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Case Aler, piano anti-abusivi della Regione Lombardia

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MILANO (ITALPRESS) – Attivare servizi di vigilanza armata attorno alle aree particolarmente sensibili, potenziare la videosorveglianza, realizzare nuove guardianie presidiate da personale adeguatamente formato, rafforzare il nucleo operativo anti-abusivi dell’Aler. Si muove su queste coordinate il piano per la lotta all’abusivismo nelle case Aler finanziato da Regione Lombardia con 3 milioni di euro. Si tratta di fondi interamente provenienti dall’assessorato alla Casa e Housing sociale.
“Si parte da Milano e provincia – afferma l’assessore regionale alla Casa e Housing sociale, Paolo Franco – dove esistono situazioni che non possono essere tollerate. Mettiamo in campo un piano concreto e supportato da risorse importanti. Perché la legalità per noi è un tema assolutamente prioritario e ineludibile: Regione Lombardia è dalla parte delle famiglie che rispettano le regole, lo ribadiamo con atti tangibili. Chi occupa abusivamente toglie la casa a chi ne ha diritto. Non può e non deve passare il messaggio che i furbi e i disonesti prevaricano i cittadini perbene”.
Il primo obiettivo del piano è intensificare le azioni preventive che già nei primi quattro mesi del 2024 hanno portato Aler Milano a compiere 288 escomi in flagranza, sventando dunque nuove occupazioni abusive. “Aler deve fare la sua parte con determinazione – prosegue l’assessore Franco – anche attraverso i fondi e gli strumenti messi a disposizione da Regione, ma per una prevenzione e un contrasto efficace all’abusivismo occorre uno sforzo corale da parte di tutte le istituzioni preposte alla sicurezza e all’ordine pubblico, con le quali siamo e saremo disponibili a collaborare in modo sempre più incisivo. Il programma per il rilancio delle politiche abitative regionali, denominato ‘Missione Lombardia’, prevede proprio il coinvolgimento di tutti gli attori territoriali per raggiungere obiettivi comuni in termini di ripristino della legalità e assegnazione degli alloggi alle persone che ne hanno diritto”.
Il piano antiabusivismo contempla da un lato le azioni di prevenzione e deterrenza rispetto alle occupazioni con effrazione, dall’altro punta a efficientare il recupero e la sistemazione delle abitazioni ‘liberate’ dagli occupanti illegali. Per quanto riguarda le situazioni di abusivismo consolidato, lo sgombero viene materialmente eseguito dalle Forze dell’ordine: Aler attua una serie di attività correlate e di supporto sotto il profilo amministrativo e logistico (trasloco, assistenza), e si impegna appunto a velocizzare la messa in sicurezza e il ripristino degli alloggi recuperati.
“Ci sono persone bisognose e oneste, soprattutto anziani, che vivono in macchina o in condizioni di estrema difficoltà – afferma l’assessore alla sicurezza e Protezione civile, Romano La Russa – perché la loro casa popolare è stata occupata abusivamente. L’abusivismo è un fenomeno inaccettabile che va contrastato con ogni sforzo, tutelando le famiglie in graduatoria che sono in attesa di un alloggio. L’impegno da parte di Regione Lombardia è massimo anche per la seconda fase che segue gli sgomberi, che naturalmente sono di competenza del prefetto, ovvero l’intervento di Aler per il rifacimento di tanti appartamenti che potranno quindi essere riconsegnati a chi ne ha diritto”.
– Foto Agenzia Fotogramma –
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Campo scout nel palermitano nel ricordo del piccolo Di Matteo

