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Giornata mondiale dell’udito, Amplifon offre test di controllo gratuiti

ROMA (ITALPRESS) – Il 60% dei problemi di udito può essere diagnosticato in modo efficace e tempestivo nell’ambito dell’assistenza primaria. Lo rivela l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in occasione della Giornata Mondiale dell’Udito (World Hearing Day) 2023. Il tema di questa edizione della giornata è l’accessibilità delle cure dell’udito per tutti, partendo proprio da una maggiore sensibilizzazione alla diagnosi e cura dei disturbi uditivi.
Per supportare l’impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Amplifon, azienda leader mondiale nei servizi e nelle soluzioni per la cura dell’udito, promuove una campagna di sensibilizzazione, offrendo test dell’udito gratuiti nei propri centri specializzati.
Attualmente, nel mondo, oltre 1,5 miliardi di persone soffrono di calo uditivo (ipoacusia). Entro il 2050, si stima che possano diventare 2,5 miliardi. Numerosi studi mostrano la connessione tra perdita dell’udito e il rischio di sviluppare demenza in età avanzata: per tale ragione, una recente ricerca di Alzheimer Research UK, suggerisce di effettuare i primi test dell’udito tra i 30 e i 40 anni, di indossare apparecchi acustici in caso di ipoacusia e di proteggere il proprio udito dall’inquinamento acustico.
Inoltre, dai dati EuroTrak 2022 emerge che, in media, una persona impiega dai 2 ai 3 anni per decidere di adottare un dispositivo acustico e, nella maggior parte dei casi, si rammarica di non averlo fatto prima: l’uso del dispositivo ha migliorato la qualità della vita (97%), la sua vita sociale (77%) oppure garantisce una migliore salute mentale ed emotiva (53%).
“Il tema scelto per il World Hearing Day 2023 conferma come l’educazione e la sensibilizzazione ai problemi di udito rappresentino sempre più una priorità – afferma Mark Laureyns, presidente dell’Associazione Europea Audioprotesisti e direttore del Centro Ricerche e Studi Internazionale di Amplifon -. La stigmatizzazione e la necessità di una corretta informazione determinano, ancora oggi, una forte barriera all’accesso alla cura dell’udito, che peraltro rappresenta anche un buon investimento: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, afferma che in Europa, per ogni euro investito nella cura dell’udito, è atteso in media un ritorno di oltre 30 euro per la società nel suo complesso. Un intervento tempestivo e appropriato può garantire alle persone che soffrono di ipoacusia e di altri distrurbi uditivi la possibilità di raggiungere il loro pieno potenziale”.
All’interno del suo Piano di Sostenibilità Listening Ahead, Amplifon si impegna ad accrescere la consapevolezza e l’accessibilità della cura dell’udito, offrendo test dell’udito gratuiti e generando così un risparmio per gli utenti di oltre 200 milioni di euro a livello globale nel 2023.
Nell’ambito delle proprie attività di sensibilizzazione verso i più giovani tramite l’iniziativa di ascolto responsabile Listen Responsibly, in occasione della Giornata Mondiale dell’Udito, ROMA (ITALPRESS) – Amplifon ha lanciato un canale globale su TikTok per spiegare in modo semplice l’importanza della prevenzione uditiva a ogni età e la necessità di contrastare lo stigma, oltre che per presentare la figura professionale dell’audioprotesista, il tecnico specializzato che aiuta le persone a scegliere la migliore soluzione uditiva per tornare a riscoprire l’emozione dei suoni.
Inoltre, nell’ambito delle proprie iniziative di sensibilizzazione, Amplifon si è fatta promotrice, al fianco di Udito Italia onlus, dell’organizzazione dell’edizione italiana della Maratona dell’Udito presso il Ministero della Salute, volta a diffondere i messaggi di prevenzione e importanza di accessibilità alle cure proposti dall’OMS. Infine, nella giornata del 2 marzo ha effettuato test dell’udito gratuiti tramite una nuova tecnologia proprietaria basata su iPad (OtoPad) presso il Campus dell’Università Bocconi di Milano.

