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UNHCR E UNICEF PER FINE APOLIDIA INFANTILE

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L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, e l’UNICEF, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia, hanno lanciato un appello affinché gli Stati e le organizzazioni regionali agiscano con urgenza per garantire che nessun bambino nasca, o resti, apolide in Europa. Nonostante non esistano dati precisi circa il numero totale di minorenni apolidi, si stima che in Europa oltre mezzo milione di persone siano apolidi. Con l’aumento del numero complessivo di minorenni richiedenti asilo in Europa a partire dal 2010, con un picco delle domande nel 2015 e nel 2016, è aumentato anche il numero di minorenni identificati quali “apolidi”. Nel 2017 circa 2.100 minorenni sono stati registrati come “apolidi”, il quadruplo rispetto al 2010. I minorenni senza cittadinanza hanno un accesso limitato ai servizi e ai diritti più basilari, quali l’istruzione e l’assistenza sanitaria, e rischiano di essere discriminati per tutta la vita. L’assenza di documenti d’identità ufficiali può esporre i minorenni a rischi più elevati di divenire vittime di violenze, abusi e tratta, mettendo inoltre a rischio essi stessi e le proprie famiglie di finire in stato di arresto e di detenzione.

“La vita rema contro i bambini apolidi fin dall’inizio. Come tutti noi, possono sognare e possono sperare, ma gli impedimenti legali che affrontano spesso comportano che i loro sogni si infrangano prima ancora che diventino adulti e, così, il loro potenziale è totalmente sprecato”, ha dichiarato Pascale Moreau, direttrice dell’Ufficio dell’UNHCR per l’Europa. Sono tre le categorie di minorenni ad essere particolarmente colpite: Minorenni nati apolidi in Europa. Tale categoria include i minorenni che non possono ereditare la cittadinanza dei propri genitori a causa di discriminazioni legate al genere e di lacune nella legislazione in materia di cittadinanza, e quelli che sono apolidi poiché lo sono i genitori; Minorenni nati in Europa la cui nascita non è stata registrata, per esempio quelli delle popolazioni minoritarie vulnerabili, quali i Rom; Minorenni originari di Paesi conosciuti per la presenza di popolazioni apolidi che sono rifugiati o richiedenti asilo in Europa.

“Ogni bambino ha il diritto di avere un nome e una cittadinanza”, ha dichiarato Afshan Khan, direttrice Regionale dell’UNICEF per l’Europa e l’Asia Centrale, nonché Coordinatrice Speciale per la Risposta alla crisi di Rifugiati e Migranti in Europa. “I governi non hanno solamente la responsabilità di adottare le tutele legali che impediscano che un bambino nasca apolide, ma anche quella di assicurare assistenza legale e supporto affinché ogni minore apolide possa effettivamente godere del diritto di cittadinanza”.

Per rispondere in modo più efficace all’apolidia infantile in Europa, l’UNICEF e l’UNHCR stanno proponendo una serie di soluzioni a basso costo, efficaci e sostenibili, fra le quali: Assicurare che ogni minore rifugiato o migrante apolide sia opportunamente identificato e protetto fin dall’arrivo in Europa;  Semplificare le procedure che permettono ai minorenni apolidi di acquisire la cittadinanza il prima possibile; Adottare o modificare le leggi al fine di includere le tutele che permettano di concedere la cittadinanza a tutti i bambini nati in un determinato Paese e che, diversamente, sarebbero apolidi. Se da un lato il tasso di registrazione delle nascite in Europa è elevato, dall’altro la promozione di campagne informative rivolte alle famiglie maggiormente a rischio di apolidia aiuterebbe a identificare i minorenni non registrati e a sostenere le famiglie a effettuare le procedure di registrazione. Fare in modo che tutti abbiano un’identità legale tramite la registrazione della nascita costituisce uno degli obiettivi dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030 (2030 Sustainable Development Agenda). L’UNICEF lavora affinché tutti i bambini siano registrati alla nascita, mentre la campagna #IBelong lanciata dall’UNHCR mira a porre fine all’apolidia, che riguarda milioni di persone nel mondo, entro il 2024.

