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Covid, in lieve aumento incidenza settimanale, stabili Rt e intensive

ROMA (ITALPRESS) – In lieve aumento l’incidenza settimanale; mentre restano stabili sia l’Rt medio che l’occupazione delle terapie intensive. Questo quanto emerge dal monitoraggio della cabina di regina dell’Istituto Superiore di Sanità.
In lieve aumento l’incidenza settimanale a livello nazionale: 231 ogni 100.000 abitanti (30/12/2022 -05/01/2023) vs 207 ogni 100.000 abitanti (23/12/2022 -29/12/2022). Nel periodo 14 dicembre-27 dicembre 2022, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,83 (range 0,77-0,99), stabile rispetto alla settimana precedente e sotto la soglia epidemica. L’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero, sebbene in lieve aumento, rimane sotto la soglia epidemica: Rt=0,90 (0,86-0,94) al 27/12/2022 vs Rt=0,87 (0,84-0,90) al 20/12/2022. Il tasso di occupazione in terapia intensiva è stabile al 3,2% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 05 gennaio) vs il 3,2% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 29 dicembre).
Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale scende al 12,1% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 5 gennaio) vs il 13,0% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 29 dicembre). Tre Regioni sono classificate a rischio alto ai sensi del DM del 30 aprile 2020, tutte per molteplici allerte di resilienza; dodici sono a rischio moderato e sei classificate a rischio basso. Diciassette Regioni/PPAA riportano almeno una allerta di resilienza. Sette Regioni/PPAA riportano molteplici allerte di resilienza.

foto: agenziafotogramma.it

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Cure palliative, ne hanno bisogno in Italia oltre 290 mila persone

ROMA (ITALPRESS) – L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oltre 56,8 milioni di persone nel mondo necessitino di cure palliative prima della morte. Le persone con demenza e cancro rappresentano la maggior parte di questo bisogno. La maggioranza (61,1%) sono adulti di età superiore ai 50 anni e almeno il 7% sono bambini. Circa 31 milioni necessiterebbero di cure palliative precoci rispetto al fine vita.
In Italia ne hanno bisogno in media nell’ultimo periodo di vita 293.000 pazienti l’anno e di questi il 60% è con patologie croniche degenerative non oncologiche (dalle malattie cardiovascolari al Parkinson) e il 40% con cancro.
La World Health Assembly (2021) ha dichiarato che le cure palliative sono una responsabilità etica dei sistemi sanitari e una componente chiave della copertura sanitaria universale.
Nella legge di Bilancio 2023 è previsto che le Regioni mettano a punto ogni anno un piano di potenziamento delle cure palliative per raggiungere, entro il 2028, il 90% della popolazione interessata, soprattutto per l’assistenza domiciliare. In tale setting giocheranno un ruolo fondamentale le èquipe multidisciplinari di cui l’infermiere di famiglia e comunità è, anche secondo quanto scritto nel DM 77/2022 di riordino dell’assistenza sul territorio, parte essenziale.
L’infermiere di famiglia e comunità (IFeC), che in virtù del DM 77/2022 è il cardine su cui ruotano i nuovi modelli previsti, è il primo riferimento domiciliare per l’assistenza delle persone e dei caregiver e, di concerto con l’equipe curante e attraverso il coinvolgimento dell’Unità Valutativa Multidisciplinare (UVM) nella stesura del Progetto Assistenziale personalizzato (PAP), può rilevare e intercettare precocemente i bisogni di cure palliative e indirizzare l’utente verso percorsi appropriati.
Il documento “Cure palliative e IFeC” appena redatto dalla Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI) e dalla Società Italiana di Cure Palliative (SICP), fornisce proprio all’Infermiere di famiglia e comunità, considerato dalla norma “il professionista responsabile dell’assistenza infermieristica in ambito familiare e di comunità”, una serie di strumenti utili per intercettare tempestivamente i bisogni e fungere da raccordo con la Rete di cure palliative.
A regolamentare le cure palliative in Italia c’è la legge 38 del 2010 che le definisce come “l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta non risponde più ai trattamenti specifici” e identificano nella relazione di cura lo strumento più efficace per aiutare il paziente a vivere quanto più attivamente possibile fino alla fine.
Quella relazione che le professioni infermieristiche hanno ben codificato, per prime, nel loro Codice deontologico, in cui si stabilisce che “il tempo di relazione è tempo di cura”.
Il documento FNOPI-SICP indica gli strumenti possibili per l’infermiere di famiglia e comunità per il riconoscimento dei pazienti con bisogni di cure palliative, molti dei quali composti da indicatori clinici generali (di deterioramento delle condizioni di salute) e specifici per varie patologie.
Sono strumenti che hanno l’obiettivo di supportare i clinici non specializzati in cure palliative nell’identificazione precoce dei pazienti con bisogni di questo tipo di assistenza e non di definire i criteri per l’intervento di èquipe specialistiche e dovrebbero perciò essere utilizzati, come indica il documento, in associazione a uno strumento di valutazione della complessità dei bisogni che orienti nella scelta del modello delle cure palliative più appropriato per il singolo paziente (approccio palliativo, cure palliative condivise e specialistiche).
Il DM 77/2022 indica un fabbisogno di quelli di famiglia e comunità di circa 20mila che, sottolinea la FNOPI a Governo e Parlamento, “vanno formati e specializzati per garantire la necessaria qualità. E soprattutto servono politiche attive per combattere la carenza, rendendo attrattiva la professione: senza infermieri il danno è, prima di tutto, per i pazienti”.

