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PUGLIA, DIT PRESENTA MODULO LISTE ATTESA

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Un modulo per rivendicare il proprio diritto alla salute. A diffonderlo in tutto il territorio pugliese, come è stato annunciato stamattina a Bari in conferenza stampa, sarà il gruppo consiliare di Direzione Italia/Noi con l’Italia che, nel predisporlo ha richiamato l’art.3 comma 13 del decreto legislativo 124 del ’98, il quale recita che il cittadino quando ottiene una prenotazione al Cup della Asl che va oltre i tempi di attesa può chiedere al direttore generale della Asl di eseguire la prestazione in attività libero professionale, pagando il ticket se assoggettato al ticket o non pagando se esente ticket. In questo caso la spesa per l’attività libero professionale è in carico alla Asl territorialmente competente.

“Il modulo – ha spiegato il presidente del gruppo, Ignazio Zullo – serve intanto ad informare e pubblicizzare una norma che è vigente dal’98 e che è misconosciuta, non applicata in questa regione. E’ un modulo – ha sottolineato – che tende a responsabilizzare il sistema: da una parte il cittadino che diventa attivo rispetto al proprio stato di salute, dall’altra il sistema che si sensibilizza e chi lo governa. In primis – ha ribadito Zullo – il presidente Emiliano, come assessore alla Salute e poi i direttori generali, che devono organizzare al meglio i servizi. Le Asl e il servizio sanitario regionale – ha aggiunto Zullo – sono stati istituiti per tutelare lo stato di salute dei propri assistiti, dei propri cittadini”.

“Qui – ha sottolineato Zullo – non mi pare si stia tutelando, ma si sta ritardando la risposta a un bisogno di salute. E si sa – ha aggiunto – che in sanità il bene più prezioso è il tempo. Prima si interviene, prima si diagnostica, prima si guarisce e quando si guarisce – ha spiegato – non ci sono esiti invalidanti, quindi non c’è il ritorno al lavoro, non c’è invalidità o indennità da assoggettare poi a indennizzo, non c’è da riabilitare”. Di qui il risparmio dei costi sociali e sanitari.

“In Puglia – ha detto ancora Zullo – chi non ha soldi non si cura, chi è ricco va privatamente o nelle altre regioni. Non credo – ha concluso – che questa sia una regione con un livello di civiltà accettabile”. Il modulo, scaricabile anche online sui siti che fanno riferimento al gruppo, una volta compilato deve essere consegnato al direttore generale della Asl di competenza, sia personalmente, sia attraverso il Cup, oppure ancora spedito o per posta elettronica, accertandosi che finisca nelle mani del direttore generale.

“Qualora il direttore generale non risponda nei tempi dovuti – ha spiegato Zullo – può rivolgersi a qualsiasi attività giudiziaria per reclamare da una parte l’esercizio di un suo diritto e – ha concluso – ove dovesse riscontrare danni alla propria salute per mancata risposta, deve chiedere il risarcimento del danno alla salute”. “Non vogliamo sostituirci a nessun tribunale del malato, Caf o patronato – ha spiegato il consigliere Francesco Ventola – ma saremo di supporto. I direttori generali saranno ingolfati di istanze, lo sappiamo ma – ha concluso – fa parte del loro lavoro”.

LAVORO, UNIONCAMERE “PIÙ RICHIESTA AL SUD”

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È il Mezzogiorno l’area del Paese che esprime nel mese di maggio la maggior richiesta di lavoro: 120.000 i contratti che dovrebbero essere attivati, Campania in testa con 30.000 entrate programmate.

È quanto emerge dal Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con ANPAL, sulla base delle entrate previste dalle imprese con dipendenti dell’industria e dei servizi tra maggio e luglio 2018. Seconda posizione per il Nord-Ovest (117.000), trainato dalla Lombardia, in cui il settore privato prevede di attivare quasi 80.000 contratti di lavoro. Bene anche per il Nord-Est (110.000 le entrate previste), con il Veneto in pole position a quota 45.000. Al Centro, infine, il settore imprenditoriale ha in programma di attivare circa 80.000 contratti di lavoro, oltre la metà dei quali (36.000) provengono dal Lazio.

MUSUMECI “SICILIA SVENDUTA NEI DECENNI”

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La Sicilia in questi decenni e’ stata “svenduta nei Palazzi di Roma”, “spesso con la complicita’ di chi, eletto in Sicilia, avrebbe dovuto difenderla”.

