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Salute

Covid, in Italia Omicron 5 predominante al 75,5%

ROMA (ITALPRESS) – In Italia il 5 luglio scorso la variante Omicron aveva una prevalenza stimata al 100%, con la sottovariante BA.5 predominante al 75,5%. Sono questi i risultati dell’indagine rapida condotta dall’Iss e dal Ministero della Salute insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler. Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province Autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus.
Il campione richiesto è stato scelto dalle Regioni/PPAA in maniera casuale fra i campioni positivi garantendo una certa rappresentatività geografica e, se possibile, per fasce di età diverse. In totale, hanno partecipato all’indagine tutte le Regioni/PPAA e complessivamente 108 laboratori e sono stati sequenziati 1876 campioni.
Queste le principali prevalenze stimate: 100% variante omicron di cui: BA.1 0,6% (range: 0% -3,1%); BA.2 10,3% (range: 0% -33,3%);
BA 4 13,2% (range: 0% -41,7%); BA 5 75,5% (range:56,7% – 100%).

– foto ufficio stampa ISS –
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Le opportunità del Pnrr per la Sanità siciliana

PALERMO (ITALPRESS) – “In Sicilia non si sono mai viste strutture a bassa intensità di cura come quelle che si stanno progettando grazie ai fondi del PNRR. E lo stesso si può dire per gli ospedali di prossimità. Questo significa riduzione delle spese per le ospedalizzazioni non necessarie e assistenza immediata per le patologie più gravi. La digitalizzazione sarà una grande realtà, compresa quella della cartella clinica del paziente. Una sfida ambiziosa che dobbiamo vincere e per la quale abbiamo bisogno di professionisti di cui, purtroppo, la Sanità, non solo quella siciliana, è carente”. Così Mario La Rocca, dirigente generale dell’assessorato della Salute della Regione Siciliana, presente al meeting “Le sfide in Sanità nella Regione Siciliana: le opportunità offerte dal PNRR”, organizzato all’Ordine dei Medici di Palermo dall’Associazione Italiana Donne Medico di Palermo, con il supporto non condizionante di Merck.
Non è difficile che alcune problematiche, se non risolte subito, possano inceppare, o rallentare, il motore organizzativo nei pochi anni che restano alla realizzazione dei progetti (dicembre 2026). La prima è proprio la mancanza di personale sanitario.
“Purtroppo – sottolinea l’assessore regionale della Sanità Ruggero Razza – il PNRR non interviene sul capitale umano e non permette di recuperare il gap di migliaia di medici che si sono laureati, ma non sono stati ammessi alle scuole di specializzazione. La nostra idea, che abbiamo proposto ai ministeri della Salute e delle Finanze, è quella di consentire ai giovani medici che hanno lavorato nell’emergenza Covid di godere di una corsia preferenziale e avere così la possibilità di coprire dei posti”.
“Sappiamo – aggiunge – che il punto carente della Sicilia è la sanità del territorio. Rappresenta una cerniera importante da realizzare tramite gli ospedali di comunità e altri due tipi di strutture. Il finanziamento è di 350 milioni di euro. Gli altri finanziamenti sono legati alla digitalizzazione per aiutare il paziente, anche con la telemedicina; alla sistemazione antisismica delle strutture e alla dotazione di moderne apparecchiature per la sanità siciliana”.
Mostra perplessità il rettore dell’Università di Palermo, Massimo Midiri, sia sui pochi anni a disposizione per realizzare i progetti, sia sull’impiego di giovani laureati in medicina. “L’epidemia da Covid – osserva – ci ha fatto capire che i giovani laureati sono bravi dal punto di vista teorico, ma non in quello pratico. Per il Covid abbiamo dovuto chiamare gli specializzandi dell’ultimo anno. E’ necessario lavorare di più sulla formazione. Un percorso alternativo sarebbe molto azzardato”.
Per Roberto Sanfilippo, presidente regionale della Fiaso e del Cefpas “è necessario studiare e capire le possibilità che offre il PNRR. Si tratta – dichiara – di un sistema chiuso che non lascia spazio all’inventiva. Per quanto riguarda la formazione, bisogna rendersi conto che, per spendere cifre così consistenti, servono professionalità anche amministrative. Ci sono capitati casi in cui amministrazioni pubbliche non riuscivano a utilizzare programmi in Bim,software adatti per l’architettura, l’ingegneria, le costruzioni. Per andare avanti è necessaria la formazione di nuove leve”.
Il totale dei fondi del PNRR destinati all’Isola sfiora i 797 milioni. Le opere in progetto approvate: ospedali di prossimità, una cerniera tra cure a domicilio e struttura ospedaliera, onde non intasare le strutture sanitarie maggiori; Case di Comunità, per intenderci una sorta di ambulatori con più figure mediche; Centrali operative territoriali, sistemazione antisismica delle strutture, acquisto di grandi apparecchiature (se i 114 milioni e rotti non dovessero bastare, la Regione si è detta pronta a intervenire). Altri progetti riguardano l’interconnessione aziendale, la sicurezza negli ospedali, i flussi informativi nazionali.
Partiti già i progetti di digitalizzazione (per aiutare i pazienti anche con la telemedicina), per i dipartimenti di emergenza e accettazione, con un impegno di 139 milioni e ben 203 interventi in opera. Ne beneficeranno le nove Asp siciliane, le aziende ospedaliere Cannizzaro, Garibaldi, Policlinico di Catania, Papardo e Policlinico e Irccs Bonino Pulejo di Messina e Villa Sofia, Arnas Civico e Policlinico di Palermo. Un fiume di denaro (in parte a fondo perduto, in parte da restituire a tasso agevolato) che porta i siciliani a sperare in una sanità migliore, più giusta e più vicina.
foto ufficio stampa Associazione Italiana Donne Medico di Palermo
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Eccezionale intervento al Gemelli di Roma, rimosso tumore gigante

