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Khamenei “Israele non otterrà mai la vittoria su Hamas e Hezbollah”

ROMA (ITALPRESS) – Israele non otterrà mai la vittoria su Hamas e Hezbollah. E’ quanto ha affermato il leader iraniano Ali Khamenei nel suo sermone del venerdì a Teheran. “La politica degli arroganti e dei tiranni si basa sulla semina di divisioni e conflitti tra i musulmani – ha affermato Khamenei – Il nemico della nazione islamica è uno solo, anche se i suoi metodi differiscono da un Paese all’altro. Dobbiamo allacciare le cinture di difesa della nazione islamica dall’Afghanistan allo Yemen e dall’Iran a Gaza e al Libano”. Per la massima autorità sciita “ogni popolo ha il diritto di difendere la propria terra e la propria sovranità contro occupanti e usurpatori. Il popolo palestinese ha il pieno diritto di insorgere contro l’occupante che ha sprecato le loro vite. Nessuno ha il diritto di criticare i libanesi per aver sostenuto i loro fratelli palestinesi difendendo la loro terra”.
Rispetto all’attacco missilistico lanciato su Israele, Khamenei ha spiegato che “il passo compiuto dalle nostre forze armate a sostegno di Gaza qualche giorno fa è legale e gode di piena legittimità. L’alluvione di Al-Aqsa è una mossa legittima e naturale per il popolo palestinese. La Repubblica Islamica farà ciò che è necessario con forza e determinazione. Non saremo compiacenti, nè avremo fretta”. Rispetto invece alla commemorazione di Hassan Nasrallah, l’ayatollah ha aggiunto che “era la bandiera della resistenza e il coraggioso difensore degli oppressi. Il nemico codardo non è riuscito a sferrare un colpo efficace alle strutture delle fazioni della resistenza, quindi ha fatto ricorso ad una politica di omicidi e distruzioni. La difesa di Gaza da parte di Hezbollah e il suo sostegno alla moschea di Al-Aqsa rappresentano un servizio cruciale per l’intera regione”.

– foto Ipa Agency –
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Notte di raid israeliani a Beirut, nel mirino i vertici di Hezbollah

ROMA (ITALPRESS) – I caccia israeliani hanno condotto nella notte un attacco che ha preso di mira il bunker di Beirut che ospitava i vertici Hezbollah. L’attacco israeliano nella periferia meridionale di Beirut ha preso di mira un incontro a cui Hashem Safieddine stava partecipando con altri importanti leader di Hezbollah in un bunker sotterraneo, secondo quanto riportato dal New York Times, citando tre funzionari israeliani anonimi. Non è ancora chiaro se Safieddine sia stato ferito nell’attacco israeliano, che è stato segnalato come uno dei più pesanti dell’anno scorso. Il ministero della Salute libanese ha dichiarato venerdì mattina che 37 persone sono state uccise negli attacchi israeliani su Hezbollah il giorno precedente. “Gli attacchi nemici israeliani nelle ultime 24 ore… hanno ucciso 37 persone e ne hanno ferite 151”, ha affermato il ministero della Salute dì Beirut.
Le Forze di difesa israeliane affermano che circa 20 razzi sono stati lanciati dal Libano verso l’area di Haifa nell’ultima ora. L’esercito sostiene che la maggior parte dei proiettili è stata intercettata mentre altri hanno colpito terreno aperto. Inoltre, altri razzi sono stati lanciati pochi minuti dopo verso l’area della Galilea. Anche quelli sono stati intercettati o hanno colpito aree non popolate.
Intanto, fa sapere la Farnesina, è atterrato la scorsa notte, all’Aeroporto Internazionale “Leonardo Da Vinci” di Roma Fiumicino, il primo volo charter organizzato dal Governo italiano, su impulso del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, per favorire il rientro dei connazionali dal Libano.
“Abbiamo invitato tutti gli italiani a lasciare il Libano con voli commerciali, e ci siamo impegnati per incrementarne il numero attraverso voli charter”, ha affermato il Ministro, spiegando come il Governo abbia lavorato con le compagnie aeree per risolvere il problema della saturazione dei voli di linea. “Continuiamo a monitorare la situazione degli italiani in Libano tramite la nostra Ambasciata a Beirut e l’Unità di Crisi”, ha aggiunto il Vice Presidente Tajani, sottolineando che “siamo pronti ad assumere ogni iniziativa per garantire la sicurezza dei nostri connazionali, ma per il momento escludiamo l’ipotesi di un’evacuazione”.

