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Sanità, firmato il rinnovo del contratto per 550 mila dipendenti

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ROMA (ITALPRESS) – Dopo il parere positivo della Corte dei Conti, i lavoratori del settore sanitario hanno un nuovo contratto: Aran e sindacati hanno firmato, nella sede dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, il contratto collettivo nazionale del comparto sanità per il triennio 2019-2022. “È un contratto importante, prima di tutto perché è il primo dopo la pandemia. Riguarda 550 mila dipendenti del settore sanitario, tra cui gli infermieri che sono in numero maggiore”, ha detto Antonio Naddeo, presidente dell’Aran. “Il contratto oltre che prevedere gli aumenti, l’assegnazione dell’indennità specifiche che già la legge di bilancio ha destinato agli infermieri, rivede l’ordinamento professionale, la classificazione del personale all’interno delle aziende sanitarie, lo rende più moderno rispetto al passato. È stato un contratto lungo, una cosa molto complicata ma siamo arrivati alla fine della trattativa e hanno firmato tutte le organizzazioni sindacali, non era mai successo nella sanità, questo è un motivo di grande soddisfazione”. Il Ccnl riguarda circa 550mila operatori appartenenti al personale non medico e non dirigente, dipendente del Ssn, degli Izf, degli Irccs, delle Rsa, delle ex Ipab e di altri enti sanitari. Tra le novità del contratto “la disciplina, anche in questo settore, dello smartworking per tutta la parte amministrativa. Poi ci sono degli incrementi importanti che vengono dati che prevedono l’assegnazione di indennità specifiche al personale sanitario”, ha spiegatio Naddeo. Tra aumenti tabellari, indennità per le varie figure professionali e fondi per i nuovi ordinamenti e il salario accessorio, il contratto vale a regime quasi 1,3 miliardi, pari a un incremento medio di 175 euro lordi al mese. Conti alla mano si parla di una rivalutazione del 7,22%. L’ultima legge di bilancio, 2021, aveva previsto un premio per i 277mila infermieri, circa la metà del personale non dirigente del Servizio sanitario nazionale. Soddisfatto il sindacato che rappresenta il personale infermieristico: “Questo contratto è importante perché dopo quasi due anni riceviamo gli arretrati di una indennità importante che vale quasi un rinnovo contrattuale, gli infermieri con questo contratto ricevono un aumento contrattuale più elevato, grazie anche alle nostre battaglie. Ci sono delle novità importanti: è un contratto che viene fatto ogni 20 anni, rivede la classificazione del personale e introduce alcuni elementi che sono tipici della dirigenza come il sistema degli incarichi”, ha spiegato Andrea Bottega, segretario generale Nursing.

– foto ufficio stampa Aran –

(ITALPRESS).

