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“Medio Oriente un anno dopo”, Fondazione Med-Or mette due voci a confronto

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ROMA (ITALPRESS) – Faccia a faccia tra due esponenti chiave, uno di Israele, uno di un grande paese arabo, su quanto sta succedendo in Medio Oriente. La Fondazione Med-Or ha organizzato l’evento “Medio Oriente un anno dopo”, un confronto tra Ebtesam Al-Ktbi, fondatrice e presidente dell’Emirates Policy Center Emirati Arabi Uniti e Davide Meidan, già alto dirigente dell’intelligence israeliana.
“Oggi è una giornata molto importante, per la prima volta in Italia una esponente di un grande paese arabo e un esponente di Israele decidono di discutere apertamente sul dopo 7 ottobre”, le parole del presidente della Fondazione Med-Or, Marco Minniti, “non è una cosa scontata, la vostra presenza qui è un grande onore”.
Ebtesam Al-Ktbi, ha spiegato: “Appartengo alla scuola dei realisti: c’è una differenza tra desiderio e quello che vediamo sul campo, dopo aver ucciso 41 mila palestinesi quale potrebbero essere gli accordi con Israele? A Gaza ci sarà una guerra continua per ritrovare tutti gli ostaggi ma se sono tutti morti? Cosa potrebbe succedere? Finché non si raggiungono gli ostaggi quanti morti vedremo tra i palestinesi? È vero ha iniziato Hamas ma ora manca una leadership strategica, non c’è stata una rappresaglia come ha fatto Netanyau e in Israele avete perso la narrativa della vittimizzazione. Hamas è una ideologia, si può fare piazza pulita con la gente ma non con l’ideologia e anche in Libano non c’è una situazione semplice”.
Più ottimista la visione di Davide Meidan: “Stiamo affrontando delle giornate molto dure in Israele ma sono una persona ottimista, a volte tra le tenebre spunta un fascio di luce, luce che deve essere l’obiettivo ultimo. Dobbiamo giungere ad un accordo quanto prima per il rilascio degli ostaggi e allo stesso tempo concordare un cessate il fuoco. Il controllo di Gaza deve tornare ai palestinesi e non è semplice, le autorità palestinesi dovrebbero preoccuparsi della popolazione civile invece di preoccuparsi di costruire i tunnel. Per quanto riguarda il Libano quello che stiamo vedendo adesso è che Hezbollah si trova in una
situazione difficile e ci sono opportunità per cambiare il paese: il Libano dovrebbe tornare alla guida del Libano non la terra di Hezbollah, su questo sono abbastanza ottimista”.
Per Meidan “non c’è nulla di semplice in Medioriente, le immagine che arrivano da Gaza non piacciano a nessuno ma dobbiamo ricordare quello che è successo il 7 ottobre. Che scelta avevamo in quel momento? Dovevamo fare qualcosa e questo è il prezzo, dopo quello che ha fatto Hamas il 7 ottobre non avevamo scelta. Ora dobbiamo pensare al futuro delle generazioni che verranno, dobbiamo pensare al raggiungimento di un accordo per poi costruire qualcosa di più grande, dobbiamo vivere con i palestinesi e condividere la terra, so che c’è un’ondata di odio a Gaza ma dobbiamo pensare anche all’obiettivo ultimo: pace e normalità tra le nazioni, dobbiamo porre fine a tutto questo”.

– Foto Ipa Agency –

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Trump ha chiamato Putin sette volte? Woodward e la “sorpresa” di ottobre