GIOVANI, INFORMAZIONI IN AMBITO SESSUALE SU INTERNET

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La maggior parte dei ragazzi e degli studenti universitari cerca le informazioni in ambito sessuale e riproduttivo su internet (89% i maschi e 84% le femmine, solo 1 su 4 in famiglia), ma quasi tutti (94%) ritengono che la scuola dovrebbe garantire l’informazione su sessualità e riproduzione. La conoscenza dei fattori di rischio per la salute riproduttiva non sempre è adeguata e evidenzia un gradiente di conoscenze che peggiora dal Nord al Sud su diversi aspetti indagati. Anche se l’uso della contraccezione tra i giovani è abbastanza diffuso, principalmente il preservativo, l’accesso ai consultori familiari da parte dei giovani è basso. Solo un 3% dei maschi e un 7% delle femmine si sono rivolti a questa struttura. Anche il contatto con i medici specialisti è limitato, in particolare tra i maschi. E’ quanto emerge dal report sui principali risultati del progetto Studio Nazionale Fertilità, che si è concluso alla fine del 2018 e ha avuto l’obiettivo generale di raccogliere informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva per orientare e sostenere la programmazione di interventi a sostegno della fertilità in Italia. 

Circa 1 adolescente su 3 ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi (35% dei maschi e 28% delle femmine). Si osservano leggere differenze per area geografica, specialmente tra le ragazze (22% al sud e 32-30% al centro-nord). Riguardo la volontà di avere dei figli, quasi l’80% dei ragazzi immagina un proprio futuro con figli, tuttavia tale percentuale diminuisce notevolmente tra gli adulti. Infatti quasi la metà degli adulti intervistati (44%) dichiara di non essere intenzionato ad avere figli e le motivazioni sono legate principalmente a fattori economici e lavorativi e all’assenza di sostegno alle famiglie con figli, e alla sfera personale e della vita di coppia. I professionisti sanitari, in generale, hanno buone conoscenze (3 su 4 hanno risposto correttamente nella maggioranza dei casi). Tuttavia si evidenziano bisogni formativi su alcune aree e sulla relativa comunicazione agli assistiti. È generalizzata, sia nella popolazione che tra i professionisti, una sovrastima sulle possibilità delle tecniche di PMA di risolvere sempre i casi di infertilità. 

“È tempo di promuovere nelle scuole una corretta educazione ai temi di salute facendo si che la salute diventi materia di insegnamento trasversale in tutte le scuole, in linea con gli insegnamenti dell’Oms e attraverso un’alleanza tra scuola e Ssn, tenendo conto degli obiettivi, dei soggetti, delle risorse dei saperi umanistici e scientifici e delle relazioni che li legano, per cosi dire, attraverso un approccio scolastico globale”, ha detto il ministro della Salute, Giulia Grillo. “Mi auguro che si possa realizzare appieno la stretta collaborazione con il Miur da poco sancita e sono fiduciosa che la collaborazione attiva con i medici di medicina generale, con i pediatri di Libera Scelta e con gli operatori territoriali dei Consultori familiari, possa portare a un capillare intervento anche in fasce della popolazione più marginali”, ha aggiunto.

GIOVANI, INSTAGRAM E WHATSAPP IRRINUNCIABILI

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Pronti a tutto pur di aver il massimo. Persino a tradire ripetutamente. Perché i ragazzi di oggi sembrano non volersi accontentare. Tranquilli, però, qui non si sta parlando di come vivono i propri sentimenti. Ma di un rapporto ugualmente viscerale per le nuove generazioni: quello con lo smartphone e, in particolare, con i piani tariffari del proprio operatore telefonico. A farlo emergere è una ricerca di Skuola.net, realizzata per TIM, su 15mila ragazzi tra gli 11 e i 25 anni, che ha cercato di capire meglio come si comportano le nuove generazioni con i dispositivi mobile tra le mani. I Gigabyte di traffico Internet: eccolo il vero snodo cruciale, visto che posti di fronte alla domanda “meglio chiamate illimitate o dati pressoché infiniti?”, quasi 8 giovani su 10 – il 79% – non hanno dubbi e puntano tutto sui secondi. La prova del nove di ciò? Più di 1 su 2 affronta decisamente male la fine del monte dati: il 46% attende con ansia il rinnovo dell’offerta, l’8% non ha questa pazienza e acquista immediatamente traffico supplementare.