Donazione degli organi, in Sicilia i no sono ancora troppi

PALERMO (ITALPRESS) – La donazione degli organi è un presupposto essenziale per gli interventi di trapianto. In Sicilia, però, si registrano ancora tante opposizioni e questo è un problema “culturale” che va affrontato a partire dal “sì in Comune”, ovvero da quella scelta richiesta al momento del rinnovo del documento d’identità. Lo ha sottolineato in un’intervista all’Italpress il responsabile del Centro regionale trapianti siciliano, Giorgio Battaglia.
In tema di donazione di organi, alla data del 29 ottobre, le dichiarazioni di volontà registrate negli uffici anagrafe dei comuni siciliani erano 891.658, di cui il 58,4% di consenso e il 41,6% di opposizione. Per il responsabile del centro trapianti siciliano, quindi, “il problema è proprio culturale”. Infatti, si tratta di “un dato quasi contrastante perchè – ha spiegato – c’è stato un premio per i comuni con il maggior numero di accettazioni di donazioni in vita e ha vinto un comune siciliano, Geraci Siculo. Era il comune con più dichiarazioni di volontà in senso positivo in Italia”.
“Il problema è proprio culturale: in quel paesino delle Madonie – ha ricordato Battaglia – una famiglia decise di donare gli organi per una bambina che era in morte cerebrale, anche se poi non li ha potuti dare a causa di una patologia. Fu comunque un modo per sensibilizzare la popolazione: la donazione era un fatto positivo e che non faceva morire la bambina ma la portava in vita attraverso le persone che ricevevano quel dono”. Per Battaglia, “in Sicilia ci vorrebbero tanti di questi esempi in quanto abbiamo un tasso di opposizione – ha continuato – che è quasi il doppio rispetto alle regioni più virtuose. Infatti abbiamo quasi il 50% di ‘nò in Comune rispetto alle regioni più virtuose che si attestano più o meno al 20%”.
Proprio per contrastare l’opposizione alla donazione di organi, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, Ignazio Portelli, ha scritto a tutti i sindaci e ai prefetti delle nove province siciliane, secondo quanto concordato in un incontro tenuto proprio con Battaglia.
“E’ un esempio – ha spiegato il coordinatore del Centro regionale trapianti siciliano – di come le istituzioni sono sensibili a questo problema. Abbiamo pazienti che muoiono in lista d’attesa per il trapianto perchè non ci sono gli organi. Il sì in Comune, quando andiamo a rinnovare la nostra carta d’identità, è il sì che dà la vita. Non possiamo chiederlo alle famiglie dietro la porta di una rianimazione in un momento di grande dolore. E’ più facile che decidiamo noi. Quello del Commissario dello Stato ai prefetti – ha continuato – è un modo per sensibilizzare tutti gli operatori di anagrafe perchè informino i cittadini del grande significato sociale che può essere quel ‘sì’ alla donazione. Il ‘sì’ in Comune è la prospettiva migliore per fare uscire la Sicilia da questa arretratezza culturale in cui si trova per una grande opposizione”.
E’ fondamentale, quindi, che la scelta della donazione venga compiuta per tempo e dopo una serena riflessione. Per sensibilizzare efficacemente i cittadini occorre “promuovere la cultura della vita che è la cultura che sta dietro quel sì”, ha affermato Battaglia. “Il Commissario dello Stato ha indirizzato la lettera ai prefetti – ha aggiunto – perchè questi operatori vengano formati in modo adeguato”. Se i cittadini hanno “bisogno di un’informazione e di capire che cosa sta dietro”, la possibilità c’è: con “dèpliant, comunicazione e informazione corretta – ha detto – possiamo interagire e fare comprendere che purtroppo quando la morte cerebrale avviene è sicura. Il legislatore è stato particolarmente sensibile – ha concluso – e ha fatto sì che non ci possano essere deroghe o qualcosa che possa essere dietro, una commercializzazione di organi o tutto ciò che possa essere non trasparente dietro il sì a donare”.

– foto Italpress –
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Marcello Gemmato sottosegretario alla Salute, soddisfatto il settore

