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Il procuratore De Lucia incontra gli studenti del Gonzaga a Palermo

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PALERMO (ITALPRESS) – La formazione dei giovani, per una buona capacità di riflessione, profonda e critica, sui fatti deve andare ben oltre il vortice mediatico delle diverse news. E’ questo il pensiero forte che ha spinto il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ad avere un incontro con i giovani del Gonzaga Campus, a Palermo. Tante sono state le domande rivolte al procuratore sulla cattura del capo di cosa nostra ma anche sui temi legati alla legalità e alla giustizia.
“E’ importante quello che sta vivendo la città di Palermo – ha detto il direttore generale padre Vitangelo Denora -. Si parla spesso di giovani ma non si parla ai giovani e con i giovani. I giovani devono diventare protagonisti nella lotta alla mafia. Il nostro desiderio è quello che si punti sempre non su letture superficiali ma su interpretazioni e riflessioni significative per la crescita di questi nostri ragazzi e ragazze. Ben trent’anni fa, il 2 giugno del 1982, in questa scuola i giovani del Gonzaga incontrarono, dopo una loro lettera, il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Oggi, con il procuratore De Lucia, proseguiamo sulla scia anche di quell’incontro”.
“La formazione di voi giovani deve andare oltre le news – ha detto il procuratore De Lucia nel suo saluto iniziale -. Occorre sempre, prima di ogni cosa, fare una riflessione tra cose che accadano e come queste vengono raccontate. La mafia va racconta tenendo presente la sua enorme complessità come sistema criminale che dobbiamo fronteggiare”.
“Come ci si sente ad essere il procuratore che ha seguito l’operazione di arresto di Matteo Messina Denaro? – ha chiesto uno studente – Cosa ha provato e cosa sta provando in questi giorni?”.
“Il nostro è un mestiere con il quale si ha che fare con il male – ha risposto il procuratore De Lucia -. Il 16 gennaio è stato un bel giorno perchè si è raggiunto un risultato dopo un lavoro lungo e molto complicato. Adesso bisogna avere sempre i piedi per terra per continuare ad andare avanti nella lotta al crimine organizzato”.
“C’è una differenza tra il mondo in cui succedono le cose e quelle che si ipotizzano che potrebbero succedere – ha aggiunto il procuratore -. Siamo uno strano Paese. Dopo pochi minuti dall’annuncio dell’arresto, sono iniziati i mormorii che lasciano il tempo che trovano. Occorrerebbe fare una riflessione su come funzionano i media. Spesso sono state messe in piazza informazioni che non servivano. E’ facile, oggi, vendere una pillola di notizie – di uso e consumo immediato – rispetto ad una serio approfondimento giornalistico”.
“Dietro Denaro c’era un mondo che lo copriva – ha chiesto un altro giovane -. Quanta responsabilità ha questo micro-cosmo che ha avallato questa latitanza?” “Siamo davanti a tutto un mondo di soggetti – che sono stati intorno a questo latitante. Si tratta di persone che sperano di ottenere benefici dai mafiosi – ha continuato il procuratore -. Oggi, però, il fenomeno mafioso non è forte come ai tempi di Dalla Chiesa. Oggi pensiamo di avere gli strumenti per fronteggiare tutto questo pezzo di società civile che offre servizi alla mafia diventandone compiacente e illudendosi di potere ottenere favori”.
“Le notizie che stiamo sentendo in questi giorni stanno concentrando l’attenzione della società civile su alcuni particolari – ha chiesto uno studente -, che riteniamo stiano deviando l’attenzione dal tema centrale. In che modo i mass-media possono aiutare la società a rileggere questo evento e la portata rivoluzionaria che esso comporta?”.
“Non tutti i media fanno lo stesso lavoro e non tutti lo fanno in maniera corretta – ha risposto il procuratore -. Noi seguiamo i fatti che sono frutto di indagini molto accurate. E’ assurdo che alcuni continuino a concentrarsi su particolari irrilevanti”.
I giovani, infine hanno chiesto se la Sicilia è pronta per un cambiamento radicale e quanto ci sia ancora da fare.
“La Sicilia è pronta per un forte cambiamento culturale e radicale – ha sottolineato il procuratore -. E’ un Isola che ha una storia piena di cultura e di bellezza che i giovani devono custodire. Voi giovani avete il compito di cercare e di costruire il bene. Il cittadino deve essere uno che deve sapere anche dire di no. Il cittadino è chi non cerca il favore, ma il diritto, chi ha il dovere di pretendere un diritto. Non deve fare l’amico, è sul concetto di cittadinanza che si costruiscono le grandi nazioni, la società siciliana deve ragionare proprio su questo, costruire il meglio per la sua possibilità di sviluppo”.
“Il ruolo del procuratore è proprio una funzione di servizio – ha concluso – e, chiunque sia destinato a svolgere ruoli di potere, deve farlo avendo la consapevolezza di servire, non di detenere il potere. La vostra scuola, come altre, è realmente ispirata dallo spirito di servizio, quindi bisogna continuare su questa strada”.
“Vivere in Sicilia è difficile, una terra che fa fatica a cambiare e soprattutto a reagire davanti a questa piovra che si rigenera sempre denominata Mafia. Sembra scorrere tra le nostre vene l’omertà, la rassegnazione o peggio ancora l’indifferenza – ha sottolineato, infine Maria Elena Poderati, vice direttore ed ex alunna del Gonzaga Campus -. Tutto ciò è inaccettabile! Il nostro desiderio più grande è rendere consapevoli i giovani di quello che è stato per dare loro gli strumenti per combattere e riconoscere questo sistema parallelo che ha generato in questi anni solo del male. Il nostro desiderio è quello di rendere i giovani i protagonisti attivi del cambiamento a supporto di tutte le persone che lottano per questa terra! La vita deve essere piena e attiva, non si deve rimanere chiusi tra le paure e ancor peggio nell’indifferenza. Con coraggio e fiducia in Dio il cambiamento è possibile!”.
foto xd7 Italpress
(ITALPRESS).