ROMA (ITALPRESS) – Effettuato, a Roma, presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS un eccezionale intervento di asportazione di una pseudomixoma peritoneale gigante, in una paziente di 67 anni. Sono state necessarie due sedute operatorie, di 11 ore l’una, intervallate da 24 ore di osservazione in terapia intensiva, per rimuovere il tumore; la paziente è stata quindi sottoposta a chemioterapia ipertermica intraperitoneale (HIPEC) per distruggere eventuali cellule tumorali residue. La paziente è stata dimessa qualche giorno fa dopo un decorso postoperatorio favorevole. L’intervento è stato condotto dal professor Fabio Pacelli, direttore della UOC di Chirurgia del peritoneo e del retroperitoneo della Fondazione Policlinico Gemelli (FPG) e docente associato di Chirurgia Generale all’Università Cattolica e dal dottor Andrea Di Giorgio, UOS Trattamenti integrati della carcinosi peritoneale avanzata, Chirurgia del Peritoneo e Retroperitoneo del Gemelli che hanno coordinato il lavoro di due diverse èquipe chirurgiche (Claudio Lodoli, Francesco Santullo, Carlo Abatini, Miriam Attalla), assistiti dall’èquipe anestesiologica coordinata dalla professoressa Liliana Sollazzi, direttore UOC Anestesia delle Chirurgie Generali e dei Trapianti e docente associato di Anestesia e rianimazione all’Università Cattolica.
“Questo tumore – afferma il professor Pacelli – è caratterizzato da un’elevata percentuale di guarigione, pari al 90% nelle forme a basso grado, se asportato radicalmente; in caso contrario la sua prognosi è infausta. La sua lenta crescita e il fatto che dia pochi sintomi comportano spesso una diagnosi tardiva, quando la diffusione della neoplasia è estremamente avanzata. Nel caso della nostra paziente la cavità peritoneale risultava pressochè totalmente occupata da masse tumorali solide, materiale mucinoso e liquido ascitico”.
L’eccezionalità dell’intervento eseguito presso la FPG risiede nel fatto che, date le dimensioni della massa principale (di oltre 20 centimetri), l’infiltrazione di numerosi organi addominali e l’interessamento dell’intera membrana peritoneale, si è optato per una scelta chirurgica programmata in giorni diversi per consentire un adeguato recupero metabolico, respiratorio ed emodinamico della paziente tra le due fasi.
I due interventi sono durati complessivamente 22 ore, distribuiti in due sedute di circa 11 ore, intervallate da 24 ore di monitoraggio in terapia intensiva.
E’ stata effettuata una peritonectomia parietale completa, oltre all’asportazione di numerosi organi endoaddominali: i due terzi inferiori dello stomaco, la milza, la colecisti, l’omento, il colon destro, la giunzione retto sigmoidea, l’utero e le ovaie.
Al termine dell’asportazione chirurgica, è stata effettuata una chemioterapia intraperitoneale ad alta temperatura (HIPEC), allo scopo di distruggere eventuali cellule tumorali residue in cavità addominale.