ROMA (ITALPRESS) – Nato a Bari il 21 dicembre 1972, Marcello Gemmato, farmacista e responsabile sanità di Fratelli d’Italia, è il nuovo sottosegretario alla Salute. Eletto parlamentare nel 2018 nella circoscrizione Puglia nella lista di Fratelli d’Italia, ha a ricoperto il ruolo di segretario della Commissione Affari sociali. E’ stato rieletto deputato in questa nuova tornata elettorale. A Gemmato sono giunti gli auguri e le congratulazioni di numerosi esponenti del mondo politico e sanitario, a cominciare dai compagni di partito di Fdi Puglia e dai compagni di partito La Salandra e Maiorano. “Auguri di buon lavoro e le nostre più vive congratulazioni per la sua nomina, merito della sua coerenza politica e dell’impegno profuso al servizio del Paese” sono giunti dal presidente di Federfarma Marco Cossolo. “Siamo lieti che un collega di grande esperienza e professionalità sia stato nominato per ricoprire un incarico di responsabilità e prestigio, in un momento complesso per l’Italia dal punto di vista sociale ed economico. Federfarma è pronta a collaborare con il Ministero per facilitare l’accesso di tutti i cittadini italiani alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale, attraverso la capillare rete delle oltre 18.000 farmacie sul territorio” ha aggiunto. Gradimento anche da parte di Finmg, attraverso il segretario generale Silvestro Scotti. “Proprio Marcello Gemmato, in occasione dell’ultimo Congresso nazionale Fimmg, è stato l’interlocutore della medicina generale sul tema della riforma della sanità e della valorizzazione della professione. Temi che certamente dovranno essere affrontati nei prossimi mesi – ha detto Scotti – sui quali un’interlocuzione sarà indispensabile”. Auguri sinceri di buon lavoro anche da parte di Farmindustria. Marcello Cattani, presidente di
Farmindustria ha detto: “Con la sua esperienza parlamentare e la sua competenza potrà dare un contributo importante al Ministero della Salute per rispondere efficacemente alla domanda di salute dei cittadini, a cominciare dall’accesso omogeneo sul territorio a tutte le terapie”. A Gemmato anche le congratulazioni di Barbara Cittadini, presidente nazionale di Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata. “Una nomina prestigiosa e importante, perchè la sanità rappresenta un pilastro del nostro welfare ed un diritto costituzionalmente garantito, da tutelare e promuovere con determinazione e unità di intenti. Siamo certi che Gemmato, grazie alla sua indubbia esperienza e competenza, saprà valorizzare tutte le componenti del Ssn , con grande senso di responsabilità e visione di sistema, in un momento di drammatica crisi economica e sociale. Aiop, quale rappresentante della componente di diritto privato del Servizio Sanitario Nazionale, è pronta a lavorare in piena sinergia con il Ministero, con le sue 574 strutture, presenti in modo capillare sull’intero territorio nazionale, e l’impegno quotidiano dei suoi professionisti” ha detto.