Inaugurazione anno giudiziario a Palermo, Frasca “La mafia non è ancora sconfitta”

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PALERMO (ITALPRESS) – La cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro ha trovato grande spazio anche nella relazione del presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, sull’amministrazione della Giustizia stilata in occasione della cerimonia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, nel capoluogo siciliano. Presente, tra gli altri, il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, fresco di nomina.
“Le Forze di Polizia, sono modello di efficienza e alle quali rinnovo ancora una volta, in questa solenne occasione, la mia gratitudine per l’impegno che profondono quotidianamente in tutti i compiti istituzionali – sottolinea Frasca -. Un impegno che appena pochi giorni fa è stato coronato dalla cattura di Matteo Messina Denaro alla quale è stata destinata una paziente, lunga e defatigante opera di investigazione gestita con un’azione corale sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo e portata a termine nell’assoluto rispetto delle regole di uno Stato di diritto dai Carabinieri ai quali rivolgo un elogio particolare”. Il presidente della Corte d’Appello di Palermo, però, avverte che occorre “avere piena consapevolezza della necessità di non arretrare minimamente nell’azione di contrasto alla criminalità mafiosa, che, per quanto duramente colpita nella sua struttura dalle continue brillanti operazioni di polizia e dall’esito dei processi, non può certamente ancora ritenersi sconfitta, conservando un radicamento rilevante nel territorio e nel tessuto economico e sociale, la cui erosione è lenta e difficile”. L’arresto di Matteo Messina Denaro, per Frasca, acquisisce un duplice valore “completa la lunga e difficile operazione di smantellamento della componente stragista dell’organizzazione” e “apre prospettive investigative potenzialmente straordinarie che l’azione corale delle Istituzioni potrà valorizzare in direzione di ambiti diversi da quelli strettamente connessi con il latitante”. Proprio sulla rete dei fiancheggiatori, il presidente della Corte d’Appello si sofferma in maniera puntuale: “La inquietante rete di protezione a diversi livelli di cui ha beneficiato il latitante, senza la quale non avrebbe potuto sottrarsi per così lungo tempo alla cattura, pone seri interrogativi e apre scenari per certi versi inesplorati sul grado di penetrazione di Cosa Nostra nel tessuto sociale e istituzionale”. Sulla importante reazione da parte della popolazione per l’arresto del boss: “Scaldano il cuore – sottolinea Frasca – le manifestazioni di giubilo di quei cittadini che hanno espresso soddisfazione e apprezzamento per l’operato dei Carabinieri, così come fanno ben sperare le iniziative, soprattutto di giovani e di bambini, che, esternando pubblicamente e gioiosamente la netta presa di distanza da Cosa Nostra, ripongono consapevole speranza che anche queste operazioni contribuiscano ad arrivare alla verità sui misteri ancora non risolti di questo Paese: raggiungere la verità è un diritto dei familiari delle vittime e della comunità ed è un dovere delle Istituzioni. Peraltro, è triste constatare che, accanto a queste manifestazioni che richiamano il ‘fresco profumo di libertà’ di cui parlava Paolo Borsellino, persistano ancora sacche più o meno ampie di indifferenza e disinteresse, se non quando di dissenso, che impongono di non indulgere a facili e pericolosi trionfalismi”.
Grande attenzione da parte di Frasca anche sul tema delle riforme e soprattutto delle intercettazioni: “L’attuale dibattito politico è divenuto infuocato con riferimento all’intenzione di riformare la vigente disciplina in materia di intercettazioni con interventi limitativi la cui portata allo stato è mutata diverse volte nelle dichiarazioni di intenti. Attualmente – sottolinea Frasca – come è noto, la materia è disciplinata dal decreto legislativo 216/2017, la cui efficienza, peraltro, non è stata neppure adeguatamente sperimentata in quanto per effetto delle ripetute proroghe è entrato in vigore poco più di due anni fa e per di più quando l’attenzione collettiva era rivolta al drammatico problema della pandemia. Eppure, leggendo con attenzione il testo normativo è agevole rilevare che si tratta di una disciplina particolarmente rigorosa quanto ai presupposti, ai limiti di ammissibilità e di utilizzazione, ai controlli: un articolato sistema che sembra del tutto tranquillizzante e garantista sotto ogni profilo. Sembra evidente, quindi, che gli ipotizzati abusi dipendano non dalla normativa ma dalla concreta applicazione della stessa, se non quando dalla sua violazione, che espongono a pregiudizio diritti e interessi tutelati dalle norme di garanzia contenute nella legge”. Ne deriva che “l’ipotesi di limitare l’impiego – spiega Frasca – delle intercettazioni non solo non risolverebbe il problema ma finirebbe per depotenziare un mezzo di ricerca della prova che si è rivelato indispensabile e insostituibile. Sotto altro profilo preoccupa molto l’idea che il Ministero della Giustizia