PALERMO (ITALPRESS) – Era il 16 gennaio 2023 e intorno alle 8.20 di un freddo lunedì mattina veniva arrestato, dopo quasi trent’anni di latitanza, Matteo Messina Denaro, l’ultimo boss delle stragi di Mafia. Quell’uomo qualunque con un giubbotto di pelle, che si era recato alla clinica La Maddalena di Palermo per una seduta di chemioterapia, era in realtà il super latitante ricercato dagli inquirenti per decenni e, sotto la falsa identità di Andrea Bonafede, malato di un tumore al colon che lo avrebbe poi stroncato lo scorso 25 settembre nel carcere dell’Aquila.
Un anno fa si chiudeva così un cerchio dopo anni di indagini e depistaggi, reti di protezione e verità mai venute a galla, e veniva consegnato alla giustizia l’ultimo boss del biennio stragista di Cosa Nostra. Non si esaurisce di certo qui il contrasto alla criminalità organizzata, ma il 16 gennaio scorso è stato assestato un colpo importante. A catturare Messina Denaro, che non oppose resistenza e confermò la propria identità, sono stati i Carabinieri del ROS in collaborazione col GIS, dopo giorni serrati di appostamenti, intercettazioni e indagini: quell’uomo, conosciuto come Andrea Bonafede e così registrato nei sistemi informatici della clinica La Maddalena, era in realtà uno dei dieci principali ricercati al mondo e da diverso tempo si recava a Palermo per le proprie cure, per ironia della sorte a poche centinaia di metri dalla sede della Direzione Investigativa Antimafia.
Già da tempo, del resto, erano insistenti le voci per le quali Messina Denaro fosse gravemente malato e gli inquirenti hanno battuto con determinazione su questa pista.
Dopo anni di rigoroso metodo investigativo, la svolta è arrivata per caso a dicembre del 2022, con il rinvenimento di alcuni documenti conservati nell’abitazione della sorella del boss. Gli uomini del ROS dei Carabinieri si erano introdotti in casa per collocare delle microspie all’interno del piede cavo di una sedia, e un vero e proprio colpo di fortuna ha consentito di accelerare improvvisamente in un’indagine nella quale la fortuna c’entra veramente poco, come ha più volte ricordato il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia. In quello che per gli investigatori sembrava essere un ottimo nascondiglio, erano effettivamente già stati collocati degli incartamenti che ripercorrevano la storia sanitaria di un individuo, un vero e proprio diario clinico nel quale erano stati annotati date, interventi chirurgici, cicli di chemioterapia. Partendo da queste informazioni, attraverso controlli incrociati, si è potuta fare una scrematura dei possibili profili.
E quello di un tale di nome Andrea Bonafede nascondeva una grossa incongruenza: circa un anno prima, nel giorno in cui risultava essersi sottoposto a un’operazione, si trovava in realtà presso la propria abitazione di Campobello di Mazara, particolare che ha fatto convergere le indagini sulla possibilità concreta che fosse proprio questa l’identità dietro la quale si nascondeva Messina Denaro. A quel punto, con indagini svolte da remoto, penetrando nei sistemi informatici del Ministero della Salute e della clinica La Maddalena, è arrivata la conferma che i magistrati cercavano, infine è stata appurata la data della successiva visita. Per l’appunto, la mattina del 16 gennaio: non restava che organizzare il blitz per la cattura. Quella mattina, la struttura sanitaria fu accerchiata dagli uomini del raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri e Messina Denaro, che era stato accompagnato da uno dei tanti fiancheggiatori, l’autista Giovanni Luppino, venne fermato nei pressi dell’ingresso. Una cattura senza manette ai polsi né clamore o uso di violenza, un breve dialogo nel quale il boss confermò la propria identità, poi il furgone dei Carabinieri che si muove tra gli applausi e le urla dei passanti e degli altri pazienti, che col passaparola hanno pian piano realizzato di essere stati testimoni di una giornata destinata a lasciare un segno per la città di Palermo e per l’Italia intera.