Photo Credits: www.agenziafotogramma.it

Studio Gemelli-Cattolica su rischio infarto pazienti con diabete tipo 2

ROMA (ITALPRESS) – Il diabete è uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, come infarto, ictus e arteriopatie periferiche. Ma il percorso di malattia che porta ad un infarto, vero e proprio terremoto nella vita di una persona, non è lo stesso per tutti i soggetti con diabete di tipo 2. Ad individuare due diversi gruppi di pazienti con diabete di tipo 2, che sviluppano negli anni due diverse tipologie di cardiopatia ischemica, sono stati Rocco Antonio Montone, Dirigente medico presso la Unità Operativa Complessa di Terapia Intensiva Cardiologica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Dottore di Ricerca in Cardiologia presso l’Università Cattolica e Dario Pitocco Direttore Unità Operativa di Diabetologia Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Professore Associato di Endocrinologia dell’ Università Cattolica. A fare la differenza è la presenza o meno di complicanze microvascolari.
Parametro che potrebbe consentire di stratificare la popolazione diabetica prima della comparsa di un infarto e dunque guidare il medico alla migliore terapia preventiva, in maniera personalizzata. E’ la prima volta che vengono distinte queste due grandi popolazioni di persone con diabete di tipo 2, che sviluppano due diverse tipologie di aterosclerosi: una più diffusa e con caratteristiche di stabilità, l’altra più ‘acutà. La ricerca è stata appena pubblicata su Cardiovascular Diabetology.
“Analizzando i risultati della coronarografia, integrati con studio OCT (optical coherence tomography) – spiega il dottor Rocco Antonio Montone, cardiologo- abbiamo evidenziato nella popolazione diabetica due diverse tipologie di pazienti: quelli che hanno un’unica grossa placca aterosclerotica ‘soft’, cioè ricca di lipidi e dunque pronta alla rottura (la tipologia alla base degli infarti più gravi, magari intorno ai 50-60 anni) e quelli che hanno estese calcificazioni e tante piccole placche ‘guaritè, diffuse su tutto l’albero coronarico, che danno sintomi cronici di tipo anginoso, piuttosto che un grave infarto acuto”.
“I pazienti del primo gruppo – spiega il professor Dario Pitocco, diabetologo- sono in genere più giovani, obesi, dislipidemici e con un diabete caratterizzato soprattutto dalla resistenza insulinica, più che dalla carenza. Nell’altro gruppo troviamo pazienti in genere più anziani, magri, con un pancreas che ha esaurito la sua funzione e che necessitano dunque di fare terapia insulinica. Analizzando la presenza o meno di complicanze microvascolari, abbiamo evidenziato la presenza di una correlazione tra complicanze microvascolari diabetiche e tipologia di aterosclerosi ed eventi cardiovascolari al follow up”.
Gli autori dello studio hanno arruolato 320 pazienti diabetici (età media 70 anni) con cardiopatia ischemica, al loro primo evento coronarico e sottoposti per questo a coronarografia; in un sottogruppo di pazienti è stato utilizzato anche l’OCT, una specie di microscopio che consente di vedere ‘da dentrò i dettagli della parete coronarica. I pazienti sono stati suddivisi in gruppi diversi a seconda della presenza o meno di complicanze microvascolari (retinopatia, nefropatia e neuropatia diabetiche). Tutti sono stati inoltre seguiti nel tempo per registrare la comparsa di ulteriori eventi cardiovascolari maggiori (MACE). Lo studio ha dimostrato che i pazienti con complicanze microvascolari diabetiche tendono a presentare una cardiopatia ischemica caratterizzata da tante calcificazioni e dalle cosiddette placche ‘guaritè (una sorta di ‘cicatricè che è indice di un infarto che stava per verificarsi, ma non è mai avvenuto). Al contrario, i soggetti senza complicanze microvascolari tendono a presentare una cardiopatia ischemica caratterizzata da grandi placche aterosclerotiche lipidiche. Al follow up, il gruppo di pazienti con microcalficazioni ha presentato un maggior numero di MACE, configurando in questo modo una popolazione con cardiopatia ischemica più suscettibile a ospedalizzazioni ripetute.