– foto: Ipa Agency –
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Libano, Lacroix “Missione Unifil continuerà nonostante la situazione”

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Conferenza stampa oggi al Palazzo di Vetro con Jean Pierre Lacroix, il capo del dipartimento delle Nazioni Unite per le operazioni di pace nel mondo e che questa volta doveva rispondere alle domande dei giornalisti su UNIFIL, la missione di “peace-keeping” con oltre diecimila caschi blu (di cui oltre mille italiani) che è rimasta nel Sud del Libano nonostante Israele e Hezbollah siano ormai in aperto conflitto. Alle domande sul perché i caschi blu, che dovrebbero “mantenere la pace”, fossero rimasti in un territorio dove la pace non c’è più ma ormai solo guerra e distruzione. Lacroix ha risposto dicendo che la missione UNIFIL, nonostante la situazione difficile, continua perché provvede all’aiuto umanitario dei civili rimasti (secondo le autorità libanesi già un milione di libanesi avrebbe lasciato il sud del Libano, ndr).
Il Segretario Generale Antonio Guterres, durante la riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza di mercoledì, aveva detto che Israele gli aveva chiesto di spostare i caschi blu dell’ONU da alcuni settori della linea blu, ribadendo che UNIFIL resta dov’è e che orgogliosamente “la bandiera dell’ONU continua a sventolare”. (Nelle stesse ore Guterres veniva bollato come “persona non grata” dal governo israeliano, ndr). Ma se le basi dell’ONU venissero colpite mentre si combatte tra l’IDF e Hezbollah, chi sarebbe il maggiore responsabile delle eventuali vittime, gli israeliani che avevano avvertito Guterres, o quest’ultimo che ha rifiutato di rimuovere i caschi blu. Sulle dichiarazioni di Antonio Tajani oggi al question time del Senato, in cui il ministro degli Esteri ha detto che “La soluzione diplomatica ruota anche intorno al rafforzamento della capacità operativa di Unifil – che deve essere messa nelle condizioni di svolgere appieno il suo mandato. (…) Ma non dipende da noi prendere questa decisione, dipende dalle Nazioni Unite”, Lacroix ha dichiarato all’Italpress: “Non spetta a me commentare o interpretare quello che il ministro degli Esteri italiano ha detto”, per poi aggiungere: “La volontà politica di attuare la risoluzione 1701 è fondamentale. La risoluzione 1701 è e continua ad essere un quadro di risoluzione accettato da entrambe le parti. Sono tutti impegnati a come passare da dove siamo, che è una terribile situazione di rischio, alla certificazione del ritorno al tavolo delle trattative e la ricerca di un percorso verso l’attuazione della 1701”. “Continuo a dire che non spetta a UNIFIL implementare 1701, ma UNIFIL deve supportare l’implementazione di 1701 da parte delle parti in conflitto. Ora, se arriviamo a quella fase, dovremo riflettere con i membri del Consiglio di Sicurezza, con Unifil, con tutte le parti interessate, su come possa essere adattato per svolgere meglio quel ruolo. E ovviamente, guardando a quello che io chiamo lo scenario positivo. Ma in questo momento penso che la priorità sia davvero intensificare gli appelli e gli sforzi diplomatici per garantire che la via diplomatica sia privilegiata rispetto all’escalation” aggiunge Lacroix.
Quindi su una possibile richiesta d’aiuto ai caschi blu da parte dei civili libanesi che si trovassero presi tra i due fuochi nei combattimenti tra israeliani e Hezbollah, Lacroix non ha dubbi “Penso, anzi sono sicuro interverrebbero”. “Credo che le forze di pace farebbero tutto ciò che è in loro potere per proteggere la popolazione. Non mi addentrerò nel micromanaging, esattamente. Spetta a loro valutare cosa possono fare”. Alla domanda su chi è l’ultimo a decidere su cosa i caschi blu, in una situazione di emergenza, possono e non possono fare, il funzionario francese dell’ONU Lacroix risponde: “Abbiamo una catena di comando molto chiara. Il Comandante della Forza è responsabile su tutto ciò che fa Unifil. E poi abbiamo il quartier generale, il Dipartimento per le operazioni di pace (cioè Lacroix, ndr) e soprattutto il suo boss” ha concluso indicando Stephane Dujarric, il portavoce del Segretario Generale dell’ONU. Insomma alla fine, l’ultima parola su chi darà l’approvazione nelle prossime ore su ciò che farà o non farà l’UNIFIL per proteggere i suoi caschi blu e/o i civili libanesi spetterà ad Antonio Guterres.