Anche se, poi, diventa fondamentale avere un segnale all’altezza della situazione. Così, oltre 7 su 10 – il 71% – barattano volentieri un po’ di Giga con una Rete più veloce e affidabile. Forse perché la stragrande maggioranza di loro digerisce male una connessione lenta o addirittura assente. Quando, ad esempio, lo smartphone naviga a singhiozzo il 62% mantiene un certo autocontrollo e dice di sentirsi infastidito ma paziente; ma il 20% ammette di andare su tutte le furie; solo il 18% sostiene di non aver nessun tipo di problema. Quando, invece, il telefono non aggancia proprio la rete dati, il 17% va subito nel panico; mentre il 45% racconta di essere un po’ a disagio (ma niente di più); aumenta, in questo caso, la platea di chi affronta la situazione con tranquillità (38%). Circostanze, quelle appena elencate, che spingono tantissimi giovani a cedere alle lusinghe dei vari gestori telefonici che a suon di rilanci tentano di attrarre nuovi clienti. Parlano i numeri: fissando un intervallo temporale piuttosto ristretto – 24 mesi – ben il 53% degli intervistati dichiara di aver cambiato operatore: il 33% una sola volta, il 12% due, l’8% tre o più, mentre solamente il 47% è rimasto fedele al vecchio gestore. 

Sono pochi (21%), invece, i ‘pentiti’ che dopo un po’ ci ripensano e tornano all’operatore di partenza. Il motivo principale che induce al passaggio, come prevedibile, è la quantità maggiore di Giga di navigazione o minuti di conversazione (49%). Ma c’è anche chi si lascia convincere soprattutto dal prezzo inferiore dell’offerta (30%) o dalla copertura migliore della Rete di quell’operatore (21%). Alla fine, una buona fetta di ragazzi ha attualmente a disposizione una quantità notevole di Gigabyte: quasi 2 su 3 – il 63% – ne hanno più di dieci (il 20% più di trenta, il 18% tra 20 e 30 Giga, il 15% tra 10 e 20, il 10% sostiene di averli illimitati). Ciò, però, non è sufficiente a evitare che qualcuno (7%) li finisca nei primi giorni successivi al rinnovo dell’offerta e che più di 1 su 10 (13%) li debba gestire con cura per averne una scorta anche alla fine del mese. Ovviamente è tutto commisurato all’entità del piano dati: chi, ad esempio, ha più di 10 Giga di traffico in oltre 8 casi su 10 riesce a consumarli in maniera regolare nel periodo di fatturazione; mentre chi è al di sotto di tale soglia li esaurisce più rapidamente (con meno di cinque si scende al 66%). Ma come vengono consumati tutti questi Giga? Basta vedere dove passano più tempo i ragazzi. Dovendo indicare le risorse più usate sullo smartphone, circa 1 su 4 indica i social network (24%): con Instagram che con il 62% dei voti domina la classifica di settore, staccando senza possibilità d’appello il principale rivale (in famiglia) Facebook (8%). Subito dietro le piattaforme sociali troviamo le chat (20%): anche qui c’è un vincitore assoluto, WhatsApp, che viene scelta come app di riferimento dai tre quarti del campione (76%), con le altre a fare da spettatrici. Terzo gradino del podio per le app di musica (19%) ma, in questo caso, il quadro è più competitivo. Le App di streaming musicale sono un terreno impervio: a 1 su 10 prosciugano quasi tutti i Giga, al 7% più della metà, al 18% quasi la metà; il 37% (forse per paura) le usa pochissimo, il 28% evita direttamente.

MILLENNIALS IN CONTROTENDENZA SU CONSUMI PASTA

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Siamo il paese della pasta, ma solo 1 piatto di spaghetti su 3 viene servito a cena. I quasi 12 milioni di italiani che non la consumano di sera per paura di ingrassare o di compromettere il sonno dovrebbero però ricredersi. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Public Health ha dimostrato che mangiare pasta a cena migliora il riposo notturno, e non fa ingrassare. La ricerca americana potrebbe far cambiare abitudini a una larga fetta della popolazione italiana che rinuncia a portare questo alimento a cena per paura di ingrassare o dormire male. E infatti mangia pasta il 99% degli italiani, ma il 65% dei consumi di pasta avviene a pranzo, mentre solo il 35% si concentra a cena. Cosa che non accade, ad esempio, per pane, frutta, verdura, carne e perfino dolce, consumati in quantità più o meno equivalenti tra i due pasti principali della giornata. Inoltre, circa 11,6 milioni di italiani non mangiano mai la pasta a cena, mentre solo 3,8 milioni rinunciano alla carne e 6,7 milioni dicono di no al pesce nell’ultimo pasto della giornata. 