– foto Agenziafotogramma.it –

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Al via l’iter per la realizzazione del nuovo Policlinico di Palermo

PALERMO (ITALPRESS) – Primi passi concreti verso la realizzazione del nuovo Ospedale Policlinico di Palermo. Il progetto, sostenuto dal Rettore Massimo Midiri, ha trovato la piena disponibilità del Presidente della Regione Renato Schifani e del Commissario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria, Salvatore Iacolino. Questa mattina in un vertice a quattro, tenutosi alla Presidenza della Regione, presente anche il Presidente della Scuola di Medicina, Marcello Ciaccio, si è convenuto di dar seguito all’istruttoria per la realizzazione del nuovo Policlinico di Palermo utilizzando le risorse destinate all’ammodernamento del patrimonio sanitario con i fondi di provenienza statale, ex art. 20 della legge 67/88. In particolare, si tratta di 340 milioni, che in un primo tempo erano stati destinati alla realizzazione del “Policivico” che prevedeva la fusione del Civico e del Policlinico, progetto che dovrà essere rivisto alla luce dell’incontro odierno, splittando le risorse in relazione alle nuove e distinte progettualità, d’intesa con il Ministero della Salute.
Nei prossimi giorni è previsto l’avvio delle procedure amministrative per l’elaborazione del progetto, da realizzarsi in un’area del campus di viale delle Scienze di proprietà del Comune in prossimità degli svincoli dell’autostrada, di un monoblocco di elevata qualità architettonica e tecnologica con circa 450 posti letto. Il progetto, che dovrà essere condiviso con l’amministrazione comunale di Palermo guidata da Roberto Lagalla, ricalcherà il modello ipotizzato da Renzo Piano che prevede un ospedale complesso e plurifunzionale ad alto contenuto tecnologico e assistenziale, preposto non solo alla cura e all’assistenza, alla diagnosi e alla terapia, ma anche alla ricerca e alla formazione.
“E’ un’opportunità straordinaria per migliorare l’assistenza sanitaria dell’intera Sicilia. Avviata la macchina, occorrerà vigilare su tempi e modalità di realizzazione di questo obiettivo strategico, privilegiando l’integrazione Ospedale – Università, con un’azione rapida, concreta e incisiva” afferma Iacolino.
“Obiettivo ambizioso del progetto è lo sviluppo ulteriore della ricerca e della didattica attraverso una struttura sanitaria che dal punto di vista tecnologico renderà sempre più concrete le finalità istituzionali della sanità universitaria. Ringrazio il Presidente della Regione Renato Schifani – conclude il Magnifico Rettore – per aver dato immediato impulso ad una progettualità di così ampio respiro” aggiunge il Rettore Massimo Midiri.