– foto ufficio stampa Amplifon –
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World Hearing Day, nel mondo 1 persona su 5 soffre di un calo dell’udito

ROMA (ITALPRESS) – Il 3 marzo ricorre il World Hearing Day, la giornata in cui la WHO sensibilizza l’opinione pubblica e i governi mondiali sull’importanza dell’udito, promuovendo una corretta informazione e la necessità di attuare concreti programmi di prevenzione e cura. Nel mondo, evidenzia in una nota Fno-Tsrm-Pstrp, circa una persona su cinque soffre di un calo dell’udito e le previsioni stimano che nel 2050 una persona su quattro sarà affetta da un problema della propria funzionalità uditiva di varia natura. In Europa, circa 196 milioni di persone vivono con una perdita uditiva e si stima che nel 2050 saranno circa 296 milioni le persone che avranno problemi con il proprio udito. In Italia, su una popolazione attuale di circa 60 milioni di abitanti, la popolazione over 65 si attesta intorno ai 14 milioni e se ne stima un incremento di altri 4 milioni nel 2050, il chè aumenta le probabilità di insorgenza di problematiche uditive dovute alla presbiacusia.
L’Organizzazione mondiale della sanità con la pubblicazione del World report on Hearing del 2021 ha stimolato i governi e gli stakeholder in tema di udito a pianificare e introdurre programmi di screening in ambito neonatale, scolastico e per le persone anziane.
Allo stato attuale in Italia, continua la nota, l’unico programma strutturato di prevenzione delle problematiche uditive attivo sul territorio nazionale è lo screening uditivo neonatale universale che è stato reso obbligatorio e offerto gratuitamente a tutti i nuovi nati, nel rispetto del DPCM 12/01/2017 relativo ai nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che garantisce “le prestazioni necessarie e appropriate per la diagnosi precoce delle malattie congenite”, compresa la sordità.
Le raccomandazioni, relative all’attuazione dello screening, sono state recentemente ribadite dall’Istituto Superiore di Sanità con il Rapporto ISTISAN 22/17 da cui emergono luci ed ombre sull’efficacia del programma di screening se confrontati con gli indicatori di valutazione previsti dal Joint Committee on Infant Hearing (JCIH).
Infatti, si legge ancora, se da un lato l’indicatore sulla copertura dello screening in relazione ai nuovi nati si attesta intorno al 95% come previsto dal JCIH, dall’altro il rapporto evidenzia la reale difficoltà nel raccogliere i dati sul territorio nazionale non permettendo di ottenere nè il dato del rapporto pass/fail, che secondo i suddetti indicatori dovrebbe attestarsi al di sotto del 4%, nè il dato dei bambini che si perdono al follow-up, che dovrebbe attestarsi al di sotto del 2%.
Non conoscere questi dati aumenta concretamente il rischio di accesso improprio al secondo livello di valutazione audiologica di un elevato numero di falsi positivi, con conseguente aumento dei costi a carico del SSN e allungamento delle relative liste di attesa, incidendo quindi sfavorevolmente sul rapporto costo/beneficio del programma di screening.
Correttamente il rapporto dell’ISS sensibilizza la necessità, non più procrastinabile, di una governance clinica di raccolta e gestione dei relativi dati, di progetti condivisi, di un necessario coordinamento delle informazioni, dei controlli e dei monitoraggi a livello regionale e nazionale.