foto: IPA Agency

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Gli Houthi rivendicano attacchi notturni con i droni su Israele

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ROMA (ITALPRESS) – I ribelli Houthi dello Yemen affermano di aver colpito con successo un “obiettivo vitale” a Tel Aviv con diversi droni in una nota. L’IDF ha riferito in precedenza che un drone è stato abbattuto dall’aeronautica militare israeliana in mare al largo della costa centrale di Israele. Poco dopo, sono stati identificati altri due droni in mare, uno dei quali è stato abbattuto e un secondo è atterrato in un’area aperta, secondo l’esercito. Nel secondo incidente, le sirene hanno suonato nella città centrale di Bat Yam. Non sono stati causati danni o feriti. L’esercito sta ancora indagando sull’origine dei droni.
-foto Agenzia Fotogramma –
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Medio Oriente, Massari “Garantire la sicurezza del personale Unifil”

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NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – “L’Italia condanna fermamente l’attacco iraniano di ieri a Israele. Esprimiamo profonda preoccupazione per gli sviluppi in corso e chiediamo moderazione e responsabilità a tutti gli attori regionali. Evitare qualsiasi ulteriore spirale di escalation deve essere la massima priorità condivisa, così come prevenire un’altra drammatica crisi umanitaria. L’Italia continuerà a lavorare per una soluzione diplomatica, anche in qualità di Presidente di turno del G7, per la stabilizzazione del confine israelo-libanese e a questo proposito ricorda con forza la dichiarazione dei leader del 25 settembre per un cessate il fuoco di 21 giorni in Libano. E mentre siamo qui riuniti, il nostro Primo Ministro sta per tenere una telefonata con i leader G7 per discutere la situazione nella regione”. Lo ha dichiarato l’Ambasciatore italiano all’Onu, Maurizio Massari intervenendo alla riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla crisi in Libano.
“L’Italia invita tutte le parti coinvolte alla piena e immediata attuazione della Risoluzione 1701, e invita il Consiglio di Sicurezza a considerare di rendere più efficace l’attuazione del mandato di UNIFIL al fine di garantire la sicurezza lungo la Linea Blu e di garantire che la popolazione sfollata del nord di Israele e del Libano possa tornare a casa in sicurezza. La sicurezza di tutto il personale UNIFIL deve essere rispettata e pienamente garantita. Sovranità e integrità territoriale del Libano devono anch’esse rispettate. Signora Presidente,
L’Italia lancia un appello per un immediato cessate il fuoco in Libano. Continueremo a lavorare per una soluzione diplomatica ed siamo pronti ad assistere attivamente le Forze Armate libanesi nell’assunzione delle proprie responsabilità lungo il confine con Israele. Su questo punto, l’Italia ritiene della massima importanza sostenere e rilanciare pienamente i negoziati Libano-Israele per stabilire pacificamente i propri confini. Continueremo a impegnarci con i nostri partner e alleati e a mantenere aperti canali di dialogo con tutti gli attori della regione” ha aggiunto Massari.
“Allo stesso tempo, è altrettanto urgente raggiungere un accordo per il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi in linea con la risoluzione 2735. In questo momento specifico, è nostra responsabilità collettiva invitare alla calma e alla moderazione, consapevoli del fatto che ogni minuto che passa, la vita di uomini, donne e bambini innocenti dell’intera regione è in gioco. L’Italia è un fermo sostenitore del principio ‘due persone, due stati’ e condivide l’obiettivo di una pace regionale globale e duratura che possa essere raggiunta sulla base di una soluzione a due Stati, con Israele e Palestina che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza entro confini riconosciuti e concordati e pieno riconoscimento dell’esistenza di Israele e rispetto della sua sicurezza da parte di tutti gli attori regionali” conclude l’ambasciatore italiano all’Onu.