– foto: ufficio stampa Policlinico Palermo

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La corretta alimentazione e i miti da sfatare

MILANO (ITALPRESS) – La dieta mediterranea ricca di carboidrati, la dieta chetogenica con tanti grassi, il regime che impone di mangiare solo cibi crudi, quello che vieta qualsiasi nutriente di origine animale o ancora il consiglio di non mangiare per dodici o diciotto ore. Il campo dell’alimentazione sembra dominato dalle mode, con raccomandazioni contraddittorie che si susseguono e in alcuni casi si sovrappongono, rendendo veramente difficile capire cosa mangiare, come e quando. L’alimentazione è il tema affrontato da Carlo Cipolla, direttore di Cardio-oncologia e del servizio Second Opinion dell’Istituto Europeo di Oncologia, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, il nuovo format televisivo dell’agenzia di stampa Italpress.
“Per dieta si intende normalmente come finalizzata a calare di peso, l’alimentazione corretta è un’altra cosa”, ha affermato Cipolla. “La dieta mediterranea – ha proseguito – ha 25 anni. E’ ovvio che in questi ultimi anni dal punto di vista scientifico qualcosa sia cambiato. Il problema è che dal punto di vista sociologico è diventata per certi versi superata per quanto riguarda le abitudini. Quanti bambini prendono per cinque volte al giorno verdura e frutta? Impossibile. E poi si è scoperto che il vero problema è l’indice glicemico”.
Quindi, secondo Cipolla, il problema è “quando assumi qualcosa che incrementa tanto e rapidamente la glicemia”.
“E’ importante – ha spiegato – che le persone capiscano che, per esempio, il formaggio si assorbe in due ore e mezza, mentre il latte in meno di dieci minuti. Dimentichiamo 25 anni di lettura nella quale era importante vedere che cosa un cibo conteneva. Ciò che è importante – ha continuato – è capire in quanto tempo viene assorbito quello che il cibo contiene. E’ fondamentale perchè l’indice glicemico è 100 per lo zucchero, 65 per il riso, 50 per la frutta e 40 per la pasta”.
C’è chi preferisce i legumi. “L’uomo, storicamente – ha evidenziato Cipolla -, non è fatto per mangiare legumi. Il 95% delle intolleranze alimentari è dovuto ai legumi. E’ vero che le proteine animali possono essere sostituite da quelle vegetali ma dal punto di vista pratico è impossibile”.
Per quanto riguarda la carne, “la sua presunta cancerogenicità – ha detto – è dovuta alla cottura: è il barbecue che non va bene”.
E le uova? “Bisogna assumerne almeno sei-otto a settimana. Oggi solo con le uova – ha aggiunto – possiamo assumere i metalli (ferro, rame, quarzo, zinco e manganese) che sostengono la catena respiratoria cellulare”.

– foto Italpress –

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In Italia ogni anno 150 mila lesioni del menisco

