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Come affittare una stanza

Come affittare una stanza: normative e istruzioni su come si affitta una camera o una parte della casa.

Posso affittare una camera di casa mia?

Ecco il quesito ricorrente per chi abita in zona universitaria o in prossimità di mete turistiche popolari. La risposta alla domanda è un secco “sì”! E’ possibile affittare una stanza o parte della casa mediante quella che viene definita come “Locazione parziale di un immobile“. In piena crisi economica, affittare una parte della casa o subbaffittare una stanza diventa la soluzione buona per ammortizzare il canone d’affitto mensile o la rata del mutuo! 

Affittare una stanza in nero è molto rischio per il proprietario quindi meglio mettersi in regola, in fondo affittare una parte di casa non richiede oneri particolari per il titolare dell’immobile. 

 

Come affittare una stanza

La normativa da rispettare prevede la stipula di un regolare contratto d’affitto. In materia di locazione, non cambia nulla se il titolare di casa affitta l’intero immobile o solo uno parte di questo: le leggi che disciplinano l’affitto di una sola camera sono le stesse che regolano l’affitto di una casa. 

Tipo di contratto per affittare una stanza

Per dare in affitto una stanza della casa è possibile la stipula del contratto transitorio o del contratto libero 4+4 o convenzionato 3+2.

Di solito, l’affitto di una stanza o di una parte della casa è solo per brevi periodi, quindi il contratto ideale è quello di tipo transitorio che è disciplinato dalla legge 431 del 1998. Questo è il tipico contratto di affitto per gli studenti fuori sede e può durare da un mese a 18 mesi.

Il contratto di affitto transitorio implica un documento che possa certificare la transitorietà dell’affitto, quindi bisognerà allegare al contratto la documentazione relativa a un corso di studi, a un lavoro o alle motivazioni che spingono l’affittuario a voler prendere in locazione una camera.

I contratti dovranno essere registrati online sul sito dell’Agenzia delle Entrate e sarà necessario versare(pagare) il 2% del canone annuo diviso in parti uguali tra affittuario e locatore. Per avere supporto legale e maggiori informazioni su come affittare una stanza è possibile rivolgersi al CAF e all’Unione piccoli proprietari immobiliari d’Italia (UPPI Nazionale) così da farsi consigliare su quale modello contrattuale usare in base alle proprie esigenze.

L’intervento del CAF è consigliato soprattutto a chi sta cercando di capire come affittare una stanza senza perdere le agevolazioni sulla prima casa, eventualità possibile grazie all’introduzione di nuove normative in materia di agevolazioni fiscali.

Affittare una stanza per brevi periodi 

Si può affittare una stanza anche per periodi inferiori al mese. In questo contesto è necessario un contratto di locazione con formula week end dove chi fitta la stanza dichiara di essere giunto in quella città per motivi di vacanza. 

Per affittare una stanza o parte della casa non è necessaria iscrizione alla Camera di Commercio ne’ tantomeno la Partita IVA. Occorrerà, però, rilasciare all’affittuario una ricevuta con l’importo percepito: questa somma dovrà essere inserita nel modello di dichiarazione dei redditi.

Subaffittare una stanza

Se non si è proprietari della casa ma affittuari è possibile subaffittare la stanza o parte dell’abitazione purché tale eventualità non sia esclusa dal contratto stipulato con il proprietario al momento dell’affitto dell’abitazione. 

Renault Kadjar: prezzo e dimensioni

La Renault Kadjar ancora non è uscita sul mercato e già conta una serie infinita di soprannomi; noi potremmo definirla come la “Qashqai alla francese” ma, nonostante le similitudini, non lo facciamo: ormai il mondo automobilistico si è omologato e, a parte poche coraggiose eccezioni (Citroen Cactus, Nissan Cube e Kia Soul), è davvero difficile distinguersi. 

Le linee della Renault Kadjar riprendono quelle della Captur, il carattere è da crossover e per alcuni modelli è prevista la trazione integrale, 4WD.

 

Renault Kadjar – Dimensioni 

Le dimensioni della Renault Kadjar sono quelle tipiche di un Suv compatto: è lunga 445 cm, è larga 184 cm e ha un’altezza da terra di 19 cm. 