“A quanto ci consta – commenta il professor Pacelli – questa è la prima volta che un caso di pseudomixoma peritoneale viene trattato con un intervento in due tempi di così lunga durata; questa strategia, resa possibile dall’elevato grado di competenza dell’èquipe anestesiologica e dalla notevole esperienza maturata dall’èquipe chirurgica nella specifica patologia, si è rivelata vincente. Il trattamento di questa rara e grave patologia deve sempre essere effettuato presso centri di eccellenza, ad elevato volume, come quello della Fondazione Policlinico Gemelli”.
L’aspetto di questo tumore, quando il chirurgo apre la pancia del paziente, è quello di un enorme ammasso di gelatina che si accumula nell’addome, solidifica e finisce col soffocare gli organi addominali, causando una serie di disturbi, fino alla morte del paziente. Si tratta di un tumore rarissimo (l’incidenza è di 1-2 casi per milione di abitanti l’anno) che origina come un tumoretto dell’appendice, detto LAMN (low grade appendiceal mucinous neoplasm). Non va confuso con i mesoteliomi peritoneali o con la carcinosi peritoneale, in corso di tumore dell’ovaio, della mammella o di altre sedi.
Questo piccolo tumore, se non rimosso in fase iniziale, comincia ad espandersi e a crescere lungo all’interno dell’appendice, fino a perforarla; a quel punto riversa mucina e cellule tumorali in cavità addominale, invadendo segmenti sempre più estesi di peritoneo, il ‘fogliettò che riveste tutta la cavità addominale (il peritoneo parietale, che riveste la parete dell’addome e il peritoneo viscerale, che riveste i singoli organi, come una pellicola). Queste cellule tumorali producono muco gelatinoso (mucina) che, pian piano, si raccoglie all’interno dell’addome (gli inglesi chiamano questa condizione ‘jelly belly’), solidificandosi; è questa massa, in parte solida e in parte gelatinosa, che alla fine dà sintomi e porta alla scoperta di questo tumore. Lo pseudomixoma peritoneale è un tumore a sviluppo molto lento, che cresce espandendosi per contiguità, senza dare metastasi a organi distanti. Colpisce più spesso le donne, nelle quali inizialmente può essere confuso con un tumore ovarico; l’addome appare rigonfio e meteorico, possono comparire delle ernie a livello della parete addominale o dell’inguine. Chi ne è affetto può presentare perdita di appetito, senso di ripienezza e presentare disturbi del transito intestinale. A volte la diagnosi si fa solo al tavolo operatorio, ma la sua presenza viene sospettata agli esami radiologici (ecografia, TAC e risonanza magnetica dell’addome). La terapia consiste nell’asportazione chirurgica del peritoneo invaso dal tumore (per le sue modalità di crescita, lo pseudomixoma è indissociabile dal peritoneo e dagli organi che riveste, che devono dunque essere rimossi in blocco), seguita da chemioterapia ipertermica intraperitoneale (HIPEC), allo scopo di distruggere eventuali cellule tumorali residui rimaste nell’addome. E’ dunque un intervento di chirurgia maggiore, a volte ‘estremà. Il recupero per il paziente è lento e va in genere da 1 a 2 mesi.
foto ufficio stampa Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS
(ITALPRESS).