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Messina Denaro un anno dopo, dalle indagini alla svolta
A Caivano la mostra sul giudice Rosario Livatino
NAPOLI (ITALPRESS) – A Caivano, il comune dell’hinterland partenopeo teatro di tristi recenti fatti di cronaca, giunge la testimonianza di Rosario Livatino, il magistrato ucciso da un’organizzazione mafiosa nel 1990 e proclamato beato nel 2021.
La mostra “Sub tutela Dei – il giudice Rosario Livatino”, realizzata nel 2022 per il Meeting di Rimini da Libera Associazione Forense, Centro Studi Rosario Livatino e Centro Culturale Il Sentiero, farà tre tappe molto significative nel territorio napoletano.
La prima è appunto Caivano, dove la mostra itinerante è stata esposta dall’8 al 12 gennaio nel Liceo Statale Braucci in piazza Plebiscito. Si trasferirà poi, fino al 28 gennaio, nel Tribunale di Napoli (Centro Direzionale – piazza Coperta). Queste prime due tappe si svolgono sotto il patrocinio della Prefettura di Napoli, del Comune di Caivano e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli. È infine prevista una terza tappa, dal 3 al 10 febbraio, nel Santuario della Beata Vergine Maria del Santo Rosario di Pompei.
“La Commissione Straordinaria di Caivano – dice Simonetta Calcaterra, viceprefetto – nell’ambito delle attività che le sono proprie, volte al ripristino della legalità, ha fortemente voluto, con il sostegno del Prefetto di Napoli, che una tappa della mostra potesse realizzarsi anche sul territorio comunale, proprio per il significativo contributo della figura del giudice Livatino, con il suo esempio personale e professionale”.
“Si tratta di uno straordinario esempio di magistrato e servitore dello Stato e delle istituzioni – aggiunge Filippo Dispenza, prefetto a riposo, che con Calcaterra e Maurizio Alicandro compongono la Commissione Straordinaria -. Il giudice Livatino ha immolato la sua esistenza per il bene comune. Un esempio da indicare alle nuove generazioni della città di Caivano e del mondo intero, come colui che ci ha indicato la via per operare in totale onestà ed osservanza delle leggi e delle regole”.
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Meloni ricorda Beppe Alfano “Ha combattuto per la verità”
ROMA (ITALPRESS) – “Trentuno anni fa l’uccisione del giornalista Beppe Alfano per mano mafiosa. La sua incrollabile dedizione all’indagine giornalistica e la sua integrità intellettuale hanno lasciato un segno indelebile. Non vogliamo dimenticare il lavoro e il coraggio di tanti uomini coraggiosi come lui che hanno combattuto per la verità”. Così su X il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
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Piersanti Mattarella, dopo 44 anni dall’omicidio si cerca ancora la verità
PALERMO (ITALPRESS) – Palermo ricorda Piersanti Mattarella, il presidente della Regione assassinato il 6 gennaio 1980 con un omaggio nel luogo dell’agguato. Non solo la memoria, ma anche la rinnovata richiesta di verità sul delitto che vede ancora ombre 44 anni dopo.
“La lotta per la legalità e l’affermazione della trasparenza anche negli atti amministrativi è una caratteristica che contraddistingue l’impegno di Piersanti Mattarella. Uomo delle istituzioni, che nelle istituzioni intende finalmente affermare i principi dell’efficienza, dell’efficacia, dell’economicità e dell’indipendenza delle scelte e dal condizionamento di una politica asfissiante e della malavita organizzata”, sottolinea il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, a margine della cerimonia di commemorazione di Piersanti Mattarella, ucciso il 6 gennaio 1980 proprio sotto la sua abitazione, in via Libertà, nel capoluogo siciliano.