“All’interno del gruppo delle persone con diabete di tipo 2 – commenta il professor Pitocco – si distinguono due grandi gruppi di pazienti: quelli con resistenza all’insulina e quelli con carenza insulinica. Anche dal punto di vista delle complicanze vascolari, si distinguono i pazienti che fanno soprattutto complicanze microvascolari, cioè a carico dei piccoli vasi arteriosi (retinopatia che può portare a gravi danni alla vista, nefropatia che può portare all’insufficienza renale, neuropatia diabetica che può favorire le lesioni del piede, neuropatia autonomica) e altri che non presentano questo tipo di complicanze. Entrambi questi gruppi possono presentare complicanze a livello coronarico, ma con meccanismi diversi, a cominciare dalla composizione della placca aterosclerotica. La calcificazione – prosegue Pitocco – è un processo caratteristico anche della neuropatia periferica diabetica; e con il nostro studio abbiamo evidenziato che, a livello coronarico, i pazienti con complicanze microangiopatiche presentano una composizione di placca diversa rispetto ai diabetici senza complicanze microangiopatiche. Forse la presenza di calcificazioni è legata alla microangiopatia e all’insulina, cioè alla capacità fibrosante dell’insulina (le cellule muscolari lisce dei vasi si trasformano in cellule osteoblastic-like, in grado di depositare calcio sulle pareti dei vasi). Questi stessi pazienti dal punto
di vista del loro fenotipo metabolico hanno una carenza di secrezione insulinica e necessitano dunque di una terapia a base di insulina”.
“In questo studio – prosegue il dottor Montone – abbiamo evidenziato due categorie di pazienti: quelli insulino-privi con un diabete di tipo 2 di vecchia data, in terapia con insulina, più magri e con complicanze microvascolari, che alla coronarografia presentano un’aterosclerosi più diffusa e i pazienti più ‘metabolicì con obesità centrale, con resistenza insulinica, in terapia con metformina, che fanno dei grossi infarti perchè hanno delle placche ricche lipidi e più instabili”.
Sono tutti pazienti alla loro prima coronarografia, effettuata in seguito ad un infarto acuto o perchè sono risultate positive una prova da sforzo o una scintigrafia o ancora a seguito della comparsa di sintomi anginosi. Insomma tutte persone con diabete al primo evento coronarico ‘stabilè o ‘acutò. I pazienti insulino-privi, con malattia coronarica più estesa ma più stabile (più fibrosi, più calcificazioni) alla prima coronarografia, nel corso del follow up continuano ad avere una cardiopatia ischemica ‘stabilè. L’altro gruppo, rappresentato da pazienti diabetici con obesità centrale (la ‘pancià), insulino-resistenti, in terapia con metformina, presentano un profilo lipidico più alterato e fanno più eventi acuti”.
La placca aterosclerotica in questa ricerca è stata studiata attraverso l’OCT, che ha rilevato più placche fibrose con grosse calcificazioni che stabilizzano la placca negli insulino-privi e più placche lipidiche con ‘spotty calcification’ (piccoli punti di calcio che portano la placca alla rottura, la destabilizzano) negli insulino-resistenti.
Negli insulino-privi – prosegue il dottor Montone – abbiamo trovato anche tante placche ‘guaritè (healed), una sorta di rotture ‘abortitè, che non si sono manifestate clinicamente. Il paziente insulino-privo ha insomma maggiori meccanismi di stabilizzazione della placca sia attraverso il calcio, che con la fibrosi, che con le placche healed, rispetto al paziente insulino-resistente”.
L’OCT e la profilazione clinica del paziente (insulino-privo o resistente, con complicanze microvascolari o meno) possono diventare dunque strumenti di stratificazione del rischio di futuri eventi coronarici. I risultati di questo studio suggeriscono inoltre un atteggiamento terapeutico differenziato su queste due tipologie di pazienti con diabete di tipo 2. “Nel tipo microangiopatico – conclude il professor Pitocco – il trattamento della glicemia deve essere più intensivo; nel fenotipo insulino-resistente deve essere data maggior attenzione al trattamento di tutti i fattori di rischio associati (dislipidemia, obesità, ipertensione)”.
“La medicina personalizzata – conclude Il Professor Filippo Crea, Direttore del Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e Pneumologiche, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Ordinario di Cardiologia dell’Università Cattolica – è l’obiettivo finale verso cui tende la medicina moderna. Questa è già realtà clinica per le malattie caratterizzate da una singola alterazione genetica. Per le malattie complesse, come la cardiopatia ischemica e il diabete, causate dall’interazione fra alterazioni poligeniche e fattori ambientali di rischio, un primo approccio intermedio è la medicina personalizzata. Questo vuol dire che i pazienti che presentano la stessa manifestazione clinica, per esempio il diabete o la cardiopatia ischemica, vengono suddivisi in gruppi omogenei che hanno un simile meccanismo di malattia. Lo studio pubblicato da Montone e Pitocco dimostra chiaramente che fra i pazienti che presentano diabete e cardiopatia ischemica è possibile identificare due sottogruppi con diversi meccanismi di malattia che richiedono diverse terapie: questa è la medicina stratificata”.