ha ripetutamente rappresentato di intervenire in forma limitativa sui reati diversi da quelli di mafia e terrorismo, ai quali ultimi, con successive dichiarazioni, ha aggiunto quelli cd. satellite. Infatti, la diversità di regime, in mancanza di una indicazione positiva netta e chiara, poggia su una scivolosa distinzione tra reati di mafia e reati diversi. Ma soprattutto non sembra tener conto della rilevanza, anche nell’ambito delle attività delle organizzazioni mafiose, dell’utilità che ricavano dai delitti contro la P.A. e, in particolare, dalla corruzione, male endemico del nostro Paese che pone a serio rischio l’economia degli Stati e lo stato sociale”. Poi, rispondendo al Ministro della Giustizia che ha affermato che ‘i mafiosi non parlano al telefono’: “Questo può essere vero solo con riferimento alle tradizionali forme di comunicazione telefonica, e peraltro neanche in modo assoluto come dimostrato da alcune vicende processuali. Ma i criminali ricorrono a modalità sempre più sofisticate di comunicazione per intercettare le quali è indispensabile fare ricorso alla tecnologia, la cui inevitabile invasività è bilanciata dai rigorosi limiti di ammissibilità di ricorso alle intercettazioni e dalle cautele imposte in diversi momenti dalla normativa vigente che probabilmente costituisce il punto di equilibrio più avanzato tra efficienza e garanzia”, evidenzia Frasca.
Nella relazione, in cui vengono evidenziati tutti i settori della giustizia, emerge che il funzionamento dell’amministrazione della giustizia nel distretto giudiziario della Corte d’appello di Palermo, ha presentato un andamento diversificato tra i due settori della giurisdizione. Nel settore civile si registra un’inversione di tendenza rispetto all’anno precedente: infatti, dopo un anno caratterizzato da un incremento significativo sia delle sopravvenienze (6,2%) sia delle definizioni (16,6%) con conseguente riduzione della pendenza finale (-6,5%), nell’anno giudiziario 2021-22 si osserva una flessione generalizzata non solo delle sopravvenienze (-6,4%) ma anche delle definizioni (-6,5%), il che ha prodotto una flessione del numero dei procedimenti pendenti pari al 6,2%. Questo quanto emerge dalla relazione del presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, che verrà presentata domani all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Tendenza analoga si osserva anche nel settore minorile, infatti, nell’anno giudiziario in esame si rileva un decremento sia delle sopravvenienze, pari al 16,1% sia delle definizioni (6%), con conseguente aumento della pendenza nella misura dello 0,4%. Per quanto attiene al dato sulle controversie ultrabiennali in Corte di Appello, come meglio esposto in prosieguo, dopo l’incremento osservato nell’anno giudiziario 2020-21 (1,1%), rispetto all’anno precedente, si rileva un decremento sia in termini percentuali (-3,4%) sia in valore assoluto (da 5.330 dell’anno giudiziario 2020-21 a 4.721). Per ciò che attiene agli uffici di primo grado, invece, si conferma il trend in aumento osservato lo scorso anno, infatti anche nell’anno giudiziario 2021-22 la percentuale di procedimenti ultratriennali è aumentata nella misura del 2%, contro il 2,7% dell’anno giudiziario precedente. Nel settore penale giudicante la pendenza in Corte di Appello è aumentata del 3,89% (da 8.262 a 8.583) mentre nei Tribunali è diminuita del 9,96% (da 51.919 a 46.748) e nel Tribunale per i minorenni del 1,18% (da 1.191 a 1.205). Negli uffici del giudice di pace si è registrato un decremento dell’8,59% (da 1.909 a 1.745 procedimenti). Nel corso dell’ultimo anno giudiziario il numero dei procedimenti costituenti l’arretrato patologico ha subito una flessione significativa sia in primo grado sia in appello. Negli Uffici di primo grado si osserva una riduzione dei procedimenti ultratriennali in valore assoluto (da 7.851 a 6.950, con una flessione dell’11,5%) mentre è rimasta sostanzialmente stabile l’incidenza percentuale (da 22,5% al 21,3%). In Corte di Appello la flessione del numero di procedimenti ultrabiennali è sia in valore assoluto (da 657 a 419, con una diminuzione del 36,2%), sia in termini di incidenza sul totale pendenti (dall’8,51% al 5,18%); va aggiunto che 262 di tali procedimenti sono già stati definiti a metà ottobre. Nel settore requirente si registra una sopravvenienza di procedimenti a carico di ‘noti” pari a 46.354 affari nelle Procure della Repubblica del distretto, ordinarie e per i minorenni, a fronte dei 46.813 del periodo precedente, con un lieve decremento pari allo 0,98%, mentre ne sono stati definiti 46.389, contro i 45.623 del periodo precedente, con un aumento dell’1,68%. La pendenza finale, pari a 37.864 procedimenti, risulta diminuita del 3,29% rispetto al 30 giugno 2021 che era di 39.153, con un tasso di ricambio pari a 100,08 (46.389 fascicoli definiti a fronte di 46.354 sopravvenuti).
I dati riguardano l’attività giudiziaria del distretto di Palermo, che comprende le Procure di Agrigento, Sciacca, Marsala, Trapani, Palermo e Termini Imerese ed è per dimensioni il quinto dei 26 distretti italiani.
Foto xd6 Italpress