La Kadjar si inserisce nella gamma Renault tra la Captur, dalla quale riprende linee e mascherina e la Koleos; la meccanica ha una forte parentela con la già citata Qashqai, con cui condivide il pianale CMF in virtù della consolidata alleanza con il costruttore nipponico Nissan.

La mascherina, con forma a V, evidenza l’iconica losanga Renault che termina con fari allungati e a LED. Nella fiancata spiccano caratteristici sottoporta sagomati, si fa notare anche il tetto arcuato. Nella Kadjar, La zona tra il montante posteriore e il passaruota è caratterizzata dal peculiare taglio della terza luce laterale che è stata ridotta per dare più slancio alle forme: gli sbalzi sono drasticamente ridotti e gli angoli di attacco dichiarati (18° in entrata e 25° in uscita) dovrebbero rendere la vettura abile anche sui fondi stradali più impervi. 

renautl kadjar dimensioni

Tornando alle dimensioni e al paragone tra Kadjar e Qashqai, come premesso, la francese nasce dallo stesso pianale CMF della giapponese Qashqai ma le dimensioni sono leggermente diverse. La lunghezza della Kadjar (445 cm) è superiore a quella della Qashqai di 7 cm, anche la larghezza è superiore (+3 cm) mentre l’altezza rimane invariata (160 cm). Anche la capacità di carico nel bagagliaio è superiore su Renault Kadjar: un totale di 472 litri a fronte dei 430 litri della sorella orientale.

 

Renault Kadjar – Uscita

L’uscita è imminente, le vendite si aprono con giugno 2015. Al momento del debutto gli utenti potranno scegliere tra quattro motorizzazioni, due diesel e due benzina. Nel primo caso, il costruttore francese consente la scelta tra 1.5 dCi da 110 cavalli e il propulsore 1.6 dCi da 131 cavalli. Tra i motori benzina c’è il propulsore 1.2 DIG-T da 116 cavalli e il DIG-T 1.6 in grado di erogare la potenza di 163 CV.

Le versioni a trazione anteriore possono contare sul sistema Extended Grip che simula un differenziale sulle ruote motrici. Non manca la trazione integrale. 

Renault Kadjar – Prezzo 

Il prezzo della Kadjar parte da circa 21 mila euro per l’allestimento entry level e la versione 2WD (trazione anteriore) con motore benzina 1.2 DIG-T da 116 cavalli.

L’ambiente di bordo si può quasi definire tedesco. L’abitacolo è essenziale ma funzionale, il quadro strumenti è formato da elementi con display LCD, a bordo si trova il sistema multimediale R-Link 2, lo stesso visto a bordo di Escape. R-Link 2 prevede, tra le altre cose, connessione internet e applicazioni specifiche per interfacciarsi a smartphone e tablet. 

Tra le dotazioni di sicurezza figura il sistema di frenata d’emergenza, l’allarme di superamento involontario della linea di carreggiata, il riconoscimento della segnaletica stradale con allert che avverte l’automobilista quando sta superando i limiti di velocità e la retrocamera che proietta immagini sull’ampio display che spicca appena sopra il tunnel centrale.

Nella foto in alto, l’immagine ufficiale di Renault Kadjar
Nell’immagine al centro dell’articolo sono mostrate, al confronto, le foto della Kadjar (nella sua tinta rossa) e della Qashqai (con carrozzeria bianca).

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Reddito minimo garantito, Renzi e la minoranza Pd

Reddito minimo garantito, Renzi cosa fa? E’ la domanda che probabilmente si riproporrà con maggiore insistenza nei dibattiti politici dei prossimi giorni.  

Quello del reddito minimo garantito per il Governo Renzi si propone come uno dei temi caldi dell’estate. Il reddito minimo garantito è un reddito minimo, assicurato da uno Stato a tutti coloro che in età lavorativa, per una serie di circostanze, si trovano ad avere un reddito al di sotto della soglia di povertà. 

Sono molti i Paesi occidentali che adottano il reddito minimo garantito. In Europa da tempo paesi come Germania, Francia, Gran Bretagna, Svezia e Danimarca, giusto per citarne alcuni, assicurano a  tutti coloro che non guadagnano una cifra mensile al di sopra di una soglia ritenuta di sussistenza, un reddito minimo o una integrazione del reddito. 