– Foto: Ipa Agency –

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Medio Oriente, G7 “Soluzione diplomatica ancora possibile”

ROMA (ITALPRESS) – A seguito dell’aggravarsi della crisi in Medio Oriente, il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha convocato d’urgenza e presieduto questo pomeriggio una conferenza telefonica dei leader del G7.
“Nel corso della conversazione è stata reiterata la ferma condanna all’attacco iraniano contro Israele – si legge in una nota di Palazzo Chigi -. In uno scenario in costante evoluzione, è stato convenuto di lavorare congiuntamente per favorire una riduzione delle tensioni a livello regionale, a partire dall’applicazione della Risoluzione 2735 a Gaza e della Risoluzione 1701 per la stabilizzazione del confine israelo-libanese. Nell’esprimere forte preoccupazione per l’escalation di queste ultime ore, è stato ribadito che un conflitto su scala regionale non è nell’interesse di nessuno e che una soluzione diplomatica risulta ancora possibile. I leader hanno concordato di mantenersi in stretto contatto”.

– Foto Ipa Agency –

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Nel dibattito tra vice Vance in vantaggio, poi Walz sferra il colpo 6 gennaio

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Tanto rumore per nulla? Quasi. Il dibattito tra Tim Walz e JD Vance ospitato nel quartier generale del network Cbs a New York, ha visto i due candidati a vice di Kamala Harris e Donald Trump rispondere ad una valanga di domande poste dalle due anchor Norah O’Donnell e Margaret Brennan. Le due giornaliste sono state in gamba nel tenere sotto controllo lo show, ma è incredibile che tra le domande hanno “dimenticato” una sulla guerra in Ucraina, dato che gli americani restano in apprensione dopo che la Russia ha minacciato più volte l’Occidente di rischiare il conflitto nucleare.
Il dibattito ha messo a nudo il divario politico tra i due partiti su questione come immigrazione, aborto e politica estera. Ma la sorpresa più grande nella sfida tv tra il governatore democratico del Minnesota e il senatore dell’Ohio è stata la premurosa “gentilezza”, che i due si sono scambiati fin dalla calorosa stretta di mano iniziale e ancora alla fine del duello, quando si sono salutati con sorprendente cordialità con accanto le mogli salite sul palco.
Il dibattito è stato tanto ricco di argomenti quanto prevedibile nelle risposte, con i candidati che hanno commesso pochi errori – non ci sono state bizzarre situazioni alla “migranti haitiani mangia gatti e cani” ripetuto da Trump con Harris che scoppiava a ridere – ma sia Walz che Vance hanno avuto dei momenti di evidente imbarazzo. Come quando il governatore democratico del Minnesota ha cercato confusamente di dare una impossibile spiegazione alla sua “invenzione” di essere stato in Cina durante le proteste del 1989 di Tienanmen. Oppure la faccia tosta con cui Vance ha detto che fosse una esagerazione dei democratici Trump pericolo per la democrazia quando “lui il 20 gennaio 2021 ha ceduto pacificamente il potere come abbiamo sempre fatto per gli ultimi 250 anni in questo paese”. Come se il 6 gennaio 2021 non fosse mai accaduto!
Eppure fino a quel momento Vance aveva fatto molto meglio dell’avversario Walz che invece aveva offerto una performance sotto le aspettative. Il senatore dell’Ohio, nato da una madre tossicodipendente e cresciuto dalla nonna in povertà ma che alla fine, grazie al servizio militare, riesce a laurearsi alla prestigiosa Yale University, è apparso fino a quasi la fine del dibattito più “presidenziale” con la sua eloquenza e, a tratti, persino più convincente (soprattutto sulla parte della politica estera in cui ha detto che con Trump il caos in Medio Oriente non sarebbe avvenuto perché non avvenne durante la sua presidenza). Quando all’inizio è stato chiesto se sostenessero un attacco preventivo di Israele all’Iran, mentre Walz ci ha girato intorno arrivando alla fine a parlare dell’età di Trump, Vance ha risposto con scaltra abilità: “La scelta spetta a Israele”.