Lo ha detto il presidente della Regione Nello Musumeci, in occasione delle celebrazioni per il 72mo anniversario dell’Autonomia dell’Isola, ad Agrigento.

“Il cinico e famelico centralismo romano ha fatto il resto, con norme statutarie inapplicate e sacrosanti diritti negati”, ha aggiunto Musumeci.

 

PUGLIA, EMILIANO “IN ATTO CAMBIAMENTO SANITÀ”

“Stiamo provando in Puglia a promuovere un cambiamento della sanità attraverso nuovi modelli assistenziali e una nuova centralità del territorio. Il processo è in atto più velocemente e più virtuosamente di altre regioni in piano di rientro. Grazie agli sforzi compiuti siamo oggi in grado di programmare assunzioni di personale e di mettere in garanzia gli operatori che hanno prestato il proprio lavoro in condizioni di precarietà e quindi di incertezza”. Con questo messaggio il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha chiuso a Bari, presso l’assessorato alle Politiche per la salute, la presentazione del Rapporto OASI 2017 (Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema Sanitario Italiano), a cura del CERGAS (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale) dell’Università Bocconi. Uno studio secondo il quale la conversione di ospedali e la chiusura di strutture con poca attività non sono soltanto scelte fatte in un’ottica di efficientamento e di contenimento della spesa, ma di riorganizzazione dell’intero e complesso sistema sanitario.

“Conforta – ha continuato il presidente della giunta e assessore alla sanità –  che la strategia delle reti e della costruzione dei percorsi di prevenzione diagnosi e cura, la tensione al cambiamento orientato dall’analisi dei bisogni che anima le politiche sanitarie che stiamo disegnando in Regione Puglia, sia di fatto individuata dagli esperti del CERGAS tra le soluzioni per l’uscita dal guado, guado in cui si trova tutto il sistema sanitario nazionale”.

Nel corso della presentazione dello studio si è anche parlato della bontà di scelte che mettono al centro il territorio. In questo la Puglia è in linea con gli standard nazionali, pur essendo emerso dallo studio nel suo complesso l’assenza totale dall’agenda politica del tema salute e della sua promozione. A proposito di una politica della salute che metta al centro le strutture si assistenza territoriale è stato messo in evidenza l’imminente adozione in Puglia del regolamento sui PTA (Presidi Territoriali di Assistenza) ovvero le case della Salute, ma la Puglia può già contare su esperimenti che si sono rivelati efficaci, come ad esempio Trani, Massafra, Conversano, Bari San Paolo, Ceglie Messapica. Questi ultimi sono stati oggetto di visita a gennaio scorso da parte di una delegazione governativa greca nell’ambito di una collaborazione OMS-AReSS a supporto della sanità greca.

“I risultati che stiamo ottenendo – ha concluso Emiliano – confermano la bontà dell’impostazione delle nostre politiche sanitarie ma non può non essere profondamente ripensato anche  il sistema delle regole, considerando i bisogni dal punto di vista dei cittadini, che devono avere uguali diritti nell’accesso e stesse opportunità di cura ovunque risiedano”.

Tutti d’accordo infine sulla bontà delle scelte tecniche fatte in materia di promozione della salute e si riorganizzazione del sistema, spesso sede di conflitti interni tra diverse professionalità e di posizioni rigide espresse da chi ci lavora da tempo e si rivela poco disposto ad assecondare i cambiamenti. Alle buone scelte tecniche non sono corrisposte però altrettante scelte di comunicazione e spiegazione all’utenza del cambiamento in atto.

In questo, nell’ambito della presentazione del rapporto Oasi 2017, si sono detti tutti d’accordo sulla necessità di migliorare la comunicazione e l’informazione di come sta cambiando l’offerta sanitaria, di quali siano i presidi alternativi all’ospedale, di quali siano tutti i luoghi effettivi di prevenzione, cura e promozione della salute pubblica.