Vanno controcorrente i Millennials: per il 39% degli under 35, la spaghettata da preparare tutti insieme è l’elemento irrinunciabile di una cena tra amici. Mentre una quota significativa dei giovani del Sud (il 20%, soprattutto i maschi) fa spesso il bis, portandola in tavola sia a pranzo che a cena almeno 5 volte a settimana.   Simbolo di convivialità e tradizione domestica, spesso una semplice “aglio e olio” o la classica spaghettata al pomodoro, è il rito notturno per eccellenza, da preparare in compagnia con ciò che si ha in frigo o in dispensa, per cementare amicizie antiche e fondarne di nuove. Un grande classico che, grazie ai Millennials, sta vivendo una seconda giovinezza: 1 giovane su 2 (56%) cucina o ha cucinato almeno una volta nella vita lo spaghetto di mezzanotte. 

EST EUROPA, 3/4 BAMBINI DISABILI ESCLUSI DA SCUOLA

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Secondo l’UNICEF almeno il 75% dei circa 5,1 milioni di bambini che vivono con disabilità in Europa Centrale e Orientale e in Asia Centrale sono esclusi da un’istruzione inclusiva e di qualità. Nonostante la mancanza di dati attendibili, ci sono evidenze che mostrano come milioni di bambini con disabilità non siano mai andati a scuola. Quelli iscritti hanno minori probabilità di accedere a un’istruzione primaria o secondaria completa. Centinaia di migliaia di bambini con disabilità nella regione restano in scuole “speciali”, separati dai loro coetanei e dalle loro comunità.

“È una terribile perdita di potenziale per questi bambini, per le loro famiglie, per le loro economie e società”, afferma Afshan Khan, direttrice Unicef per l’Europa e l’Asia Centrale. “Oggi l’Unicef chiede investimenti affinché ci sia qualità nella disponibilità e nell’accessibilità delle tecnologie per l’assistenza, perché hanno il potenziale di aumentare consistentemente il numero di bambini con disabilità che possono accedere al loro diritto fondamentale di ricevere un’istruzione”, ha aggiunto.

Le tecnologie di assistenza – dai lettori speciali e tablet alle sedie a rotelle leggere e poco costose, alle tecnologie d’interfaccia cervello-computer – sono strumenti che aiutano i bambini con disabilità a ottenere una maggiore indipendenza, frequentare la scuola e partecipare alla vita delle proprie  comunità. Queste tecnologie saranno esposte in una speciale mostra di due giorni, inaugurata oggi al Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra, per mostrare come queste risorse possano aiutare i bambini con disabilità ad accedere alla scuola.

“Per un bambino con disabilità, l’accesso a tecnologie di assistenza può significare la differenze tra una vita di esclusione e isolamento e il ricevere un’istruzione e sviluppare il proprio potenziale”, ha aggiunto Khan. Il numero esatto di bambini che accedono a tecnologie e prodotti di assistenza è sconosciuto, ma nei paesi a basso reddito si stima che vada dal 5 al 15%. Le barriere che ostacolano l’accesso dei bambini a tecnologie di assistenza vanno dalla mancanza di conoscenza dell’esistenza di queste tecnologie, alla scarsa produzione o manutenzione delle stesse, dalla penuria di personale adeguatamente formato per gestire queste tecnologie alla mancanza di una governance, oltre a un costo ancora elevato.

GIOVANI, PIÙ PESSIMISTI SU ECONOMIA DEL PAESE

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Secondo un’indagine dell’Eurispes il 64% degli uomini italiani intervistati ha un’occupazione, contro il 36% che afferma di non lavorare. Tra i lavoratori si riscontra un certo ottimismo per quanto riguarda la possibilita’ di fare progetti per il futuro, ritenendo che la posizione lavorativa ricoperta consenta loro “abbastanza” di fare progetti per il futuro nel 46,3% dei casi e “molto” nell’11%; il 31,3% del campione afferma di poter fare “poco” progetti per il futuro e l’11,4% “per niente”.
Poco meno della meta’ (48,8%) si sente “abbastanza” tranquillo nel sostenere spese importanti (mutuo, automobile, casa), ma non e’ trascurabile il 30,7% che dichiara di potersi permettere poco questo genere di spese. Se si analizzano i dati per fasce d’eta’, emerge che 4 lavoratori su 10 di eta’ compresa tra i 18 e i 25 anni, afferma di non poter progettare “per niente” il proprio futuro. Sempre tra i giovanissimi si riscontra la percentuale piu’ elevata di quanti si sentono “molto” costretti a dover cercare un nuovo impiego (20%), valore che scende progressivamente nelle fasce d’eta’ successive. 