– foto: uffico stampa Gemelli
(ITALPRESS).

Fno Tsrm e Pstrp “Salute e sicurezza sul lavoro sono un diritto”

ROMA (ITALPRESS) – “La Costituzione del nostro Paese richiama il lavoro quale diritto fondamentale; sul lavoro si fonda la nostra Repubblica. Altro diritto inalienabile per ciascun cittadino è rappresentato dalla salute. Il legame tra lavoro e salute costituisce quell’impegno che lo Stato deve assicurare a ciascun individuo affinchè quell'”effettivo” diritto al lavoro, sancito dall’art. 4 della Costituzione, non possa che essere agito in luoghi di lavoro sicuri ovvero non pregiudizievoli per la salute”. Lo afferma in una nota la Federazione nazionale Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.
“Nella settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, non possiamo non ricordare tutti coloro che ogni giorno continuano a morire e con essi anche tutte le persone che hanno subito infortuni gravi o malattie professionali le quali rappresentano altrettante conseguenze pesanti per ogni persona e per la collettività – prosegue la nota -. Non possiamo non ricordare quanto sinora i Legislatori non siano stati capaci d’individuare nuove strategie di sistema con investimenti concreti che abbiano una più ampia visione funzionale anche a far crescere e consolidare in maniera concreta, in tutti i contesti sociali e di lavoro, la cultura della sicurezza; non possiamo non ricordare quanto oggi non sia investito in maniera fattiva nella prevenzione primaria. L’evidenza della concreta mancanza di visione e di progettualità normativa trova radici in una ripartizione di competenze, non comprensibilmente legata ai fini generali e propri dei vari Dicasteri, tra chi dovrebbe garantire la salute dei cittadini in ogni contesto di vita e di lavoro e chi dovrebbe garantire le politiche contrattuali e sociali del lavoro; tale aspetto si palesa in maniera tangibile, purtroppo, all’indomani di ogni tragedia, laddove gli interventi legislativi si muovono più per lanciare segnali mediatici di attivazione, che pianificando concreti interventi di prevenzione”.
“Riprova ne è la recente modifica del DLgs 81/08 e smi, a cui come Federazione TSRM e PSTRP ci siamo opposti nel merito, che invece di potenziare i servizi regionali delle Aziende sanitarie, depauperate negli anni di risorse, in cui sono presenti professionisti con specifiche competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro, non solo non ha portato e non porterà ai risultati attesi, ma che compie un passo indietro a prima della riforma introdotta dalla legge 833/78, assegnando competenze e risorse ad una Direzione nazionale del lavoro, in cui non sono presenti i profili e le competenze essenziali in materia di salute e sicurezza sul lavoro funzionali ad una appropriata ed efficace attività ispettiva di accertamento – spiega ancora la Federazione -. La ricerca dei determinanti del rischio, dei fattori di pericolo e la conoscenza dei processi organizzativi e del lavoro in un’impresa è un processo complesso per il quale non basta un semplice corso formativo rivolto al personale che sarà assunto, ma sono essenziali competenze ed esperienze professionali certificate e specifiche. La separazione delle attività di vigilanza dalle attività di prevenzione primaria palesa, in maniera tangibile e preoccupante, il fatto che ancora non sia stato compreso, da chi ha il dovere di farlo, il ruolo che tali interventi rivestono nella salute e sicurezza. Oggi per affrontare il tema della sicurezza non può essere più sufficiente affidarsi alla sola attività di vigilanza, ma è necessario intervenire con un cambiamento profondo di sistema”.
“La responsabilità delle morti, degli infortuni e delle malattie professionali non è più esclusivamente imputabile alle imprese; inasprire ed aumentare i controlli non è la panacea che risolve in maniera univoca il problema della sicurezza sul lavoro – sottolinea Fno Tsrm Pstrp -. Se il reale obiettivo di uno Stato che deve essere in linea con i processi tecnologici e scientifici è veramente quello di ridurre questa dolente piaga sociale, sono necessari e non più procrastinabili, concreti interventi di prevenzione primaria che diano, ad esempio: un concreto sostegno economico alle imprese che investano in sicurezza, sia nei processi di lavoro sia nel ricorrere a professionisti competenti che li supportino, spezzando quella dicotomia che lega la sicurezza e i suoi adempimenti ad un costo; la sicurezza deve rappresentare una opportunità di crescita; la garanzia di formazione, informazione e addestramento rivolte ai lavoratori che siano concretamente garantite e certificate da percorsi riconosciuti; investire nel promuove a tutti i livelli la cultura della sicurezza come valore ovvero come patrimonio individuale di ciascun cittadino, ad esempio inserendola già nei piani scolastici; la necessità di costruire una rete di sistema tra tutti i portatori d’interesse, anche oltre alla logica controllore-controllato, che sia prodromica al perseguimento di quello che non può che essere un obiettivo comune da perseguire; favorire e promuovere la presenza nel sistema di professionisti con competenze specifiche e certificate sul tema salute e sicurezza sul lavoro: i processi lavorativi sono contesti complessi e non si può più prescindere da tale garanzia; riformare il sistema delle qualifiche professionali sulla sicurezza, che assurgono a ruoli strategici all’interno dei contesti di lavoro, che non possono limitarsi alla frequenza di corsi, anche a distanza, di poche ore in relazione alle complessità del tema prevenzione e sicurezza sul lavoro”.
“Quanto sopra rappresenta solo una minima parte di ciò che da anni per l’interesse primario della salute dei lavoratori attende di essere fatto. I professionisti della salute e sicurezza e tutte le professioni sanitarie, ogni giorno, sono impegnate sia a prevenire quelle che sono le condizioni di pericolo sui luoghi di lavoro, sia ad intervenire, laddove possibile, su quelli che purtroppo sono i risultati di una mancata e concreta politica di prevenzione – conclude la Federazione nazionale Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione -.
La responsabilità di chi ha il dovere d’intervenire e non lo fa, percorrendo tutte le strade possibili, è la medesima di chi non rispetta le norme sulla sicurezza sul lavoro. La responsabilità costituisce quell’impegno di tutti coloro che, sia con piccole azioni, sia con gli strumenti a disposizione, anche legislativi, si devono quotidianamente adoperare affinchè ogni luogo di lavoro sia quel diritto garantito e non solo sopravvivenza. Salute e lavorare in sicurezza sono un diritto che non può che vederci tutti coinvolti. Le professioni sanitarie della Federazione nazionale Ordini TSRM e PSTRP hanno piena consapevolezza di questa responsabilità e per questo, come più volte manifestato, si impegnano a garantire il loro contributo a tutte quelle forze politiche e sociali che in egual misura sentano medesimo impegno e responsabilità, affinchè ciascun nostro/a collega, amico/a, parente, cittadino/a possa ogni giorno andare a lavorare avendo la certezza di tornare a casa da suoi cari e la garanzia di farlo avendo mantenuta la propria salute”.

