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Riduzione del danno, la ricerca punta su salute orale e prevenzione

CATANIA (ITALPRESS) – Si è tenuta mercoledì 30 ottobre a Catania la Conferenza annuale del CoEHAR coordinata dal fondatore del Centro di Ricerca dell’Università di Catania, professore Riccardo Polosa e dal suo direttore, professore Giovanni Li Volti.
Al centro del dibattito scientifico due temi importanti: la prevenzione della salute orale e quella del sistema cardiovascolare. Tra i 25 illustri relatori anche numerosi esperti di riduzione del danno e dipendenze patologiche provenienti dalle più prestigiose università americane.
“Combattere l’incidenza delle malattie fumo correlate è il nostro obiettivo ma quando abbiamo a disposizione a livello globale prodotti a rischio ridotto, addirittura tra l’80 ed il 90% meno tossici rispetto alle sigarette convenzionali, in realtà la risposta è già nelle nostre mani come hanno dimostrato molti paesi virtuosi”, ha spiegato il professore Riccardo Polosa.
La Svezia, infatti, grazie agli strumenti di riduzione del danno ha ridotto la percentuale di fumatori al 5,6%, con un’incidenza di cancro inferiore del 41% rispetto ad altri Paesi dell’UE e un totale di decessi per cancro inferiore del 38%. Il Regno Unito è riuscito a ridurre il tasso di fumo di cinque punti in soli cinque anni, arrivando al 12% attuale. In Nuova Zelanda il numero di fumatori è sceso dal 15,1% nel 2018 all’8% nel 2022. “Si tratta di popoli che riusciranno a diventare smoke free entro pochissimi anni”, ha aggiunto Polosa.
Anche l’Italia, in questi ultimi mesi, ha compiuto importanti passi in avanti. Come dichiarato dal deputato nazionale e membro della commissione affari sociali della Camera, Francesco Ciancitto: “La riduzione del danno da fumo è il tema al centro di una risoluzione parlamentare già approvata dalla commissione volta ad avviare strategie efficaci di prevenzione delle patologie cardiovascolari. Il fine ultimo è introdurre politiche innovative in grado di rispondere alla necessità di prevenire gravi malattie del sistema cardiovascolare e di ridurre al contempo i costi a carico del sistema sanitario nazionale”.
La conferenza CoEHAR come ogni anno ha dimostrato di essere un momento di dibattito scientifico sugli esiti della ricerca applicata ai dispositivi alternativi a rilascio di nicotina, come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato. Ma con un focus particolare quest’anno dedicato alla prevenzione della salute orale. Tutti i tipi di fumo sono infatti pericolosi ed è auspicabile che la popolazione, specialmente giovane, non fumi. Ma è ovvio che il passaggio da fumo tradizionale a prodotti senza combustione sembra poter ridurre l’impatto di questo rischio l’impatto di questo rischio, anche a livello del cavo orale come dimostrato da diversi progetti in corso al CoEHAR che dimostrano tangibilmente come il passaggio dal fumo ai prodotti senza combustione aiuti a ripristinare il naturale bianco dei denti e a ripristinare uno stato di benessere totale della salute orale.
“L’avvento dei nuovi prodotti del fumo da oltre 10 anni ha monopolizzato l’attenzione degli esperti di tabagismo – ha aggiunto il professore Fabio Beatrice, dell’Osservatorio MOHRE – L’auspicio è che l’interesse scientifico non distolga l’attenzione dal problema centrale che ancora oggi è il fumo di sigaretta. Poichè smettere è difficile ma la rinuncia a strategie di riduzione del rischio appare clinicamente incomprensibile. Auspico che il dibattito esca da un confronto meramente ideologico e resti incentrato sul confronto di dati scientifici”.
L’evento, inserito nell’Annual Meeting on Addiction che si è tenuto dal 28 al 31 ottobre a Catania, ha visto anche la partecipazione della professoressa Sarah Pratt, del Darthmouth College, del professore Thomas Brandon, del Moffitt Cancer Center e della professoressa Lorien Abroms, della George Washington University, tutti scienziati impegnati nella lotta al fumo come dipendenza patologica da ombattere con strategie di riduzione del danno. Come ha concluso il professore Giovanni Li Volti: “Siamo di fronte ad una rivoluzione che ci porterà lontano che inciderà profondamente nelle vite dei singoli individui e nelle politiche pubbliche di tutto il mondo”.