“Piersanti rappresenta un esempio ed ecco perché è importante attualizzarne il ricordo, perché i testimoni, esattamente come diceva Paolo VI, sono fondamentali per affermare e incarnare i valori ma anche per tramandarli – aggiunge -. È stato un esempio, prima di ogni altra cosa per chi sta all’interno delle istituzioni, esempio di moralità, esempio di eticità, esempio di chiarezza degli atti amministrativi, esempio di verità nel racconto delle quotidiane fatiche istituzionali ai cittadini”.
“A 44 anni dalla tragica uccisione per mano mafiosa, resta ancora vivo il ricordo del Presidente Piersanti Mattarella, simbolo di legalità e di alta politica, improntata sul dialogo e il servizio ai cittadini. Il suo impegno per la comunità è stato rivolto al contrasto dell’influenza di Cosa nostra sulla società civile. Per onorare la sua memoria, l’auspicio è che si continui a cercare la verità su un delitto che ha sconvolto il Paese e che ancora oggi resta avvolto da troppe ombre”, dichiara ancora Lagalla.
“L’Italia onora oggi la memoria di Piersanti Mattarella, ucciso dalla mafia il 6 gennaio 1980 a Palermo. È uno dei tanti eroi che, con il loro coraggio e la loro integrità, hanno insegnato al popolo italiano che è possibile combattere la criminalità organizzata e occuparsi della cosa pubblica senza cedere al puzzo del compromesso morale. Sono trascorsi quarantaquattro anni dal suo sacrificio, ma il tempo non ha scalfito minimamente la forza dell’esempio di Piersanti Mattarella. Anche nel suo nome proseguiremo il nostro impegno quotidiano per liberare, una volta per tutte, la nostra Patria dal cancro mafioso”, dichiara il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
“Onoriamo oggi la memoria di Piersanti Mattarella, barbaramente ucciso dalla mafia il 6 gennaio del 1980 a Palermo. Allievo di Aldo Moro, aveva avviato una importante rivoluzione in Sicilia all’insegna della lotta alla speculazione edilizia e a favore di una maggiore trasparenza. Fu il volto del cambiamento in una Regione restia a voler cambiare. E il suo operato, contraddistinto da legalità rappresenta ancora oggi, a 44 anni dal suo assassinio, un virtuoso esempio di doveroso rispetto delle istituzioni. Un modello di integrità nella gestione della pubblica amministrazione che deve essere da guida per l’azione di tutti noi. Il più sincero omaggio, mio personale e del Senato della Repubblica”, aggiunge il Presidente del Senato, Ignazio La Russa.
“Il 6 gennaio di 44 anni fa la mafia uccideva barbaramente, a Palermo, Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Siciliana. In tale dolorosa ricorrenza desidero rinnovare, a nome mio personale e della Camera dei deputati, le espressioni della più sentita vicinanza ai familiari. Rinnovo oggi al Presidente della Repubblica un particolare pensiero, nel ricordo di un uomo integerrimo e coraggioso, che rimarrà sempre una figura di riferimento per il Paese. Ne onoriamo la memoria. La sua forza d’animo e la sua determinazione nel contrasto alla mafia siano sempre d’esempio per le Istituzioni e per la società civile nella promozione quotidiana e in ogni sede della cultura della legalità”, sottolinea il Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana.
“Celebrare la memoria di Piersanti Mattarella, che ha combattuto la mafia attraverso scelte politiche e azioni di governo, significa onorare ogni giorno l’impegno per l’affermazione della trasparenza, della legalità, dell’efficienza nella pubblica amministrazione. I suoi valori segnarono una nuova direzione per portare avanti il cambiamento della Sicilia e abbiamo l’impegno di continuare a camminare in questo solco”, dichiara il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani.