Nell’ambito degli screening in età prescolare e scolare esiste un vuoto che è necessario colmare. Nonostante la stragrande maggioranza della popolazione neonatale venga sottoposta ad un programma di screening, esiste la concreta possibilità di non intercettare i bambini che, pur avendo superato lo screening neonatale, manifestino uno sviluppo tardivo delle problematiche uditive (forme genetiche ad esordio tardivo), che soffrano di un disturbo del processamento uditivo o che sviluppino in età evolutiva una perdita uditiva a causa di altre patologie. “In assenza di uno strutturato programma di screening scolastico la tardiva valutazione delle problematiche uditive in età scolare può avere sostanziali conseguenze sullo sviluppo del linguaggio, sull’adeguato conseguimento delle abilità cognitive e sullo sviluppo sociale”, si legge ancora.
Non meno rilevante è la completa assenza sul territorio nazionale della possibilità per le persone anziane, ma in generale per le persone fragili di essere sottoposti a un controllo della loro capacità uditiva senza dover farsi carico di inutili e faticosi spostamenti verso i centri audiologici di riferimento. L’esperienza pandemica ha posto al centro il territorio ed è verso questo contesto che bisogna indirizzare gli sforzi. Prevedere sul territorio èquipe interdisciplinari che possano soddisfare i bisogni di salute anche in ambito audiologico rappresenta una sfida che non può più essere sottovalutata. In questo senso giova ricordare alcuni dati forniti dal Global Burden of Disease (GBD) in tema di persone anziane. Si stima che oltre il 65% delle persone con più di 60 anni ha già sperimentato il disagio provocato da una perdita uditiva. E’ ormai scientificamente provata la stretta correlazione tra il grado di perdita uditiva e la rapida progressione del degrado cognitivo.
Una precoce valutazione e interventi appropriati (eventuale terapia protesica) possono senza ombra di dubbio mitigare gli effetti avversi provocati da un calo uditivo.
La WHO raccomanda di recuperare appropriatezza, efficacia ed efficienza, garantendo equità e universalismo delle cure in tema di udito attraverso: interventi precoci tramite programmi di screening, la prevenzione e gestione delle malattie a carico dell’orecchio, un facile accesso alla tecnologia, attivazione di servizi riabilitativi, il miglioramento dei processi comunicativi, la riduzione del rumore ambientale e il miglioramento nel coinvolgimento della collettività.
Per Fno-Tsrm-Pstrp “eliminare le criticità relative allo screening uditivo neonatale, introdurre uno screening scolastico ben strutturato sul territorio nazionale e dare la possibilità alle persone anziane e ai più fragili di poter accedere facilmente ad una valutazione uditiva sul territorio o al proprio domicilio, rappresentano azioni mirate in ambito preventivo non più procrastinabili. A ciò bisognerebbe affiancare una capillare campagna informativa relativa alla cura del proprio udito coinvolgendo tutti gli stakeholder per identificare e mitigare le cause di stigma sociale associate alle problematiche uditive.
In sintesi: “Un udito sano per tutti! Facciamo in modo che diventi realtà””.