In Germania, per esempio, il reddito minimo garantito si chiama Sozialhilfe e offre una copertura dai 16 ai 65 anni grazie ad un reddito di 345 euro per ogni individuo, al quale si aggiunge una indennità per la copertura totale dei costi per l’affitto e il riscaldamento.

La copertura in Francia sale a 441 euro e riguarda individui privi di reddito. In Danimarca il reddito minimo garantito ammonta addirittura a 1.201 euro per le persone senza un reddito, cifra alla quale eventualmente si aggiungono ulteriori somme per far fronte alle spese per l’abitazione e le coperture sanitarie.

 

Reddito minimo garantito, Renzi e la posizione M5S 

Negli ultimi mesi a riaprire un dibattito da anni irrisolto sul reddito minimo garantito è stato il Movimento 5 Stelle. M5S ha presentato un disegno di legge che introduce e disciplina la materia del reddito di cittadinanza, Il beneficiario dovrà essere cittadino italiano, cittadino comunitario o proveniente da un Paese che ha firmato un trattato con l’Italia per garantire diritti sulla sicurezza sociale, avere più di 18 anni, essere inoccupato o disoccupato, percepire un reddito di lavoro inferiore alla soglia di povertà o percepire una pensione inferiore alla soglia di povertà, ovvero 780 euro mensili. In cambio il beneficiario se in età lavorativa dovrà iscriversi presso i Centri per l’Impiego pubblici, iniziare un percorso di formazione o di riqualificazione in vista del reinserimento nel mercato del lavoro. 

SEL propone un reddito di 600 euro al mese a tutte le persone inoccupate, disoccupate e precarie con un reddito annuale inferiore a 7.200 euro.

Una proposta è venuta recentemente anche dalla minoranza Pd, con un sussidio contro la povertà universale.

 

Sul reddito minimo garantito, Renzi e il Governo per il momento restano a guardare. 

Quello del reddito minimo è un’altra questione spinosa, se non altro per le coperture finanziarie che un simile provvedimento richiede.

Intanto, alcune Regioni hanno deciso di assicurare una copertura economica minima ai cittadini che si trovano in difficoltà. A cominciare dalla Lombardia. “Mentre tutti ne parlano – ha detto il governatore Roberto Maroni – noi abbiamo già incaricato gli assessori di studiare come intervenire”.

E recentemente sul reddito minimo garantito si è espresso favorevolmente anche il neo governatore della Puglia, Michele Emiliano

 

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Bonus 80 euro per colf e badanti: come ottenere l’agevolazione

Bonus 80 euro per colf e badanti: tutte le informazioni su come ottenere il bonus e chi ne ha diritto. Dagli stipendi minimi alle agevolazioni per colf e badanti.

Chi lavora nel settore domestico potrà contare su un piccolo incentivo, parliamo del bonus di 80 euro messo a disposizione anche per colf e badanti. Il bonus Irpef, infatti, è destinato anche al lavoro che non ricopre il ruolo di sostituto d’imposta, cioè che non effettua le trattenute Irpef in busta paga.  Così, colf e badanti, in concomitanza con la presentazione del Modello 730/2015 (Precompilato o ordinario) possono ottenere il Bonus 80 euro.

Come funziona il bonus 80 euro per colf e badanti


Questa agevolazione fiscale per colf e badanti è stata introdotta dal D.L. 66/2014 e viene assegnato sotto forma di una maggiorazione delle detrazioni sul lavoro dipendente e ammonta in un totale di 640 euro. 

 

Quali sono i requisiti per accedere al bonus 80 euro

Possono accedere al bonus 80 euro le colf e le badanti con un reddito compreso tra gli 8.145 euro e i 24.000 euro annui. Le colf e le badanti con un reddito compreso tra i 24.000 e i 26.000 euro possono accedere a contributi ridotti. Il bonus 80 euro è fruibile per colf e badanti che hanno lavorato in maniera discontinua e non per la totalità dei 12 mesi dell’anno di riferimento per il quale si presenta il 730. 

 

Come avere il bonus 80 euro per colf e badanti

Il bonus 80 euro può essere “recuperato” in sede di presentazione del Modello 730/2015 che fa riferimento al periodo d’imposta dell’anno 2014. 

