Oltre 70 progetti finanziati sul tema della legalità e per osservatori sulla criminalita’ organizzata, oltre 2 milioni di euro investiti da inizio legislatura e 16 beni confiscati gia’ in fase di riutilizzo sociale. E’ questo il bilancio di due anni di Testo unico per la promozione della legalita’ e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili, presentato nella Commissione Cultura presieduta da Giuseppe Paruolo. “Per la prima volta abbiamo un documento unico che mette in condivisione tutte le attivita’ sviluppate dalla Regione per promuovere la legalita’”, ha spiegato per la giunta Gian Guido Nobili esponendo i risultati della clausola valutativa. Il Piano 2017-2018 ha messo in campo risorse per eventi culturali e di sensibilizzazione sul tema (sono 72 i progetti e 35 gli accordi siglati con amministrazioni, province ed enti pubblici), ma anche per la costituzione di osservatori locali per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose sul territorio. Sono stati istituiti osservatori nella provincia di Rimini, nella Citta’ Metropolitana di Bologna, nelle amministrazioni comunali di Forli’ e Parma, nelle Unioni Terre d’Argine (Modena) e Tresinaro Secchia (Reggio Emilia).
I beni confiscati in Emilia-Romagna sono 119, dei quali 77 ancora in gestione all’Agenzia nazionale e 16 in fase di effettivo riutilizzo. I beni destinati e consegnati sono oggetto di accordi di programma e di misure di sostegno da parte della Regione, che incentiva la destinazione a realta’ di inclusione sociale di persone in condizione di fragilita’: due beni confiscati ospitano case di accoglienza per donne e bambini vittime di violenza, altri sono diventati spazi pubblici aperti a giovani o anziani. Sul versante delle imprese si e’ puntato alla valorizzazione del rating di legalita’ (strumento che premia le imprese “etiche” nell’accesso a finanziamenti pubblici e credito) e alla promozione della Carta dei principi di responsabilita’ sociale d’impresa, che indica i requisiti obbligatori per partecipare ai bandi regionali.
“Constatiamo una crescente partecipazione delle imprese agli elenchi di merito per il settore dell’edilizia- ha sottolineato il tecnico di giunta- e abbiamo raggiunto il numero di 1.400 iscritti”.
Per quanto riguarda il tema dell’anticorruzione e’ stato promosso l’avvio di una rete di integrita’ e trasparenza: un network tra i responsabili anticorruzione e trasparenza degli enti pubblici per azione coordinata di contrasto (ne fanno parte quasi 160 enti, a partire da Comuni e Province). Segnalati anche due importanti protocolli interistituzionali per la legalita’: quello con il Tribunale di Bologna per il riutilizzo dei beni (fin dalla fase del sequestro) e quello con il Ministero dell’Interno e le Prefetture per attuare verifiche piu’ tempestive sulle imprese nell’edilizia privata e pubblica.
Proprio sul tema degli appalti interviene Michele Facci del gruppo misto-Mns: “Nel Testo viene affrontata la tematica della trasparenza nella filiera dei subappalti, che spesso riesce a sfuggire ai controlli?”. A questo proposito, Nobili sottolinea come si siano rafforzati i controlli nel settore pubblico ma non si sia potuti intervenire con altrettanta forza nel settore dei subappalti nel mondo privato: “Purtroppo e’ li’ che c’e’ un problema piu’ serio di infiltrazione criminale, come ci insegna il processo Aemilia”.
REGIONE EMILIA ROMAGNA, 70 PROGETTI IN DUE ANNI
COMMISSIONI ANTIMAFIA INCONTRANO DE RAHO
Il Tavolo di Coordinamento delle Commissioni e degli Osservatori istituiti presso i Consigli regionali dedicati ai fenomeni delle mafie, delle criminalità e per la promozione della legalità, presieduto dalla Presidente del Consiglio regionale dell’Umbria Donatella Porzi, ha incontrato, nell’ambito delle sue iniziative, il procuratore nazionale Federico Cafiero De Raho e i Magistrati della DNA.