Protocollo tra Arma dei Carabinieri e Ordine dei Commercialisti

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ROMA (ITALPRESS) – Promuovere la figura professionale del commercialista per diffondere e sviluppare una cultura della legalità. È questo il fine principale del protocollo quinquennale sottoscritto dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, generale di Corpo d’armata Teo Luzi, e dal presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Elbano de Nuccio.
Il protocollo, si legge in una nota, prevede l’organizzazione di una serie di iniziative congiunte (seminari, conferenze, workshop e tavole rotonde) che riguardano l’analisi dei flussi informativi degli assetti organizzativi adottati dalle società per prevenire illecite forme di utilizzo dei dati; l’economia sostenibile e la gestione dei rifiuti con l’obiettivo di prevenire illeciti nel settore del ciclo delle attività ad esso connesse; il lavoro, la legislazione sociale e la tutela del patrimonio culturale.
La collaborazione, sottolinea la nota, prevede inoltre la realizzazione, anche presso gli istituti di specializzazione dell’Arma, di progetti addestrativi sulle materie di comune interesse, volti a qualificare la professionalità del personale nello specifico settore, nonché lo scambio informativo sulle richieste di erogazione di finanziamenti pubblici da parte delle imprese e sul rilascio delle asseverazioni e su operazioni sospette rilevate nello svolgimento delle attività di consulenza del lavoro.
In relazione alla organizzazione delle iniziative formative e informative congiunte, il Consiglio nazionale dei commercialisti e l’Arma dei Carabinieri garantiranno la partecipazione e l’intervento di propri rappresentanti, anche attraverso il coinvolgimento degli Ordini territoriali di commercialisti e delle Organizzazioni funzionali dell’Arma (territoriale, speciale e ambientale).
“I commercialisti – ha affermato de Nuccio – attraverso il corretto esercizio delle proprie attività, contribuiscono alla formazione di un contesto economico più trasparente e rispettoso non solo delle regole e dei principi condivisi, ma anche e prima di tutto delle persone e degli interessi comuni. In quanto esponenti di una professione fortemente legata da un rapporto simbiotico alle imprese e ai mercati, forniamo una risposta concreta a supporto dell’economia pubblica per contrastare l’illegalità. La nostra opera può rivelarsi indispensabile per il funzionamento del mercato del nostro Paese, per il rispetto delle regole della competizione, per la necessaria trasparenza delle attività imprenditoriali, per migliorare il rapporto tra Stato e Cittadino. Questo protocollo e la preziosa collaborazione con l’Arma dei Carabinieri si inseriscono in questa prospettiva e rappresentano un’ulteriore crescita dell’impegno dei 120mila commercialisti italiani sul fronte della legalità”.
“Il tema di un’economia sana – ha ribadito il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Teo Luzi – è fondamentale nella nostra società, per questo è importante da un lato garantire la migliore formazione dei Carabinieri anche in questo campo, dall’altro promuovere la cultura della legalità in modo diffuso e capillare, fornendo le corrette informazioni agli operatori del settore”.
foto ufficio stampa Carabinieri
(ITALPRESS).

