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25 APRILE, DI MAIO “NO POLEMICHE È GRANDE FESTA”

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“La Liberazione nazionale è un momento che unisce tante comunità e deve unire sempre di più. Non deve essere un giorno di divisioni, deve essere un giorno di unione. Oggi non è il giorno delle polemiche, è una grande festa nazionale che tutti dobbiamo festeggiare”. Lo ha detto il vicepremier e ministro, Luigi Di Maio, al termine della sua visita presso la Sinagoga di via Cesare Balbo, a Roma.

“Dobbiamo festeggiare per ricordare da dove veniamo e che cosa è successo in Italia e come siamo stati in grado, come popolo, di liberarci da regimi come quello fascista – ha aggiunto -. La seconda cosa importante è ricordare che la nostra Costituzione va ancora attuata in molti punti, dalla sanità al lavoro al principio di uguaglianza. Questa giornata è molto importante per noi perché consente di ricordare i nostri valori. Bisogna ricordarsi che c’è ancora tanto da fate per aiutare i cittadini nei diritti fondamentali”.

CONTE “SBAGLIA CHI NON CELEBRA 25 APRILE”

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“Penso che questa giornata non debba essere vissuta riproponendo antiche divisioni o vecchi pregiudizi. È il giorno in cui abbiamo riconquistato la nostra indipendenza, che ha avviato la rinascita della nazione e nel quale possiamo tutti rinvenire le radici del nostro patto costituzionale”. Cosi’, in un’intervista a la Repubblica il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in merito al 25 aprile.

“Non rispondo delle scelte di Salvini ma delle mie – aggiunge -. E dico che dobbiamo distinguere. All’origine di questa ricorrenza vi è una guerra civile, un evento lacerante per le coscienze di chi l’ha vissuta. Per onestà intellettuale potremmo noi stessi interrogarci su quale sarebbe stata la nostra scelta di campo se fossimo vissuti in quell’epoca: a favore della Resistenza, con la Repubblica sociale o in attesa dello svolgimento degli eventi. Ma questi dubbi oggi non hanno motivo di sussistere e non possono contribuire ad alimentare divisioni. Oggi noi dobbiamo festeggiare, insieme, il nostro patto fondativo, la scelta compiuta di riprendere il futuro nelle proprie mani”.

“Non intendo alimentare polemiche partitiche in questo giorno di festa nazionale”, sottolinea Conte, che aggiunge: “Non ritengo vi siano concrete possibilità che il nostro sistema democratico possa subire involuzioni autoritarie sino al punto di riprodurre un modello dittatoriale. I presidi democratici sono incisi nella nostra Costituzione e sono penetrati ormai a fondo nel tessuto della nostra vita sociale. Questo non significa che non dobbiamo vigilare affinché vi sia sempre, anche nel linguaggio, nel dibattito pubblico, nelle relazioni interpersonali, il massimo rispetto per i valori della dignità umana e della piena libertà personale”.

E alla domanda se non vede il rischio di un rigurgito di fascismo nell’Unione Europa, risponde: “Se ragioniamo di fascismo secondo un’accezione ristretta, direi certamente no. Siamo inseriti in un’architettura sovranazionale saldamente fondata su un patrimonio di valori costituzionali comuni. I diritti fondamentali sono oggi tutelati al massimo livello: dalla Carta di Nizza, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e dalle tradizioni costituzionali comuni richiamate nell’articolo 6 del Trattato”.

“Le conquiste democratiche non possono essere ridiscusse – sottolinea -. Vero è che possiamo misurare il tasso di una democrazia in base all’effettivo grado di partecipazione dei cittadini alla vita politica, sociale ed economica, in base al grado di rispetto dei valori della persona, in base all’effettività della tutela dei diritti fondamentali”. Ed in merito ai tifosi della Lazio in trasferta a Milano, che hanno srotolato uno striscione inneggiante a Mussolini intonando cori fascisti, commenta: “Sono episodi inqualificabili che vanno contrastati applicando le leggi che già ci sono e rafforzando, quando necessario, i presidi di legalità e l’efficienza dell’apparato sanzionatorio. Ma questi fenomeni si combattono ancora più efficacemente diffondendo, soprattutto nelle scuole, la cultura del dialogo e del rispetto della persona”.