– Foto Conferenza annuale CoEHAR –

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Colite Ulcerosa, al via campagna “Io Esco” di Alfasigma e Amici Italia

BOLOGNA (ITALPRESS) – “La vita là fuori è più bella. E si vede”. Spesso le persone che combattono ogni giorno con le sfide di una patologia cronica, debilitante e stigmatizzante quale la colite ulcerosa (CU), vivono all’ombra di sintomi e segni che condizionano negativamente la loro quotidianità. Una patologia che interessa 5 milioni di persone al mondo e che in Italia si prevede possa raggiungere un’incidenza di oltre 331mila casi nel 2025. Si manifesta soprattutto nei giovani adulti, influenzando in modo significativo la loro vita sociale e lavorativa ed è con l’obiettivo di aiutarli a raggiungere una maggiore consapevolezza nella gestione della patologia, che Alfasigma promuove la campagna Colite Ulcerosa – IO ESCO.
In collaborazione con AMICI Italia, Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino, e con il patrocinio della società scientifica IG-IBD, The Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease, la campagna si pone l’obiettivo di offrire ai pazienti strumenti concreti per migliorare la gestione della patologia e la qualità di vita, attraverso un mix di canali digitali, facilmente accessibili da ogni device elettronico, ed eventi in presenza, favorendo un dialogo aperto e trasparente con clinici esperti.
Se da un lato, infatti, la Colite Ulcerosa è una patologia sempre meglio compresa e gestita, dall’altro, buona parte del peso necessario per garantire una qualità di vita accettabile è a carico della volontà, dell’impegno e dei percorsi individuali intrapresi dai pazienti, che devono e possono essere formati per affrontare al meglio la patologia e le sue sfide. Per questo, è fondamentale fornire loro informazioni chiare e pratiche su aspetti cruciali della vita di tutti i giorni quali l’alimentazione, la sfera sessuale e relazionale e anche sull’impatto sociale e psicopatologico legato alla patologia.
Commenta Massimo Fantini, Segretario Generale IG-BD “Oggi incontriamo spesso due tipi di pazienti: da un lato la persona che non crede più che potrà curare la Colite Ulcerosa, e si arrende ad una vita con molte limitazioni. Dall’altro c’è invece chi comincia a stare meglio grazie alle cure e quindi pensa di poter smettere la terapia”. “In entrambi i casi – conclude Fantini – è necessario formare i pazienti al controllo della patologia, perchè siano sempre a bordo del percorso e aiutarli a mantenere un buon livello di cooperazione con il medico”.
La campagna si sviluppa attraverso una serie di strumenti e iniziative sia online che in presenza. La parte integrante dell’iniziativa, è composta da tre eventi locali gratuiti organizzati presso altrettanti ospedali specializzati anche nella cura della Colite Ulcerosa, durante i quali i pazienti, insieme a famigliari e amici, avranno l’opportunità di dialogare direttamente con clinici esperti e l’associazione pazienti AMICI.
Un sito web dedicato https://www.coliteulcerosa-ioesco.it/ e una pagina Instagram https://www.instagram.com/ioesco1/ offrono approfondimenti e consigli utili.
Inoltre, è stato realizzato un video di campagna https://www.coliteulcerosa-ioesco.it/ pensato appositamente per i social media con l’obiettivo di coinvolgere la comunità e aumentare la consapevolezza sul tema trattato. A supporto di tutto questo, verrà distribuita anche una guida pratica (scaricabile) dove il paziente troverà informazioni sui sintomi, percorsi, diritti, stili di vita, e dove potrà prendere nota di dubbi, difficoltà, progressi da condividere con il proprio medico. L’obiettivo è aiutare il paziente a compilare il proprio piano di azione di gestione della CU grazie alla conoscenza e al dialogo con il medico e il team multidisciplinare.
“La colite ulcerosa è una sfida quotidiana, non solo per il paziente ma anche per le persone che si prendono cura di lui/lei, ma con il giusto supporto e una rete di persone informate e solidali, i pazienti possono vivere appieno la propria vita, senza rinunce – commenta Salvo Leone, Direttore Generale AMICI, Associazione nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino – Con la campagna ‘IO ESCO’, vogliamo incoraggiare ogni paziente a uscire dall’ombra della malattia, a prendersi cura di sè con fiducia e a costruire una nuova normalità, senza barriere invisibili. La collaborazione con Alfasigma e il supporto di IG-IBD ci permette di offrire strumenti concreti, informazione chiara e un sostegno autentico: perchè vivere con la colite ulcerosa non significa più vivere limitati. Questa è una chiamata al coraggio e alla consapevolezza, affinchè ogni paziente possa dire con determinazione: ‘Io esco!'”.
“Grazie alla collaborazione con specialisti e associazioni di pazienti, ci impegniamo a sviluppare un dialogo con tutti gli stakeholder per contribuire concretamente all’innovazione nella gestione della patologia, obiettivo che stiamo perseguendo con questa prima campagna italiana, unica nel suo genere – sottolinea Marco Castino, General Manager Alfasigma Italia -Da oltre 75 anni, infatti, Alfasigma si dedica con passione al miglioramento della qualità di vita dei pazienti. La nostra missione è guidata dalla volontà di offrire risposte concrete ai bisogni insoddisfatti dei pazienti, e il nostro impegno nella colite ulcerosa ne è un chiaro esempio”.
La campagna IO ESCO include tre eventi in presenza, progettati per offrire ai pazienti una panoramica completa sulla gestione della Colite Ulcerosa. Durante questi incontri, i partecipanti potranno dialogare con gli esperti in Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) degli Ospedali coinvolti e ascoltare testimonianze, raccogliere informazioni pratiche e utili nel quotidiano per migliorare la gestione della patologia. Ogni evento prevede sessioni interattive e momenti di confronto diretto con i relatori e si concluderà con un momento dedicato alle tecniche di respirazione per migliorare la gestione dello stress e il rilassamento.
Gli eventi, a ingresso libero e gratuito, si terranno presso i seguenti ospedali, specializzati anche nella diagnosi, trattamento e gestione della Colite Ulcerosa: Ospedale Cisanello di Pisa, sabato 9 novembre, dalle 9 alle 13; IRCCS “S. De Bellis” Castellana Grotte (Centro Congressi), sabato 23 novembre, dalle 9 alle 13; Spedali Civili di Brescia (Sala Montini), sabato 7 dicembre, dalle 9 alle 13.

