto Biden nel discorso di giovedì sera in tv alla nazione, richiamando la prima Segretario di Stato donna, Madeleine Albright. Tra la notizia che sarebbe potuta arrivare – che il Congresso elevasse il trumpiano Jordan – e quella che prova che esistono ancora deputati del GOP che non cedono alla paura, ma anzi il fatto di averle ricevute certe minacce, li rafforza a non cambiar voto, indica che la democrazia “indispensabile” è ancora in grado di lottare per restare un modello per tutte le altre.(ITALPRESS).

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Medio Oriente, riaperto il Valico Rafah tra Egitto e Gaza

ROMA (ITALPRESS) – Il valico di Rafah, al confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, è stato riaperto questa mattina. Lo aveva annunciato l’ambasciata degli Stati Uniti in Israele. Si legge in un comunicato della sede diplomatica Usa: “Abbiamo ricevuto informazioni che il valico di Rafah aprirà oggi alle dieci, ora locale”. L’ambasciata ha aggiunto che “non abbiamo informazioni in che misura il valico di Rafah rimarrà aperto per l’attraversamento degli stranieri”. Per l’occasione, le squadre di soccorso egiziane si stanno preparando al valico di Rafah per portare 19 camion di medicinali e forniture urgenti nella Striscia di Gaza. Fonti della Mezzaluna Rossa egiziana hanno riferito che 19 camion vengono ora spostati in preparazione per la consegna alla Mezzaluna Rossa palestinese. Tra ieri e oggi, la Mezzaluna Rossa egiziana ha spostato 90 camion di cibo, forniture mediche e forniture urgenti da Al-Arish, in attesa dell’ordine di spostarsi sulla strada che porta al valico di Rafah. Sono aiuti forniti dall’Egitto, mentre altri sono arrivati da organizzazioni umanitarie internazionali e da paesi arabi e stranieri attraverso il porto di Al-Arish. Questi camion si sono uniti ad altri 106 camion che sono fermi per il quarto giorno consecutivo davanti al valico di Rafah.(ITALPRESS).

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Biden “Vitale sostenere Ucraina e Israele”

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NEW YORK (ITALPRESS/LA VOCE DI NEW YORK) – “’L’America è ancora il faro del mondo”. A dirlo è stato Joe Biden nel suo discorso alla Nazione trasmesso dallo Studio Ovale in diretta da tutti i maggiori canali televisivi. Il presidente ha spiegato agli americani qual è l’impegno americano e la posta in gioco nelle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, e perché gli Stati Uniti dovrebbero inviare decine di miliardi di dollari in aiuti militari aggiuntivi agli alleati in difficoltà. Un discorso alla nazione che ha rispolverato anche le parole di Roosevelt affermando che “gli Stati Uniti sono ancora l’arsenale della democrazia”. Secondo quanto riporta La Voce di New Yor, nel suo intervento Biden ha detto che invierà una richiesta urgente di bilancio al Congresso che andrà a beneficio della sicurezza nazionale degli Stati Uniti sostenendo allo stesso tempo Israele e Ucraina. “La leadership americana è ciò che tiene insieme il mondo”, ha affermato il presidente “E lo dobbiamo dimostrare”.
“La storia ci ha insegnato che quando i terroristi non pagano un prezzo per il loro atti di terrore, quando i dittatori non pagano un prezzo per la loro aggressione, causano più caos, morte e più distruzione”, ha detto Biden. “Continuano ad andare avanti. E i costi e le minacce per l’America e il mondo continuano aumentano”. Al ritorno dalla sua visita di un giorno in Israele dopo gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre, Biden ha detto che chiederà al Congresso miliardi di dollari in assistenza di emergenza per Israele e altri miliardi di dollari per la guerra dell’Ucraina con la Russia. Facendo presente che gli arsenali americani sono stati svuotati per mandare gli aiuti militari all’Ucraina e i sistemi antimissili a Israele. Per il presidente la sfida è quella di cercare di convincere gli americani che gli Stati Uniti devono impegnarsi ben oltre i propri confini anche se la Casa Bianca continua a concentrarsi sulle emergenze di casa.
Un discorso, questo di Biden, per cercare di trovare i consensi in un momento in cui la Camera è senza speaker e il partito di maggioranza è sconquassato dalle lotte interne, con i repubblicani conservatori che si oppongono all’invio di più armi all’Ucraina. La precedente richiesta di finanziamento di Biden, che includeva 24 miliardi di dollari per aiutare l’Ucraina, è stata eliminata dal bilancio federale dall’ex speaker Kevin McCarthy nonostante un appello personale di Zelensky e dopo che aveva assicurato al ai leader politici democratici e repubblicani che sarebbero stati rispettati i termini dell’accordo raggiunto mesi prima per l’alzamento del tetto della spesa pubblica. La Casa Bianca ha avvertito che il tempo sta per scadere per evitare che l’Ucraina, che recentemente ha fatto lenti progressi in un’estenuante controffensiva, perda terreno nei confronti della Russia a causa della diminuzione delle scorte di armi. Al Congresso, la richiesta di Biden per quelli che ha definito aiuti esteri “senza precedenti” si scontra pure con lo scetticismo sia dei democratici progressisti che si oppongono all’invio di armi a Israele che dei repubblicani legati a Trump che non vogliono concedere altri aiuti militari o finanziamenti per sostenere l’economia dell’Ucraina.
Il capo della Casa Bianca trova difficoltà ad articolare la logica di questi pesanti impegni militari all’elettorato dopo il caotico ritiro dei soldati americani dall’Afghanistan in una guerra durata più di 20 anni senza uno scopo preciso. E per questo nel suo discorso il presidente ha più volte ripetuto che in Ucraina non saranno mandati soldati americani a combattere. Ma il presidente ha promesso di aiutare l’Ucraina a resistere alla Russia in quella che ha definito una “guerra orribile” per tutto il tempo necessario. In recenti sondaggi la maggioranza delle persone intervistate ha affermato che gli Stati Uniti dovrebbero aiutare Israele nella sua lotta contro Hamas, ma quasi un terzo dei deputati democratici è contrario all’invio di armi ed equipaggiamenti militari a Tel Aviv. Ma anche il sostegno per continuare a mandare armi in Ucraina è diminuito significativamente da quando è iniziata la guerra, quasi 20 mesi fa. L’esplosione della violenza in Medio Oriente ha reso ancora più urgente la convinzione di Biden nella necessità di costruire alleanze in un mondo sempre più pericoloso. Il presidente dovrà superare una serie di differenze ideologiche se vuole ottenere tutto l’aiuto in un unico voto del Congresso.