Al contrario Walz, in tutta la prima parte del dibattito è apparso “ingolfarsi” nella troppa preparazione, ripetendo frasi memorizzate e dimenticando di incalzare l’avversario quando in certe risposte appariva più vulnerabile. Come per esempio è accaduto con le domande sull’aborto. Vance ha qui infatti mentito spudoratamente sulle sue posizioni dicendo che era sempre stato favorevole, come Trump, ad una decisione statale non imposta a livello federale, ma è risaputo e ci sono innumerevoli comizi e interviste a testimoniarlo, che prima di essere scelto per la candidatura alla vice presidenza, il senatore dell’Ohio sosteneva una inflessibile abolizione a livello totale e quindi federale del diritto all’aborto (tatticamente rifiutata da Trump). Walz lì ha mancato l’affondo, anche se almeno il governatore del Minnesota ha mostrato di essere pronto nel dare chiara e forte la posizione del ticket Harris-Walz sul diritto negli USA al controllo delle nascite, affermando: “Il nocciolo della questione è: come possiamo noi, come nazione, dire che la tua vita e i tuoi diritti, fondamentali come il diritto di controllare il tuo stesso corpo, siano determinati dalla geografia?”.
Anche sulla sanità, Walz non ha approfittato dell’occasione di smentire Vance quando addirittura il repubblicano ha detto che “Trump aveva salvato l’Obamacare”: è esattamente il contrario, dalla Casa Bianca Trump cercò di farlo abolire ma non ci riuscì grazie alla ribellione dell’allora senatore repubblicano dell’Arizona John McCain.
Se fosse finito a questo punto il dibattito sarebbe stato vinto nettamente da Vance – più per lo stile e sicurezza mostrata rispetto all’avversario che per i contenuti delle risposte – ma proprio alla fine.
Walz è “resuscitato” sferrando un colpo da Ko all’avversario facendogli questa domanda: “Chi ha vinto le elezioni del 2020?”. Qui Vance, che fino allora era riuscito ad apparire competente se non proprio sincero, ecco che ha di colpo rimesso la maschera trumpiana e ha polverizzato tutta quella immagine seria e affidabile che aveva fornito alle telecamere fino a quel momento.
Evidentemente imbarazzato, prima ha cercato di aggirare la domanda dicendo “Tim, sono concentrato sul futuro”, ma Walz questa volta non ha mollato la presa e ha insistito guardando anche la telecamera con espressioni di evidente disgusto per l’avversario che non riusciva ad ammettere la sconfitta elettorale di Trump e insisteva nel perpetuare la menzogna pericolosa.
Con quel rifiuto di Vance di ammettere che l’ex presidente Donald J. Trump aveva perso le elezioni del 2020, di colpo la posta in gioco dell’attuale campagna elettorale è apparsa in tutta la sua pericolosità per la tenuta della democrazia americana.
“Questa è una dannata non risposta”, ha risposto seccamente Walz quando Vance diceva di voler parlare di futuro.
Già, Vance non poteva rispondere con la verità alla domanda su chi avesse vinto le elezioni del 2020, perché avrebbe perso la condizione “sine qua non” Trump non l’avrebbe mai scelto.
In quello scambio finale del dibattito, Walz ha mostrato Vance nudo davanti all’azione di Trump che portò al 6 gennaio 2021.
A quel punto Walz, come un gladiatore che ribalta l’avversario nella lotta che stava perdendo, ha affondato l’ultimo colpo ricordando l’allora vice presidente Mike Pence che confermò il responso delle elezioni perché lui restò fedele alla costituzione e alla democrazia, invece con uno come lui alla vicepresidenza tutto, anche la democrazia, sarebbe stato sacrificato all’ubbidienza al boss.
Proprio quando il 39enne senatore Vance sembrava avviato alla vittoria del dibattito, il 60enne governatore Walz ha pareggiato i conti.
A questo punto a che servirà questo dibattito tra i vice nella corsa testa a testa tra Trump e Harris? I maggiori commentatori americani sono convinti a poco o nulla. Già, la performance di Vance e Walz non avrebbe mai potuto far cambiare idea ai supporter Maga di Trump o democratici e “never Trump” di Harris.
Ma quel 2% o 3% di indecisi che ancora non sanno per chi votare? E’ tra questi che il ricordo di ciò che accadde il 6 gennaio 2021 con l’assalto al Congresso, mentre Trump alla Casa Bianca tardava a registrare un video per la “ritirata”, potrebbe diventare determinante.