– foto Agenziafotogramma.it –

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Aiop “Intervenire su rinuncia a cure, liste d’attesa e carenza medici”

ROMA (ITALPRESS) – “Liste d’attesa lunghissime e carenza di medici sono tra le emergenze, non più procrastinabili, che il nuovo Governo dovrà affrontare con urgenza, per evitare che il Servizio Sanitario Nazionale imploda”. Lo afferma Barbara Cittadini, presidente nazionale di Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata, che aggiunge: “Secondo i dati Istat, nel 2021, l’11% delle persone, circa 6 milioni, ha dovuto rinunciare a visite specialistiche ed esami diagnostici, a causa di difficoltà economiche e di accesso al servizio.
Sono numeri in crescita, che non possono essere sottovaluti, considerando, anche, le inevitabili conseguenze in termini di prevenzione”.
“La carenza di medici, circa 4mila, e del personale sanitario è un altro grave problema da affrontare”, precisa la presidente di Aiop, che invita il decisore pubblico “a valutare di adottare una “normativa di emergenza per assumere neo laureati e specializzandi. E’ doveroso, in ogni caso, coniugare la responsabilità, alla quale tutti siamo chiamati, con una attenta programmazione”.
“La popolazione affronta fenomeni allarmanti dal punto di vista sanitario e sociale ed è, sovente, costretta a rinunciare alle cure, ad attendere tempi lunghissimi oppure a intraprendere percorsi di mobilità sanitaria non fisiologica, verso territori maggiormente efficienti. Occorre, al più presto – esorta Barbara Cittadini – avviare una riforma del SSN, che valorizzi la sinergia tra le sue componenti di diritto pubblico e di diritto privato, conferendo loro pari dignità, per rispondere, tempestivamente, alla domanda assistenziale della popolazione, garantendo a tutti il diritto alla salute costituzionalmente riconosciuto”.

– foto ufficio stampa Aiop –

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La psicoterapia che guarda al sociale