– foto ufficio stampa Alfasigma –
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Massimo Agosti nuovo presidente della Società Italiana di Neonatologia

ROMA (ITALPRESS) – “I cosiddetti “Primi 1000 giorni”, dal concepimento ai 2 anni di vita, condizionano la salute a lungo termine dell’essere umano. La Neonatologia ha, quindi, un ruolo fondamentale e la responsabilità di creare, insieme alle famiglie, le condizioni ottimali per poter garantire il miglior futuro possibile per ogni neonato, costruendo ponti multidisciplinari e multiprofessionali con gli ambiti perinatali, pediatrici e specialistici. Continueremo ad impegnarci in un dialogo ancora più attivo e costruttivo con le Istituzioni, sia a livello nazionale, che regionale, come interlocutori privilegiati nelle decisioni che riguardano le politiche sanitarie per i neonati, affinchè possano essere adottate strategie durature, basate su dati ed evidenze scientifiche di cui la nostra Società si rende garante. I rapidi mutamenti epidemiologici, demografici e sociali, influenzati dalla recente crisi pandemica e da una denatalità che non accenna ad attenuarsi, insieme alla difficoltà di reperire risorse dedicate (umane e tecnologiche) stanno accentuando problematiche significative in ambito neonatologico, mettendo in luce criticità che non possiamo ignorare, perchè ogni neonato merita le stesse opportunità di salute, indipendentemente da dove nasce”. Lo afferma Massimo Agosti, Professore Ordinario di Pediatria all’Università degli Studi dell’Insubria, dove dirige la Scuola di Specializzazione di Pediatria, nonchè Direttore della Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale e del Dipartimento Materno Infantile dell’Ospedale Del Ponte di Varese, Coordinatore del Gruppo di lavoro “Percorso Nascita” e Membro della “Commissione Vaccini” di Regione Lombardia, eletto Presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN), per il triennio 2024-27, a Padova, nel corso del XXX Congresso Nazionale della SIN.
Il neopresidente è autore di numerosi articoli scientifici in ambito neonatologico su riviste internazionali, tra i campi di maggiore interesse: la nutrizione con particolare riguardo alla promozione dell’allattamento materno, gli aspetti gastroenterologici del neonato sano e prematuro, la prevenzione e la terapia contro le infezioni neonatali, l’attenzione della cura complessiva del neonato con la sua famiglia sia nel corso della degenza in terapia intensiva, che dopo la dimissione, con sistemi di follow-up integrati con il territorio.
Massimo Agosti guiderà la SIN insieme al nuovo Consiglio Direttivo, composto da: Gina Ancora, Rimini (Vicepresidente), Alessandra Coscia, Torino (Tesoriere) e dai Consiglieri Arianna Aceti (Bologna), Antonino Di Toro (Napoli), Eloisa Gitto (Messina), Simonetta Picone (Roma), Daniele Trevisanuto (Padova), Stefania Troiani (Perugia).
Tra gli obiettivi principali del nuovo mandato: promuovere e sostenere l’allattamento materno per tutti i neonati, anche per i più piccoli e fragili, e la disponibilità del latte di banca umano donato; collaborare con le famiglie in tutti i setting di cura (fisiologia, piccola patologia, terapia intensiva neonatale, follow up); applicare gli standard organizzativi e gli standard europei di cura centrati sul neonato e sulla famiglia, in primis l’apertura delle Terapie Intensive Neonatali h24 ai genitori, affinchè possano essere presenti e vicini ai propri figli ricoverati; garantire un servizio di trasporto d’emergenza neonatale distribuito omogeneamente su tutto il territorio nazionale; fornire un’adeguata formazione neonatologica, sostenendone la ricerca scientifica per i medici specializzandi in Pediatria; coinvolgere le diverse figure professionali in un continuum di collaborazione tra ospedale e territorio per la cura di tutti i neonati.
“Le sfide da affrontare sono molte, ma ciascuna di esse rappresenta anche un’opportunità; dobbiamo continuare a lavorare insieme per costruire un sistema che metta al centro il neonato e la famiglia tutta, garantendo cure adeguate e accessibili in modo omogeneo, per promuovere, sin dall’epoca neonatale, una salute di qualità”, conclude il Presidente Agosti.