– foto agenziafotogramma.it –
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Covid, Rt in aumento a 0,94 ma nessuna regione a rischio alto

ROMA (ITALPRESS) – In lieve diminuzione l’incidenza settimanale a livello nazionale dei casi Covid: 45 ogni 100.000 abitanti contro i 48 ogni 100.000 abitanti della scorsa settimana. E’ quanto emerge dal monitoraggio della Cabina di regia Iss-ministero della Salute. Nel periodo 8 febbraio-21 febbraio 2023, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,94, in aumento rispetto alla settimana precedente ma ancora sotto la soglia epidemica. L’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero è in lieve aumento ma rimane sotto la soglia epidemica. Il tasso di occupazione in terapia intensiva è in crescita all’1,4%, mentre il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale è stabile al 5,2%. Nessuna Regione è classificata a rischio alto. Dieci sono a rischio moderato e undici classificate a rischio basso.

– foto agenziafotogramma.it –
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Leucemie, Toro (AIL) “In Italia ematologia e ricerca all’avanguardia”

PALERMO (ITALPRESS) – “L’ematologia italiana è tra le migliori al mondo e la ricerca fa passi da gigante. Se è vero che le industrie hanno prodotto negli ultimi anni presidi fondamentali, è anche vero che i ricercatori italiani sono all’avanguardia e hanno dato un contributo importantissimo nella terapia e nei protocolli. Oggi in Italia il 70% delle patologie leucemiche vengono guarite, c’è ancora tanto da fare perchè il 30% non è poco”. Così Pino Toro, presidente nazionale dell’Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma, nel corso di un’intervista a Italpress, a un anno dall’inizio del suo mandato alla guida dell’AIL. “Il bilancio è estremamente positivo, frutto della collaborazione delle 83 sezioni – ha affermato Toro -. Siamo presenti in tutto il territorio nazionale e siamo in grado di essere vicini ai malati che hanno problematiche legate ai tumori del sangue”.
L’AIL ha un rapporto di scambio continuo anche con tutte le divisioni di ematologia che “ricevono un sostegno da parte nostra in vari modi con ricerca, finanziando medici, infermieri, data manager o acquistando apparecchiature – ha spiegato Toro -. Sono tutte cose che i volontari fanno con grande generosità, con dei programmi evoluti che studiano assieme ai medici. Il tutto con una caratteristica: le raccolte che vengono fatte, per lo più, rimangono nel territorio dove sono state realizzate. Questo dà molta fiducia ai benefattori e ai nostri sostenitori, perchè vedono realizzate nel loro territorio delle opere importanti”. Un’assistenza a 360 gradi al paziente, quella offerta dall’associazione che fornisce ogni servizio possibile: “Riteniamo di avere la rete alberghiera più importante del volontariato con oltre 70 case AIL dove ospitiamo i malati e le loro famiglie durante i lunghi periodi di cura a cui obbliga la leucemia, che non è un tumore qualsiasi – sottolinea il presidente AIL -. Dall’esordio alla fine del percorso possono passare anche anni. E’ semplice capire di quante cose può aver di bisogno un malato se non ha dei sostegni economici importanti”.
“L’altra grande idea vincente in questi anni – ha sottolineato Toro – è stata l’assistenza domiciliare, seguiamo i malati a casa con la stessa equipe che li ha curati in ospedale, garantendo una qualità di vita migliore al paziente, lo mette al riparo da infezioni o altro e aiuta l’ospedale a decongestionare, ove possibile, e quindi avere la possibilità di ricoverare le persone che hanno realmente bisogno”.
La ricerca negli ultimi anni è progredita molto, consentendo a tanti malati di allungare la loro vita: “Spesso le patologie leucemiche non guariscono ma si curano, noi abbiamo un numero di cronici che accedono ai reparti continuamente ma che vivono una vita normale con un’aspettativa di vita quasi normale – ha proseguito Toro -. Continua ad essere crescente il numero delle persone che accedono ai nostri ambulatori, perchè sono sempre di più le persone che restano in vita”.
Infine, Toro ha anche parlato della “scuola” che in due anni ha formato 600 volontari: “Quella dei volontari è una specificità della nostra associazione, ne abbiamo oltre 15 mila che gestiscono le 83 sezioni. Offrono un servizio giornaliero ai malati: dal desk al day hospital, fino ad arrivare alle case AIL e persino al servizio navetta. Tutto questo è fatto in regime di volontariato. Abbiamo però anche pensato che questi volontari che stanno accanto a malati così delicati avessero bisogno di una formazione e per questo abbiamo creato la scuola. Il volontario deve essere formato perchè spesso è mosso dalla generosità e dall’entusiasmo, però per un malato serio come quello leucemico, che gioca ogni giorno tra la vita e la morte, è necessario avere delle conoscenze mediche e psicologiche che sono fondamentali per stargli vicino ed essergli veramente utile”, ha concluso.

– foto Italpress –
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San Marino, riorganizzazione della medicina di base e della guardia medica