Erano presenti: la Presidente della Commissione Antimafia della Puglia, Rosa Barone; il Presidente della Commissione Anti ‘Ndrangheta della Calabria, Arturo Bova; il Presidente dell’Osservatorio per la legalità e la sicurezza della Regione Lazio, Gianpiero Cioffredi; il Presidente della Commissione Antimafia della Sicilia, Claudio Fava; la Presidente della Commissione Antimafia, anticorruzione, trasparenza e legalità della Lombardia, Monica Forte; il Presidente del Consiglio regionale della Calabria, Nicola Irto; il Presidente della Commissione consiliare d’inchiesta su criminalità organizzata e infiltrazioni mafiose dell’Umbria, Giacomo Leonelli; il Presidente della Commissione Anticamorra della Campania, Carmine Mocerino; il Presidente dell’Osservatorio per la legalità della dell’Abruzzo, Lucrezio Paolini; il Vice Presidente del Consiglio regionale del Veneto, Bruno Pigozzo; il Consigliere segretario della Commissione Anticamorra della Campania, Vincenzo Viglione.
“L’incontro – ha spiegato Porzi – si inserisce nel lavoro, iniziato già nel corso della XVII Legislatura, di importante tessitura istituzionale con la Commissione parlamentare antimafia, presieduta allora da Rosy Bindi, la quale, nella relazione conclusiva delle attività svolte, ha auspicato la possibilità di strutturare delle collaborazioni stabili con i diversi organismi istituiti a livello regionale e locale per il contrasto alle mafie ed alla criminalità organizzata, indicando proprio la Conferenza come il più opportuno luogo di confronto istituzionale”.
In questa ottica la Presidente Porzi ha scritto al Senatore Nicola Morra, neo-Presidente della Commissione parlamentare, per relazionarsi su un primo confronto avviato sulle esperienze sino ad ora maturate in ciascuna Regione.
“La conoscenza delle specificità dei territori – ha sottolineato Porzi – rappresenta uno dei tratti caratteristici propri dei Consigli regionali e può costituire un elemento di estrema utilità nel contrasto alla criminalità, anche al fine di comprendere i nuovi fenomeni criminali associativi. Un incontro che a nostro avviso è stato molto proficuo poichè ha ribadito la volontà e la necessità di collaborazione tra le Istituzioni pur se con ambiti, finalità e strumenti propri e differenti. Oggi è stata aperta una strada di collaborazione che mi auguro saremo in grado di alimentare in modo efficace e costruttivo come sistema regionale. Confido molto nella rete territoriale regionale che per la prima volta si è costituita in coordinamento e mi auguro altresì che quelle poche Regioni che mancano ancora all’appello con la individuazione di deleghe puntuali provvedano quanto prima”.
FONDAZIONE FALCONE PREMIA DIECI RICERCHE
La tutela dei minori cresciuti in contesti mafiosi e la decisione “estrema” di alcuni giudici calabresi di allontanarli dalle famiglie d’origine; la condanna della mafia da parte della Chiesa di Papa Francesco e la necessità di “purificare” i riti dalle infiltrazioni di Cosa nostra; i tentacoli dei clan sul calcio: sono alcune delle dieci ricerche premiate con le borse di studio della Fondazione “Giovanni Falcone”, finanziate dall’Assemblea Regionale Siciliana, nate con l’obiettivo di sviluppare l’attività di studio su temi legati alla criminalità con particolare riferimento alle mafie. I vincitori, tutti laureati in Giurisprudenza col massimo dei voti, hanno ricevuto un contributo di 7 mila euro.
I progetti sono stati esposti all’Ars, nel corso di una cerimonia a cui hanno partecipato la presidente della Fondazione Falcone, Maria Falconem e il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè, i componenti della commissione di valutazione Leonardo Guarnotta, segretario del Consiglio della Fondazione, e Giuseppe Ayala.
Contestualmente sono stati resi noti i vincitori delle borse di studio del 2018 che l’Ars, da quest’anno, ha portato a 15. Tra i nuovi lavori premiati che verranno presentati nel 2019: “mafia e caporalato”, “minori non accompagnati e infiltrazioni mafiose”, “nuovi paradigmi di crimine informatico di stampo mafioso: il criptopizzo” , “il nuovo reato di depistaggio e le sue implicazioni nella lotta alla mafia”.
“Giovanni era convinto che la mafia si dovesse combattere non solo con la repressione, ma anche attraverso l’educazione delle nuove generazioni; perchè il fenomeno mafioso è principalmente un fatto culturale e per contrastarlo è necessario affermare la cultura della legalità”, ha detto Maria Falcone. “Seguiamo i ragazzi in un percorso di legalità dalle scuole elementari alla laurea e queste borse di studio sono un biglietto da visita prestigioso per l’ingresso dei ragazzi nel mondo del lavoro”, ha spiegato.