 

Per ottenere il bonus 80 euro per colf e badanti bisognerà compilare con attenzione il rigo C14 del Quadro C del modello 730. Nella sezione V del Quadro C, denominata Bonus Irpef, bisogna specificare le seguenti notizie:

  • – nella prima delle due colonne occorre indicare il codice del bonus;
  • – nella seconda delle due colonne occorre indicare l’ammontare del bonus;
  • – Per le colf e le badanti che, invece, non hanno la Certificazione Unica e, quindi non hanno goduto del bonus nel 2014, la seconda colonna deve essere lasciata vuota, dal momento che il bonus non è stato ancora percepito;
  • – Le colf e le badanti nella prima colonna devono indicare il codice “2”, da utilizzare quando il datore di lavoro non ha riconosciuto il bonus;

 

Come calcolare il bonus per colf e badanti 


Per semplificare il calcolo del bonus Irpef facciamo un esempio pratico. Se una colf ha iniziato a lavorare il 3 giugno del 2014 e ha totalizzato 212 giorni di lavoro entro l’anno d’imposta 2014, il calcolo del bonus si farà:

640 (importo massimo del bonus) : 365 (giorni dell’anno) x 212 (giorni di lavoro effettuati) = 371,73 euro.

 

Colf e Badanti, stipendi minimi

Lo stipendio minimo rappresenta la più bassa paga oraria, giornaliera o mensile che un datore di lavoro possa pagare per legge. Le colf e le badanti fanno bene a informarsi sui contributi minimi e sui minimi compensi retributivi perché mai dovrebbero accettare paghe minori. Le retribuzioni minime vengono aggiornate di anno in anno e subiscono piccole oscillazioni in base al mercato del lavoro. Gli stipendi minimi per colf e badanti previsti fino al 31 dicembre 2015 oscillano molto in base alla categoria: si parte dai collaboratori domestici alle prime armi fino alla formazione professionale di assistente per persone non autosufficienti. 

Le badanti e colf alle prime armi hanno uno stipendio orario minimo di 4,51 euro con uno stipendio mensile di 620,25 euro. La presenza notturna prevede uno stipendio minimo di 651 euro per il turbo che va dalle 21.00 alle 8.00, questa tariffa minima è fissata a prescindere dall’esperienza della colf o della badante. Per assistenza a persone non autosufficienti, lo stipendio minimo per le badanti va da 7,67 euro a ora (stipendio mensile per lavoro a tempo pieno 1.127 + 166 euro) alle 8,00 euro orarie (stipendio mensile per lavoro a tempo pieno 1.184,12 + 166 euro). Per tutti gli aggiornamenti retributivi dei minimi e per calcolare l’importo dei contributi, vi rimandiamo al sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

Agevolazioni per assunzione colf, badante e baby sitter

 

Le persone interessate a assumere una collaboratrice domestica spesso vorrebbero usufruire di un esonero sul pagamento dei contributi Inps. In effetti è stata introdotta una legge che, al fine di ridurre i tassi di disoccupazione, introduce l’opportunità di non versare i contributi all’Inps in diversi rapporti di lavoro subordinati… peccato che questa agevolazioni escluda il settore domestico. Colf, baby sitter e badanti già vedono aliquote previdenziali ridotte rispetto a quelle ordinarie.

 

Curiosità: tra i mestieri più richiesti in Italia il ruolo di colf e di badanti e di notevole rilevanza ed è anche in crescitaPer approfondimenti: Professioni più ricercate in Italia.

 

 

Tasi 2015, quando si paga

TASI 2015: quando si paga, come si fa il calcolo dell’importo per proprietario, affittuario, inquilino e coniugi divorziati; la compilazione del modello F24 per il pagamento della tasi e tutte le informazioni su scadenza della prima rata e sul saldo.

Se per l’Imu è prevista l’esenzione sulla prima casa, per la Tasi non vi è alcuna agevolazione e non cambiano le modalità di pagamento.

 

Che cosa è la Tasi e a cosa serve?

La parola Tasi è l’acronimo di “tributo per i servizi indivisibili”, cioè quei servizi rivolti omogeneamente a tutta la collettività che ne beneficia. Con il tributo della Tasi si vanno a pagare quei servizi come la polizia locale, protezione civile, servizi legati alla viabilità e alla manutenzione del verde pubblico, degli immobili comunali (centri per anziani, biblioteche pubbliche…), pubblica illuminazione e altri servizi offerti dall’Amministrazione locale.