SAN MARINO (ITALPRESS) – “La sfida si vince sul territorio”. E’ questo il messaggio lanciato oggi in conferenza stampa a San Marino dal Direttore del Dipartimento Socio Sanitario, Pierluigi Arcangeli e dal Direttore della UOC Cure Primarie e Salute Territoriale Agostino Ceccarini, presentando l’avvio del percorso di riorganizzazione delle Cure Territoriali e della Guardia Medica.
Alla presenza del Segretario di Stato per la Sanità Roberto Ciavatta e del Direttore Generale dell’ISS Francesco Bevere, sono state illustrate ai media e a una nutrita rappresentanza del personale dell’Istituto e delle istituzioni le basi su cui poggerà la riorganizzazione dei Medici di Famiglia, che oltre alla Medicina di Base coinvolge anche la Centrale Operativa Territoriale, la Guardia Medica Centralizzata e tutti i servizi afferenti, tra cui lo Sportello Patenti, i controlli di idoneità alle Assistenti Domiciliari Private e l’Ufficio Vaccinazioni.
Archiviata la fase emergenziale dovuta alla pandemia, ogni tassello organizzativo e di responsabilità sta tornando alla normalità, come la gestione del Covid che da un mese è in capo al Dipartimento Socio Sanitario in particolare alle cure primarie.
“Aver trasformato in gestione ordinaria le principali procedure legate alla pandemia da Covid-19 – dichiara il Direttore di Dipartimento Pierluigi Arcangeli – ha permesso di tornare a concentrarci sulla gestione della medicina generale e territoriale, che, è doveroso ricordarlo, la pandemia ha pesantemente coinvolto e affaticato, non solo a San Marino, ma di tutto il mondo. Con oggi voltiamo ufficialmente pagina, attraverso un messaggio di fiducia: le sfide della sanità del futuro si giocano molto sul territorio e noi vogliamo vincerle”.
Tra le novità presentate una maggiore disponibilità per le visite domiciliari da parte dei Medici di Condotta, procedure amministrative e organizzative più snelle ed è stata inoltre ribadita il libero accesso ai Centri per la Salute in caso di necessità.
Il Direttore della UOC Cure primarie e Salute Territoriale Agostino Ceccarini, proprio sul tema COT, ha affermato come “il servizio stia migliorando di giorno in giorno, con personale che ha acquisito esperienza e autonomia. In accordo con il Direttore di Dipartimento, saremo sempre più vicini agli infermieri che la gestiscono e infatti, abbiamo già previsto e programmato attività di formazione specifiche per tutto il 2023. Delle 180mila chiamate ricevute da quando è stata attivata nel maggio scorso, poco meno della metà avvengono di lunedì, mentre negli altri giorni della settimana si assiste a una sostanziale omogeneità di richieste di salute, e da cui emerge un buon indice di risposta”.
Altro aspetto fondamentale il rafforzamento della Guardia Medica, con nuove linee guida d’intervento che consentono una più fattiva collaborazione con i medici del Pronto Soccorso e il potenziamento del servizio durante alcune giornate festive nell’ottica della continuità dell’assistenza tra ospedale e territorio 24 ore su 24.
“Tra i prossimi obiettivi riguardanti il personale della Guardia Medica – specifica il Direttore di Dipartimento, Arcangeli – una nuova sede più baricentrica rispetto alla sede attuale di Murata. Questo aspetto sarà realizzato non appena saranno resi disponibili i nuovi spazi già individuati dal Comitato Esecutivo”.
“Mi fa particolarmente piacere – spiega il Direttore Generale dell’ISS, Francesco Bevere – l’affermazione da parte del Direttore dell’UOC Cure Primarie e Salute Territoriale circa la grande attività svolta nel 2022 da parte del personale della Centrale Operativa Territoriale, da oggi sotto la responsabilità dello stesso Direttore. Finalmente sono state stabilite regole chiare e un’organizzazione commisurata ai bisogni dei cittadini sammarinesi. Vigilerò personalmente affinchè le regole vengano rispettate a tutti i livelli organizzativi, rimanendo a disposizione per ogni ulteriore intervento di competenza del Comitato Esecutivo e del Direttore Generale. Ringrazio particolarmente il Direttore del Dipartimento Socio Sanitario per l’impegno incessante dimostrato su questo specifico tema e il Direttore UOC Cure Primarie e Salute Territoriale per aver condiviso pienamente il progetto con i suoi più stretti collaboratori. Voglio anche informare – ha concluso il DG ISS – di aver dato mandato al Direttore Ammnistrativo Marcello Forcellini di predisporre la gara d’appalto relativa al Servizio di Telemedicina, che completerà il programma di riorganizzazione già definito dalla istituenda cabina di regia del territorio, sotto la diretta responsabilità del Direttore delle Attività Sanitarie e Socio Sanitarie e della UOC Cure Primarie”.
– foto ufficio stampa ISS San Marino-
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Incidenti sugli sci, una corretta preparazione atletica per prevenirli