– Foto ufficio stampa SIN –

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Rete ospedaliera siciliana, da assessorato ultimatum a vertici aziende

PALERMO (ITALPRESS) – L’assessorato regionale alla Salute spinge sull’acceleratore per la rimodulazione della rete ospedaliera siciliana e sollecita ciascuna Azienda sanitaria a presentare la propria proposta entro il 5 novembre prossimo.
L’ultimatum in una lettera che l’assessore, Giovanna Volo, e il dirigente generale dell’assessorato, Salvatore Iacolino, hanno inviato ai direttori delle Aziende sanitarie e degli Enti del Sistema sanitario regionale, oltre che per conoscenza al presidente della Regione, Renato Schifani, e alla VI commissione Socio Sanitaria dell’Ars. Nella missiva, si ricorda che “sono stati nominati i componenti del Tavolo tecnico per la predisposizione della proposta di rimodulazione della rete ospedaliera, al quale partecipano anche i rappresentanti delle strutture di diritto privato accreditate e contrattualizzate con il sistema sanitario regionale (Acop, Aiop, Aris)”.
Inoltre, “contestualmente, per accelerare i tempi per la definizione della rimodulazione della rete ospedaliera in atto vigente, si è proceduto a incontrare le singole aziende, al fine di consentire alle direzioni strategiche di presentare le proposte di massima sul nuovo assetto organizzativo di ciascuna Azienda. In sede di incontro – si legge nella lettera – è stato convenuto il termine del 31 ottobre per l’acquisizione di una ‘base tecnicà per singola Azienda, da sottoporre al Tavolo tecnico e agli uffici di questa amministrazione per l’elaborazione della proposta assessoriale di rimodulazione della rete ospedaliera regionale che, ovviamente, terrà conto della vigente normativa nazionale e regionale e degli indirizzi ministeriali. Tale proposta sarà oggetto del successivo confronto congiunto con le conferenze provinciali dei sindaci e con tutti gli stakeholder previsti dalla vigente normativa, secondo un cronoprogramma stabilito da questo assessorato; in esito a tali confronti questa amministrazione procederà a elaborare il testo definitivo da sottoporre alla VI commissione dell’Ars per il prescritto parere e, infine, ai ministeri affiancanti. Si rappresenta l’urgenza di acquisire la proposta di ciascuna Azienda, entro e non oltre il 5 novembre prossimo – conclude la lettera -. Sarà cusa di questo assessorato aggiornare costantemente il presidente della Regione e la VI commissione dell’Ars sullo sviluppo della procedura”.
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-Foto: Italpress-

Un grande salto per sostenere le cure dei bambini

MILANO (ITALPRESS) – Il campione di freestyle motocross Vanni Oddera sarà il protagonista di un evento a Milano. Un’esibizione intitolata ‘Il grande saltò che porterà tutta la sua energia in Piazza Duca d’Aosta giovedì 31 ottobre, dalle 14 alle 18, dando il via alla raccolta fondi di Fondazione Mediolanum e Noverim Srl a favore dell’Ospedale pediatrico Istituto Giovanna Gaslini per la ricerca sulla Mototerapia. L’appuntamento – organizzato da Enic Meetings & Events di Stefano Gabbrielli, società che organizza eventi in tutto il mondo dal 1964 – si inserisce nell’ambito del bando del Comune di Milano per la valoùrizzazione di uno dei punti più strategici della città. Dopo una serie di iniziative dedicate all’intrattenimento, allo sport, al divertimento e alla condivisione, “Il Grande salto” aggiunge un nuovo valore al palinsesto di Piazza Duca d’Aosta con un forte impatto sociale. Per Grandi Stazioni Retail ospitare l’evento rappresenta un ulteriore tassello nella mission di rigenerazione urbana e sociale delle stazioni. Un’ulteriore opportunità per giovani, adulti e famiglie di riappropriarsi di un luogo importante per la collettività, in sicurezza, contribuendo a rendere Milano ancora più accogliente, accessibile e sensibile. A partire dal 31 ottobre e fino al 30 novembre, sarà poi possibile donare e contribuire alla ricerca dell’Ospedale Gaslini di Genova con l’obiettivo di continuare gli studi sulla mototerapia ed arrivare ad un protocollo che possa essere esportato anche in altre realtà con scopi terapeutici. Come sottolineano i promotori dell’evento di Milano, la mototerapia non è solo un momento di gioco, ma una vera e propria terapia complementare che, grazie al contatto con le moto e l’interazione con i piloti, aiuta a ridurre il dolore, lo stress e l’ansia, favorendo un approccio più sereno alle cure. Il Freestyle Hospital, un progetto nato al Gaslini di Genova nel 2013, dall’idea di Vanni Oddera, porta la mototerapia all’interno degli ospedali per offrire a bambini e ragazzi la possibilità di vivere un’esperienza unica e terapeutica. L’obiettivo è migliorare la qualità della vita dei piccoli pazienti, creando un ambiente positivo e favorendo la socializzazione. Le attività in corsia prevedono incontri con i bambini, la consegna di regali e spettacoli acrobatici. I piccoli pazienti hanno poi la possibilità di salire in sella alle moto, vivendo un’emozione indimenticabile.Vanni Oddera dal 2023 è stato nominato “Gaslini Ambassador” per il grande lavoro di vicinanza, promozione e raccolta fondi svolto in questi anni per l’ospedale pediatrico genovese. I primi 20 mila euro raccolti verranno raddoppiati da Fondazione Mediolanum Ente Filantropico e Noverim S.r.l Società Benefit che opera nel settore finanziario e che si è fortemente impegnata in questo progetto, e verranno erogati all’ospedale Gaslini tramite Gaslininsieme Ets con l’obiettivo, insieme, di consentire alla ricerca di fare un grande salto in avanti.