Cgia, Mafia Spa fattura 40 miliardi l’anno

VENEZIA (ITALPRESS) – In massima parte è gestita dalle organizzazioni mafiose e conta un volume d’affari annuo stimato in 40 miliardi di euro, pari a oltre il 2 per cento del nostro Pil. Stiamo parlando dell’economia criminale riconducibile alla Mafia Spa che, a titolo puramente statistico, presenta in Italia un “giro d’affari” inferiore solo al fatturato di Gse (Gestore dei Servizi Energetici), di Eni e di Enel. Sono dati, quelli relativi alle attività economiche criminali, che sono certamente sottostimati, in quanto non siamo in grado di dimensionare anche i proventi ascrivibili all’infiltrazione di queste organizzazioni malavitose nell’economia legale. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia. Dal 2014, l’Unione Europea, con apposito provvedimento legislativo4 consenta a tutti i paesi membri di conteggiare nel Pil alcune attività economiche illegali: come la prostituzione, il traffico di stupefacenti e il contrabbando di sigarette. “Grazie” a questa opportunità, nel 2020 (ultimo dato disponibile) abbiamo “gonfiato” la nostra ricchezza nazionale di 17,4 miliardi di euro (quasi un punto di Pil) . Una decisione eticamente inaccettabile: da un lato lo Stato combatte e contrasta le mafie, dall’altro riconosce a queste organizzazioni criminali un ruolo attivo di “portatori di benessere economico”. In buona sostanza è come se sul piano statistico ammettessimo che anche una parte dell’economia illegale riconducibile a Mafia Spa è “buona e accettabile”; insomma, una componente “positiva” della nostra ricchezza nazionale. A livello territoriale la presenza più diffusa delle organizzazioni economiche criminali si registra nel Mezzogiorno, anche se ormai molte evidenze altrettanto inquietanti segnalano la presenza di queste realtà illegali nelle aree economicamente più avanzate del Centro-Nord. La letteratura specializzata evidenzia che, storicamente, i territori dove l’economia locale è fortemente condizionata dalla spesa pubblica e il livello di corruzione della pubblica amministrazione è molto elevato sono più vulnerabili dal potere corruttivo delle mafie. Induttivamente è possibile riconoscere un’area geografica più a rischio di un’altra, anche dal riscontro di una elevata presenza di reati spia. Nei territori dove il numero di denunce all’autorità giudiziaria per estorsione/racket, usura, contraffazione, lavoro nero, gestione illecita del ciclo dei rifiuti, scommesse clandestine, gioco d’azzardo, etc. è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni criminali di stampo mafioso è molto elevata. Secondo la Banca d’Italia la penetrazione territoriale della Mafia Spa non riguarda solo il Sud; purtroppo presentano un indice di presenza mafiosa molto preoccupante anche realtà del Centro-Nord, in particolar modo le province di Roma, Latina, Genova, Imperia e Ravenna. Meno colpite delle precedenti, ma comunque con forti criticità si segnalano, sempre nella ripartizione centrosettentrionale, anche le provincie di Torino, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Varese, Milano, Lodi, Brescia, Savona, La Spezia, Bologna, Ferrara, Rimini, Pistoia, Prato, Firenze, Livorno, Arezzo, Viterbo, Ancona e Macerata. Meno investite da questo triste fenomeno sarebbero, invece, le province del Triveneto (con leggeri segnali in controtendenza a Venezia, Padova, Trento e, in particolar modo, Trieste). Anche la Valle d’Aosta e l’Umbria presentano un livello di rischio molto basso. Nel Mezzogiorno, infine, secondo i ricercatori di via Nazionale gli unici territori completamente “immuni” dalla presenza del fenomeno mafioso sarebbero le province di Matera, Chieti, Campobasso e le realtà sarde di Olbia-Tempio, Sassari e Oristano. Oltre ai 17,4 miliardi di euro “prodotti” dalle attività illegali (attraverso il traffico di droga, contrabbando di sigarette e prostituzione), il nostro Pil nazionale “assorbe” altri 157 miliardi di euro: di cui 79,7 sono “nascosti” dalla sottodichiarazione, 62,4 miliardi dal lavoro irregolare e 15,2 miliardi dalla voce Altro (ovvero, mance, affitti in nero). I 174,4 miliardi di euro complessivi (17,4 più 157), compongono la cosiddetta economia non osservata che è interamente conteggiata nel nostro Pil nazionale. Ancorchè non sia possibile quantificarne la dimensione, è evidente che anche una parte importante di questo stock (157 miliardi) sia riconducibile alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, a dimostrazione che i 40 miliardi di volume d’affari richiamati all’inizio di questo documento addebitati a Mafia Spa sono, purtroppo, sottostimati. (ITALPRESS).