“Quella delle borse di studio è una iniziativa che mi sta particolarmente a cuore soprattutto perchè vengono assegnate dalla Fondazione nata in memoria di un grande magistrato come Giovanni Falcone”, ha sottolineato Miccichè, che ha prospettato la possibilità di una convenzione con la Fondazione Falcone che istituisca stage all’Ars per i giovani laureati, una sorta di scuola politica che mostri ai partecipanti i meccanismi di funzionamento dell’Assemblea Regionale.
Le ricerche presentate hanno approfondito diversi temi, tutti di stretta attualità, come le potenzialità della confisca dei patrimoni nei reati contro la pubblica amministrazione, la prevenzione della corruzione nel sistema degli appalti, l’inquinamento mafioso delle imprese. E ancora le infiltrazioni del fenomeno mafioso nel mondo dello sport e in particolare nel calcio: dalla gestione delle scommesse, all’acquisizione della proprietà delle società, soprattutto nelle categorie minori, utilizzate per il riciclaggio di danaro sporco e come “macchine di consenso”.
Molto attuale e interessante la ricerca di Francesca Incandela su “L’allontanamento dei figli d’onore dal nucleo familiare e il ruolo delle donne”. Una misura, quella dell’allontanamento dalle famiglie d’origine, adottata dai giudici calabresi per la peculiarità della ‘Ndrangheta che coinvolge direttamente i ragazzini nella commissione dei reati. In Sicilia non si è arrivati a provvedimenti così radicali perchè come ha osservato Francesco Micela, Presidente del Tribunale per i Minori di Palermo, “la mafia siciliana evita di utilizzare i minori non tanto al fine di proteggerli quanto per proteggere se stessa, perchè diffida di loro e li considera inesperti ed imprevedibili”.
Nello studio si sottolinea poi come manchino norme che impongano di comunicare ai tribunali situazioni a rischio: tanto che in Calabria Dda e Tribunali minorili hanno stipulato protocolli che dispongono uno scambio di informazioni in caso, ad esempio, di arresti per mafia. Nell’attesa dell’intervento del legislatore nazionale, anche tra gli uffici giudiziari del distretto palermitano c’è la volontà di predisporre protocolli di intesa sul modello di quelli calabresi. Ciò è testimoniato dal fatto che da un anno a questa parte si sono svolti con cadenza periodica diversi incontri informali e formali per discutere dell’argomento.
“Chiesa, mafia e falsa fede: dal negazionismo all’antievangelicità. Ruoli, responsabilità e nuove sfide per Stato e Chiesa nella lotta alla criminalità organizzata” di Marianna Alessio è invece un’analisi storica, culturale e sociale del legame tra fede cristiana e devozione mafiosa e un excursus sull’atteggiamento della Chiesa: dal negazionismo alle prese di posizione, prima solo dei singoli religiosi, fino all’anatema lanciato dalla Valle dei Templi, nel 1993, da Papa Giovanni Paolo II e rinnovato da Papa Francesco a settembre.
Un lungo capitolo dello studio è dedicato alle devozioni e celebrazioni religiose “patrocinate” dalla malavita organizzata non solo in Sicilia, ma in tutto il meridione. Emblematico quanto successo ad Oppido Mamertina, in Calabria, il 2 luglio 2014. La Madonna delle Grazie portata a spalla si ferma, inchinandosi, sotto la casa del boss ergastolano Peppe Mazzagatti. La scena si ripete a Paternò in provincia di Catania nel 2015 per la festa di Santa Barbara dove nel corso della processione si rende omaggio a un esponente del colon Santapaola detenuto ai domiciliari.
Infine la ricerca analizza i documenti delle Conferenze Episcopali fino alla lettera della Cesi (la Conferenza Episcopale Siciliana) del maggio scorso dal titolo “Convertitevi!” in cui si legge, tra l’altro: “tutti i mafiosi sono peccatori, quelli con la pistola e quelli che si mimetizzano tra i cosiddetti colletti bianchi. Le mafie sono strutture di peccato e – scrivono i vescovi – sono peccati non solo omicidi, stragi e traffici illeciti grandi e piccoli dentro e fuori la Sicilia (o l’Italia), ma anche l’omertà (il silenzio di chi diventa complice) e la mentalità mafiosa che si esprime nei gesti quotidiani di prevaricazione”.