– Foto Headline Giornalisti –

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Cura dell’epatocarcinoma, Sicilia all’avanguardia. Nasce la Liver Unit

PALERMO (ITALPRESS) – Liver Cancer Awareness Month, che si tiene in ottobre, è dedicato all’informazione e alla sensibilizzazione sui tumori del fegato. Per fare il punto sui percorsi di prevenzione, diagnosi e cura dell’epatocarcinoma, il Policlinico di Palermo con AZ Salute, supplemento di biomedicina e sanità del Giornale di Sicilia, col patrocinio dell’Assessorato della Salute della Regione Siciliana, dell’Associazione EpaC-ETS, della Società Italiana di Storia della Medicina, con il contributo non condizionante di Roche, ha promosso il talk show “Epatocarcinoma: prevenzione e cura” che si è tenuto stamattina nel salone di Villa Malfitano di Palermo.
La Sicilia è stata la prima regione in Italia a costituire la Rete per la cura dell’epatocarcinoma con i centri Hub e Spoke con una certificazione da parte di un ente esterno. Un traguardo scientifico, ma soprattutto un’importante ricaduta in termini di equità di cure e di assistenza per tutti i siciliani.
“La Scuola di Specializzazione regionale – spiega il professore Calogero Cammà, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia ed Epatologia del Policlinico ‘Paolo Giacconè di Palermo – ci consente di essere in prima linea con la formazione dei giovani gastroenterologi e soprattutto nella capacità di coordinamento della rete regionale per il cancro per l’epatocarcinoma”. L’unità operativa di Gastroenterologia del Policlinico di Palermo ha le competenze per assistere il paziente in tutto il percorso: dalla diagnosi al trattamento, inclusi anche approcci innovativi come la terapia sistemica. “Nel prossimo futuro sarà di fondamentale importanza implementare modelli organizzativi in cui l’innovazione tecnologica e digitale, quindi l’intelligenza artificiale, possano essere integrati nell’attività clinica quotidiana”.
Sono i numeri a parlare: circa 150 i pazienti seguiti, in un anno, dal centro della Gastroenterologia del Policlinico di Palermo, mentre i casi discussi dal team sono circa 180. I tempi della diagnosi si attestano tra i 15 e i 20 giorni. “La Rete ha migliorato i percorsi di cura – afferma il professore Giuseppe Cabibbo della Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia ed Epatologia, Policlinico di Palermo – ottimizzando i tempi di diagnosi e assicurando ai pazienti le migliori opzioni terapeutiche. Ha inoltre abbattuto la mobilità extraregionale e, grazie ai board su piattaforma web, ha ridotto la necessità di spostamenti dei pazienti, fra aziende e centri Spoke e Hub. Inoltre, il board multidisciplinare – continua Cabibbo – è essenziale nella gestione dei pazienti con epatocarcinoma.
L’epatologo-gastroenterologo rappresenta la figura cardine e l’anello di congiunzione tra diverse figure professionali in tutte le fasi del percorso del paziente”.
L’epatocarcinoma è il più frequente tumore primitivo del fegato che nella maggior parte dei casi si sviluppa su un fegato cirrotico. Questo tipo di tumore rappresenta la terza causa di morte per neoplasia nel mondo, dopo polmone e colon. La sua incidenza a livello europeo è di 7 casi su 100.000 abitanti tra i maschi e di 2 ogni 100mila tra le donne. In Italia, secondo gli ultimi dati pubblicati, sono stati diagnosticati 10.000 nuovi casi di cancro al fegato, di questi il 75-85% era un epatocarcinoma che, nella maggior parte, non mostra sintomi fino agli stadi avanzati. Solo il 30- 40% dei pazienti viene diagnosticato allo stadio precoce.
Il fattore di rischio maggiore per l’insorgenza dell’epatocarcinoma è la co-infezione di epatite C e B (responsabile di circa l’85% dei casi) o della cirrosi causata dall’abuso di alcol.
Considerato che tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo dell’epatocarcinoma si contano l’abuso di alcol, con conseguente sviluppo di cirrosi, le epatiti virali e la sindrome metabolica, un ruolo chiave può essere svolto dalla prevenzione e dall’opportunità di indirizzare i pazienti ad effettuare, con regolarità, controlli gastroenterologici, con l’obiettivo di diagnosticare l’eventuale presenza dell’epatocarcinoma in fase precoce.
“Il livello di eccellenza raggiunto dall’Unità di Gastroenterologia nella gestione delle malattie del fegato e in quella dell’epatocarcinoma – sostiene Maria Grazia Furnari, Direttrice Generale del Policlinico ‘Paolo Giacconè di Palermo – si è concretizzato nella certificazione nazionale ufficiale PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali) dell’epatocarcinoma, rilasciata da Bureau Veritas Italia”. Furnari – nel corso dell’appuntamento che ha visto la presenza, tra gli altri, del sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, e del rettore, Massimo Midiri – ha annunciato la costituzione di una Liver Unit a partire dal 2025.
Per Massimiliano Conforti, Vice Presidente Associazione Epac-ETS, “fondamentali per la cura del paziente con tumore al fegato sono la presenza attiva di un team multidisciplinare e la gestione esperta da parte dell’epatologo, perchè si è in presenza di un tumore su un organo già danneggiato dalla cirrosi quasi nella totalità dei casi”.
Centri di eccellenza, come il Policlinico di Palermo, fanno la differenza perchè hanno uno staff di professionisti che negli ultimi decenni si sono sempre contraddistinti in Italia e nel mondo per la ricerca in ambito fegato.
“L’aspetto più importante in malattie come l’epatocarcinoma è riuscire a creare uno stretto accordo tra i protagonisti di queste vicende che parta dalla prevenzione, ovvero le informazioni, gli insegnamenti, per quanto riguarda lo stile di vita, che deve essere sano, e per quanto riguarda una corretta alimentazione – ha detto l’assessore alla Salute della Regione siciliana, Giovanna Volo -. Dobbiamo avere inoltre la possibilità di fare degli screening per arrivare alla diagnosi precoce; tutto quello che dobbiamo augurarci nella nostra Regione è essere nelle possibilità di offrire ai nostri cittadini tutto quello che riguarda la capacità di informazioni e formazione, oltre a risposte cliniche importanti”.