25 APRILE, CASELLATI DEDICA FESTA AI GIOVANI

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“Il 25 aprile è la Festa di tutti coloro che credono nei principi del nostro Stato di diritto e che si riconoscono nella comunità internazionale e nei valori che li ispirano. E’ la Festa di chi ha creduto nella rinascita del nostro Paese e nell’Europa come fulcro di pace tra i popoli e di benessere sociale”. Così il Presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha commemorato la ricorrenza del 25 aprile a Padova.

Partendo dal ricordo dell’Università di Padova “insignita per la sua indomita lotta Medaglia d’oro al valore militare”, il Presidente Casellati, nel suo intervento a Palazzo Moroni, ha dedicato la Festa della Liberazione ai giovani: “E’ con il pensiero rivolto a quella gioventù universitaria che vorrei dedicare la ricorrenza che celebriamo oggi ai giovani, a coloro che rappresentano il presente ed il futuro di questa città e dell’intera Nazione”.

“E’ innanzitutto la loro Festa – ha aggiunto il Presidente del Senato – perché i valori che ispirarono i giovani in quelle drammatiche fasi sono gli stessi valori posti a fondamento della nostra Costituzione e della vita dell’intera comunità nazionale”. “Tramandare la storia alle future generazioni è doveroso affinché le tragedie vissute non possano più ripetersi”, ha concluso.

25 APRILE, MATTARELLA “RITORNO A DEMOCRAZIA”

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“Sono davvero lieto di essere a Vittorio Veneto, per celebrare qui la Festa della Liberazione, in questo luogo simbolo caro all’Italia, che vide i nostri soldati segnare la conclusione vittoriosa della Prima guerra mondiale, sancendo così il compimento dell’unità territoriale italiana. Unità territoriale che corrispondeva all’unità morale e spirituale dell’Italia, all’aspirazione a una Patria libera e indipendente”. Cosi’ il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenendo alla cerimonia commemorativa del 74^ Anniversario della Liberazione.

“Quella stessa aspirazione – dopo poco più di un ventennio – animò i volontari della Libertà, in queste terre generose e martoriate del Veneto, negli aspri combattimenti contro l’oppressione nazifascista, con tutto il suo carico di sangue, lutti e devastazioni. E con pagine straordinarie di sacrificio, eroismo e idealità, che non possono essere rimosse e che vanno ricordate – ha aggiunto -. Festeggiare il 25 aprile – giorno anche di San Marco – significa celebrare il ritorno dell’Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent’anni di dittatura, di privazione delle libertà fondamentali, di oppressione e di persecuzioni. Significa ricordare la fine di una guerra ingiusta, tragicamente combattuta a fianco di Hitler. Una guerra scatenata per affermare tirannide, volontà di dominio, superiorità della razza, sterminio sistematico”.

“Se oggi, in tanti, ci troviamo qui e in tutte le piazza italiane è perché non possiamo, e non vogliamo, dimenticare il sacrificio di migliaia di italiani, caduti per assicurare la libertà a tutti gli altri – ha sottolineato Mattarella -. La libertà nostra e delle future generazioni. A chiamarci a questa celebrazione sono i martiri delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema e di tanti altri luoghi del nostro Paese; di Cefalonia, dei partigiani e dei militari caduti in montagna o nelle città, dei deportati nei campi di sterminio, dei soldati di Paesi stranieri lontani che hanno fornito un grande generoso contributo e sono morti in Italia per la libertà. Questo doveroso ricordo ci spinge a stringerci intorno ai nostri amati simboli: il tricolore e l’inno nazionale (così ben cantato dal coro di ragazzi e adulti, complimenti al maestro Sabrina Carraro)”.

“È il dovere, morale e civile, della memoria – ha aggiunto -. Memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente, che compongono l’identità della nostra Nazione da cui non si può prescindere per il futuro”.