Ogni anno, con il decorrere del pagamento della Tasi, il Comune dovrà approvare l’elenco dei servizi che vengono pagati con l’introito di questo tributo specificando le somme da destinare a ciascun servizio.

Tasi 2015, quando si paga 

La data di scadenza per il pagamento della tasi è la medesima vista per il primo acconto dell’IMU, vale a dire il 16 giugno, anche per il saldo le due imposte si accavallano. Per rispondere più in dettaglio alla domanda quando si paga la Tasi facciamo una distinzione tra prima rata e saldo.

  • Entro il 16 giugno 2015 dovrà essere versata la prima rata o acconto.
  • Per il saldo della Tasi c’è tempo fino al 16 dicembre 2015.

 

Dove e come si paga la Tasi 

Come premesso, Imu e Tasi devono essere pagate in due rate mediante compilazione del modello F24. Dove si paga Tasi? Presso gli uffici postali o comodamente da casa sfruttando i servizi di Home Banking facendo l’accesso al proprio conto corrente online.

 

Tasi 2015, Esenzioni e detrazioni

Sulla prima casa, se non di lusso, si paga la Tasi mentre l’esenzione vige per l’IMU. Per la seconda casa e gli altri immobili, il proprietario paga l’Imu e non la Tasi. 

Esenzioni sono previste per gli inquilini con le stesse modalità dello scorso anno (erano 13mila nel 2014), sono inoltre previste esenzioni e detrazioni (tra 70 e 190 euro) anche per le prime case dalla rendita catastale minima.

Quanto pagano di tasse gli italiani?
Tra Imu, tasi e altri tributi, a giugno gli italiani si preparano a pagare oltre 56 miliardi di tasse!

 

Come calcolare la Tasi

Per il calcolo della Tasi ognuno di noi può rivolgersi al Caf o al commercialista di fiducia. L’importo esatto del tributo da pagare può variare in base alle aliquote da Comune e Comune e in base alla propria abitazione.

calcolo tasi 2015 calcolo tasi 2016

Per il calcolo online della Tasi sono stati attivati diversi servizi: si può sfruttare il servizio su sepi-pisa.it o ancora, si può calcolare la Tasi sfruttando il servizio ad hoc che consente di stampare il modello F24 precompilato da presentare presso gli uffici postali per il pagamento.

A dare modo di eseguire il calcolo della Tasi 2015 (ma anche per i prossimi anni, 2016, 2017…) con la possibilità di stampare il modello F24 precompilato, è il sito internet amministrazionicomunalit.it accedendo alla sezione speciale dedicata al calcolo di Tasi e Imu. Il portale, molto completo, consente di eseguire il calcolo anche per gli affittuari o per i coniugi separati o divorziati.

Per le consultazioni delle rendite catastali al fine di calcolare la Tasi vi rimandiamo al portale delle Agenzie delle entrate, alla sezione dei servizi per il cittadino. Link: Consultazione Rendite Catastali – Agenzia delle Entrate.

 


Chi paga la tasi in caso di divorzio o separazione


Per il calcolo della Tasi  e per stabilire a chi spetta il pagamento di questa imposta, vi rimandiamo all’articolo dedicato all’IMU: all’interno della pagina troverete un paragrafo con tutte le normative che disciplinano il pagamento della Tasi tra coniugi separati o divorziati.

Vi anticipiamo che per i coniugi separati vige più o meno lo stesso modello di calcolo esistente per l’inquilino dove la parte dell’inquilino è analogamente svolta dall’assegnatario dell’immobile. Più informazioni e chiarezza alla pagina “Imu per coniugi separati: come funziona“.

 

Nella foto in alto, il Lago di Bracciano – Foto di Anna De Simone

 

Imu per coniugi separati: come funziona

La scadenza dell’acconto dell’Imu e della Tasi è alle porte, così è lecito chiedersi in caso di coniugi separati come funziona il pagamento dell’Imu e della Tasi, due tributi legati all’abitazione. 

Chi deve pagare l’Imu e la Tasi nel caso in cui l’abitazione è assegnata a uno dei coniugi separati o divorziati? 