I vescovi, ricordando il silenzio in cui per molto tempo la Chiesa è restata, ribadiscono la volontà di costruire il nuovo impegno pastorale non sulla base della mera parola ma dell’azione concreta.
CONFCOMMERCIO LANCIA WEB SERIE “IL TITOLARE”
Presentata a Palermo, nell’oratorio di Santa Elena e Costantino, nuova sede della Fondazione Federico II, la web serie contro l’illegalità “Il Titolare”, prodotta da Confcommercio nazionale. Una “legal series” di quattro episodi di circa 3 minuti, ciascuno con una storia “finita” dedicata ad un diverso aspetto della difficoltà di fare impresa e dei fenomeni criminali (rapine, racket, corruzione/burocrazia, abusivismo/contraffazione), con una narrazione che non risparmia ironia, colpi di scena e inaspettati capovolgimenti di ruolo.
Il protagonista, impersonato da Sergio Vespertino, è un commerciante dal nome evocativo, Enea, che si ritrova, spesso incredulo, in una sorta di mondo ideale dove fare impresa è la cosa più semplice del mondo e dove tutti i problemi quotidiani di un imprenditore vengono risolti con una facilità disarmante.
L’antagonista è Luca Di Giovanni, poliedrico nell’interpretare di volta in volta un ruolo diverso (rapinatore, impiegato di un ufficio pubblico, estortore, ecc.). Nel cast anche Maurizio Bologna e Chiara Muscato.
La serie è stata ideata e realizzata da Carlo Loforti e Alessandro Albanese, cofondatori e direttori creativi della videocompany Just Maria, con Luca Nervegna, direttore della fotografia e Andrea Santoro, direttore di produzione. Obiettivo è quello di far riflettere sui piccoli e grandi gesti eroici che ogni giorno si trovano ad affrontare gli imprenditori, i veri combattenti dei nostri tempi. Perchè, come ripete il concept della campagna “Se fosse così semplice non si chiamerebbe impresa”.
Il progetto nasce nell’ambito delle attività di Confcommercio per la legalità e la sicurezza: Giornata legalità mi piace; Progetto teatrale per l’educazione degli studenti all’acquisto legale, contro la contraffazione; reading con Paolo Briguglia “Un’impresa libera, costi quel che costi…”;
sponsorizzazione e sostegno di Trame, Festival dei libri sulle mafie, del Premio Libero Grassi e del Premio Giorgio Ambrosoli.
“Il Titolare è un iniziativa importante per far sentire Confcommercio al fianco degli imprenditori – afferma Anna Lapini, componente di Giunta Confcommercio nazionale incaricata per la legalità e la sicurezza – ma soprattutto, per diffondere la cultura della legalità ad un target più ampio di chi va ai convegni o legge i giornali. Per questo abbiamo scelto il web e i social, e utilizzato un linguaggio solo apparentemente ‘leggero’: perchè le emozioni coinvolgono più delle informazioni”.
“Sono davvero felice che Palermo sia stata scelta come città di presentazione del progetto Il Titolare e lo facciamo nell’ambito degli auguri annuali della nostra federazione provinciale – afferma Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo -. Vogliamo la rinascita dell’economia e il cambiamento sociale. In un certo senso Palermo è il paradigma di un’Italia che può farcela. Città bellissima di un’Italia bellissima”.
Secondo Di Dio “Palermo è un’esagerazione dell’Italia: se in Italia c’è disoccupazione a Palermo ne abbiamo di più. Se in Italia c’è arretratezza infrastrutturale qui ce n’è di più. Se in Italia c’è una burocrazia asfissiante, incapace e improduttiva, qui più che altrove. Se in Italia c’è un deficit di legalità e sicurezza qui più che altrove. Confcommercio, malgrado questo, anzi proprio per questo, ha scelto Palermo come città-simbolo di chi ce la può e ce la deve fare”, conclude.
La web serie è on line su una pagina dedicata https://iltitolare.confcommercio.it/, sul canale you tube di Confcommercio e su facebook.
ITALGAS OTTIENE CERTIFICATO ANTICORRUZIONE
Italgas ha ottenuto la certificazione UNI ISO 37001:2016 “anticorruzione” della holding Italgas spa e della controllata Italgas Reti spa.