MILANO (ITALPRESS) – Una caduta sugli sci, un’azione sul campo di calcio, un colpo azzardato giocando a padel ma anche una semplice corsa o addirittura uno scalino. Sono tante le situazioni della vita che possono causare un trauma del ginocchio. Gli infortuni più frequenti riguardano il menisco, una struttura fibrocartilaginea che funziona da ammortizzatore, ma se ne dovrebbe parlare al plurale perchè in ogni ginocchio ce ne sono due.
Si calcola che in media in Italia ogni anno ci siano circa 150 mila lesioni del menisco. Numerose anche le distorsioni, lesioni o fratture dei legamenti esterni o interni del ginocchio che possono determinare l’instabilità e addirittura il blocco dell’articolazione. In alcuni casi è necessario l’intervento chirurgico mentre in altri lo specialista opta per un periodo di riposo, seguito da un allenamento specifico. Due strade tra cui scegliere in base all’età e alle aspettative della persona.
Questo è uno dei temi affrontati da Piero Volpi, responsabile dell’Unità operativa di Ortopedia del ginocchio di Humanitas, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, il nuovo format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Il ginocchio è un’articolazione molto complessa”, ha sottolineato Volpi, che è anche responsabile del settore medico dell’Inter. Si tratta di “un’articolazione che è molto sollecitata nello sport ma anche nella vita quotidiana perchè – ha spiegato – la dinamicità della vita moderna consente ambiti di movimento molto importanti e nella longevità l’articolazione soffre di più”. I segnali che devono allarmare “possono essere gonfiore, dolore e cedimento”.
Ci sono lesioni di diverso tipo e non sempre è necessario l’intervento chirurgico. “Oggi – ha affermato – si cerca di essere conservativi più possibile. E’ cambiata la filosofia di indicazione su questa patologia e su tutta quella del ginocchio”.
A volte si parla di sproporzione tra masse muscolari e tendini. “Il tendine – ha detto – è l’organo di trasmissione tra muscolo e articolazione. Mentre il muscolo con l’allenamento tende a modificarsi e a incrementare la propria attività e potenza, i tendini, come anche la cartilagine, non si adattano alle attività di modifica dell’allenamento quindi molto facilmente vanno incontro a patologie che possono creare problemi”.
Per Volpi, “i traumi articolari, a differenza dei traumi muscolari nello sport sono difficilmente prevedibili”. “Mentre le lesioni muscolari sono facilmente prevedibili – ha evidenziato -, questi sono spesso imprevedibili. Ci sono, però, predisposizioni”.
Per quanto riguarda “la lesione del crociato”, si tratta del “sesto o settimo intervento chirurgico in ambito ortopedico”. “E’ molto frequente nel mondo – ha continuato – e viene definito ‘legamento dello sportivò. Le attività rotatorie di tanti sport effettivamente sono particolarmente sollecitanti e portano alle lesioni. Oggi, con le moderne attrezzature e con l’incremento della fisicità degli atleti – ha continuato -, si porta a esasperare enormemente queste attività fino a far rompere il crociato. In questo caso l’intervento chirurgico è obbligatorio perchè il ripristino della stabilità garantisce il ritorno all’attività sportiva”.
Esistono danni del ginocchio che possono avvenire con il tempo? “L’aspetto degenerativo dell’articolazione – ha affermato – interessa tutti i tessuti, in particolare le cartilagini con un’usura di questo tessuto che riveste le articolazioni che porta alla finalizzazione di un’artrosi. Avere ginocchia che consentano di vivere bene e in salute fino a 85 anni non è semplice”.
Lo stile di vita è importante. “Il peso incide enormemente come fattore negativo per l’articolazione”, ha evidenziato. Inoltre, occorre “tenere un buon trofismo muscolare e sapere che ci sono sport per ogni età, cioè non sollecitare in maniera massimale dopo i 60-65 anni il ginocchio. Puoi sempre fare uno sport – ha concluso – ma gravando meno sulle articolazioni”.

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Tumore al seno, la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è dell’88%