I lavoratori del Nord-Ovest sono quelli piu’ convinti di ricoprire una posizione lavorativa che permette loro di fare progetti per il futuro, con il 57,3% che risponde “abbastanza” e il 16,5% “molto”; solo il 5,8% ritiene di non poter fare progetti e il 20,4% ne e’ poco convinto.
Per buona parte del campione maschile intervistato la situazione economica del Paese e’ rimasta pressoche’ stabile (41,5%), anche se i pessimisti che vedono un peggioramento superano quanti hanno percepito dei miglioramenti. Nel complesso, sono i giovani tra i 18 e i 24 anni ad avere una visione piu’ pessimista sull’andamento dell’economia del Paese (il 27,7% ha avvertito un netto peggioramento). Il 45,6% degli uomini afferma di dover attingere ai risparmi per arrivare a fine mese e solo uno su tre arriva a fine mese senza grandi difficolta’. Poco piu’ di un quarto degli intervistati (22,2%) riesce a risparmiare; affrontare spese mediche mette in difficolta’ il 19% degli italiani e pagare le utenze il 28,5%. Fra quanti sostengono le spese di un mutuo, il 32,7% riscontra difficolta’ nel sostenere la rata, mentre per il 47,7% di quanti pagano un canone di affitto questa spesa risulta faticosa da affrontare. 

Circa quattro uomini su dieci in Italia (38,8%) spendono il proprio denaro per il gioco legale: di questi, il 23,2% gioca solo dal vivo, il 12,4% solo on line e il 12,4% partecipa su entrambi i circuiti. D’altro canto, il 61,2% degli uomini afferma di non partecipare a giochi con vincita in denaro. Preoccupante il dato secondo cui le percentuali piu’ alte di quanti dichiarano di giocare si rilevano tra i piu’ giovani: il 45,9% tra i 25 e i 34 anni e il 40,4% tra i 18 e i 24 anni (nelle altre classi di eta’ considerate il valore non supera mai il 38% circa). Il 33,3% degli uomini ritiene pericolosa la legittimazione al possesso di armi da fuoco, perche’ le armi possono finire nelle mani sbagliate e il 20,6% pensa che possedere un’arma sia un diritto da riservare ad alcune particolari categorie esposte a rischi, come ad esempio i commercianti. In molti, comunque, ritengono che il possesso di un’arma rappresenti una possibilita’ di difesa dai malintenzionati per tutti i cittadini (33,2%).

GIOVANI, IL NUOVO TRIENNIO DI FUNDER35

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Presentato il nuovo triennio di Funder35 a sostegno le imprese culturali giovanili piu’ promettenti del Paese, sul piano dell’innovazione e soprattutto dal punto di vista gestionale e organizzativo. L’obiettivo per i prossimi anni di Funder35, promosso da 18 fondazioni di origine bancaria e dalla Fondazione Con il Sud, e’ di rafforzare non piu’ e non solo le singole organizzazioni ma, in un’ottica di rete, l’intera community. In sei anni Funder35 ha selezionato 300 imprese culturali non profit composte prevalentemente da giovani sotto i 35 anni, tendenzialmente di piccole dimensioni, caratterizzate spesso da una forte fragilita’ strutturale e operativa e dalla dipendenza delle sovvenzioni saltuarie di finanziatori pubblici e privati. Imprese culturali a volte legate al ciclo di vita di progetti occasionali, che non innescano processi in grado di garantire un’attivita’ consolidata e costante. L’obiettivo di Funder35 e’ superare queste criticita’, rafforzando le imprese sul piano organizzativo e gestionale. La community sara’ arricchita negli anni da nuovi ingressi. In questi giorni sono state inserite circa 30 nuove imprese culturali individuate dalle singole Fondazioni promotrici secondo i principi di selezione che caratterizzano l’iniziativa.

Cosi’ come il bando ha permesso alle imprese di proporre diverse possibili strategie di sviluppo, lo stesso principio ispira l’insieme dei servizi che verranno messi a disposizione della comunita’. L’offerta formativa, curata da Fondazione Fitzcarraldo, prevede un menu’ di servizi, flessibili e personalizzabili, con una programmazione di formazione on line, l’avvio di gruppi di lavoro con percorsi di empowerment e accompagnamento mirato, la realizzazione di eventi in presenza per garantire occasioni di networking. Il primo di questi seminari nazionali con la community si terra’ l’8 aprile a Napoli all’interno degli spazi di Fondazione Foqus. Sara’ sviluppato inoltre il programma CrowdFunder35, sperimentato con successo gia’ lo scorso triennio e curato dalla Fondazione Sviluppo e Crescita CRT, che prevede un percorso di accompagnamento nella realizzazione di campagne di crowdfunding e il cofinanziamento delle donazioni raccolte secondo il meccanismo del matching grant: al raggiungimento del 50% dell’obiettivo fissato, le donazioni saranno raddoppiate da Funder35 fino al tetto massimo complessivo di 100 mila euro.