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PALERMO (ITALPRESS) – Un campo scout per lupetti in un luogo diventato simbolo di riscatto e della lotta alla mafia. Si è concluso un raduno di 16 bambini di età compresa tra 8 e 11 anni nel Giardino della memoria, a San Giuseppe Jato, dove fu tenuto prigioniero e poi ucciso il piccolo Giuseppe Di Matteo.
I piccoli della Fse, Federazione scout d’Europa, dell’associazione intitolata a monsignor Onofrio Giglio, per quattro giorni hanno svolto varie attività educative e di gioco con al centro il tema della jungla, ambientazione riferita al libro di Rudyard Kipling e utilizzata per i lupetti, oltre a tanto sport ispirato ai giochi Olimpici.
Non sono ovviamente mancati momenti di riflessione sulla figura del piccolo Giuseppe e sulla lotta alla mafia e alla criminalità organizzata. Uno degli obiettivi degli scout, ispirato a una famosa frase del loro fondatore, Baden-Powell, è “lasciare il mondo un po’ migliore di come lo avete trovato”: missione compiuta, in questo senso, per i lupetti.
“Confesso – dichiara il sindaco di San Giuseppe Jato, Giuseppe Siviglia – che inizialmente avevo avuto dei dubbi sull’autorizzazione del campo proprio in quel luogo. Pensavo anche che, tra i genitori, ci sarebbe potuto essere qualcuno contrario. Invece sono stato a trovare i bambini e i loro capi e ho ricevuto una grande lezione di vita: il Giardino della Memoria è stato trasformato da loro in quello che è e dovrebbe essere sempre, un luogo di vita e di rinascita. Per il nostro paese – conclude Siviglia – questa di oggi è una data storica. Consegneremo un attestato di merito all’associazione scout monsignor Giglio, mentre a ogni lupetto daremo un attestato per aver contribuito all’autentico e vero riscatto della Valle dello Jato. Anche la mamma del piccolo Giuseppe, Franca Castellese, ha dichiarato: ‘Oggi avete fatto rivivere Giuseppe'”.
Presente alla cerimonia anche il professore Nicolò Mannino, presidente del Parlamento della legalità.