– foto ufficio stampa AZ Salute –
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Come cambia l’approccio medico nell’era dell’ipertecnologia

ROMA (ITALPRESS) – Ogni individuo è unico e irripetibile. E in quanto tale, va curato. Anche in medicina l’approccio è fondamentale, soprattutto lo è in anni in cui il medico ha a disposizione un numero incredibile di dati, frutto anche dei tantissimi esami oggi possibili. In questo contesto, è forte la tentazione di fare diagnosi e somministrare cure limitandosi a seguire le raccomandazioni e le linee guida, insomma attenendosi a ciò che è stato individuato per il gruppo, senza porre attenzione all’unicità del paziente. Il dialogo approfondito e l’osservazione attenta, insieme agli esami considerati caso per caso necessari, permettono invece quel fare ipotesi che è la parte importante della professione medica intesa come attività squisitamente umana e ancora lontanissima dalle performance dell’intelligenza artificiale. Sono questi alcuni dei temi trattati da Lidia Rota, ematologa specialista in emostasi e prevenzione delle trombosi, malattie cardiovascolari, malattie della coagulazione ed embolia, nonchè fondatrice e presidente di ALT, l’associazione italiana per la lotta alla trombosi, intervistata da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“L’approccio medico è cambiato tanto, la mia generazione non aveva strumenti – ha esordito la dottoressa – L’ecografia nasce negli anni ’70, la Tac negli anni ’80, la risonanza negli anni 90. Noi avevamo pochi strumenti, mani e occhi. Imparavamo dai nostri pazienti, li guardavamo, lo toccavamo e imparavamo. Oggi c’è una tale quantità di accessi alle informazioni che il rischio che si sta correndo è di andare dritti alla fonte dell’informazione e prendere i dati in modo passivo – ha puntualizzato Rota – Inscatolare i pazienti in una categoria trattandoli in modo uniforme non è il giusto approccio, ogni paziente, invece, è diverso dall’altro, e poi dobbiamo metterci la nostra esperienza che fa parte della competenza. Queste facilitazioni rischiano di dare un’impostazione molto meccanicistica”.
La capacità di fidelizzare il paziente e di prendersi il tempo necessario sono aspetti sempre più rari nel mondo della sanità: “Il rischio è che il paziente diventi un pò più neutro e non si leghi al suo medico – ha spiegato – Deve invece ascoltarlo, capirlo e diventare parte della cura. Il servizio sanitario nazionale con un approccio simile avrebbe un vantaggio, perchè vorrebbe dire dare più tempo al medico quando fa una prima visita, fare un investimento che darà una buona rendita. Il paziente non si sentirà trattato come un numero, forse assisteremmo un pò meno agli eventi orribili che capitano nei pronto soccorso – ha sottolineato riferendosi ai casi sempre in aumento di aggressioni nei confronti dei medici – Il sistema di gestione degli ospedali non permette di tornare a una medicina personalizzata, questo perchè si devono sempre più contingentare i tempi. Se si parla col paziente, se lo si fidelizza, si prende probabilmente la strada giusta nelle cure: se investi nella qualità del rapporto, ottieni un paziente che ti segue e il sistema sanitario ne giova”. E sull’intelligenza artificiale: “Tutto quello che è innovativo è straordinario, ma dobbiamo stare molto attenti a non farci sopraffare – ha ammonito Rota – Chat GPT accede in modo efficace alle nozioni che circolano e io mi sono chiesta ‘Ma allora non servo più?’, poi ho pensato che in realtà a nessuno interessa avere un rapporto così freddo, è pericolosissimo. L’IA cambierà la vita di moltissimi medici, farà cose straordinarie sulla parte tecnologica, farà follie pazzesche, ma il rischio che corrono i giovani medici è di affidarsi soltanto all’IA e di non metterci più del loro – ha riflettuto la dottoressa – Noi saremo sempre più intelligenti dell’intelligenza artificiale”.
Infine, sul proprio personale approccio in ambito medico nel lavoro di tutti i giorni: “Le mie visite durano come minimo un’ora, devo sapere chi ho davanti, come sta, perchè è arrivato, la famiglia, le medicine che assume e perchè. E poi mi prendo il tempo per analizzare tutto – ha raccontato – Io non amo far fare troppi esami, questo mette il paziente in un circuito che può essere demoniaco. I casi complicati spesso finiscono per essere rimbalzati da un medico all’altro -ha concluso – Oggi abbiamo super specializzazioni che però si dimenticano il quadro di insieme”.