 

PUGLIA, FIRMATO IL “PATTO PER LA CRESCITA”

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Stimolare la nascita di nuovi progetti imprenditoriali giovanili, in particolare legati ad Industria 4.0 e favorire lo scouting di aziende e di spin off universitari, con l’impegno delle parti a realizzare una serie di azioni congiunte finalizzate a favorire la riqualificazione di competenze 4.0, a supportare le aziende della Regione nella realizzazione di investimenti e a sostenerle nel loro percorso di crescita. E’ l’obiettivo dell’accordo, denominato “Patto per la crescita della Puglia”, siglato questa mattina a Bari tra Confindustria Bari e BAT, Università e Politecnico di Bari e Unicredit.

“La convenzione è particolarmente importante – ha detto il rettore dell’Università di Bari, Antonio Uricchio – perché mette in rete il mondo accademico, l’impresa e il sistema finanziario. Oggi – ha continuato – occorre che le idee innovative maturino e soprattutto – ha spiegato – maturino consolidandosi attraverso la competenza e la conoscenza, trovino – ha aggiunto – un supporto nella trasformazione, nel trasferimento sul mercato. Questo supporto – ha sottolineato – è sia di carattere esperenziale che finanziario”.

“Quindi – ha ribadito Uricchio – i partner di questa convenzione sono particolarmente preziosi per sostenere il processo di autoimprenditorialità, di affermazione delle imprese innovative e di crescita – ha sottolineato – di un movimento di imprese innovative e di start up che nel nostro territorio è particolarmente virtuoso. Il numero di start up cresce – ha spiegato Uricchio – e soprattutto anche il tasso di successo, perché occorre superare la c.d. Fase della morte, quella in cui la start up non decolla o talvolta esaurisce il proprio ciclo di vita, per potersi poi affermare e crescere. Questo percorso – ha concluso – è particolarmente positivo nel nostro territorio che si segnala anche per la vivacità, oltre che per la capacità di creare sinergia fra le istituzioni”.

“Finalmente – ha detto Marina Lalli, componente del Comitato di Presidenza di Confindustria Bari e BAT – c’è una consapevolezza da parte degli attori importanti per lo sviluppo del territorio o di una nazione che questo sviluppo è possibile soltanto se si crea una rete stretta tra i vari interlocutori: imprese, chi forma le persone che lavorano nelle imprese e di chi dà la linfa vitale, cioè il denaro, che serve a far funzionare le imprese”.

“Università e Politecnico – ha continuato Lolli – in modo innovativo, consapevole e coerente con quelle che sono le situazioni del momento, capiscono che devono essere loro i primi a fornire delle competenze serie nelle aziende per dare quegli strumenti che possono permettere alle aziende di competere con le armi che oggi – ha spiegato – sono possibili da utilizzare, perché non si può competere sul prezzo perché saremmo schiacciati dalla competizione asiatica, ma si deve competere sulla maggiore specializzazione, in particolare sul 4.0 che – ha concluso – è la grande sfida che stiamo vivendo in questi anni”.

“Crediamo che il ruolo del Politecnico – ha detto il rettore del Politecnico di Bari, Eugenio Di Sciascio – debba essere centrale, perché i temi del protocollo riguardano la formazione, la creazione di nuova impresa, nell’ottica della trasformazione digitale, quindi di Industria 4.0. Sono dei partner – ha continuato – con i quali lavoriamo fianco a fianco. Quindi siamo fiduciosi – ha aggiunto – di poter offrire un’ulteriore opportunità ai giovani e a questo territorio. Il Politecnico – ha spiegato – può lavorare credo in maniera soddisfacente per costruire sia il futuro dei nostri giovani laureati, ma anche costruire ricchezza e prospettiva per questo territorio in cui siamo e in cui – ha sottolineato – teniamo a che ci sia uno sviluppo vero, buono e basato su innovazione e capacità di crescita. Occasioni di crescita in questo momento ci sono e – ha concluso – vanno sfruttate al meglio”.

Con questa firma inizia anche in Puglia il Roadshow che UniCredit sta portando avanti al Sud, con l’obiettivo di avviare le attività operative previste dall’accordo firmato oggi anche con tutte le restanti associazioni territoriali di Confindustria e con gli altri Atenei del Mezzogiorno e della Puglia. “Unicredit come istituto finanziario – ha detto Alessandro Gasparini Area Manager Corporate Puglia di UniCredit – vuole aggregare l’anima accademica, l’anima industriale e quella istituzionale per cercare di aiutare le imprese a cavalcare la ripresa economica e soprattutto continuare un percorso che è iniziato in Campania. Da Bari iniziamo un percorso che coinvolgerà tutte le province della Puglia. Con gli strumenti che abbiamo a disposizione – ha spiegato – e con l’aiuto delle Università e delle istituzioni, metteremo in campo quello che sappiamo fare bene, cioè l’erogazione del credito e – ha concluso – anche l’internazionalizzazione”.