ROMA (ITALPRESS) – Secondo i dati dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) il tumore al seno colpisce oggi una donna su nove nel corso della vita. E’ il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne in Italia. I principali fattori di rischio sono l’età, fattori ormonali, dietetici, legati allo stile di vita e ovviamente l’ereditarietà e la familiarità. Grazie agli screening e alla maggiore consapevolezza delle donne, però, la maggior parte dei tumori maligni mammari è diagnosticata in fase iniziale, quando il trattamento chirurgico può essere più spesso conservativo e la terapia medica più efficace. La sopravvivenza netta a cinque anni dalla diagnosi è dell’88%. Scoprire la malattia al suo esordio è meglio, ovviamente, ma le notizie sono buone anche per le donne con tumore al seno metastatico. Anche per loro la sopravvivenza e la qualità della vita sono aumentate negli anni.
Il tumore al seno è uno dei temi affrontati da Paolo Veronesi, direttore di chirurgia senologica dell’Istituto europeo di oncologia, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, il nuovo format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
Sono trascorsi oltre 40 anni da uno degli studi più famosi della chirurgia mammaria, quello del padre di Veronesi, Umberto. “Nel 1981 – ha spiegato Paolo Veronesi – è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine lo studio di mio papà sulla chirurgia conservativa del seno. E’ stato uno studio basilare perchè ha aperto la strada ai trattamenti conservativi della chirurgia della mammella ma poi anche di tanti altri organi. Oggi la tendenza è quella di conservare il più possibile mentre fino a qualche decennio fa la tendenza era togliere. Ha rivoluzionato il mondo della senologia. Oggi il nostro obiettivo è quello di conservare il seno, se si può, altrimenti conservare l’aspetto esteriore che ha un’implicazione psicologica importantissima. Tutte le donne oggi possono uscire dalla sala operatoria come prima se non meglio, perchè grazie alla collaborazione dei chirurghi plastici riusciamo anche a migliorare l’aspetto estetico”.
Per una diagnosi precoce lo screening è fondamentale. Veronesi, infatti, ha ricordato “l’importanza della prevenzione”. “Basta pochissimo: fare per tutte le donne a partire dai 30-35 anni – ha affermato – un’ecografia con cadenza annuale; a partire dai 40 anni anche la mammografia con cadenza annuale. Vuol dire diagnosi precoce e vuol dire, per un tumore scoperto precocemente in fase preclinica, avere la possibilità di guarire al 99%”. Ci sono, poi, “persone più a rischio, quelle che hanno avuto tanti casi in famiglia o quelle che hanno mutazioni genetiche”.
Per la prevenzione conta anche lo stile di vita. “La diagnosi precoce – ha evidenziato – ci consente di trovare una malattia precocemente, però ancora meglio sarebbe evitare di ammalarsi. Conducendo uno stile di vita adeguato, possiamo ridurre in maniera significativa, di un terzo, la possibilità di ammalarsi di tumore della mammella. Questo vuol dire un’alimentazione corretta, bilanciata, povera di grassi animali, con prevalenza di vegetali, fare tanta attività fisica e mantenersi normopeso. E’ utile per la prevenzione del tumore della mammella e di tanti altri tumori. In chi ha già avuto un tumore della mammella – ha aggiunto -, il corretto stile di vita, soprattutto l’attività fisica, riduce il rischio di una possibile recidiva della malattia”.
Anche se si scopre la malattia in una fase più tardiva, c’è comunque la possibilità di cura. “In questo campo – ha affermato Veronesi – si sono avuti i progressi più importanti negli ultimi 5 o 10 anni. Un tempo una malattia diagnosticata con metastasi aveva una possibilità di vita molto breve, mediamente di circa un anno. Oggi il tumore metastatico della mammella si cura molto bene”.
Per quanto riguarda gli interventi, generalmente l’asportazione “riguarda solo una percentuale limitata della mammella”. “Per tumori grossi, quando invece la necessità di esportazione è più abbondante – ha spiegato -, possiamo abbinare interventi di chirurgia oncoplastica con ottimi risultati estetici”.
“Anche l’asportazione totale del seno – ha aggiunto – è molto cambiata in questi anni. Oggi tendenzialmente si svuota solo la ghiandola mammaria e si lascia la cute e il capezzolo. Questo permette una ricostruzione immediata con ottimi risultati”.
Paolo Veronesi è anche presidente della Fondazione intitolata al padre, Umberto. “Sui tumori femminili – ha spiegato – sosteniamo la ricerca di eccellenza. Sul tumore della mammella ci stiamo concentrando su quelli più difficili da curare, quindi i tumori metastatici, in termini di nuovi farmaci e di qualità di vita delle pazienti, in particolare – ha concluso – su quelli triplo negativi su cui oggi non abbiamo ancora cure mirate e su cui abbiamo deciso di concentrare i nostri sforzi”.

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Cadaver Lab, a Palermo nuovi corsi per la formazione chirurgica