La certificazione, nata su base volontaria e rilasciata dall’organismo indipendente DNV-GL, si legge in una nota, ha richiesto un lungo e accurato processo di audit del sistema di gestione per la prevenzione e per il contrasto della corruzione, che ha riconosciuto la solidità di un modello di business ispirato ai principi di integrità, sostenibilità e trasparenza nei confronti di tutti gli stakeholder.
L’Amministratore Delegato di Italgas, Paolo Gallo, ha commentato l’ottenimento della certificazione sottolineando come “per un’Azienda che opera in oltre 1.700 Comuni e con 7,5 milioni di utenze servite, il contrasto al fenomeno della corruzione debba essere un elemento imprenscidibile della quotidiana attività. E questa certificazione rappresenta una ulteriore conferma dell’impegno del Gruppo Italgas a sostegno della legalità e della trasparenza nello svolgimento di tutte le attività operative e una testimonianza di grande responsabilità nei confronti del mercato e di tutti gli stakeholders”.
POSTE OTTIENE CERTIFICAZIONE ANTICORRUZIONE
Poste Italiane è la prima azienda, dei settori della finanza e delle comunicazioni fra quelle operanti in Italia, a conseguire la certificazione IMQ-CSQ del sistema di gestione per la prevenzione della corruzione.
La certificazione, rilasciata secondo lo standard internazionale ISO 37001:2016 Anti Bribery Management System, è stata ottenuta per i processi di progettazione, indirizzo, controllo e coordinamento dei servizi postali e finanziari.
“Questo importante risultato – ha commentato Giuseppe Lasco, Responsabile Corporate Affairs di Poste Italiane – è il più recente traguardo di un percorso che ha posto sempre grande attenzione alle tematiche della legalità e della trasparenza, principi considerati da Poste Italiane fondamentali per uno sviluppo sostenibile ed etico del proprio business e del Sistema Paese nel suo complesso. Esso non rappresenta un punto di arrivo ma il primo traguardo di un percorso che consentirà alla nostra azienda di ampliare il novero delle certificazioni conseguite ed estenderlo a tutti gli ambiti di operatività aziendale sull’intero territorio nazionale”.
Le altre importanti tappe di questo cammino sono state la firma nel 2017 del Protocollo d’Intesa tra Poste Italiane e Guardia di Finanza, con l’obiettivo di combattere la criminalità economica e finanziaria e il lancio, nello stesso anno, del portale Contratti Aperti e Trasparenti, che rende pubblici tutti i dati relativi alla propria catena di fornitura.
Nel 2018 è stato poi approvato il nuovo Codice Etico e il lancio del Portale Segnalazioni “Whistleblowing”, tramite il quale si possono inviare, con la massima garanzia di riservatezza dell’identità del segnalante e del contenuto della segnalazione, notizie circostanziate di fenomeni illeciti e comportamenti sospetti.
Infine, a dicembre 2018, con il primo rilascio della Certificazione ISO 37001 per i sistemi di gestione per la prevenzione della corruzione, Poste Italiane aggiunge un ulteriore tappa alla serie di traguardi ed accreditamenti già ottenuti, confermando l’impegno responsabile e la grande attenzione alla legalità, alla trasparenza e all’efficienza dell’azienda.
“L’applicazione della norma ISO 37001 aiuta a ridurre il rischio di corruzione e mostra a tutte le parti interessate che l’organizzazione sta mettendo in atto buone pratiche riconosciute a livello internazionale per la prevenzione della corruzione”, ha commentato Flavio Ornago, direttore della B. U. Management Systems di IMQ. “Poste Italiane, impegnandosi nell’ottenimento di una certificazione di tipo volontario, volto alla riduzione di tali rischi, ha dato testimonianza di un’estrema responsabilità nei confronti del mercato e in generale di tutti gli stakeholders”.
A PALERMO MILLE STUDENTI AL ‘MASSIMO’
“Da Pio La Torre a don Puglisi, da Falcone a Borsellino e agli uomini delle scorte, dobbiamo essere degni del loro sangue versato per questa nostra terra”. Così l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, rivolgendosi ai mille ragazzi delle scuole del capoluogo che hanno riempito il Teatro Massimo, per uno spettacolo che ha decretato l’avvio delle attività 2019 del progetto “Educazione alla legalità”, nato da un accordo tra Miur e Guardia di Finanza.
Sul palco un intrecciarsi di performance di studenti e di artisti, del calibro di Mario Incudine e dei Soldi Spicci. A presentare l’iniziativa è stato Salvo La Rosa che ha moderato, oltre a quello di Lorefice, anche gli interventi delle altre autorità.