 

Imu per coniugi separati: come funziona

A seguito di un divorzio o una separazione, il giudice spesso assegna la casa a uno dei due coniugi (in genere alla madre che ottiene la custodia dei figli). In questo caso, uno dei coniugi si aggiudica il diritto di abitazione indipendentemente dalla proprietà dell’immobile.

Ciò sta a indicare che il coniuge assegnatario è considerato titolare del diritto di abitazione; in questo contesto la quota di proprietà dell’immobile effettivamente detenuta diventa trascurabile perché non viene considerata. Il coniuge assegnatario è tenuto al pagamento dei tributi sulla casa così come prevede il regolamento del comune in cui è ubicato l’immobile. 

Questa è la regola generale ma ci sono delle considerazioni specifiche per quanto riguarda l’Imu e la Tasi proprio nel caso di coniugi separati. Ricordiamo che per l’IMU sono previste esenzioni per la prima casa.

 

Esenzione dell’Imu per il coniuge assegnatario 


Per quanto riguarda l’IMU, nel caso più frequente, il coniuge assegnatario dell’immobile anche se acquisisce il diritto di abitazione, l’immobile è considerato come prima casa e quindi, il coniuge assegnatario non dovrà pagare la prima rata dell’IMU.

 

Quando uno dei coniugi ha una seconda casa

Altro esempio molto frequente configura la storia di un marito proprietario unico di un immobile o proprietario di una singola quota (comproprietà con l’altro coniuge) assegnato alla ex moglie con figli, che a seguito della separazione o del divorzio, ha deciso di andare a vivere nella sua seconda casa, sempre di proprietà, che adibisce a sua abitazione principale;

in questo frangente bisogna tener presente che il marito non è obbligato a pagare l’imu sull’immobile rimasto alla moglie con figli come se fosse una seconda casa (ne’ al pagamento dell’IMU maggiorata sul secondo immobile che ha adibito ad abitazione principale). In questo caso, l’ex marito non è considerato titolare di una seconda casa dal momento che la sua ex moglie è stata assegnataria del diritto di abitazione.

 

Tasi per coniugi separati o divorziati, come funziona?

Per il pagamento della Tasi la trama si infittisce: non sono previste esenzioni per la prima casa! Il principio generale vuole che a pagare la Tasi siano sia il proprietario dell’immobile, sia il detentore (quindi l’assegnatario) quindi anche nel caso degli ex coniugi separati o divorziati, dovrebbe esserci una ripartizione della Tasi con precise modalità.

 

In caso di divorziati o separati comproprietari

Se gli ex coniugi sono comproprietari, il pagamento (come il diritto delle eventuali detrazioni fiscali) della Tasi andrebbe suddiviso tra i due coniugi in base alle quote di possesso.

 

Se l’ex moglie vive in casa del marito 


Nel caso in cui l’ex coniuge assegnatario non sia, in alcun modo, proprietario dell’immobile o di sue quote, il pagamento della Tasi andrebbe suddiviso analogamente a quanto avviene tra il proprietario e l’inquilino: l’ex coniuge proprietario dell’immobile dovrà pagare una quota che va dal 90 al 70% della tasi mentre l’assegnatario (di solito la moglie) della casa dovrà pagare una quota di Tasi variabile tra il 10% e il 30% così come previsto dalla delibera comunale.

Anche se queste sono le modalità per il pagamento della tasi per coniugi divorziati, lo scorso anno il MEF ha generato confusione affermando che l’ex coniuge assegnatario:

“è titolare del diritto di abitazione e, indipendentemente dalla quota di possesso dell’immobile, è il solo che paga la Tasi con l’aliquota e la detrazione, eventualmente prevista, per l’abitazione principale”

Le indicazioni del MEF non possono essere considerate in nessun modo un riferimento su cosa dice la legge, pertanto, almeno per la Tasi, è consigliato fare una verifica presso gli uffici comunali quali sono le specifiche disposizioni di riferimento.

 

Come funziona il divorzio breve in Italia

Chi si sta chiedendo come divorziare in Italia deve sapere che con la riforma del divorzio è stato approvato nel nostro Paese anche quello Breve. Il divorzio breve è stato introdotto alla Camera con 317 voti favorevoli e 182 voti contrari.

 

Come funziona il divorzio breve ?