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Secondo un nuovo libro inchiesta del giornalista Bob Woodward, famoso per essere stato l’autore dello scoop sul Watergate che fece dimettere Nixon, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha parlato con il presidente russo Vladimir Putin ben sette volte da quando ha lasciato la Casa Bianca, e l’ultima volta sarebbe stata quest’anno. Woodward ha scritto queste affermazioni nel suo prossimo libro in uscita intitolato “War” (Guerra), un drammatico resoconto della Casa Bianca sotto Trump e il presidente Joe Biden che descrive in dettaglio gli elementi delle loro relazioni con i leader stranieri. Il libro sarà pubblicato il 15 ottobre. Il libro descrive in dettaglio come il rapporto di Trump con Putin sia continuato mentre lui lanciava la ricandidatura alla Casa Bianca e nel mezzo dell’invasione della Russia dell’Ucraina. Woodward racconta che Trump avrebbe detto a un suo assistente di lasciare il suo ufficio privato a Mar-a-Lago “in modo da poter avere quella che ha detto essere una telefonata privata” con il leader russo. L’assistente, che bighellonava in un corridoio fuori mentre i due parlavano, ha detto a Woodward che Trump e Putin hanno avuto “forse fino a sette” telefonate da quando Trump ha lasciato l’incarico nel 2021. Il racconto è accreditato ad un unico assistente anonimo e non fornisce ulteriori dettagli. Nel famoso film “Tutti gli uominidel presidente” in cui Robert Redford recitava nella parte di Woodward con accanto Dustin Hoffman nella parte di Carl Bernstein, il giornalista co-autore dello scoop sul Watergate, è rimasta celebre la scena in cui il direttore del “Washington Post” obbligava i due giovani reporter ad avere almeno tre fonti coincidenti prima di poter pubblicare la notizia. La campagna di Trump non ha risposto quando è stato chiesto di commentare direttamente se l’ex presidente avesse avuto conversazioni con Putin da quando ha lasciato l’incarico. Il direttore delle comunicazioni di Trump, Steven Cheung, in una dichiarazione via e-mail ha attaccato personalmente Woodward e ha affermato che il libro è composto da “storie inventate”. Trump ha poi dichiarato che il rapporto di Putin era “falso” e che Woodward aveva “perso le palle”.

– Foto Agenzia Fotogramma –

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Marocco, alla capitale Rabat il Premio ONU-Habitat 2024

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RABAT (MAROCCO) (ITALPRESS) – La capitale del Marocco, Rabat, è stata selezionata all’unanimità per il Premio Onorario ONU-Habitat 2024 durante la celebrazione della Giornata Mondiale dell’Habitat a Querétaro, in Messico. Questo prestigioso premio è rivolto alle città che hanno ottenuto risultati eccezionali nello sviluppo urbano e hanno contribuito in modo significativo a migliorare la qualità della vita dei loro abitanti.
“La nomina di Rabat per questo Premio di Eccellenza rappresenta un glorioso riconoscimento internazionale che riconosce l’importanza del programma emblematico +Rabat Città della Luce, capitale marocchina della cultura+, lanciato e deciso da Sua Maestà il Re Mohammed VI”, scrive il comune di Rabat in un comunicato stampa.

– foto MAP –
(ITALPRESS).

Serbia, Palalic “Noi unici candidati Ue che hanno rating d’investimento”