– foto ufficio stampa comune San Giuseppe Jato –

A Palermo ricordato Paolo Giaccone, medico ucciso 42 anni fa dalla mafia

PALERMO (ITALPRESS) – Ucciso semplicemente per aver fatto il proprio dovere di medico, respingendo le pressanti richieste di Cosa nostra di alterare una perizia ed evitare l’incriminazione di un boss: Paolo Giaccone se ne andava 42 anni fa, freddato da cinque proiettili tra i viali del Policlinico che oggi porta il suo nome. Lo hanno ricordato con una cerimonia sul luogo dell’eccidio gli ex colleghi e gli attuali dirigenti del dipartimento di Medicina legale, la direttrice generale del Policlinico Maria Grazia Furnari, il rettore dell’Università di Palermo Massimo Midiri, il presidente della scuola di Medicina Marcello Ciaccio, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, l’assessore regionale alla Salute Giovanna Volo, il prefetto di Palermo Massimo Mariani e i rappresentanti delle Forze dell’Ordine.
Oltre che come docente ordinario di Medicina legale, Giaccone esercitava la professione svolgendo consulenze per il Tribunale, in un periodo profondamente segnato dalla pervasività di Cosa nostra nel tessuto sociale ed economico della città. Nel 1981, dopo una sparatoria a Bagheria in cui persero la vita quattro persone, gli fu assegnato l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata da uno dei killer: questi venne poi identificato in Giuseppe Marchese, esponente di spicco della cosca di corso dei Mille. Diverse furono le intimidazioni nei confronti di Giaccone affinchè modificasse la perizia e scagionasse Marchese, ma il medico fu irremovibile e il killer venne condannato all’ergastolo. L’11 agosto 1982 il drammatico epilogo, in una Palermo ancora scossa dall’omicidio di Pio La Torre e che tre settimane dopo sarebbe rimasta impietrita dalla strage di via Carini.
“E’ importante che Giaccone sia sempre un esempio di valore, lavoro e dedizione appassionata – sottolinea Furnari -. Era una figura che lavorava con passione e criterio in un periodo davvero brutto: anche se oggi ha cambiato fisionomia, la mafia c’è e la dobbiamo combattere ogni giorno lavorando con onestà e rifiutando ogni condizionamento esterno fatto di minacce, prevaricazioni e richieste sottintese. Non dobbiamo avere paura, ma essere coraggiosi e dire no quando ci viene chiesto qualcosa che non si può fare”.
Per Midiri “Giaccone è stato e continua a essere un riferimento dell’impegno civile e dell’essere eroi normali: è morto nell’esercizio delle sue funzioni di medico legale, perchè faceva il suo dovere e si è rifiutato di dare una risposta per così dire sbagliata o quantomeno condizionante il futuro giudiziario di un imputato. La sua lezione di vita e di etica deve essere un messaggio per le nuove generazioni, che Giaccone non l’hanno conosciuto e vivono la realtà di questo Policlinico intestato a lui: bisogna andare oltre il semplice momento commemorativo, perchè se non c’è memoria non c’è presente. La Palermo di oggi nasce dal sacrificio di Giaccone e di chi come lui è morto in un periodo devastante per la città e per la Sicilia”.
Ciaccio lo ricorda come “un esempio importante di legalità e di come bisogna svolgere la professione medica: in particolare, il medico legale coniuga medicina e giurisprudenza e può andare incontro a diversi pericoli. Il suo insegnamento deve essere un monito per tutti noi, ma soprattutto per le nuove generazioni: questa commemorazione è testimonianza del suo contributo e della correttezza professionale che lo ha sempre contraddistinto”.
Lagalla ne celebra la dedizione e la determinazione a non cedere alle pressioni mafiose: “Giaccone non era un magistrato o un uomo delle Forze dell’Ordine, pertanto non metteva il rischio un’esposizione primaria e diretta davanti a ogni cosa: era un uomo di studio e ricerca, che però è stato incrollabilmente fedele a se stesso e al suo lavoro fino a pagarne una conseguenza tragica in una stagione massacrante per Palermo. E’ giusto promuoverne un ricordo solenne ogni anno e mantenerne alta la memoria, proponendola ai più giovani”.
Per Volo “Giaccone è stato un grandissimo professionista e con il suo sacrificio ha insegnato a tutti noi che nel rispetto della professione e nell’assoluta onestà intellettuale si deve anche rischiare la vita: non possiamo e non dobbiamo mai avere dubbi su ciò che è giusto fare”.
Mariani sottolinea come “Giaccone ha dato la vita per ciò in cui credeva: il suo sacrificio è stato un ultimo atto di dedizione, ispirando coloro che in futuro avrebbero dovuto prendere il suo posto. La sua lezione vale non solo per gli studenti ma per chiunque segua le sue orme, anche nelle istituzioni: Palermo nel 1982 ha perso tre personalità di altissimo livello (La Torre, Giaccone e Dalla Chiesa, ndr), che hanno dato tutto affinchè questa città potesse affrancarsi dai mostri che la opprimevano”.
Alla commemorazione ha preso parte anche Milly Giaccone, figlia del medico legale: “E’ molto bello vedere che questo ricordo va avanti di anno in anno – afferma – La mia paura è che al di fuori dell’anniversario la sua figura venga un pò messa da parte rispetto alle altre vittime di mafia. Ora che sono in pensione vorrei girare un pò per le scuole e parlare di lui: papà era una persona colta e preparata, ma aveva anche un bel carattere. In famiglia parlava poco del suo lavoro a stretto contatto con la Procura, anche perchè mia madre aveva tanta paura per lui: con me invece ne parlava di più, perchè io ero già studentessa di Medicina e venivamo al Policlinico insieme. Non so se in cuor suo avesse capito fino a che punto era in pericolo”.

– foto xd8/Italpress –
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Piantedosi “Con le bodycam le forze di polizia più tutelate”

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ROMA (ITALPRESS) – “L’introduzione delle bodycam per le Forze di polizia rappresenta un doveroso riconoscimento a tutti coloro che ogni giorno, con dedizione e spirito di sacrificio, sono impegnati per garantire legalità e sicurezza ai nostri cittadini. Grazie a questo strumento renderemo ancora più efficace la tutela delle donne e degli uomini in divisa che per assicurare i nostri diritti sono quotidianamente esposti ad aggressioni, minacce e violenze. Una dotazione tecnologica richiesta dagli stessi poliziotti anche a garanzia della totale trasparenza del loro operato”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.

– foto Agenzia Fotogramma –
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Palermo ricorda Rocco Chinnici, padre del pool antimafia