Photo Credits: www.agenziafotogramma.it

Il boss Matteo Messina Denaro arrestato dopo 30 anni di latitanza

PALERMO (ITALPRESS) – Arrestato dopo 30 anni di latitanza dai Ros dei Carabinieri, il boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro.

Messina Denaro è stato catturato nei pressi della clinica La Maddalena di Palermo. I dipendenti della clinica, da quanto apprende Italpress, sono stati bloccati questa mattina all’ingresso del posto di lavoro e non sono stati fatti entrare. Ingente il dispiegamento dei carabinieri del Ros.

Matteo Messina Denaro aveva il nome falso di Andrea Bonafede, nato il 23 ottobre 1963 e stamattina aveva un appuntamento per un ciclo di chemioterapia. Cappellino, cappotto di montone da uomo e occhiali da vista scuri, stava facendo colazione e dopo avere accennato una breve fuga avrebbe ammesso di essere il boss superlatitante. L’arresto sarebbe stato salutato da un applauso delle persone presenti.

L’accusa principale è di avere partecipato alla strategia stragista che portò alla morte tra gli altri di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Un’accelerazione nelle ultime settimane ha portato a compimento un lavoro corale durato anni. Gli inquirenti nel corso di una conferenza stampa a Palermo hanno definito i contorni dell’arresto del boss. “E’ una giornata importante, in cui la Repubblica salda un debito nei confronti dei suoi martiri”, ha detto il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia. “La mafia non è sconfitta, la partita non è finita, ma quello di oggi è un passaggio importante. È un bel segnale che la gente oggi abbia applaudito all’arresto, sappiamo cosa significa questo a Palermo”, ha aggiunto. Fondamentale per l’arresto di Messina Denaro una lunga serie di indagini legata al suo stato di salute, e che ha portato all’arresto proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto eseguire dei controlli presso la clinica Maddalena, a Palermo, dove si presentava con documenti falsi, spacciandosi per Andrea Bonafede. “Allo stato non abbiamo elementi su presunto coinvolgimento o complicità da parte della clinica, il latitante aveva fornito documenti falsi. Naturalmente gli accertamenti sono all’inizio”, ha sottolineato De Lucia.

“Dopo un percorso investigativo durato molti anni nell’ultimo periodo abbiamo acquisito elementi legati alla salute del latitante, e al fatto che stesse frequentando una struttura sanitaria per curare la sua malattia”, ha spiegato il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros dei Carabinieri. “Il lavoro è stato caratterizzato da rapidità, riservatezza, e dal modo che ci ha consentito in poche settimane gli elementi per individuare una data, quella di oggi, in cui Messina Denaro si sarebbe sottoposto ad accertamenti”, ha aggiunto. La certezza gli investigatori l’hanno avuta solo stamattina: “L’accostamento della persona con il nome falso al latitante era stato ipotizzato nei giorni scorsi, ma è stato accertato stamattina. Il riscontro lo abbiamo avuto stamattina”, ha chiarito il generale. “L’attività investigativa di questi anni e gli arresti hanno ristretto la rete di protezione di Messina Denaro”, ha poi detto De Lucia, spiegando che per il momento il boss “non parla”. Il procuratore ha sottolineato l’importanza delle intercettazioni: “Senza questo strumento non si possono fare indagini, questo deve essere chiaro. Anche in questa operazione le intercettazioni sono state fondamentali”. “E’ evidente che in questi anni Messina Denaro è stato aiutato, ha avuto delle protezioni, e su questo stiamo lavorando”, ha aggiunto.