 

POPOLAZIONE SUD IN CALO DA 34% 2017 A 29% 2065

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L’Istat stima che in Italia la popolazione residente attesa sia pari, secondo lo scenario mediano, a 59 milioni nel 2045 e a 54,1 milioni nel 2065. La flessione rispetto al 2017 (60,6 milioni) sarebbe pari a 1,6 milioni di residenti nel 2045 e a 6,5 milioni nel 2065. Tenendo conto della variabilità associata agli eventi demografici, la stima della popolazione al 2065 oscilla da un minimo di 46,4 milioni a un massimo di 62. La probabilità che aumenti la popolazione tra il 2017 e il 2065 è pari al 9%.

Il Mezzogiorno perderebbe popolazione per tutto il periodo mentre nel Centro-nord, dopo i primi trent’anni di previsione con un bilancio demografico positivo, si avrebbe un progressivo declino della popolazione soltanto dal 2045 in avanti. La probabilità empirica che la popolazione del Centro-nord abbia nel 2065 una popolazione più ampia rispetto a oggi supera il 30% mentre nel Mezzogiorno è nulla.

È previsto negli anni a venire uno spostamento del peso della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-nord del Paese. Nel 2065 il Centro-nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggi; il Mezzogiorno invece arriverebbe ad accoglierne il 29% contro il 34% attuale.
Le future nascite non saranno sufficienti a compensare i futuri decessi: dopo pochi anni di previsione il saldo naturale  raggiunge quota -200 mila, per poi passare la soglia -300 e -400 mila nel medio e lungo termine.

La fecondità è prevista in rialzo da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2017-2065. Tuttavia, l’incertezza aumenta lungo il periodo di previsione. L’intervallo di confidenza proiettato al 2065 è piuttosto alto e oscilla tra 1,25 e 1,93 figli per donna.
La sopravvivenza è prevista in aumento. Entro il 2065 la vita media crescerebbe di oltre cinque anni per entrambi i generi, giungendo a 86,1 anni e 90,2 anni, rispettivamente per uomini e donne (80,6 e 85 anni nel 2016). L’incertezza associata assegna limiti di confidenza compresi tra 84,1 e 88,2 anni per gli uomini e tra 87,9 e 92,7 anni per le donne.
Si prevede che il saldo migratorio con l’estero sia positivo, mediamente pari a 165 mila unità annue (144 mila l’ultimo rilevato nel 2016), seppure contraddistinto da forte incertezza. Non è esclusa l’eventualità ma con bassa probabilità di concretizzarsi (9,1%) che nel lungo termine possa diventare negativo.

Il saldo naturale della popolazione risente positivamente delle migrazioni. Sempre nello scenario mediano l’effetto addizionale del saldo migratorio sulla dinamica di nascite e decessi comporta 2,6 milioni di residenti aggiuntivi nel corso dell’intero periodo previsivo.
Le migrazioni interregionali favoriranno ancora il Centro-nord, ma seguiranno un’evoluzione di leggero declino man mano che le generazioni di giovani e adulti, le più interessate ai movimenti migratori, tenderanno numericamente a ridursi.

L’età media della popolazione passerà dagli attuali 44,9 a oltre 50 anni nel 2065. Considerando che l’intervallo di confidenza finale varia tra 47,9 e 52,7 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è da ritenersi certo e intenso.
“Parte del processo di invecchiamento in divenire è spiegato dal transito delle coorti del baby boom (1961-76) tra la tarda età attiva (39-64 anni) e l’età senile (65 e più) – sottolinea l’Istat -. Si prevede un picco di invecchiamento che colpirà l’Italia nel 2045-50, quando si riscontrerà una quota di ultrasessantacinquenni vicina al 34%”.

PUGLIA, AL VIA PROGETTO “MORO VIVE”

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Coinvolgerà circa 200 istituti di scuola superiore in tutta la Puglia nel biennio 2028-2020. E’ il progetto “Moro Vive”, nato da una intuizione del Presidente del Consiglio Regionale Mario Loizzo e presentato questa mattina dall’ex parlamentare Gero Grassi che lo realizzerà per conto del consiglio. Gli incontri nelle scuole saranno a cura della Sezione Comunicazione istituzionale del Consiglio, d’intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale.