MILANO (ITALPRESS) – Trentamila incidenti all’anno sulle piste da sci con 1.700 di questi che costringono a un ricovero in ospedale. Sono i dati raccolti da Simon, il Sistema nazionale di sorveglianza sugli incidenti in montagna, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità. I dati riferiscono che gli infortuni coinvolgono soprattutto gli uomini, il 55%, rispetto al 45% delle donne, e che nel 50% dei casi accadono entro i 30 anni. Il 65% degli infortuni avviene in condizioni di buona visibilità, quindi non è imputabile al maltempo, e solo il 10% è dovuto a scontri con altri sciatori. Nella maggior parte dei casi, quindi, gli incidenti sulla neve sono causati da perdita di controllo. Questo è uno dei temi affrontati da Andrea Mambretti, specialista in ortopedia e traumatologia e dirigente medico della traumatologia sportiva del Centro ortopedico-traumatologico Gaetano Pini di Milano, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
Prevenire gli incidenti sulla neve “non è facile, anche perchè ormai lo sci è diventato uno sport di massa”, ha spiegato Mambretti. Ci sono “impianti sempre più moderni e tantissima gente – ha detto -, non tutti sono preparatissimi e non tutti sono coscienti dei propri limiti. E’ molto importante una corretta preparazione atletica prima di affrontare una giornata sciistica. E lo è anche la scelta degli attrezzi”.
Quanto tempo prima ci si dovrebbe attrezzare? “Dipende anche – ha spiegato – da chi affronta la stagione sciistica. Una persona che fa sport durante tutto l’anno non ha particolare necessità di incrementare la sua attività per arrivare a fare una giornata sugli sci”. Per Mambretti “sciare passivamente è pericolosissimo” ed “essere presenti sugli sci con un buon tono muscolare è fondamentale e riduce il rischio di incidenti”.
Cosa consigliare alla fine di una giornata di sci? Bisogna “imparare ad ascoltare il proprio corpo”, ha evidenziato. “Se qualcuno è caduto e ha preso delle botte – ha continuato – deve capire se sono importanti o banali, e poi fare qualcosa, anche una camminata di un quarto d’ora o venti minuti aiuta a smaltire più velocemente l’acido lattico. Poi l’alimentazione”.
Quali sono i traumi più comuni? “Un tempo – ha affermato – la cosa più comune che avveniva era la frattura di tibia e perone perchè si usavano attrezzi particolari e lo scarpone era molto basso. Adesso questi si sono ridotti perchè lo scarpone è molto più alto quindi il punto più debole è diventato il ginocchio, che è la causa più comune di un trauma durante una giornata sciistica”.
Per lo snowboard occorre una preparazione particolare? “Assolutamente sì – ha detto -, per certi versi ancora di più dello sci alpino, perchè lo scarpone non è rigido ma più basso e siamo frontali alla pendenza della pista. I traumi sono molto più frequenti ed è più facile trovare qualcuno senza una grande preparazione, quindi spesso ci sono danni maggiori e sono soprattutto agli arti superiori”.
Per quanto riguarda i traumi al ginocchio, la maggior parte di questi è ripristinabile al 100%? “Al giorno d’oggi sì – ha affermato – perchè la chirurgia ci offre tantissime possibilità e consente anche alla persona comune di tornare a un livello precedente all’infortunio”.

– foto Italpress –
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Primi voli in Italia con un drone per campioni di sangue da analizzare

ROMA (ITALPRESS) – Per la prima volta in Italia, campioni di sangue ancora da analizzare sono stati trasportati con un drone. Nell’area di Milano, D-Flight – Società del Gruppo Enav e partecipata da Leonardo e Telespazio – che eroga i servizi per la gestione del traffico dei droni, ed Enac, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, hanno eseguito, con un drone appositamente equipaggiato, alcuni voli per il trasferimento di campioni di sangue non testato (dangerous good) prelevato presso i centri di Opera e Rozzano della società Cerba HealthCare Italia, importante player della diagnostica e delle analisi cliniche.
I voli, effettuati lunedì 27 febbraio, si sono svolti in modalità BVLOS (Beyond Visual Line Of Sight), senza cioè il contatto visivo del pilota con il drone. Il velivolo, decollato e atterrato in un’area recintata controllata (3×3 metri) è un esarotore con paracadute balistico, doppio canale di comunicazione e sistema di terminazione del volo verificato da EASA, che con il suo carico pesava 25 kg.
I voli, operati dalla società Nimbus che ha progettato e sviluppato il drone ed il box per il trasporto sicuro di sangue da sottoporre ad analisi, hanno interessato aree rurali e urbane.
“La sperimentazione di Milano – dichiara Alessio Quaranta, direttore generale Enac – rientra nelle attività strategiche della mobilità aerea avanzata realizzate grazie all’innovazione tecnologica al servizio dei cittadini. Si tratta, in particolare, della prima autorizzazione operativa in categoria specifica rilasciata dall’Enac in accordo al Regolamento (EU) n. 2019/947 per il trasporto in sicurezza con un drone di campioni biologici che la normativa classifica come merce pericolosa. Far sì che tali servizi diventino al più presto la nostra quotidianità, non può prescindere dalla costruzione di un sistema che operi in sinergia, come è stato in questo caso con Enav e D-Flight. La buona riuscita della sperimentazione ci rende ottimisti per un rapido sviluppo delle operazioni con UAS e, più in generale, per l’implementazione di nuove tecnologie di mobilità aerea avanzata e sostenibile che ci stanno portando verso un futuro davvero prossimo”.
“Oggi siamo di fronte a un concreto esempio di Innovative Air Mobility in Italia – afferma Maurizio Paggetti, Chief Operating Officer di Enav e amministratore delegato di D-Flight -. Si tratta di un ulteriore passo avanti per la realizzazione dello U-Space in Italia, lo spazio aereo dedicato ai droni. Il lavoro di sperimentazione e coordinamento con gli attori del mondo unmanned sta rendendo sempre più concreta la possibilità di utilizzare i droni in molteplici attività a beneficio della sostenibilità e dell’efficienza dei servizi. Continuiamo a lavorare con ENAC sull’armonizzazione dei sistemi cercando di ottimizzare l’infrastruttura spazio aereo grazie a tecnologie e procedure all’avanguardia”.