MILANO (ITALPRESS) – “La situazione economica in Serbia è molto favorevole. Una notizia che ci dà ottimismo. La Serbia ha avuto un rating di investimento per la prima volta, ed è l’unico Paese tra i candidati per l’UE ad averlo ricevuto. Questo conferma una stabilità macro economica ma anche una politica che è molto avanzata e dedicata alla gestione del debito pubblico per poter essere attraente per gli investimenti. Infatti, il nostro debito ora è meno del 60%”. Così Jovan Palavic, deputato del Parlamento serbo e Presidente del Gruppo di Amicizia con l’Italia e con la Santa Sede intervistato da Italpress. A proposito dei rapporti con l’Italia, Palalic ha ricordato che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata in Serbia un anno fa, ma che il presidente Vucic ha annunciato la nuova visita nei prossimi mesi. “Sicuramente ci sarà nuovo slancio per quanto riguarda i nostri rapporti economici – ha commentato -. Siamo molto soddisfatti per come si realizzano tutti i progetti che sono stati stabiliti durante il primo incontro tra il presidente Meloni e il presidente Vucic. Assolutamente si può sentire un allargamento in tutti gli spazi dei nostri rapporti economici, culturali e anche politici. E posso dire, in veste di persona che si occupa di rapporti tra Serbia e Italia da oltre dieci anni, che stiamo vivendo un’epoca tra le migliori dell’ultimo secolo. Vedo tantissime opportunità per il rafforzamento dei nostri rapporti in futuro. “Possiamo evidenziare un cambiamento per quanto riguarda settori dove si realizzano nostri rapporti. Sicuramente siamo passati dalla produzione solo nel settore tessile, a nuovi settori più avanzati come tecnologia verde. Per esempio, oggi a Belgrado ci sarà un evento dove Mind (Expo) firma un accordo con il nostro Ministero delle scienze e tecnologie. Ieri ho incontrato Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, e abbiamo ribadito la nostra disponibilità di avanzare e di andare avanti per quanto riguarda i rapporti tra Serbia e Lombardia. Specialmente perchè anche Fontana è stato a Belgrado a un business forum italo serbo dedicato a innovazione. E ne abbiamo parlato anche ieri di organizzare lo stesso evento a Milano a Palazzo Lombardia”. Un evento che sarà una sorta di crocevia per il futuro della Serbia è Expo 2027, che si svolgerà a Belgrado. “Ci stiamo preparando a renderlo un grande evento mondiale. Possiamo dare uno slancio per sviluppo economico dappertutto nel Paese. Il nostro Governo lavora quotidianamente per costruire più velocemente tutti i necessari padiglioni e ricoprire tutto lo spazio per quanto riguarda infrastrutture, appartamenti, che possono avere un ruolo per il dopo Expo. Un pò come è successo a Milano con Mind, che diventi il quartiere più avanzato di Belgrado”. “Vucic vuole che Belgrado diventi una capitale per tutta la regione Balcanica, che possa attrarre investimenti dappertutto. Poco fa Serbia ha firmato un accordo di libero scambio con gli Emirati Arabi, che ci aprirà nuove possibilità con l’estero. Abbiamo simili accordi con Cina, Turchia, con il mercato euro-asiatico, e in Serbia vengono investimenti da ogni Paese del mondo. Siamo ottimisti che dopo l’Expo potremo allargare e sviluppare ulteriormente la nostra economia. Italia ha una posizione di guida per noi, siamo molto grati per il sostegno alla nostra ambizione di essere nuovo membro e posso dire primo membro dell’Unione Europea” dice ancora il parlamentare serbo. Infine, a proposito della nomina di Papa Francesco, del primo cardinale serbo, Làszlò Nèmet, arcivescovo di Belgrado, Palalic ha commentato: “La nomina testimonia un’apertura di entrambe le parti, quella cattolica e quella ortodossa, rappresenta l’apertura di un dialogo e una di una comprensione delle nostre posizioni. Per esempio, 3 settimane fa a Belgrado c’è stato segretario di stato della Santa Sede, Pietro Parolin. Un messaggio molto importante per la Serbia e per il nostro popolo. Sicuramente la Santa Sede vuole stabilire buoni rapporti con il mondo ortodosso e con la nostra chiesa serba. La Santa Sede può essere una piattaforma di allargamento con altre chiese ortodosse. Ora è molto complicato con la guerra in Ucraina, ed è ancor più importante che tutte le chiese cristiane possano dialogare e trovare un punto comune”.(ITALPRESS).

Foto: Italpress

Israele, escalation senza fine a un anno dal dramma del 7 ottobre

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ROMA (ITALPRESS) – Il 7 ottobre 2023 è un giorno che difficilmente potrà essere dimenticato. È il giorno dell’attacco di Hamas a Israele, dei massacri, delle uccisioni, dei video spaventosi che hanno fatto il giro del mondo, l’ultima evoluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi, il giorno dell’inizio della drammatica escalation in Medio Oriente che ha effetti ancora oggi e di cui non si intravede una possibile fine. Nelle prime ore di quel sabato di un anno fa, il blitz di Hamas è stato definito come un attacco “a sorpresa”. All’alba del 7 ottobre 2023, shabbat e festività ebraica di Simchat Torah, in diverse città israeliane suonano le sirene di allarme antiaereo: è iniziata l’operazione di Hamas, un massiccio attacco missilistico dalla Striscia di Gaza verso Israele. Contemporaneamente militanti armati oltrepassano il confine con camion, moto, imbarcazioni e perfino deltaplani. Con bulldozer sfondano le recinzioni e raggiungono i kibbutz e le città vicine al confine. I militanti, quindi, sparano contro i civili, uccidono (muoiono circa 1.200 persone), bruciano, stuprano, compiono massacri, rapiscono e portano oltre il confine di Gaza circa 250 persone.