PALERMO (ITALPRESS) – Apprendere come eseguire interventi chirurgici attraverso la formazione sui cadaveri. E’ l’obiettivo dei Cadaver Lab realizzati dall’istituto di Anatomia Umana del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo, organizzati dal Centro Interdipartimentale di Ricerca per la Valorizzazione del corpo donato alla scienza e col patrocinio del Dipartimento di Biomedicina, Neuroscienze e Diagnostica avanzata, della Scuola di Medicina e Chirurgia e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico. I corsi vedranno la partecipazione di illustri relatori italiani e stranieri, dando modo a specializzandi e specialisti di formarsi negli ambiti dell’anatomia clinica e chirurgica delle regioni della testa e collo e degli arti.
“Da anni ci occupiamo di organizzare i cadaver lab e hanno avuto sempre un grande successo in termini di partecipazione e soddisfazione dei discenti. Questo ci incoraggia ogni anno ad organizzarne sempre più numerosi e più interessanti – ha detto Francesco Cappello, ordinario di Anatomia Umana dell’Università degli Studi di Palermo -. Anche per il 2023 l’offerta di questi corsi prevede la possibilità per i discenti di apprendere non solo informazioni pratiche di anatomia clinica, ma anche riguardanti varie tecniche chirurgiche principalmente per il distretto testa-collo quindi di interesse otorinolaringoiatrico e anche di chirurgia maxillo-facciale, oculistico, neurochirurgico. Poi ne stiamo organizzando anche degli altri di interesse ortopedico e per la chirurgia generale.
Speriamo anche, con il contributo dell’azienda ospedaliera universitaria Policlinico, di poter presentare nelle prossime settimane un’ampia offerta formativa per specializzandi e specialisti nelle varie branche”. Cappello è stato da pochi giorni nominato dal rettore,Massimo Midiri, pro rettore alla vita studentesca: “E’ una grande responsabilità, perchè gli studenti sono il cuore dell’università. La nostra attenzione è volta a migliorare i servizi. Oggi stiamo parlando soprattutto di attività che riguardano la scuola di medicina e chirurgia, ma questa stessa attenzione dovrà essere posta anche agli studenti di altri indirizzi di studio”. I cadaver lab in Italia sono pochissimi e Palermo è una delle poche città nelle quali negli ultimi anni ne sono stati realizzati 15 con più di 100 partecipanti. “Il rapporto di collaborazione tra università e Policlinico è forte e in linea con le attese sia della comunità accademica che della realtà assistenziale che io rappresento – ha sottolineato Salvatore Iacolino, nuovo commissario del Policlinico -. Col professore Cappello c’è una lunga amicizia che poi si è concretizzata in rapporti di collaborazione che testimoniano la grande sintonia che c’è tra la azienda ospedaliera e l’ateneo. Sono attività che sono state avviate già da cinque anni e che sono state incrementate e il nostro obiettivo è quello di consolidarle nel tempo”.
I corsi sono il fiore all’occhiello, ma Iacolino ha anche in programma il raggiungimento di altri traguardi: “Ci sono diverse priorità tra cui l’attivazione di un’area di emergenza e di un complesso operatorio che da troppo tempo si attende la comunità palermitana, poi c’è l’esigenza di dare un assetto stabile alle funzioni apicali, ci sono 14 carenze che stiamo provando a colmare con procedure che abbiamo portato in fase avanzata nelle le ultime settimane. Inoltre c’è anche l’esigenza di stabilizzare il personale in servizio e di garantire quella unitarietà tra le funzioni di ateneo e l’attività assistenziale – ha sottolineato Iacolino -. Dobbiamo garantire un’attività assistenziale che sia in grado di poter soddisfare le esigenze degli assistiti, sia attraverso una modernizzazione delle attrezzature che un sistema complessivo che garantisca sicurezza e maggiore decoro ad una struttura che è prestigiosa e come tale va trattata”.
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Covid, Schillaci “Lavoriamo per non tornare indietro”

ROMA (ITALPRESS) – Si è riunita, sotto la presidenza del ministro della Salute, Orazio Schillaci, l’Unità di Crisi per valutare l’andamento della campagna di testing adottata in seguito alla grande diffusione del virus Sars Cov2 in Cina e alla necessità di evitare che possano diffondersi in Italia possibili nuove varianti derivanti dalla ripresa del fenomeno pandemico in Cina.
“Dalle prime attività di screening mirate al sequenziamento del genoma del virus, svolte presso gli aeroporti di Lazio e Lombardia, non sono risultate nuove varianti rispetto a quelle già presenti in Italia – spiega il ministero della Salute in una nota -. Si sottolinea, inoltre, che i dati epidemiologici confermano come in Italia si registri ormai da tempo una tendenza al miglioramento di tutti gli indicatori”.
“I cittadini italiani possono guardare con serenità alle festività in corso – dichiara il ministro Schillaci – mettendo in atto, come sempre, comportamenti responsabili. Le misure adottate in queste ore in Italia, sono state condivise anche da altri Stati europei, da Israele e dagli Stati Uniti. Gli italiani hanno fatto sacrifici, gli indicatori sono al momento rassicuranti e continueremo a lavorare per non tornare indietro”.

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