– foto Ipa Agency –
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Raid aerei israeliani a Beirut dopo l’offensiva di terra. Missili iraniani contro lo Stato ebraico

ROMA (ITALPRESS) – Una serie di raid aerei si sono registrati nel quartiere Dahiyeh di Beirut durante la notte da parte dei caccia israeliani che hanno preso di mira diversi siti di Hezbollah, tra cui stabilimenti di produzione di armi e altre infrastrutture militari, afferma l’IDF in una dichiarazione. “L’organizzazione terroristica Hezbollah costruisce intenzionalmente i suoi siti di produzione di armi e militari sotto il cuore di Beirut e li inserisce nei centri abitati della città”, afferma l’esercito israeliano aggiungendo che l’IDF continua a operare “per garantire il ripristino della sicurezza dello Stato di Israele e dei suoi cittadini”. Ciò avviene dopo che l’esercito israeliano ha lanciato raid limitati nel Libano meridionale nella tarda serata di ieri contro le forze di Hezbollah e le infrastrutture posizionate lungo il confine settentrionale di Israele, ore dopo che si diceva che il gabinetto di sicurezza avesse approvato i piani per la nuova fase della guerra contro il gruppo terroristico libanese, in una mossa per la quale gli Stati Uniti sembravano esprimere il loro sostegno.
Nelle prime ore di questa mattina, l’IDF ha affermato che un’incursione “mirata e limitata” era iniziata diverse ore prima, concentrata su obiettivi e infrastrutture di Hezbollah in diversi villaggi libanesi lungo il confine che rappresentavano una minaccia immediata per le città israeliane dall’altra parte della Linea Blu. Le truppe di terra che operavano nel Libano meridionale erano assistite da forze aeree e di artiglieria, ha affermato l’esercito, aggiungendo che l’operazione si basava su piani elaborati dallo Stato maggiore e dal Comando settentrionale dell’IDF.

In serata le forze di difesa israeliane hanno annunciato che sono stati lanciati dei missili, almeno 102, dall’Iran contro Israele. Lo riferiscono i media arabi. L’allarme è risuonato in diverse zone del Paese.

E’ di 3 morti e 17 feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta a Jaffa, in Israele. Almeno due terroristi, uno dei quali armato di fucile d’assalto, hanno effettuato l’attacco.

foto: IPA Agency

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