“Non abbiamo avuto contatti preliminari con la clinica, la nostra indagine è stata telematica per individuare possibili soggetti con una patologia compatibile con quella del latitante”, ha proseguito il procuratore, che sul ruolo di Messina Denaro, ha chiarito: “Era un capo operativo con un ruolo di garanzia importante per la gestione degli affari”. Per Messina Denaro “è stato proposto il regime speciale 41 bis fin da subito, non possiamo rivelare la casa circondariale”, ha spiegato De Lucia, mentre il procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Paolo Guido ha sottolineato che le sue condizioni “sono compatibili con il carcere, naturalmente sarà sottoposto alle cure necessarie”. Alla conferenza stampa anche Vincenzo Agostino, padre dell’agente di polizia Nino, ucciso dalla mafia 33 anni fa. “Si può fare luce sui delitti irrisolti come quello di mio figlio? Noi familiari chiediamo ancora che venga fatta luce”, ha chiesto. “Questo sarà uno dei nostri impegni maggiori. Nessuna delle vittime di mafia deve rimanere senza risposta. Tutto il nostro impegno è rivolto in questa direzione. Non ci fermeremo”, ha risposto il procuratore De Lucia.

“L’intervento di oggi si è sviluppato su più fasi. Attraverso delle attività tecniche avevamo avuto contezza che il presunto latitante stesse arrivando presso la struttura sanitaria, ed è scattato un sistema che era stato messo a punti su più livelli. Nei pressi della clinica il latitante è stato individuato e bloccato insieme al suo complice”, ha spiegato il colonnello Giuseppe Arcidiacono, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo. “Il latitante si è palesato subito nella sua identità, e guardandolo c’era anche poco da verificare, il volto è quello che ci aspettavamo di trovare”, ha aggiunto. Al momento dell’arresto, Messina Denaro indossava un orologio da 30-35 mila euro, hanno spiegato gli inquirenti, che indagano anche su Giovanni Luppino, che oggi accompagnava Messina Denaro ed è stato arrestato per favoreggiamento. Fuori dalla sede del comando Legione Carabinieri Sicilia si è formata nel corso della conferenza stampa una folla di giovani, con striscioni e cartelli. “Palermo è nostra e non di Cosa Nostra”, questo uno dei cori dei manifestanti, ai quali ha rivolto un saluto il comandante della Legione Sicilia dell’Arma Rosario Castello: “C’è stato un lavoro di squadra, e la bontà del risultato è testimoniato dalla vostra presenza qui oggi. Vogliamo essere un riferimento per i cittadini, un presidio sicuro e importante in ogni Comune”.

-foto Comando Carabinieri –

(ITALPRESS).

Palermo ricorda Piersanti Mattarella, dopo 43 anni si cerca ancora la verità

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PALERMO (ITALPRESS) – Palermo ricorda Piersanti Mattarella, il suo presidente della Regione assassinato il 6 gennaio 1980 con un omaggio nel luogo dell’agguato. Non solo la memoria, ma anche la rinnovata richiesta di verità sul delitto che vede ancora ombre 43 anni dopo.
“La memoria è essenziale in uno stato di diritto – ha detto il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani -. Si parla anche dell’ipotesi dell’apertura di una commissione di inchiesta. Io credo che queste quando sono presiedute da persone autorevoli, che hanno una storia dietro le spalle, possono aiutare a scoprire quella verità che a volte le limitazioni – giuste – e il rigore processuale possono non definire. Penso possa contribuire ad avere una verità compiuta nei confronti della storia di un uomo che ha combattuto la mafia attraverso le istituzioni trasparenti ed è stato uno dei primi uomini delle istituzioni che è caduto per mano mafiosa. Una mafia che non va sottovalutata, ma combattuta senza se e senza ma, perché si infiltra e non è nè di destra nè di sinistra. Il contrasto del mio governo sarà massimo per quanto attiene la verifica sugli appalti e tutto quello che concerne la spesa pubblica”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla: “A 43 anni dalla tragica scomparsa per mano della mafia, la figura del presidente Piersanti Mattarella rappresenta ancora oggi un simbolo e un esempio di alta politica, improntata sul dialogo, il servizio ai cittadini e il contrasto al potere di Cosa nostra. Il suo omicidio resta ancora oggi avvolto da troppe ombre e mi unisco all’appello dei familiari che anche in questi giorni chiedono di continuare a indagare per arrivare a una piena verità. Un atto doveroso per onorare la memoria di Piersanti Mattarella e di tutte le vittime della mafia. Per questa ragione, ritengo importante sottolineare l’impegno che il nuovo procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e i suoi collaboratori stanno mettendo in campo nel condurre nuovi accertamenti sulle responsabilità di questo delitto”.
Una luce su quanto accaduto potrebbe arrivare dall’istituzione di una commissione d’inchiesta che il presidente del Tribunale di Palermo, Antonio Balsamo, auspica possa essere aperta: “Credo che i tempi possano essere maturi. Soprattutto per la ricostruzione storica condivisa su questa drammatica stagione del terrorismo mafioso. Una stagione che per fortuna appartiene al passato, ma che è comunque importante ricostruire in maniera completa, perché ci sono vaste zone d’ombra su cui sarebbe fondamentale fare piena luce. Tutto ciò potrebbe essere opera di una commissione, che potrebbe andare oltre i limiti che sono connaturati al processo penale. E potrebbe essere uno strumento importante per costruire una memoria condivisa capace di fare luce su una stagione nella quale sono caduti in Sicilia alcuni dei più importanti rappresentanti delle istituzioni, come Piersanti Mattarella, che aveva saputo mutare la considerazione della Sicilia nel contesto europeo e internazionale, riuscendosi ad apporsi con un coraggio straordinario si disegni di cosa nostra nel periodo più difficile”.
Quindi, quarantrè anni dopo si potrebbero riaprire le indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, fratello del Presidente della Repubblica Sergio. Una verità che manca da troppo tempo sul presidente delle “carte in regola”.
credit photo agenziafotogramma.it
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Cyberterrorismo, 1193 casi e 66 indagati nel 2022 in Italia