“Non solo vogliamo rinforzare la memoria di un grande statista e di un grande pugliese,  – ha detto Mario Loizzo – ma vogliamo anche dare ai giovani gli strumenti per conoscere la storia di questo Paese. Soprattutto di quegli anni, ’70 e ’80, che sono stati anni decisivi per lo sviluppo del nostro tessuto democratico e istituzionale. I giovani devono sapere quello che è avvenuto in quegli anni, dalla strategia della tensione fino all’uccisione di Moro che non può essere derubricata ad un gruppo di criminali e assassini. Le brigate rosse – ha sottolineato Loizzo – erano assassini, ma erano anche un gruppo manipolato da potenze esterne che hanno deciso e voluto l’uccisione di Moro”. 

In un’aula gremita dalla presenza di studenti dell’alberghiero De Lilla di Conversano e Polignano, del polo Liceale Carmine Sylos di Terlizzi e del Liceo Tecnico Economico e linguistico Giulio Cesare di Bari, è stato l’onorevole Gero Grassi a presentare il profilo di Aldo Moro, dai suoi esordi politici alla sua uccisione “avvenuta – ha detto -nei modi in cui la verità dicibile, ovvero costruita a tavolino, ha voluto”.

Grassi ha spiegato il perché Aldo Moro è stato rapito: lo statista della Democrazia Cristiana era colui che voleva la democrazia compiuta, l’Europa dei popoli ed era anche colui che voleva sovvertire gli accordi di Jalta con i quali Churchill, Roosvelt e Stalin avevano stabilito la prosecuzione del conflitto. “Moro inizia – ha spiegato Grassi – il suo percorso pubblico il 3 novembre  del 1941 a Bari, dall’Università e si distingue per una frase diventata famosa ‘la persona prima di tutto’. Moro toglie il ‘fine pena mai’ da ministro della Giustizia, Moro fa partire la scuola media obbligatoria, la scuola materna. Istituisce le regioni, compresa la ventesima, il Molise, inserisce nella costituzione che i diritti non sono concessi dallo Stato, ma riconosciuti, perché sono della persona. Moro è, nei cinquantacinque giorni e dopo un grande punto di riferimento”.

“Il progetto ‘Moro Vive’, serve a riattualizzare le sue idee nel contesto della costituente, e a spiegare ai giovani che le Brigate Rosse, ci sono anche loro nel caso Moro, ma non soltanto. Perché i giovani sappiano – ha continuato Grassi – che Moro vive nella globalità del suo pensiero politico, culturale e umano”.

Alla presentazione erano presenti Peppino De Tomaso, direttore de La gazzetta del Mezzogiorno il quotidiano che più e meglio si è occupato delle vicende del caso Moro e Mario Trafiletti dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale.

BANDIERE BLU, 18 IN CAMPANIA, 14 IN PUGLIA

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Sono 175 i Comuni italiani rivieraschi, per complessive 368 spiagge, e 70 gli approdi turistici che quest’anno hanno ottenuto la “Bandiera Blu”, riconoscimento internazionale assegnato dalla Foundation for Environmental Education (FEE).

La Liguria continua a guidare la classifica con le sue 27 località premiate, segue la Toscana con 19 localita’, la Campania raggiunge 18 Bandiere con tre nuovi ingressi, 16 localita’ per le Marche, che perdono una Bandiera, la Puglia sale a 14 (+3), la Sardegna va a 13 (+2).

L’Abruzzo va a quota 9 con l’ingresso di una bandiera blu per un lago e anche la Calabria è a 9 con due nuovi ingressi.

Il Veneto conferma le 8 Bandiere di un anno fa, come pure il Lazio, con un Comune uscito ed una nuova entrata rappresentata da un lago, l’Emilia Romagna aggiunge una Bandiera andando a 7 e la Sicilia ne perde una scendendo a 6.

La Basilicata sale a 4 con due nuovi ingressi ed il Friuli Venezia Giulia conferma le 2 Bandiere dell’anno precedente. Infine il Molise: scende a 1 Bandiera, una in meno dell’anno scorso.