– foto tratta da video Medicina Top –
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Ecco la nuova terapia contro l’obesità e le sue conseguenze

ROMA (ITALPRESS) – La ricerca scientifica giunge a una svolta nel trattamento dell’obesità, che rappresenta una vera e propria patologia cronica con dati in continua crescita. Secondo il rapporto ISTAT, In Italia, nel 2021 la quota di sovrappeso nella popolazione adulta è pari al 36,1%, mentre le persone con obesità sono l’11,5%, con un trend in costante crescita.
La novità terapeutica è rappresentata dalla molecola Tirzepatide, adesso disponibile in Italia, che potrà rivelarsi dirompente, visto anche il ruolo dell’obesità nel determinare patologie metaboliche, cardiovascolari, oncologiche. Questa nuova molecola, unica nel suo genere, non solo aiuta a perdere peso, ma contribuisce anche a ridurre i principali fattori di rischio cardiovascolare.
Molte persone, in passato, hanno tentato, anche senza consulto medico, diversi programmi dimagranti, diete ed esercizio fisico, spendendo anche tempo e denaro, ma senza ottenere risultati duraturi; con l’approccio innovativo di Tirzepatide, a differenza di altri farmaci oggi disponibili che richiedono fino a cinque mesi per raggiungere una dose efficace, bastano solo quattro settimane per vedere i primi risultati concreti. Questo significa meno ansia legata ai continui cambiamenti di dosaggio e una gestione del trattamento molto più semplice, con una immediata motivazione che favorisce una maggiore adesione alla terapia, aiutando a rendere il percorso di perdita di peso più realistico e soddisfacente. Il tutto con un ottimo profilo di tollerabilità, senza effetti collaterali importanti.
“Tirzepatide rappresenta un’innovazione farmacologica per la sua natura duale che permette a una singola molecola di agire su due recettori, GIP e GLP-1, riducendo il senso di fame e favorendo la perdita di peso – sottolinea Paolo Sbraccia, Professore Ordinario Medicina Interna, Dip. Medicina dei Sistemi, Università Tor Vergata, Direttore UOC Medicina Interna e Centro Medico dell’Obesità, Policlinico Tor Vergata – Nello studio clinico di fase 3 SURMOUNT-1, il farmaco, in aggiunta alla dieta e all’esercizio fisico, ha dimostrato con il primo dosaggio di mantenimento di 5 mg (raggiunto dopo 4 settimane di trattamento) una riduzione del peso del 16% alla 72° settimana. Inoltre, con la dose di mantenimento massima di 15 mg, tirzepatide ha dimostrato una perdita di peso senza precedenti del 22,5%. Oltre alla riduzione del peso, questo farmaco offre benefici su pressione arteriosa, trigliceridi e altri fattori di rischio cardiovascolare. E’ indicato per tutti i pazienti con un indice di massa corporea superiore a 30, ma anche per le persone in sovrappeso, con un indice tra 27 e 29, o con un’altra complicanza dell’obesità, tipo l’ipertensione, i trigliceridi elevati, la sindrome delle apnee notturne”.
L’obesità incide profondamente sullo stato di salute poichè si accompagna a importanti malattie e condizioni morbose che, in varia misura, peggiorano la qualità di vita e ne riducono la durata.
“Nonostante i progressi, l’obesità è ancora spesso ritenuta una condizione, un fattore di rischio, il risultato di stili di vita scorretti, e le persone affette vengono colpevolizzate. Si dimentica che invece l’obesità è una malattia legata alla mancata capacità dell’organismo di regolare il peso e il grasso corporeo per il mantenimento della salute – spiega Rocco Barazzoni, Presidente SIO – Società Italiana dell’Obesità, Dipartimento Scienze Mediche Chirurgiche e della Salute, Ospedale Cattinara, Università di Trieste – In Italia i numeri sono in aumento, con l’11,5% di persone colpite, circa 6 milioni; se si aggiungono le persone in sovrappeso, si arriva quasi a metà della popolazione: si tratta quindi di un enorme problema di salute pubblica. L’obesità, inoltre, è una malattia sistemica, poichè ha un impatto negativo