Grazie al divorzio breve è possibile, anche in Italia, divorziare senza mai mettere piede in un tribunale. L’unica controindicazione sono i contenziosi, infatti è possibile accedere al divorzio breve solo se tra marito e moglie non vi sono contenziosi e che sia trascorso un anno dal momento della separazione. Con il processo breve è possibile, quindi, divorziare davanti al sindaco o da un ufficiale di stato civile. Si accorcia l’iter e diminuiscono anche le spese.

Tornando alla domanda come divorziare in Italia, segnaliamo che con il divorzio breve i coniugi potranno comparire innanzi all’ufficiale dello stato civile del Comune (sindaco) per ufficializzare e concludere un accordo di separazione o di scioglimento del matrimonio, o ancora, di cessazione degli effetti civili e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

Non è obbligatorio farsi assistere da avvocati/difensori: grazie al divorzio breve è possibile divorziare senza avvocato.

 

Quando non è possibile usufruire del divorzio breve?

Il divorzio breve non è fruibile in caso di figli minori o di figli, anche maggiorenni, portatori di grave handicap o economicamente non autosufficienti. I coniugi possono usufruire del divorzio breve a condizioni che l’accordo non contenga atti con cui si dispone il trasferimento di diritti patrimoniali. Non è possibile avvalersi del dovorzio breve in caso di contenziosi tra i coniugi.

Viste le condizioni del divorzio breve, segnaliamo che per rendere ufficiale un divorzio bisognerà passare due volte dal sindaco. Infatti, dopo la prima richiesta, al fine di promuovere una maggiore riflessione sulla decisione di separazione, è stato previsto un secondo appuntamento con il Sindaco (in qualità di ufficiale di stato civile) a distanza di 30 giorni: il divorzio, seppur in forma breve, non va preso a cuor leggero, una separazione è sempre dolorosa e prima di procedere è bene interrogarsi su come salvare il matrimonio o se c’è qualcosa da poter fare per migliorare un rapporto che sembra giunto al termine. 

 

Legge sul divorzio breve

Le novità introdotte dal divorzio breve vanno a modificare tre articoli della legge n. 898/70 sul divorzio; grazie alle modifiche, per divorziare, non saranno più necessari tre anni di separazione ma solo uno o addirittura solo 9 mesi e l’intero iter è reso più semplice. 

Per citare la normativa, ecco le novità introdotte con l’approvazione del divorzio breve in Italia:

  • Art. 1.

1. Al secondo capoverso della lettera b) del numero 2) dell’articolo 3 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, le parole: «tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del Tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale.»

Sono sostituite dalle seguenti:

«dodici mesi dalla notificazione della domanda di separazione. Qualora alla data di instaurazione del giudizio di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sia ancora pendente il giudizio di separazione con riguardo alle domande accessorie, la causa è assegnata al giudice della separazione personale. Nelle separazioni consensuali dei coniugi, il termine di cui al primo periodo è di sei mesi decorrenti dalla data di deposito del ricorso ovvero dalla data della notificazione del ricorso, qualora esso sia presentato da uno solo dei coniugi.».

  • Art. 2.

1. Al secondo comma dell’articolo 189 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, sono state aggiunte le seguenti parole: «o di ricorso per la cessazione degli effetti civili o per lo scioglimento del matrimonio».

  • Art. 3.

1. All’articolo 191 del codice civile, con l’approvazione del divorzio breve, è stato aggiunto il seguente comma: «Nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. Qualora i coniugi siano in regime di comunione legale, la domanda di separazione è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione a margine dell’atto di matrimonio. L’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini della stessa annotazione».

 

Cosa dice la legge: chi paga l’IMU e la Tasi in caso di coniugi separati o divorziati? 

Per sapere chi deve assolvere al pagamento dell’Imu o della Tasi in caso di coniugi separati vi rimandiamo all’approfondimento intitolato: Imu per coniugi separati: come funziona?

Pensioni, come calcolare l’importo del rimborso 

Il rimborso delle pensioni è stato reso legittimo dalla Corte Costituzionale, così, quasi 4 milioni di italiani hanno diritto al rimborso della pensione percepita dal 2012 a oggi.

 

Il governo ha approvato il decreto legge sulle pensioni dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato il blocco dell’indicizzazione voluta dall’ex ministro Elsa Fornero. 