Il Comandante regionale Sicilia della Guardia di Finanza, generale di Divisione, Ignazio Gibilaro, rivolgendosi agli studenti ha detto: “La guerra contro la mafia è lunga e non è ancora finita. Abbiamo ottenuto enormi successi e loro, i mafiosi, sono destinati a perdere”.
Ed il Comandante provinciale di Palermo, generale di Brigata, Giancarlo Trotta, ha sottolineato: “Siamo qui per dirvi che la legalità conviene”.
Dal palco del Teatro Massimo il prefetto di Palermo, Antonella De Miro, ha puntualizzato: “Oggi abbiamo scritto insieme una pagina gioiosa di educazione civica. Lo spirito è anche fare vedere le forze dell’ordine come amiche e, su questa amicizia, creare un’alleanza di cittadinanza attiva”.
Il Provveditore agli studi di Palermo, Marco Anello, ha poi esortato i ragazzi a “vivere onestamente, che è uno stile di vita che richiede coraggio”.
Ed il Comandante della Divisione interregionale della Guardia di Finanza, generale Carmine Lopez, ha detto agli studenti: “Le istituzioni non vi lasciano soli. Conservate il ritmo e l’armonia che vi ha fatto vibrare oggi”.
Tra le autorità, in prima fila, presenti anche l’assessore regionale all’Istruzione, Roberto Lagalla, e una rappresentanza dell’amministrazione comunale della città di Palermo.
Per l’occasione di fronte al Teatro Massimo era presente il Veicolo Itinerante di Comunicazione Locale (cosiddetto Ve.I.Co.Lo) della Guardia di Finanza, che è stato visitato prima e dopo lo spettacolo.
CALABRIA, PROTOCOLLO CONTRO TRATTA DI ESSERI UMANI
E’ stato siglato un Protocollo d’Intesa tra la Regione Calabria ed il Tribunale di Catanzaro in materia di lotta alla tratta di esseri umani. L’iniziativa si colloca nell’ambito dell’impegno della Regione Calabria nell’attuazione del progetto IN.C.I.P.I.T. (INiziativa Calabra per l’Identificazione, Protezione ed Inclusione sociale delle vittime di Tratta).
Un progetto, accreditato e finanziato dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la cui titolarità regionale ha rappresentato, sin dal 2016, il ruolo cardine che l’Amministrazione regionale ha assunto nelle funzioni di coordinamento strategico e pianificazione delle azioni di contrasto allo sfruttamento di esseri umani attuate dagli enti partner.
La firma del Protocollo d’Intesa, si legge in una nota, frutto di un’intensa attività di cooperazione interistituzionale – che vede già coinvolti tra gli altri anche l’Università della Calabria, la Flai Cgil Calabria, la Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale, i Coordinamenti provinciali SPRAR – conferma il lavoro attuato dal Settore Immigrazione del Dipartimento “Lavoro, Formazione, Politiche Sociali” della Regione nella gestione di potenziali situazioni di tratta e grave sfruttamento dei migranti nei diversi ambiti ed a garanzia della tutela dei diritti e delle condizioni di legalità.
Una scelta operativa e di sistema, sottolinea la nota, che risulta in linea con il Piano Nazionale Antitratta, che coniuga l’efficacia e la qualità delle misure di prevenzione, emersione, tutela ed integrazione delle vittime proprio all’adozione di un approccio di intervento “multi-agenzia”.
Nel dettaglio, con la firma del Protocollo di Intesa con il Tribunale di Catanzaro saranno poste in essere nell’ambito dei procedimenti civili presso la “Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea”, tutte le procedure atte a facilitare l’emersione, l’identificazione e la tutela delle vittime, in conformità a quanto previsto dal Meccanismo Nazionale di Referral, ovvero il meccanismo di cooperazione che, declinato in specifiche procedure operative, e posto a garanzia della protezione e promozione dei diritti umani delle vittime di tratta.
Per quanto riguarda il protocollo con l’Università, invece, adottato con lo stesso provvedimento regionale e siglato il 21 gennaio scorso, la collaborazione verterà, tra l’altro, sulla realizzazione di specifiche attività formative e di ricerca, nonchè di coinvolgimento degli studenti che, attraverso stage e tirocini presso gli enti attuatori di IN.C.I.P.I.T., potranno partecipare fattivamente agli interventi progettuali.