“Il 25 aprile del 1945 – ha ricordato il Capo dello Stato – nasceva, dalle rovine della guerra, una nuova e diversa Italia, che troverà i suoi compimenti il 2 giugno del 1946, con la scelta della Repubblica e il primo gennaio 1948 con la nostra Costituzione. Il 25 aprile vede la luce l’Italia che ripudia la guerra e s’impegna attivamente per la pace. L’Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere. L’Italia che pone i suoi fondamenti nella dignità umana, nel rispetto dei diritti politici e sociali, nell’eguaglianza tra le persone, nella collaborazione fra i popoli, nel ripudio del razzismo e delle discriminazioni. Non era così nel ventennio fascista. Non libertà di opinione, di espressione, di pensiero. Abolite le elezioni, banditi i giornali e i partiti di opposizione. Gli oppositori bastonati, incarcerati, costretti all’esilio o uccisi.  Non era permesso avere un pensiero autonomo, si doveva soltanto credere. Credere, in modo acritico e assoluto, alle parole d’ordine del regime, alle sue menzogne, alla sua pervasiva propaganda. Bisognava poi obbedire, anche agli ordini più insensati o crudeli. Ordini che impartivano di odiare: gli ebrei, i dissidenti, i Paesi stranieri. L’ossessione del nemico, sempre e dovunque, la stolta convinzione che tutto si potesse risolvere con la forza della violenza”.

“E, soprattutto, si doveva combattere – ha proseguito Mattarella -. Non per difendersi, ma per aggredire. Combattere, e uccidere, per conquistare e per soggiogare. Intere generazioni di giovani italiani furono mandate a morire, male armati e male equipaggiati, in Grecia, in Albania, in Russia, in Africa per soddisfare un delirio di dominio e di potenza, nell’alleanza con uno dei regimi più feroci che la storia abbia conosciuto: quello nazista. Non erano questi gli ideali per i quali erano morti i nostri giovani nel Risorgimento e nella Prima Guerra Mondiale. La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva”.

“L’8 settembre 1943 e gli eventi che ne susseguirono rappresentarono, per molti italiani, la fine drammatica di una illusione – ha detto il Capo dello Stato -. Con la dissoluzione dello Stato, i morti, i feriti, le gravissime sconfitte militari. L’Italia era precipitata in una lenta e terribile agonia. Il Re era fuggito a Brindisi abbandonando Roma al suo destino, le truppe germaniche avevano invaso il territorio nazionale, seminando ovunque terrore e morte, a Salò si era insediato un governo fantoccio, totalmente nelle mani naziste. Fu in questo contesto che molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica, maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta, innanzitutto morale, contro il nazifascismo”.

“Nacque così, anche in Italia – ha ricordato Mattarella -, il movimento della Resistenza. Resistenza alla barbarie, alla disumanizzazione, alla violenza: un fenomeno di portata internazionale che accomunava, in forme e modi diversi, uomini e donne di tutta Europa’. ‘Alla barbarie – ha aggiunto – si poteva resistere in tanti modi: con le armi, con la propaganda, con la diffusione di giornali clandestini, con la non collaborazione, con l’aiuto fornito ai partigiani, agli alleati, agli ebrei in fuga. Ma ci voleva forza d’animo e grande coraggio, perché ognuna di queste azioni poteva comportare la cattura, la tortura e la morte. Accadde, in forme e gradi diversi, in tutto il territorio nazionale soggetto all’occupazione nazista”.

“Contadini, operai, intellettuali, studenti, militari, religiosi, costituirono il movimento della Resistenza: tra loro vi erano azionisti, socialisti, liberali, comunisti, cattolici, monarchici e anche molti ex fascisti delusi. Non fu un esercito compatto, non poteva esserlo, ma piuttosto una rete ideale, che operava, in montagna o nelle città, in ordine sparso e in condizioni di grande difficoltà e pericolo”.