– foto ufficio stampa Enav –
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5G, al via progetto europeo per studiare eventuali effetti sull’uomo

ROMA (ITALPRESS) – Valutare l’eventuale impatto sulla salute dell’esposizione ai campi elettromagnetici generati dalla tecnologia di telefonia mobile 5G. E’ questo l’obiettivo del progetto Ue SEAWave, finanziato nell’ambito di Horizon Europe con un budget di oltre 7 milioni di euro e condotto da un consorzio di 16 partner di ricerca, tra cui Enea. Coordinato dall’Università Aristotele di Salonicco (Grecia), il progetto punterà, nei tre anni di attività, a identificare le differenze nei modelli di esposizione tra le reti 2G, 3G e 4G rispetto al 5G per l’intera popolazione, compresi i bambini e i lavoratori. Inoltre, fornirà gli strumenti tecnologici necessari per una valutazione affidabile dell’esposizione e per contribuire alla conoscenza scientifica sul rischio per la salute umana da esposizione alle onde millimetriche.
“In questo progetto contribuiremo a sviluppare nuovi sistemi hi-tech che ci consentiranno esposizioni controllate e riproducibili alle emissioni elettromagnetiche della rete 5G. In questo modo, saremo in grado di testare i potenziali rischi correlati a un’esposizione cronica alla nuova banda di frequenza per i tessuti bersaglio, in particolare quello cutaneo – spiega Mariateresa Mancuso, responsabile del Laboratorio ENEA Tecnologie biomediche e coordinatrice del progetto per l’Agenzia -. Nei nostri laboratori – prosegue la ricercatrice – sono stati già condotti in passato studi sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici associati alle precedenti tecnologie di telefonia mobile 2G, 3G e 4G; in particolare, la ricerca ENEA si è concentrata sul sistema immunitario, nervoso, ematopoietico, uditivo e nella cancerogenesi. Ma in tutti i casi, non sono stati evidenziati risultati significativamente diversi rispetto ai gruppi sperimentali non esposti”.
L’utilizzo dello spettro di frequenza del 5G è suddiviso in tre bande di frequenza: la prima è quella compresa tra i 694 e i 790 MHz (detta Banda 700 MHz) che garantisce la migliore efficacia nella penetrazione del segnale all’interno degli edifici; la seconda è la banda intermedia tra i 3,6 e i 3,8 GHz (definita Banda 3,7 GHz), mentre la terza è quella compresa tra i 26,5 e i 27,5 GHz (denominata Banda 26 GHz). Quest’ultima rientra nella definizione delle cosiddette onde millimetriche, che consentiranno il trasferimento rapido ed efficiente di grandi quantità di dati ma avranno necessità di una rete più diffusa[3], soprattutto in quei luoghi dove è previsto un grande utilizzo come aeroporti, stazioni e centri commerciali. La tecnologia 5G, oltre all’impiego nell’ambito della telefonia mobile, consentirà l’utilizzo di nuove e rivoluzionarie applicazioni, come per esempio l’Internet delle cose (IoT) e le connessioni veloci tra macchine (i droni), ma anche quelle critiche come la guida autonoma e la telechirurgia. Inoltre, sarà tra i principali fattori abilitanti di tutte le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, il cloud computing e la realtà virtuale.
“I chiari vantaggi offerti da questa nuova tecnologia basata sulle onde millimetriche e l’impatto sull’economia mondiale sono ormai indiscussi. Bisogna considerare, però, che è la prima volta che le frequenze nella banda del 5G vengono impiegate per la connessione di dispositivi palmari, utilizzabili in prossimità del corpo o addirittura indossabili. Quindi, risulta quanto mai necessaria una corretta valutazione del rischio sulla salute – basata completamente sull’evidenza scientifica – per verificare eventuali rischi per l’uomo”, conclude Mancuso.

– foto agenziafotogramma.it –
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