su tutti gli apparati e i sistemi dell’organismo: oltre che per malattie metaboliche come diabete, ipertensione, dislipidemie, l’obesità è un fattore di rischio anche per malattie oncologiche, cardiopatie, malattie renali, malattie epatiche, senza dimenticare le complicanze biomeccaniche, con difficoltà nel movimento, fragilità e disabilità che sopraggiungono soprattutto, ma non solo, in tarda età. L’impatto sociale ed economico dell’obesità è quindi molto rilevante, ma purtroppo non se ne prende piena consapevolezza, sottovalutando sia prevenzione che trattamento. Con adeguati interventi e investimenti lungimiranti si potrebbero ridurre complicanze, ospedalizzazioni, e trattamenti farmacologici per altre malattie”.
L’obesità è stata riconosciuta come malattia cronica ed inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza): per questo la comunità scientifica auspica decisioni volte a tutelare la salute dei pazienti con tutti gli strumenti disponibili, considerando anche il valore di investimenti utili a prevenire trattamenti e ricoveri delle complicanze a cui sono soggette le persone con obesità.
“I farmaci innovativi contro l’obesità offrono grandi benefici, anche se i costi attuali restano significativi e non ancora coperti dal Servizio Sanitario Nazionale – evidenzia Luca Busetto, Past President SIO, Professore Associato Medicina Interna, Università di Padova, Dip. Medicina DIMED, Centro per lo Studio e il Trattamento Integrato dell’Obesità, Azienda Ospedaliera di Padova – La prescrivibilità in regime privatistico aumenta il rischio di un uso non propriamente adeguato, legato più a motivi di estetica che di patologia. Viceversa la non rimborsabilità pone un problema di equità al SSN, considerando che l’obesità è maggiormente diffusa proprio nelle classi socioeconomiche più svantaggiate. Si rischia di perdere una grande opportunità, visti i risultati emersi dagli studi clinici che hanno dimostrato benefici anche su patologie cardiovascolari, diabete, apnee notturne. E’ pertanto auspicabile una politica di rimborso almeno parziale indirizzato ai soggetti che hanno un maggiore rischio per la salute: chi abbia già avuto un evento cardiovascolare, i pazienti con scompenso cardiaco, quelli con prediabete e con apnee notturne sono le popolazioni indicate dalla letteratura scientifica come meritevoli di una priorità. Sarebbe un investimento che consentirebbe di risparmiare fondi sui successivi trattamenti e ospedalizzazioni”.
Prevalenza e incidenza dell’obesità attribuiscono al Medico di Medicina Generale un ruolo fondamentale visto l’elevato numero di pazienti che giunge alla sua attenzione.
“Ogni Medico Medicina Generale ha in carico in media circa 600 persone con un problema di eccesso di peso di cui circa 150 con obesità e 500 in sovrappeso – evidenzia Gerardo Medea, Consigliere nazionale SIMG e Responsabile della Ricerca – Il nostro compito è anzitutto quello di contenere il problema obesità attraverso la prevenzione primaria e poi di intercettare questi pazienti, per coinvolgerli in un percorso di diagnosi e cura personalizzato (che tenga conto cioè della situazione clinica di ciascuno di essi), ma soprattutto continuativo, (trattandosi di una patologia cronica) e multiprofessionale (trattandosi di una patologia complessa). Bisogna, inoltre, condividere coi pazienti obiettivi di cura realistici sia per quanto riguarda lo stile di vita, sia per la terapia farmacologica. Alla auspicata presa in carico di questi pazienti si aggiunge oggi la disponibilità di farmaci innovativi, come tirzeparide, per il trattamento dell’obesità, efficaci e sicuri, prescrivibili anche dai medici di famiglia. Questo richiede una robusta attività di formazione dei medici di medicina generale affinchè essi acquisiscano le competenze per poterli consigliare e prescrivere, anche in concertazione, quando necessario, con i centri di secondo e terzo livello”.

– Foto Diessecom –

(ITALPRESS).