– foto xd6 Italpress –
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Mattarella ricorda Fava “Indipendenza della stampa è libertà di tutti”
ROMA (ITALPRESS) – “Sono trascorsi quarant’anni dal vile assassinio per mano mafiosa di Giuseppe Fava, giornalista che ha messo la sua passione civile al servizio della gente e della Sicilia, impegnato nella battaglia per liberarla dal giogo della criminalità e dalla rete di collusioni che consente di perpetuarlo. La mafia lo uccise per le sue denunce, per la capacità di scuotere le coscienze, come fece con tanti che, con coraggio, si ribellarono al dominio della violenza e della sopraffazione e dei quali è doveroso fare memoria”. Lo afferma in una nota il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
“Fava ha fatto del giornalismo uno strumento di irrinunciabile libertà – aggiunge -. L’indipendenza dell’informazione e la salvaguardia del suo pluralismo sono condizione e strumento della libertà di tutti, pietra angolare di una società sana e di una democrazia viva. Un impegno e un sacrificio a cui la Repubblica rende omaggio”.
– Foto ufficio stampa Quirinale –
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Concorso giornalistico “Giuseppe Fava” per gli studenti siciliani
PALERMO (ITALPRESS) – Sensibilizzare i giovani alla conoscenza e all’approfondimento dei temi legati alla legalità e al contrasto delle mafie, partendo dall’osservazione e descrizione della realtà del territorio in cui vivono. È la finalità del concorso giornalistico “Apri la finestra sulla tua città e raccontaci dove vedi la mafia, l’illegalità e le ingiustizie” promosso dalla Fondazione che porta il nome di Giuseppe Fava, il giornalista ucciso dalla mafia a Catania il 5 gennaio del 1984.
Il concorso è promosso in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia e si inserisce nell’ambito delle attività culturali che la Fondazione Fava propone da anni per i giovani. Con il coinvolgimento delle scuole di tutta l’Isola, vuole favorire lo sviluppo di una cultura della legalità, del rispetto dei diritti umani, della lotta alle mafie, principi su cui si fonda una società civile e la formazione di cittadini consapevoli e attivi. Il concorso per l’anno scolastico 2023-24 è rivolto a studentesse e studenti delle scuole secondarie di secondo grado, statali e paritarie. L’obiettivo è di stimolare i giovani a riflettere, in maniera creativa, su quali siano i comportamenti e le azioni da compiere, in collaborazione con i familiari, gli insegnanti, gli amici e le Istituzioni, per creare un ambiente civile in cui tutti vedano rispettati i propri diritti, lottino per la legalità e contro le mafie.
L’iniziativa coincide con le celebrazioni del quarantennale dell’assassinio di Pippo Fava e intende contribuire a ricordare il giornalista che ha sacrificato la propria vita per la libertà di espressione sancita dall’articolo 21 della Costituzione Italiana. Nella Sicilia degli anni ’80, Fava creò un giornale chiamato ‘I Siciliani’ che formò un gruppo di cronisti ventenni ai quali egli diede una concreta opportunità di formazione professionale e civile. Fava continua a essere un modello per i ragazzi che aspirano a praticare la professione del giornalista in piena libertà.
Oggetto del concorso è il racconto di fenomeni o fatti accaduti preferibilmente nella città dove i partecipanti vivono. I lavori devono essere inchieste che ricostruiscono vicende legate al territorio locale o regionale, che assumano una particolare rilevanza in relazione al proprio vissuto di cittadini e di studenti. Si potranno prendere in considerazione non solo fatti o fenomeni di malcostume, criminalità, illegalità, corruzione, disservizi, ma anche buone pratiche, modelli virtuosi.
Gli elaborati possono prendere spunto da cronache locali o da eventi di rilievo nazionale per poi essere inseriti in un contesto concreto, vicino a chi scrive o a chi realizza video o scatta immagini. Si potrà presentare un testo scritto di massimo 3.000 battute (anche corredato da foto) o di prodotto audiovisivo della durata massima di 3 minuti. Gli studenti possono partecipare singolarmente, per gruppi o per classi.