PALERMO (ITALPRESS) – Una psicoterapia che volge lo sguardo anche alla dimensione politica e sociale, partendo dalla relazione tra terapeuta e paziente e dalla cura del contesto in cui si realizza. Se ne è parlato nel corso della presentazione a Palermo del libro “Psicopatologia della situazione – La psicoterapia della Gestalt nei campi clinici delle relazioni umane”, curato da Margherita Spagnuolo Lobb e Pietro A. Cavaleri.
In un mondo frammentato e disorientato dalla pandemia e dalla guerra, la psicoterapia necessita di trovare nuovi strumenti e nuove chiavi di lettura. Il volume propone il paradigma della “situazione” per la cura dei traumi e per lo sviluppo del senso di sè, gettando uno sguardo di campo sulle situazioni cliniche in cui lo psicoterapeuta è chiamato a intervenire e proponendo strumenti fenomenologici ed estetici che considerano l’esperienza di tutti i soggetti coinvolti, incluso il terapeuta stesso.
“Il libro sancisce la fine del pregiudizio individualistico, cogliendo anche l’aspetto politico del nostro lavoro, che è fondamentale per capire le nuove forme del disagio – ha sottolineato nel corso della presentazione del volume Giorgio Falgares, professore associato di Psicologia dinamica all’Università degli Studi di Palermo -. E’ un testo di psicologia per la politica. Le trasformazioni antropologiche, le nuove forme del disagio e la dimensione politica vanno considerate come una lente complessa per osservare i fenomeni psichici. E’ un libro coraggioso, proprio perchè introduce fortemente la dimensione politica, parlando di precariato, disuguaglianze, welfare, esigenze di produzione. Oggi i lavoratori nelle imprese spesso non vengono coinvolti attivamente nel processo produttivo, vengono considerati soggetti passivi, e questo crea un malessere che provoca effetti sulle coppie, sulle famiglie, sugli adolescenti”.
“E’ un libro polifonico – ha spiegato Adriano Schimmenti, professore ordinario di Psicologia dinamica all’Università degli Studi di Enna “Kore” -. Vi è un nuovo orientamento della psicoterapia della Gestalt che si basa sui concetti di relazione e co-creazione. Al di là della diagnosi, che naturalmente deve esserci, c’è un livello di conoscenza che è quello del “sentire”. Questo libro dà voce a diversi modi di “sentire”, con un’ottima direzione d’orchestra da parte dei curatori. Invece di parlare della patologia nello specifico – ha proseguito – la scelta è di parlare di condizioni di disagio che nascono nel contesto, nella situazione. Il libro restituisce il senso di un percorso, dalla teoria all’applicazione clinica, integrando diversi modelli”.
Per il professore emerito di Psicologia dinamica all’Università degli Studi di Palermo, Franco Di Maria, il volume “approfondisce tematiche serie che sono state per troppo tempo marginali in ambito psicologico”.
Dopo Di Maria sono intervenuti i due curatori del libro. Pietro A. Cavaleri, didatta presso l’Istituto di Gestalt HCC Italy ed ex assessore alle Politiche Sociali del Comune di Caltanissetta, ha spiegato come il volume sia nato da un interrogativo. “Il nostro testo di riferimento – Gestalt Therapy – è stato pubblicato per la prima volta nel ’51. Ci siamo chiesti, dopo 70 anni, se questo modello vada rivisto, se il suo smalto e la sua novità siano ancora attuali. Da questa domanda è nato un confronto, che si è sviluppato anche in un contesto molto particolare come quello della pandemia”.
Per Margherita Spagnuolo Lobb, direttrice dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, “molti casi di violenza, come l’ultimo avvenuto in un centro commerciale a Milano, dimostrano la mancanza di attenzione alle cure primarie. Come terapeuti non possiamo mai rimanere solo nelle nostre stanze di terapia – ha aggiunto -, ma volgere sempre lo sguardo al politico e al sociale. E’ una piccola goccia nel mare, ma è importante creare sicurezza nelle persone, affinchè possano affermarsi nel mondo con i loro valori”.
La presentazione del libro, moderata da Gina Merlo, psicoterapeuta e didatta dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, ha avuto il patrocinio dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Palermo e dell’Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana.

– foto Istituto di Gestalt HCC Italy –

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Covid, 29.040 i nuovi positivi e 85 le vittime

MILANO (ITALPRESS) – Sono 29.040 i nuovi positivi al Coronavirus in Italia, a fronte di 182.614 tamponi effettuati nelle ultime 24 ore. E’ quanto emerge dal quotidiano bollettino (che d’ora in avanti diventerà settimanale), diffuso dal Ministero della Salute. Sono 85 le vittime, che portano il totale delle persone decedute da inizio pandemia a quota 179.025. A livello di ospedalizzazioni, sono 6.824 i ricoverati con sintomi, dei quali 228 in terapia intensiva. Il tasso di positività è al 15,9%. (ITALPRESS).

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