“Vi erano i partigiani, capaci di coraggio, di spirito di sacrificio e di imprese audaci; i soldati italiani che combatterono fianco a fianco con l’esercito alleato, coprendosi di valore – ha aggiunto Mattarella -. Accanto a essi, come componente decisiva della Resistenza italiana, desidero ricordare i tanti militari che, catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre, rifiutarono l’onta di servire sotto la bandiera di Salò e dell’esercito occupante e preferirono l’internamento nei campi di prigionia nazisti. Seicentomila: un numero imponente che fa riflettere sulla decisa prevalenza del senso di onor di Patria rispetto al fascismo fra gli appartenenti alle Forze Armate. Quasi cinquantamila di questi morirono nei lager in Germania, di stenti o per le violenze. Né va dimenticato il contributo fondamentale delle centinaia di migliaia di persone che offrirono aiuti, cibo, informazioni, vie di fuga ai partigiani e a militari alleati; e dei tanti giusti delle Nazioni che si prodigarono per salvare la vita degli ebrei, rischiando la propria”.

“Nel tessuto sociale del Veneto, permeato dalle cooperative di braccianti e dalle leghe contadine – ha ricordato -, la Resistenza germogliò dal basso in modo pressocché spontaneo: gruppi di cittadini, spesso guidati dal clero locale, che cercavano di mettere in salvo prigionieri alleati, perseguitati politici, ebrei e chi voleva sfuggire all’arruolamento nell’esercito di Salò o alla deportazione in Germania”.

“Spicca, nel territorio del Vittoriese, la personalità di don Giuseppe Faè, parroco di Montaner, vero cappellano dei partigiani – ha aggiunto Mattarella -. Arrestato insieme a collaboratori e familiari e condannato a morte, scampò alla fucilazione per intervento del Vescovo. Ma la sorella Giovanna, deportata in un lager nazista, non fece più ritorno. Attorno a don Faè muovono i primi passi coloro che diventeranno i capi partigiani di questa zona: Ermenegildo Pedron, detto ‘Libero’, Attilio Tonon detto ‘Bianco’ e dal giovane sottotenente degli alpini Giobatta Bitto, detto ‘Pagnoca’, che agirono soprattutto nella zona del Cansiglio. In tutto il Veneto la guerra partigiana fu particolarmente difficile e dura. I tedeschi volevano preservarsi il Veneto come via di possibile fuga verso la Germania. Le formazioni partigiane, infersero all’occupante diverse e cocenti sconfitte, pur se i continui rastrellamenti operati dai nazisti e dai fascisti nell’inverno 1944-45, specialmente sul Grappa e sul Cansiglio, ne ridussero la capacità operativa”.

“In quel drammatico periodo – ha ricordato Mattarella – ci furono molte esecuzioni di partigiani e rappresaglie contro la popolazione civile. Come la terribile impiccagione di 31 giovani agli alberi del corso centrale di Bassano del Grappa il 26 settembre 1944, di cui ha parlato la professoressa Giulia Albanese, che ringrazio per il suo intervento appassionato e puntuale. Alcuni di questi giovani impiccati avevano meno di 17 anni”.

“Il bilancio dei rastrellamenti pesò molto sulla Resistenza veneta: in pochi giorni vennero impiccati 171 combattenti per la libertà, 603 vennero fucilati, 804 deportati, oltre tremila fatti prigionieri e centinaia di case vennero bruciate – ha sottolineato il Capo dello Stato -. Ma nella primavera del 1945, rafforzate da nuovi giovani venuti a irrobustire le loro file e dagli aiuti alleati, le formazioni partigiane venete riusciranno a infliggere nuovi, decisivi colpi alle forze tedesche, fino alla Liberazione. In alcuni casi, come in quello di Vittorio Veneto, l’esercito tedesco negoziò direttamente la resa con i capi partigiani”.

“Ringrazio la signora Meneghin per il suo appassionato intervento – ha aggunto -. E la ringrazio ancor di più per il coraggio dimostrato in quegli anni terribili della guerra partigiana. Concordo con lei: per la Resistenza fu decisivo l’apporto delle donne, volitive e coraggiose. In Veneto furono staffette, ma anche combattenti. Su di loro, se catturate, la violenza fascista si scatenava con ulteriore terrificante brutalità, come le sopravvissute raccontarono del trattamento della banda Carità, un gruppo di torturatori di inaudita ferocia che aveva sede presso Villa Giusti a Padova. Ne abbiamo già ricordate alcune e tante altre giovani venete di allora andrebbero citate per quanto hanno fatto, per il loro impegno. Per tutte ricordo Tina Anselmi, con cui ho avuto l’opportunità e l’onore di lavorare a stretto contatto in Parlamento”.