Covid, 96.384 nuovi casi e 134 decessi in 24 ore

ROMA (ITALPRESS) – Sono 96.384 (ieri 107.122) i nuovi positivi in Italia, su un totale di 391.008 (ieri 408.096) tamponi effettuati nelle ultime 24 ore. E’ quanto emerge dal quotidiano bollettino emesso dal Ministero della Salute sull’emergenza Coronavirus. Il tasso di positività è del 24,6%. I morti sono 134, che portano il totale delle vittime da inizio pandemia a quota 169.735. I ricoverati negli ospedali italiani per Covid sono 10.363 (+248), dei quali 395 in terapia intensiva (+4).
– Foto Agenziafotogramma.it –
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Sale l’incidenza dei casi Covid, Rt in calo

ROMA (ITALPRESS) – Sale l’incidenza settimanale dei casi Covid a livello nazionale, mentre l’indice Rt è in calo rispetto alla scorsa settimana. E’ quanto emerge dai dati del monitoraggio settimanale della cabina di regia, resi noti dall’Iss. “Sale l’incidenza settimanale a livello nazionale: 1158 ogni 100.000 abitanti (08/07/2022 -14/07/2022) vs 1071 ogni 100.000 abitanti (01/07/2022 -07/07/2022) – si legge nel report – nel periodo 22 giugno-5 luglio 2022, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 1,34 (range 1,30-1,40), in diminuzione rispetto alla settimana precedente, ma oltre la soglia epidemica”.
– foto agenziafotogramma.it-
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Educare alla donazione del sangue, alleanza tra Fnopi e Fidas

ROMA (ITALPRESS) – Educare al dono del sangue e promuovere una corretta informazione in merito all’utilizzo terapeutico appropriato del sangue e dei suoi componenti, per il miglioramento della salute dei cittadini, questo l’obiettivo comune che unisce FIDAS (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue) e FNOPI (Federazione italiana degli ordini delle professioni infermieristiche). Si è siglato oggi, presso la sede FNOPI di Roma, il Protocollo d’intesa che intende unire le energie delle due Federazioni per la realizzazione di programmi di informazione, comunicazione sociale, educazione sanitaria e formazione dei cittadini volti a promuovere l’importanza del dono del sangue e degli emocomponenti, quale terapia indispensabile per i cittadini di tutta Italia.
Le azioni comuni di FIDAS e FNOPI riguarderanno iniziative di sensibilizzazione e informazione riguardanti il valore della donazione volontaria, non remunerata, consapevole e periodica.
Per concretizzare il protocollo si intendono realizzare iniziative di prevenzione ed educazione sanitaria sulla base dell’analisi e della valutazione epidemiologica dei dati rilevati sui donatori e sulle donazioni, riferimento epidemiologico essenziale per la realizzazione di alcuni tra i principali obiettivi della programmazione sanitaria nazionale, dalla promozione di comportamenti e stili di vita sani al contrasto delle principali patologie, prime fra tutte quelle cardio-vascolari, fino alla promozione dell’appropriato e consapevole utilizzo delle risorse sanitarie da parte dei cittadini.
FIDAS e FNOPI promuoveranno anche iniziative progettuali per diffondere la conoscenza del ruolo e l’importanza della professione infermieristica all’interno del Sistema Trasfusionale e delle attività associative nelle fasi di reclutamento, gestione e fidelizzazione del donatore.
“Il Sistema Trasfusionale italiano con la pandemia – ha detto Il presidente nazionale FIDAS, Giovanni Musso – ha dimostrato grande capacità di adattamento, dettata soprattutto dal senso del dovere che i professionisti della sanità, così come i tanti volontari delle associazioni del dono hanno dimostrato, recependo prontamente nuove modalità organizzative per evitare la diffusione del Covid-19. Un plauso va ai tanti infermieri che ci hanno accompagnato in questo percorso: senza di loro la raccolta del sangue e degli emocomponenti non sarebbe possibile. I volontari FIDAS sono felici di avviare una collaborazione con FNOPI, certi che da questa nuova sinergia possano nascere benefici per i protagonisti ultimi del nostro impegno: i pazienti”.
“Gli infermieri hanno tra i loro compiti la presa in carico del donatore e del ricevente durante tutto il percorso trasfusionale – ha ricordato Barbara Mangiacavalli, presidente FNOPI – e secondo un accordo Stato-Regioni del 2012 sono formati in modo specifico per questo. Ma è una specificità non riconosciuta in termini valoriali e professionali da aziende e istituzioni, mentre, anche con protocolli condivisi e tecnologie adeguate, l’infermiere specializzato può garantire il controllo delle trasfusioni e il buon uso del sangue ovunque, così come oggi avviene negli ospedali. Per questo il protocollo con FIDAS, per garantire una compliance totale ai cittadini, ha tra gli obiettivi anche quello della promozione del ruolo e della specificità infermieristica”.