L’importo totale che il Governo rimborserà ai pensionati italiani ammonta a 2 miliardi e 180 milioni di euro. Perché la gran parte dei pensionati italiani spetta il rimborso

Stando alla Corte Costituzionali le suddette pensioni avrebbero avuto diritto a una rivalutazione al ritmo del 90% sino a 5 volte il minimo e del 75% oltre le cinque volte il minimo.

A sancire il tutto è il decreto legge n.65 del 2015 pubblicato in Gazzetta Ufficiale proprio in risposta alla sentenza della Consulta che ha stabilito l’illegittimità del blocco dell’indicizzazione degli assegni nel biennio 2012-2013 superiori a tre volte il trattamento minimo inps (1.405 euro lordi). Il Governo, quindi, per ovviare all’errore compiuto con la riforma pensioni della Fornero, ha stabilito dei rimborsi.

Rimane il blocco sugli assegni (pensioni) superiori a sei volte il minimo ma viene riconosciuta una parziale rivalutazione per gli assegni inferiori a tale valore seguendo la rappresentazione riportata nell’immagine che segue. A proposito di queste affermazioni, in coda all’articolo vedremo come calcolare l’importo del rimborso pensioni.

rimborso pensioni

 

 

Chi non ha diritto al rimborso pensione?

Come premesso e come ci ricorda il Premier Renzi, non hanno diritto al rimborso pensioni circa 670.000 persone le cui pensioni superano oltre sei volte il minimo. 

 

Pensioni, come calcolare l’importo del rimborso 

Il calcolo del rimborso per la mancata rivalutazione del biennio 2012-2013 funziona in questo modo:

  •  pensioni tra 3 e 4 volte il minimo: rivalutazione del 40%,
  •  pensioni tra 4 e 5 volte il minimo: rivalutazione del 20%,
  •  pensioni tra 5 e 6 volte il minimo: rivalutazione del 10%.

Per il calcolo del rimborso pensioni pe ril biennio 2014-2015 verrà riconosciuta solo il 20% della rivalutazione attribuita nel biennio 2012-2013, vale a dire che per gli assegni vi è una rivalutazione pari a:

  •  pensioni tra 3 e 4 volte il minimo: rivalutazione dell’8%
  •  pensioni tra 4 e 5 volte il minimo: rivalutazione del 4%
  •  pensioni tra 5 e 6 volte il minimo: rivalutazione del 2%

Dal 1 gennaio 2016 dovrebbe esserci un aumento. Le aliquote di rivalutazione per gli assegni in parola passeranno al 50% della rivalutazione riconosciuta nel biennio 2012-2013.

La rivalutazione sarà pari a:

  •  pensioni tra 3 e 4 volte il minimo: rivalutazione del 20%
  •  pensioni tra 4 e 5 volte il minimo: rivalutazione del 10%
  •  pensioni tra 5 e 6 volte il minimo: rivalutazione del 5%

 

Come viene erogato il rimborso pensioni

La misura varata dal governo prevede un rimborso una tantum compreso tra i 278 e i 750 euro lordi per il triennio 2012-2014 più un rimborso meno consistente erogato nel 2015 e nel 2016 in attesa che nel 2017 venga introdotto il nuovo sistema di indicizzazione per tutti gli assegni pensionistici. 

In termini pratici, dal 1° agosto 2015, i titolari dei trattamenti pensionistici che nel 2011 erano superiori ai 1.443 euro lordi mensili, avranno diritto al solo riconoscimento degli arretrati e non alla ricostruzione de trattamento pensionistico. Al contrario, dal 1° gennaio 2016, questi stessi contribuenti avranno diritto sia alla rivalutazione del trattamento pensionistico sia alla valutazione degli arretrati e vedranno un leggero aumento della pensione (meglio definito come adeguamento) dato dalla perequazione (rivalutazione) degli stessi arretrati.

A chi altri spetta il rimborso pensioni?
Il rimborso pensioni spetta anche agli aredi, coniugi o figli di pensionati aventi diritto al rimborso. 

Approfondimento sul tema pensioni in Italia, rimborsi e riforme:
1) Riforma pensioni, più flessibilità in uscita 
2) Riforma pensioni del Governo Renzi