Gli elaborati dovranno essere raccolti dal Dirigente Scolastico e inviati entro e non oltre il 10 aprile 2024 tramite e-mail al seguente indirizzo: [email protected]. Una volta pervenuti, saranno valutati da una Commissione mista composta da rappresentanti della Fondazione Fava, giornalisti del tavolo di lavoro permanente sul Premio giornalistico Giuseppe Fava e da quattro rappresentanti nominati dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia. I lavori selezionati dalla Commissione avranno la possibilità di essere pubblicati sul sito della Fondazione Fava. I vincitori saranno premiati nel corso di una cerimonia ufficiale che si terrà il 10 maggio prossimo, a Catania.
– foto Agenzia Fotogramma –
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Abbattuto l’ecomostro di Torre Melissa costruito dalla ‘Ndrangheta
CATANZARO (ITALPRESS) – Palazzo Mangeruca, l’ecomostro abusivo confiscato alla ‘ndrangheta, presente da decenni a Torre Melissa, nel Comune di Melissa, in provincia di Crotone, simbolo del degrado urbano e del potere criminale, è stato abbattuto. L’edificio, un ex mobilifico, di 6 piani e di 6 mila metri quadrati, che si trovava sulla statale 106, ed era stato dapprima sequestrato (nel 2007) e successivamente confiscato (nel 2009) ad un presunto prestanome della cosca “locale” di ‘ndrangheta, è stato fatto implodere grazie alla tecnica della distruzione controllata attraverso 400 chili di dinamite in microcariche. In occasione di questa storica giornata per la Calabria, erano presenti alla demolizione, il governatore della Regione, Roberto Occhiuto, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, il vice ministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, e il generale Teo Luzi, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri.
“L’abbattimento dell’ecomostro di Torre Melissa, che da anni deturpava uno dei tratti di mare più belli della costa crotonese – è stato sottolineato -, nasce da una precisa volontà della Giunta della Regione Calabria, presieduta da Roberto Occhiuto, che il 15 maggio 2022 aveva approvato – su proposta dell’allora assessore al Turismo, Fausto Orsomarso – una delibera che stanziava 700 mila euro per la distruzione di Palazzo Mangeruca e la successiva realizzazione di un’area camper”.
“La Calabria distrugge ciò che la ‘ndrangheta ha costruito abusivamente, deturpando il nostro territorio. Lo Stato è più forte della criminalità organizzata”, ha dichiarato il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, che ha aggiunto: “Questa storica demolizione è il frutto di un lavoro di più Istituzioni: l’Arma dei Carabinieri ha svolto un’opera straordinaria per velocizzare le procedure, l’Agenzia per i beni confiscati ha fatto altrettanto, così come la Prefettura.
Oggi dimostriamo che la Calabria è cambiata: combatte le mafie e l’abusivismo edilizio, affermando che le Istituzioni sono più forti dei poteri criminali. Anzi, io assumo l’impegno a finanziare, come ho fatto in questo caso, tanti altri abbattimenti per riqualificare le aree dove la ‘ndrangheta ha costruito abusivamente, al fine di restituire quegli spazi ai cittadini nel modo più appropriato. Ringrazio il governo perché mi è vicino in questa attività, a dimostrazione del fatto che oggi la Calabria è una Regione diversa, anche per la comunità nazionale”.
“È un giorno importante per tutta l’Italia – ha commentato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani -, un segnale di vittoria della legalità, ed è significativo che il governo sia qui presente insieme alle altre Istituzioni.
Il nostro esecutivo ha fatto della lotta alla criminalità uno dei suoi impegni centrali più importanti. E questa demolizione rappresenta una forte risposta dello Stato contro l’arroganza delle mafie. Il risultato a cui siamo pervenuti oggi è anche il simbolo di cosa bisogna fare anche in futuro. Si deve ringraziare il presidente Occhiuto che ha impresso una grande accelerazione in questa direzione. Lo Stato, se è unito, può sempre vincere. Non possono esistere nei nostri territori zone franche sottratte alla legalità, questo vale qui in Calabria come in ogni angolo del Paese”. “Oggi, per lo Stato, è una giornata in cui affermiamo il rispetto delle regole. L’immobile abusivo costruito dalla ‘ndrangheta deve scomparire come la ‘ndrangheta deve scomparire presto”, ha dichiarato il vice ministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto.