PALERMO (ITALPRESS) – Quarantuno anni fa una città già martoriata da guerre di mafia e omicidi eccellenti si risvegliò con il boato dell’ennesima esplosione, quella che in via Pipitone Federico, a Palermo, tolse la vita al presidente dell’Ufficio istruzione del Tribunale Rocco Chinnici, al maresciallo dei Carabinieri Mario Trabassi, all’appuntato Salvatore Bartolotta e a Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile in cui Chinnici risiedeva. Il ricordo del magistrato, padre del pool antimafia, e di coloro che insieme a lui morirono è stato celebrato dinanzi all’abitazione in cui la Fiat 126 imbottita di tritolo saltò in aria quel drammatico 29 luglio 1983, attraverso la deposizione di una corona di fiori da parte di Caterina Chinnici, eurodeputata e figlia del presidente dell’Ufficio istruzione, del presidente della Regione Renato Schifani, del vicepresidente dell’Ars Nuccio Di Paola, del presidente dell’antimafia all’Ars, Antonello Cracolici, del vicesindaco Giampiero Cannella. Alla cerimonia hanno preso parte anche Giovanni Paparcuri, autista di Rocco Chinnici scampato alla strage di via Pipitone Federico, il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia, il presidente della Corte d’Appello del Tribunale Di Palermo Matteo Frasca, il procuratore generale della Corte d’Appello Lia Sava e i rappresentanti delle Forze dell’Ordine.
– foto xd8 Italpress –
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La mafia 41 anni fa uccideva Rocco Chinnici, ciclo di eventi per ricordarlo

PALERMO (ITALPRESS) – Il 29 luglio 1983, alle 8.05 del mattino, una Fiat 126 verde imbottita con 75 chili di tritolo esplose in via Pipitone Federico, a Palermo. Il giudice Rocco Chinnici, il maresciallo Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile in cui abitava il giudice, persero la vita. Chinnici stava per salire sulla sua Alfetta blindata, ma il boss di Resuttana, Antonino Madonia, azionò il telecomando proprio nel momento in cui il giudice originario di Misilmeri stava per transitare accanto alla 126. Fu un’esplosione devastante.
Sono trascorsi 41 anni da quel giorno. Palermo, Misilmeri, Partanna e anche Pavia ricordano l’attentato con una serie di appuntamenti che si terranno durante la giornata di lunedì 29 luglio. Si parte da Palermo alle 9.30, nel luogo in cui avvenne la strage, via Pipitone Federico 59, dove verranno ricordati il giudice e la sua scorta e verranno deposte le corone di fiori. Segue poi, alle 10.15, la messa in loro memoria nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, mentre alle 12.00 a Misilmeri, in provincia di Palermo, comune di nascita del giudice Chinnici, si terrà una deposizione di corone di fiori. Infine, alle ore 19.00, l’ultima deposizione di corone a Partanna, in provincia di Trapani, in Piazza Umberto I, sul bifrontale dedicato a Rocco Chinnici.
Contemporaneamente anche Mede, comune in provincia di Pavia, ricorderà il giudice Chinnici con un concerto musicale dell’orchestra messicana “The Kwapisz Youth String Orchestra-Messico”. L’evento si terrà il 29 luglio alle ore 21.00 alla Tenuta Besostri in via Amendola 1. L’ingresso è libero.
Grande precursore della moderna lotta alla mafia, il giudice Chinnici credeva fermamente nell’importanza della cultura e del lavoro. Tra gli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, di fronte ad una mafia sempre più violenta e potente, il giudice Chinnici portò coraggiosamente avanti il suo lavoro di magistrato con straordinarie intuizioni ed una eccezionale forza innovativa. Alla fine del 1979, fu nominato capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo e creò il Pool antimafia, chiamando a sè colleghi allora giovani, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Diede inoltre un prezioso contributo tecnico alla stesura della legge Rognoni-La Torre e, in particolare, alla definizione del reato di associazione “di tipo mafioso” (articolo 416 bis del Codice Penale) ed al potenziamento della prevenzione patrimoniale. Fu inoltre il primo magistrato ad uscire dalle aule dei Tribunali per andare nelle scuole e parlare ai ragazzi dei pericoli della droga, il cui traffico mondiale era, allora, l’attività principale della mafia. L’obiettivo era sensibilizzare le nuove generazioni su questa grave minaccia alla democrazia.
Con le sue intuizioni e innovazioni e con il suo impegno, Rocco Chinnici ha dunque segnato profondamente la cultura dei magistrati italiani, lo sviluppo della legislazione e dell’azione di contrasto alle organizzazioni criminali.
“Mio padre non è stato soltanto un magistrato che ha combattuto la mafia nelle aule di giustizia – racconta la figlia Caterina Chinnici, europarlamentare – ma ha portato il proprio impegno anche sul piano legislativo ed operativo, innovando profondamente l’azione di contrasto alle organizzazioni criminali con la creazione del pool antimafia, con il contributo decisivo all’introduzione del reato di associazione a delinquere di tipo mafioso e delle misure di contrasto patrimoniali, e con l’avvio delle prime indagini bancarie e societarie. Rocco Chinnici credeva fortemente nella necessità di accompagnare l’azione di contrasto investigativa e giudiziaria, con un’opera di profondo rinnovamento culturale, di stimolo delle coscienze individuali e collettive”.
“Ciascuno, diceva, rivolgendosi in particolare ai giovani – conclude Chinnici – deve sentire imperioso il bisogno di compiere il proprio dovere di cittadino, perchè la mafia possa essere affrontata e contrastata davvero con successo. E considerava, quale strumento straordinario di quest’opera, proprio la cultura. La cultura è libertà, queste le sue parole, nelle quali credo fermamente anch’io. Lavoro e cultura rappresentavano per lui le “armi” più efficaci per combattere quell’acquiescenza al sistema su cui la mafia costruisce il proprio potere e si radica sul territorio”.
– foto ufficio stampa Caterina Chinnici –
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Intesa Enel-Viminale per contrasto a infiltrazioni criminalità