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Sunak a Tel Aviv “Importante fornire aiuti umanitari”

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TEL AVIV (ITALPRESS) – Il premier britannico, Rishi Sunak è arrivato questa mattina in visita a Tel Aviv. Lo riporta il quotidiano israeliano “Jerusalem Post”. Il primo ministro di Londra è si trova quindi in visita in Israele alla luce della crisi in corso a Gaza. All’inizio di questa settimana, Sunak ha confermato in una telefonata con il presidente palestinese Mahmoud Abbas l’impegno della Gran Bretagna per la soluzione dei due Stati, la sua disponibilità a fornire aiuti umanitari urgenti e a lavorare con tutte le parti. Intanto il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, inizia oggi un tour nella regione mediorientale. Baerbock ha avviato un nuovo tour che comprende Giordania, Israele e Libano, alla luce dell’attuale situazione nella Striscia di Gaza. Prima di partire con l’aereo da Berlino, il capo della diplomazia tedesca ha promesso a Israele “immutabile solidarietà” da parte del governo tedesco e ha aggiunto: “La lotta è contro Hamas, non contro la popolazione civile palestinese”, e allo stesso tempo ha sottolineato che la popolazione soffre molto.
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Strage all’ospedale di Gaza, centinaia di morti. Biden annulla la visita in Giordania

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ROMA (ITALPRESS) – E’ di centinaia di morti il bilancio di un raid aereo israeliano sull’ospedale Al-Ahli di Gaza City. Lo riporta Al Jazeera, citando fonti del ministero della Sanità della Striscia di Gaza.
Il governo di Hamas di Gaza ha descritto l’attacco come un “crimine di guerra”. Circa 3.000 persone sono state uccise negli attacchi israeliani nella Striscia di Gaza dallo scoppio della guerra il 7 ottobre. In Israele sono state uccise più di 1.400 persone.Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annullato la visita in Giordania prevista per oggi. Secondo quanto rende noto la Casa Bianca, Biden ha lasciato Washington per Tel Aviv ma ha annullato la sua visita ad Amman dopo essersi consultato con il re Abdullah II di Giordania. Washington ha affermato che Biden ha porto le sue più sentite condoglianze alle vittime dell’esplosione nell’ospedale di Gaza. Un alto funzionario Usa ha confermato che il presidente Biden non vede l’ora di consultare presto personalmente i leader di Giordania, Egitto e Autorità Palestinese. Era previsto infatti oggi ad Amman un vertice tra questi quattro paesi per discutere della crisi in Medio Oriente.
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Bruxelles, morto il sospetto attentatore. Nel 2011 era sbarcato a Lampedusa

BRUXELLES (BELGIO) (ITALPRESS) – E’ morto Abdessalem Lassoued, l’uomo sospettato di aver ucciso ieri sera due turisti svedesi sul Boulevard d’Ypres, a Bruxelles. Lo riferiscono i media belgi. Il presunto attentatore è stato raggiunto questa mattina da colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia a Schaerbeek, sobborgo della capitale. La polizia avrebbe ricevuto una chiamata secondo cui l’uomo, un 45enne di origine tunisina, si trovava in un bar: all’arrivo degli agenti è scoppiata una sparatoria in seguito alla quale il sospettato, colpito al torace, è rimasto ferito gravemente. E’ poi morto in ospedale. Accanto a lui è stata ritrovata l’arma utilizzata nell’attacco terroristico in cui è rimasto ferito anche un tassista. Altre due persone sono attualmente ricercate dalla polizia.

Lassoued, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti sarebbe sbarcato a Lampedusa nel 2011 e avrebbe successivamente raggiunto la Svezia. Il Belgio la sua ultima destinazione, dopo altri passaggi in Italia.

“Il terrorista di Bruxelles era sbarcato a Lampedusa ed è stato espulso dalla Svezia. Altro che processare il Ministro dell’Interno perché ha bloccato gli sbarchi, facendogli rischiare fino a 15 anni di carcere: a Salvini dovrebbero dare una medaglia”. Così una nota della Lega.

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