ROMA (ITALPRESS) – Nel corso degli ultimi anni, il continuo e vertiginoso incremento dell’utilizzo delle piattaforme di comunicazione online, social network e di applicazioni di messaggistica istantanea, ha determinato una allarmante diffusione di contenuti propagandistici riconducibili al terrorismo, ad una platea pressochè illimitata, sia di matrice islamista (jihadista, ISIS, Al Qaeda, Al Shabaab ed altre articolazioni locali), sia di formazioni suprematiste di estrema destra (neonazismo, neofascismo, tifoserie strutturate), nonchè di estrema sinistra (movimenti di lotta armata, anarco/insurrezionalisti, antagonisti). In tale ambito, la Polizia Postale ha garantito sia l’esecuzione di una costante attività di monitoraggio investigativo della rete e dei canali di messaggistica istantanea, per l’identificazione e il deferimento all’Autorità Giudiziaria dei responsabili della diffusione dei contenuti illeciti, sia un costante scambio informativo con la Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione competente in materia di contrasto al terrorismo.
Complessivamente in Italia sono stati 1.193 i casi trattati dalla Polizia Postale nel 2022, rispetto ai 1.321 dell’anno precedente; 66 le persone indagate di contro alle 80 del 2021; e 173.306 gli spazi virtuali monitorati, in notevole aumenti rispetto ai 126.998 del 2021.
Trattandosi, in particolare, di un fenomeno di carattere transnazionale, sia per la natura internazionale del fenomeno che per la stessa connaturata struttura della rete, è risultata imprescindibile l’attivazione efficiente degli strumenti della cooperazione sovranazionale, soprattutto per la condivisione di informazioni che, collegate a situazioni peculiari interne, riescono ad apportare un indiscusso valore aggiunto alle attività di prevenzione messe in atto dalle diverse forze di polizia nazionali.
Nell’esercizio della propria missione istituzionale, il Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni – Organo del Ministero dell’interno per la sicurezza delle telecomunicazioni garantisce, fra l’altro, la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate del Paese. Nel 2022 il CNAIPIC – Centro nazionale anticrimine per la Protezione delle Infrastrutture critiche ha rilevato 12.947 attacchi (+138% rispetto ai 5.435 del 2021), sono state 332 le persone indagate (+78% rispetto al 2021). Inoltre, sono stati diramati 113.226 alert (in aumento del 2% rispetto all’anno scorso).
foto ufficio stampa Polizia Postale
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Questore Palermo “Niente più ‘inchini’ sotto casa dei boss durante le processioni”

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PALERMO (ITALPRESS) – “Abbiamo disciplinato 207 processioni religiose, dopo avere mappato le residenze dei mafiosi, con divieti di fermata e cambi di itinerario”. Lo ha reso noto il Questore di Palermo, Leopoldo Laricchia, incontrando i giornalisti per gli auguri e per tracciare un bilancio dell’attività svolta nel 2022.
“Fare ‘l’inchino’ o passare sotto casa dei boss sono cose che non devono succedere. Abbiamo agito in accordo ed in sintonia con le diverse Curie impedendo che accadesse”, ha sottolineato il questore Laricchia, evidenziando come è stato disposto il cambio di percorso per una processione a Cerda e per otto a Palermo.
foto Italpress
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