“Fondamentale per animare il movimento resistenziale fu, in Veneto, il contributo del mondo della cultura e dell’università. Come è stato appena ricordato, l’Università di Padova, unico caso tra gli atenei italiani, fu insignito della medaglia d’oro al valore della Resistenza – ha aggiunto Mattarella -. Ricordo l’appello, di grande suggestione e di altissimo valore morale, che il grande latinista Concetto Marchesi, rettore dell’università padovana, rivolse ai suoi studenti in piena occupazione nazista, invitandoli alla rivolta: ‘Una generazione di uomini – scrisse Marchesi – ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo italiano”. Non furono queste solo parole. Perché Marchesi, comunista, insieme al suo allievo Ezio Franceschini, cattolico, diedero insieme vita a una organizzazione segreta, operativa (FraMa, dalle iniziali dei loro cognomi) capace di fornire assistenza logistica agli alleati, ai resistenti e agli ebrei. La FraMa ebbe i suoi martiri: il padre francescano Placido Cortese, torturato a morte nella Risiera di San Sabba, e la suora laica Maria Borgato, scomparsa nei lager tedeschi”.

“Anche in Veneto, come in altre zone d’Italia, ci furono, dopo il 25 aprile, vendette e brutalità inaccettabili contro i nemici di un tempo, peraltro prontamente condannate dai vertici del Cln. Nessuna violenza pregressa, per quanto feroce, può giustificare, dopo la resa del nemico, il ricorso alla giustizia sommaria. Mai questa può essere commessa in nome della libertà e della democrazia – ha aggiunto -. La Resistenza, con la sua complessità, nella sua grande attività e opera, è un fecondo serbatoio di valori morali e civili. Ci insegna che, oggi come allora, c’è bisogno di donne e uomini liberi e fieri che non chinino la testa di fronte a chi, con la violenza, con il terrorismo, con il fanatismo religioso, vorrebbe farci tornare a epoche oscure, imponendoci un destino di asservimento, di terrore e di odio. A queste minacce possiamo rispondere con le parole di Teresio Olivelli, partigiano, ucciso a bastonate nel lager di Hersbruck: ‘Lottiamo giorno per giorno perché sappiamo che la libertà non può essere elargita dagli altri. Non vi sono liberatori. Solo uomini che si liberano’. Buon 25 Aprile!!”, ha concluso il Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

LEGITTIMA DIFESA, MATTARELLA PROMULGA CON OSSERVAZIONI

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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato la legge recante modifiche al codice penale e in materia di legittima difesa e ha contestualmente inviato una lettera ai presidenti del Senato, Maria Elisabetti Alberti Casellati, della Camera, Roberto Fico, e al presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte. 

“Ho promulgato in data odierna la legge recante: ‘Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa’. Il provvedimento si propone di ampliare il regime di non punibilità a favore di chi reagisce legittimamente a un’offesa ingiusta, realizzata all’interno del domicilio e dei luoghi a esso assimilati, il cui fondamento costituzionale è rappresentato dall’esistenza di una condizione di necessità. Va preliminarmente sottolineato che la nuova normativa non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini, esercitata e assicurata attraverso l’azione generosa ed efficace delle Forze di Polizia”, sottolinea il capo dello Stato nella missiva.