– foto ufficio stampa Fnopi –
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Altems, Italia a macchia di leopardo sull’accesso ai farmaci anti-Covid

ROMA (ITALPRESS) – Italia a macchia di leopardo sull’erogazione delle terapie disponibili contro il Covid-19, terapie che se date nei tempi giusti evitano ospedalizzazioni e rischi di complicanze. A parità di diffusione del virus, ci sono Regioni che riescono ad erogare antivirali ed anticorpi e altre che ne erogano troppo pochi. La media nazionale dei trattamenti con antivirali avviati per gli isolati a domicilio nell’ultima settimana risulta essere pari a 1.218 trattamenti ogni 100.000 abitanti. La Regione che ha avviato più trattamenti antivirali in rapporto al numero di isolati a domicilio ogni 100.000 abitanti è la Valle d’Aosta (12.265 ogni 100.000 abitanti), al contrario la Calabria risulta essere la Regione con meno trattamenti avviati (531 ogni 100.000 abitanti). E’ quanto emerso dalla 96ma puntata dell’Instant Report Covid-19 – https://altems.unicatt.it/altems-covid-19 – una iniziativa dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di confronto sistematico dell’andamento della diffusione del Sars-COV-2 a livello nazionale.
Intanto continua a prendere quota questa nuova ondata estiva di Covid-19, come visibile anche dall’aumento dei tassi di saturazione dei posti letto in Terapia Intensiva e di Area Non Critica nelle Regioni italiane nel periodo 06 giugno 2022 – 11 luglio 2022. Fanno eccezione solo tre Regioni italiane dove la variazione in Terapia intensiva è diminuita: Lombardia (-0,11%), PA Trento (-1,11%) e Molise (-2,56%). L’Umbria risulta essere la Regione con maggiore variazione dei tassi di saturazione dei posti letto in Terapia Intensiva (+8,14%) e in Area Non Critica (+22,05).
“Gli antivirali e gli anticorpi monoclonali sono senza dubbio armi che abbiamo a disposizione nella battaglia contro il Covid – afferma il professor Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari dell’Università Cattolica (ALTEMS) – con un’ampia offerta e un attento monitoraggio avviato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Partendo da questi dati, continua Cicchetti, abbiamo visto come l’utilizzo degli antivirali avviati per gli isolati a domicilio (pazienti non ospedalizzati) risulta essere difforme tra le varie Regioni anche in un’ottica di comparazione delle stesse con la diffusione del virus”.
“Le Regioni ‘virtuosè che utilizzano maggiormente gli antivirali e, al contempo registrano livelli di incidenza maggiori, risultano essere: Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta. La differenza nelle strategie messe in campo dalle Regioni non va a ritrovarsi nè nelle Linee di indirizzo nè in un gradiente geografico, bensì si suppone possa derivare da una differente organizzazione dei servizi erogati e messi in campo”, conclude.

– foto ufficio stampa Università Cattolica –
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Covid, più prudenza per affrontare l’aumento dei casi

CATANIA (ITALPRESS) – Con l’aumento dei contagi è bene ripristinare alcuni strumenti di prevenzione aspettando i vaccini per le nuove varianti. Lo ha spiegato Bruno Cacopardo, direttore dell’unità di malattie infettive dell’ospedale Garibaldi di Catania, intervistato dall’agenzia Italpress. “La situazione siciliana, in linea con quanto sta avvenendo in altre parti, non solo del territorio nazionale ma del territorio europeo, mostra che c’è un incremento progressivo del numero dei casi di infezioni da Coronavirus per un aumento della circolazione del virus: c’è una maggiore infettività del ceppo o variante che sta girando in questo momento, e il fatto che l’immunità che abbiamo evocata attraverso la vaccinazione non è del tutto in grado di intercettare, di rallentare la circolazione di questo virus”.
La prevenzione, i vaccini, l’uso delle mascherine restano ancora l’unica arma efficace per contrastare il virus: “Soltanto ripristinando gli strumenti di contenimento che avevamo adottato e ora un pò messi a margine, possiamo rallentare la circolazione massiccia del virus, e mi riferisco ad alcune regole di distanziamento, lavaggio delle mani, l’utilizzo della mascherina in luoghi chiusi. Il virus non è efficace nel raggiungere il polmone profondo, come lo era la variante Delta, si limita alla vie aeree alte, dà una sintomatologia fastidiosa, dominata da mal di gola, raffreddore, colpi di tosse, febbre, mal di testa, ma che si risolvono piuttosto rapidamente, non c’è motivo di drammatizzare quello che sta avvenendo”.
Naturalmente rimangono fondamentali tutti quei comportamenti virtuosi che aiutino da un lato a limitare un eccesso di permeabilità della mucosa delle vie aeree (per esempio il fumo di sigaretta che come è noto danneggia irrimediabilmente la clearance mucociliare) e dall’altro lato che cooperino alla preservazione di una efficiente difesa immunitaria individuale, attraverso una buona alimentazione.

– foto Italpress –

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