Sotto attacco anche un rave party nel deserto, un festival musicale organizzato vicino al kibbutz di Re’im: centinaia di giovani stanno ballando quando irrompono i militanti armati, che iniziano a sparare sulla folla. I partecipanti provano a scappare, a nascondersi ma molti vengono ugualmente raggiunti, alcuni uccisi, altri rapiti. Persone vengono ferite, uccise o rapite anche in altre località israeliane prese di mira dalle incursioni dei combattenti. Le immagini fanno il giro del web mentre le famiglie cercano disperatamente notizie sui propri cari, decidendo poi di riunirsi in un Forum per chiedere, uniti, la liberazione degli ostaggi. Israele, quindi, dichiara di essere in guerra e lancia attacchi di rappresaglia a Gaza. La controffensiva nella Striscia viene avviata già nelle prime ore ma è solo l’inizio di un’escalation drammatica. Una guerra ad oggi senza soluzione, che conta migliaia di vittime e distruzione, mentre molti ostaggi non sono ancora stati liberati. Un timer sul sito web del Forum delle famiglie conta i giorni, le ore, i minuti e i secondi trascorsi da quel 7 ottobre. Poco sopra, sulla stessa pagina, una grande scritta bianca su sfondo rosso recita “Bring them home now” a scandire il più grande sogno dei familiari: riportarli a casa vivi, “ora”. Secondo il Forum, sono ancora 101 gli ostaggi tenuti prigionieri da Hamas.

Tra le circa 250 persone rapite quel giorno, anche i due fratellini Ariel (4 anni) e Kfir Bibas (di 9 mesi), i più piccoli ostaggi del 7 ottobre. Era al rave party, invece, Shani Louk, tatuatrice 23enne, diventata uno dei simboli del massacro per le immagini che mostravano il suo corpo martoriato riverso su un pick-up ai piedi di alcuni uomini armati. Ha fatto il giro del mondo anche il video in cui Noa Argamani, 26enne, presente pure al festival, spaventata, viene allontanata dal compagno e portata via in moto. Noa verrà liberata, insieme ad altri ostaggi, otto mesi dopo. Il suo sguardo pieno di paura nel video del rapimento resta impresso nella memoria, così come colpiscono e non possono essere dimenticate le immagini e le notizie che arrivano da Gaza e da tutte le aree coinvolte nel conflitto, le tante vittime, i feriti, i bambini che soffrono la fame in questa drammatica guerra.

– Foto Ipa Agency –

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Tunisia, Saied verso la riconferma alla presidenza

ROMA (ITALPRESS) – Il presidente tunisino uscente, Kais Saied, è dato per vincitore delle ultime elezioni presidenziali secondo i primi exit poll con oltre l’89 per cento dei voti. Gli indicatori delle elezioni presidenziali svoltesi ieri in Tunisia hanno mostrato che il candidato Saied era davanti ai suoi rivali, il capo del Movimento popolare, Zuhair Al-Maghzawi, e all’uomo d’affari in carcere, Al-Ayachi Zamal, e ottenuto la maggioranza dei voti degli elettori. Le operazioni di conteggio sono iniziate subito dopo la chiusura delle urne, sotto la supervisione dei dipendenti dell’Alta Autorità Indipendente per le Elezioni e di osservatori locali e internazionali, con i risultati preliminari che dovrebbero iniziare ad essere pubblicati questa sera.
Il nome del candidato che ha ricevuto più voti verrà annunciato domani da parte dell’Alta Commissione Elettorale Indipendente. Nel frattempo, gli indicatori di voto stimati, annunciati in alcuni seggi elettorali dopo il completamento del conteggio dei voti, hanno indicato un vantaggio significativo per il presidente Saied e la sua capacità di ottenere i voti della maggioranza degli elettori. Il capo della Commissione elettorale, Farouk Bouaskar, ha dichiarato in una conferenza stampa che al voto hanno partecipato 2 milioni 704mila 155 elettori dentro e fuori la Tunisia, con un tasso di affluenza iniziale del 27,7%, aggiungendo che il processo elettorale si è svolto senza intoppi e senza complicazioni o interruzioni che costituissero un crimine elettorale. Il presidente Saied (66 anni) ha corso nella corsa presidenziale con il capo del Movimento popolare, Zouhair El Maghazaoui (59 anni), e Ayachi Zamal, un uomo d’affari e ingegnere di 47 anni che è in prigione con l’accusa di “falsificazione” delle raccomandazioni degli elettori.