“L’art.2 della legge, modificando l’art.55 del codice penale, attribuisce rilievo decisivo ‘allo stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto’: è evidente che la nuova normativa presuppone, in senso conforme alla Costituzione, una portata obiettiva del grave turbamento e che questo sia effettivamente determinato dalla concreta situazione in cui si manifesta. Devo rilevare che l’articolo 8 della legge stabilisce che, nei procedimenti penali nei quali venga loro riconosciuta la legittima difesa ‘domiciliare’, le spese del giudizio per le persone interessate siano poste a carico dello Stato, mentre analoga previsione non è contemplata per le ipotesi di legittima difesa in luoghi diversi dal domicilio. Segnalo, infine, che l’articolo 3 della legge in esame subordina al risarcimento del danno la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, nel caso di condanna per furto in appartamento o per furto con strappo, ma che lo stesso non è previsto per il delitto di rapina. Un trattamento differenziato tra i due reati non è ragionevole poiché – come indicato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 125 del 2016 – ‘gli indici di pericolosità che possono ravvisarsi nel furto con strappo si rinvengono, incrementati, anche nella rapina’”, conclude Mattarella.

LIBIA, CONTE “NÉ CON SARRAJ NÉ CON HAFTAR”

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“Non sostengo un singolo attore dello scenario libico. Miriamo alla stabilizzazione del Paese, e l’opzione militare non è affidabile. L’Italia non è né a favore di Sarraj né a favore di Haftar, ma a favore del popolo libico, che sta soffrendo da troppo tempo e ha tutto il diritto di vivere in pace”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte, nel corso di una conferenza stampa a Pechino, rispondendo a una domanda sulla Libia.

“La nostra posizione si sta rivelando lungimirante, non è con l’opzione militare che si può stabilizzare la Libia. Dobbiamo lavorare a una soluzione politica, che non può che passare da un cessate il fuoco immediato”, ha aggiunto. 

 

PROVINCE, BOTTA E RISPOSTA FRA M5S E LEGA

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Nuovo botta e risposta fra M5S e Lega, questa volta sulle Province. “Per il M5S non esiste alcun tipo di poltronificio, quindi le Province si tagliano. Punto. Per noi è così, per il resto chiedete alla Lega. L’Italia ha bisogno di efficienza e snellimento, non di enti inutili e costosi”. Così, su Twitter, il ministro e vice premier Luigi Di Maio, che poi in un’altra dichiarazione insiste: “Gli sprechi si tagliano, è sempre stato così per il M5S e con tutta la burocrazia che abbiamo le Province vanno abolite. L’obiettivo è eliminare ciò che non è indispensabile e reperire risorse per abbassare subito le tasse a imprese e famiglie”.

A stretto giro il “pensiero” della Lega che rintuzzano gli alleati di governo: “i 5Stelle non possono cambiare idea ogni giorno su tutto. Oggi tocca alle Province, distrutte da Renzi con gravi danni per i cittadini e per la manutenzione di scuole e strade. Un viceministro 5Stelle lavora per rafforzarle, un altro ministro 5Stelle lavora per chiederle. L’Italia ha bisogno di sì e di serietà, non di confusione”.

Poi, è direttamente il leader della Lega Matteo salvini a dire la sua a margine di u comizio a Biella: “La Lega è per dare servizi ai cittadini. La buffonata di Renzi della finta chiusura della Province ha portato disastri e alla mancata manutenzione di scuole e strade. Io voglio che in tutta Italia scuole e strade siano in condizioni normali ed efficienti, se non lo fa qualcuno lo fanno le Province, l’importante è che i 5 Stelle si mettano d’accordo. Qualche viceministro dice si’ e qualcuno no, sull’autonomia qualcuno dice sì e qualcuno dice no, sui porti qualcuno li vuole aperti e qualcuno chiusi. L’importante è mettersi d’accordo. Noi vogliamo dare un servizio ai cittadini e se i Comuni e le Regioni non ce la fanno, servono le Province”.

SIRI, CONTE “NON VALUTO DA GIUDICE”

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“Sono d’accordo con Salvini e, infatti, l’ho dichiarato anche io. Sono avvocato. Non ho mai fatto il giudice neppure prima e neppure adesso. Non è certo con l’approccio del giudice che affronterò il problema”. Lo ha detto, prima di ripartire da Pechino alla volta di Roma, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, rispondendo ai giornalisti in merito al caso del sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione.

“Domani confido di potere vedere Siri – ha spiegato -. Non ho ancora fissato l’incontro, ma domani sicuramente sarà il primo giorno utile per poterlo vedere”.