“Con questa nuova fase di Funder35 vogliamo consegnare il modus operandi delle Fondazioni di origine bancaria ai giovani imprenditori della comunita’ di Funder”, ha dichiarato Giuseppe Guzzetti, presidente di Acri. “Quello che ricevono in dote dalle Fondazioni non sono soltanto risorse economiche, ma soprattutto una pratica consolidata, fondata sul lavorare insieme, mettendosi costantemente in discussione, arricchendosi reciprocamente nel confronto e nella messa in comune delle migliori pratiche. Perche’ quando l’impresa culturale cresce e’ tutto il territorio a trarne giovamento. La cultura contribuisce a dare forma alla nostra identita’ – ha aggiunto Guzzetti – fa crescere il senso di appartenenza e lo spirito di comunita’. La cultura ci fa aprire agli altri, con la certezza delle nostre radici e la speranza verso il futuro. Di tutto questo abbiamo un gran bisogno”.

GIOVANI, PREMIATI I VINCITORI DI “JOB CIAK”

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Orientamento, formazione, voglia di riscatto e di mettersi in gioco e ancora diritti e nuovi lavori, valorizzazione delle competenze e delle proprie aspirazioni. Sono questi i temi che emergono dalle narrazioni dei video vincitori della seconda edizione del video contest “Job Ciak – I giovani riprendono il lavoro” la manifestazione ideata dalla Uil e Uil Tv. Tra visualizzazioni e visitatori, quest’anno, la pagina Job Ciak ha fatto registrare oltre 150.000 accessi, quasi il 40% in piu’ rispetto allo scorso anno. La cerimonia di premiazione, che si e’ svolta presso gli Studios di Cinecitta’, ha visto la presenza del segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, e dalla giuria composta dall’attrice Veronica Pivetti, la giornalista Laura Delli Colli e il regista Gianfranco Pannone.

Il premio per il miglior cortometraggio va a ‘Disorientati’ di Domenico Croce, Lisa Destro, Matteo Serman. Un piccolo film che e’ un invito a seguire le proprie passioni valorizzando fin dalle scelte la propria personalita’ e le capacita’ professionali. Un messaggio che il corto lancia raccontando con delicatezza e grande sincerita’ la storia di due ragazzi che intraprendono, come accade alla maggior parte dei giovani, un lavoro fuori non solo lontano dai propri sogni, ma anche dal loro talento.

A ‘Disorientati’ va anche la menzione speciale For.Te – il Fondo interprofessionale per la formazione continua nel terziario che ha sostenuto l’iniziativa. Quaranta giovani under 35 provenienti da tutta Italia, attivisti delle unioni regionali Uil, hanno assegnato il premio ‘GiovaniXiGiovani’ a ‘Cosi’ si fa’ di Lorenzo Daddi e Giulio Dal Pont e a ‘La viaggiatrice’ di Davide Vigore. Il premio social e’ andato a Raimondo Franzoni con ‘Il neolaureato’ che racconta le difficolta’ di un giovane che, dopo la laurea, muove i suoi primi passi, nella difficile realta’ socio economica del Sud. Un film che ha ottenuto 2.256 preferenze in rete. 

Una menzione speciale e’ stata infine conferita a ‘Rights Alert’ di Demetrio Cattabriga e Calogero Passarello e ‘Tutti a casa’ di Geraldine Ottier, riconoscendo loro il merito di raccontare in modo efficace e delicato due temi caldi del mondo del lavoro: la condizione dei lavoratori nelle nuove professionalita’ 4.0 che vivono nell’incertezza di garanzie, tutele e diritti (‘Rights Alert’) e il rischio di subire discriminazioni sul luogo di lavoro perdendo diritti legati alla liberta’ e alla dignita’ della persona (‘Tutti a casa’).  “E’ importante per i ragazzi, con la cultura si deve mangiare in questo Paese. In un certo periodo – ha detto  Barbagallo – si e’ pensato che se ne poteva fare a meno, invece, tanti artisti si cimentano ogni giorno con la cultura in tutti settori. Noi abbiamo cercato di dare un input per riprendere il lavoro anche in questo settore”.