– Foto Ipa Agency –

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Ancora bombe su Beirut, raid di Israele a Gaza

ROMA (ITALPRESS) – L’emittente tv libanese di Hezbollah, al Manar, riporta che i caccia israeliani hanno effettuato nella notte più di 25 raid nelle aree di al Mreijeh, Burj al-Barajneh, Airport Road e Haret Hreik nella parte meridionale di Beirut.
L’Idf afferma di avere effettuato una serie di attacchi aerei mirati sui siti di Hazbollah a Beirut, tra cui diversi despositi di armi e altre infrastrutture terroristiche. E’ quanto riporta il Time of Israel.
E si aggrava il bilancio dei due attacchi israeliani a una moschea e una scuola di Gaza: almeno 24 palestinesi sarebbero stati uccisi e 93 sarebbero stati feriti. Lo riferisce l’ufficio stampa governativo di Gaza, che accusa le forze israeliane di avere commesso “due brutali massacri” durante la notte, bombardando una moschea e una scuola trasformate in rifiugio.
Gli edifici presi di mira sono la moschea di Al Aqsa e la scuola Ibn Rushd, al centro della Striscia di gaza. Entrambe ospitavano centinaia di sfollati.
– foto Ipa –
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Editoria, presentato Il Newyorkese “Made in Sud”

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NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – La presentazione del terzo numero cartaceo de “Il Newyorkese”, il giornale di riferimento degli italiani a New York, si è svolta presso la sede del Consolato generale d’Italia a New York in Park Avenue, venerdì 4 ottobre alla presenza del Console Generale di New York Fabrizio Di Michele e il Console Cesare Bieller che ha introdotto l’evento di presentazione del giornale dedicato al Mezzogiorno d’Italia e alle sue eccellenze nei vari settori: dall’imprenditoria alla medicina, passando per l’arte e la cultura attraverso interviste ai massimi esponenti e istituzioni del territorio.
Il numero vede come protagonista in copertina l’avvocato Giosy Romano, commissario di governo per la Zes – Zona economica speciale per il Mezzogiorno d’Italia e presidente del consorzio Asi – Area sviluppo industriale di Napoli che attraverso un’intervista esclusiva, nella nuova veste di commissario Zes unica per il Sud Italia, racconta come si possono attivare politiche di sviluppo industriale capaci di attrarre investimenti da tutto il mondo in una delle zone più virtuose d’Italia e dell’area del Mediterraneo.
L’evento è stato moderato dal fondatore de Il Newyorkese Davide Ippolito a cui hanno partecipato oltre a Giosi Romano, che è giunto al Consolato dopo aver fatto visita agli studenti della Scuola d’Italia Guglielmo Marconi, Michael Cascianelli, Ceo della Scuola d’Italia, Don Luigi Portarulo Parroco della Saint Patrick Church, Umberto Lobina Presidente dell’Associazione 081, Fabiana Gregucci del Weill Cornell Medicine di New York, l’immobiliarista Alex Carini di Carini Group e il ristoratore Ciro Iovine di Song e Napule. Gli intervenuti sono alcuni degli intervistati in questo particolare numero de Il Newyorkese, che ha come obiettivo quello di diffondere la straordinaria realtà del Mezzogiorno d’Italia in una fase di costante crescita, attraverso le storie di coloro che quotidianamente si impegnano per fare sistema in un territorio ricco di potenzialità, nel tentativo di creare dei meccanismi virtuosi di competitività in Italia e all’estero nei diversi settori produttivi.
“Da uomo del Sud sono molto orgoglioso di questo numero che accende un faro su un’area dell’Italia che ha molto da offrire in termini di opportunità di sviluppo e che guarda al futuro. Il Mezzogiorno sta assumendo una dimensione internazionale che non può essere trascurata, e la ZES rappresenta un’occasione unica per il nostro paese per attrarre fondi dagli Stati Uniti” ha dichiarato l’editore Davide Ippolito, Ceo di LuckyHorn Entertainment.
L’obiettivo del giornale è quello di rafforzare sempre più lo spirito della comunità italiana di New York e di accorciare le distanze con il proprio Paese, in un costante rapporto di osmosi che non si interrompe mai grazie all’aggiornamento quotidiano della versione online ilnewyorkese.it che registra circa 350.000 lettori mensili affermandosi come leader nell’informazione tra gli italiani della Grande Mela. La versione cartacea è disponibile su Amazon, presso le librerie Barnes&Noble e Rizzoli di New York.

foto: Il Newyorkese

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