ROMA (ITALPRESS) – Rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza e di legalità a tutela dei servizi pubblici essenziali. E’ questo l’obiettivo del protocollo firmato oggi al Viminale dal Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, e dall’AD di Enel, Flavio Cattaneo, con il quale l’azienda e il Ministero rinnovano una collaborazione che ha già consentito di raggiungere significativi risultati. Grazie all’intesa verranno messe in campo tutte le azioni per rendere ancora più efficace la prevenzione e il contrasto dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nei contratti d’appalto stipulati dall’azienda con i fornitori. La collaborazione operativa e consultiva tra il Ministero ed Enel punta inoltre a tutelare le infrastrutture energetiche e le attività del Gruppo, per garantire una sempre più elevata sicurezza degli impianti e delle reti elettriche. Il protocollo rappresenta un esempio virtuoso di sinergia tra pubblico e privato e si inserisce in una più ampia strategia di sistema-Paese, volta a promuovere una diffusa cultura della legalità attraverso la cooperazione tra Istituzioni e aziende di rilevanza strategica come Enel.

– Foto ufficio stampa Enel –

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Mattarella “Borsellino e Falcone ci hanno lasciato un’eredità preziosa”

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ROMA (ITALPRESS) – “La tremenda strage di via D’Amelio, 57 giorni dopo l’attentato di Capaci, ha costituito l’apice della strategia terroristica condotta dalla mafia. Con atti spietati di guerra, si voleva piegare lo Stato e sottomettere la società. Le Istituzioni e i cittadini lo hanno impedito. Gli assassini a capo dell’organizzazione criminale sono stati assicurati alla giustizia, il sacrificio di chi ha difeso la legalità e la libertà è divenuto simbolo di probità e di riscatto. Ora il testimone è nelle mani di ciascuno di noi. L’anniversario della morte di Paolo Borsellino, e con lui di Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, è un giorno di memoria e di impegno per la Repubblica”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato in occasione dell’anniversario della strage di via D’Amelio.
“Il primo pensiero è rivolto ai familiari dei caduti, al loro infinito dolore, alla dignità con cui, a fronte della disumana violenza mafiosa, hanno saputo trasmettere il senso del bene comune e hanno sostenuto la ricerca di una piena verità sulle circostanze e i mandanti dell’attentato – aggiunge -. Questa ricerca è stata ostacolata da depistaggi. Il cammino della giustizia ha subito tempi lunghi e questo rappresenta una ferita per la comunità. Il bisogno di verità è insopprimibile in una democrazia e dare ad esso una risposta positiva resta un dovere irrinunciabile. Paolo Borsellino, e con lui Giovanni Falcone, hanno inferto con il loro lavoro colpi decisivi alla mafia – sottolinea il Capo dello Stato -. Ne hanno disvelato trame e dimostrato debolezze, lasciando un’eredità preziosa, non soltanto per indagini e processi. Hanno insegnato che la mafia si batte anche nella scuola, nella cultura, nella coerenza dei comportamenti, nel rigore delle Istituzioni, nella vita sociale. Questi insegnamenti continuano a segnare il dovere della Repubblica”.
– foto Agenzia Fotogramma –
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