“Siamo qui proprio a confermare che lo Stato c’è, la Regione è presente. Occhiuto nel 2022 a posto fine ad una querelle che sembrava irrisolvibile e lunghissima. Mi sembra che oggi prendiamo atto che anche in Regioni difficili come la Calabria, come la mia Puglia, come la Campania siamo in condizioni di dire la nostra. Un’unione tra varie Istituzioni è riuscita a ottenere un risultato storico, un gioco di squadra straordinario con Carabinieri, Prefettura, politica e giustizia. Mi sembra che tutti abbiano dato un giusto contributo e il risultato è quello di restituire ai cittadini calabresi, all’Italia, un pezzo di territorio che qualcuno voleva invece indebitamente occupare”.
“Questo è un giorno importante – ha sottolineato il generale Teo Luzzi, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri -, perché lo Stato si riappropria di un pezzo del suo territorio ed è il risultato frutto di un gioco di squadra che coinvolge tutte le Istituzioni nazionali e locali, i cittadini che ci chiedono questo: un servizio pubblico con attori che lavorano in sinergia per ottenere i risultati. Abbattere un ecomostro costruito dalla ‘ndrangheta significa far prevalere lo Stato sul male. È una giornata simbolicamente di grande interesse. Oggi lo Stato è più forte del passato, nel 2023 a livello nazionale solo per ciò che concerne i Carabinieri sono stati arrestati oltre 500 mafiosi delle varie consorterie e un altro dato importante è attinente al sequestro dei beni illecitamente accumulati dalle mafie: solo l’Arma ha sequestrato oltre 500 milioni di beni. Fare ciò significa contribuire al loro depotenziamento, ma soprattutto significa distribuire sul territorio beni ad associazioni. Il mio pensiero va anche ai tanti Carabinieri caduti sul territorio nel contrasto al crimine organizzato”.
– foto ufficio stampa Regione Calabria –
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Nel 2022 imprese con rating legalità finanziaria +16,4%
ROMA (ITALPRESS) – Nel 2022, secondo i dati della Banca d’Italia, le imprese titolari di rating di legalità finanziate presso il sistema bancario sono state 15.305, il 16,4% in più rispetto all’anno precedente. La percentuale delle imprese finanziate che hanno avuto benefici grazie al possesso del rating di legalità è stata pari al 70,2%, un dato invariato rispetto al 2021.
I benefici riconosciuti alle imprese si sono concretizzati principalmente nell’applicazione di migliori condizioni economiche in occasione della concessione o della rinegoziazione del finanziamento e nella riduzione dei tempi di istruttoria. In sede di prima istanza di finanziamento, i tempi di istruttoria si sono ridotti in quasi 6 casi su 10. Il miglioramento delle condizioni economiche si è verificato soprattutto in occasione della rinegoziazione del prestito (8 casi su 10).
Le imprese che non hanno conseguito benefici dal possesso del rating di legalità sono state 4.568, pari al 29,8% del totale delle imprese finanziate: nel 60,4% dei casi (2.761 imprese) l’assenza di benefici è dipesa dalla mancata presentazione dell’istanza per l’ottenimento del beneficio da parte dell’impresa nel corso dell’istruttoria; nei casi restanti il rating di legalità non ha apportato informazioni aggiuntive ai fini dell’accertamento del merito creditizio. Infine, 285 sono state le imprese titolari di rating di legalità a non essere state finanziate; nella maggioranza dei casi le relative istanze di finanziamento o di revisione delle condizioni non sono state accolte per insufficiente merito creditizio dell’impresa.
– foto Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).









