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Prevenzione, sport e natura. La Longevity Run torna a Ovindoli

ROMA (ITALPRESS) – Il 17 e 18 agosto la Longevity Run Summer Edition 2024 farà nuovamente tappa a Ovindoli con la sua terza edizione.
Dopo aver toccato varie Regioni, tra cui Lazio, Toscana, Veneto e Trentino, l’evento di sensibilizzazione per uno stile di vita sano e attivo promosso dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma, arriva in Abruzzo.
Nelle due giornate presso il Villaggio della prevenzione allestito nella piazza della località turistica abruzzese saranno offerti check up gratuiti dagli specialisti del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, coordinati dal professor Francesco Landi, ordinario di Medicina interna all’Università Cattolica e Direttore del Dipartimento Scienze dell’invecchiamento Ortopediche e Reumatologiche del Policlinico Gemelli.
Clou della manifestazione sarà la corsa non competitiva di 8 km che partirà dal Parco della Pinetina e si snoderà lungo il fantastico perso dell’anello di Valle d’Arano. La corsa è l’occasione per commemorare Stefano Faccia, giovane maestro di sci aquilano morto prematuramente per un raro tumore polmonare. “Strettamente collegati tra di loro, sport, prevenzione e natura caratterizzano anche questa tappa abruzzese della manifestazione – spiega il professor Landi -. La Longevity Run è un progetto nato nel 2018 a Roma per celebrare la centralità dello sport come elemento indispensabile per restare in buona salute e come forma di prevenzione per una longevità attiva. La natura gioca un ruolo fondamentale nello sport. Praticare attività fisica all’aperto e nel verde migliora infatti il benessere di corpo, mente e spirito. Prendersi cura della propria salute – prosegue Landi – è importante a ogni età e permette di ottenere notevoli risultati in termini di salute e autonomia come abbiano dimostrato in questi anni anche con il progetto di ricerca europeo Sprinnt da noi coordinato”.
La longevità non è un dono di natura ma si conquista passo dopo passo, proprio come si conquista il traguardo alla fine di una corsa. Per questo motivo i medici del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e i ricercatori dell’Università Cattolica hanno realizzato il progetto “Longevity Run” per sensibilizzare i cittadini ad assumere stili di vita salutari e incoraggiare la prevenzione. Questi obiettivi vengono perseguiti attraverso un’attività di screening mirata alla valutazione dei principali fattori di rischio modificabili.
Nel Villaggio della prevenzione infatti, per ciascun partecipante alla Longevity Run, gli specialisti del Gemelli, valutano gratuitamente i principali fattori di rischio cardiovascolari quali il fumo, l’attività fisica, le abitudini alimentari, e vengono eseguite valutazioni dirette come la misurazione di peso e altezza con il calcolo dell’indice di massa corporea, la misurazione della pressione arteriosa, della glicemia e del colesterolo.
Dopo Ovindoli le prossime tappe della Longevity Run Summer Edition saranno il 15 settembre a San Gabriele di Piozzano (PC) e il 4 e 5 ottobre settembre a Sant’Antioco in Sardegna.
Per informazioni e iscrizioni gratuite: https://www.longevityrun.it.

– Foto ufficio stampa Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS –

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A Palermo ricordato Paolo Giaccone, medico ucciso 42 anni fa dalla mafia

PALERMO (ITALPRESS) – Ucciso semplicemente per aver fatto il proprio dovere di medico, respingendo le pressanti richieste di Cosa nostra di alterare una perizia ed evitare l’incriminazione di un boss: Paolo Giaccone se ne andava 42 anni fa, freddato da cinque proiettili tra i viali del Policlinico che oggi porta il suo nome. Lo hanno ricordato con una cerimonia sul luogo dell’eccidio gli ex colleghi e gli attuali dirigenti del dipartimento di Medicina legale, la direttrice generale del Policlinico Maria Grazia Furnari, il rettore dell’Università di Palermo Massimo Midiri, il presidente della scuola di Medicina Marcello Ciaccio, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, l’assessore regionale alla Salute Giovanna Volo, il prefetto di Palermo Massimo Mariani e i rappresentanti delle Forze dell’Ordine.
Oltre che come docente ordinario di Medicina legale, Giaccone esercitava la professione svolgendo consulenze per il Tribunale, in un periodo profondamente segnato dalla pervasività di Cosa nostra nel tessuto sociale ed economico della città. Nel 1981, dopo una sparatoria a Bagheria in cui persero la vita quattro persone, gli fu assegnato l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata da uno dei killer: questi venne poi identificato in Giuseppe Marchese, esponente di spicco della cosca di corso dei Mille. Diverse furono le intimidazioni nei confronti di Giaccone affinchè modificasse la perizia e scagionasse Marchese, ma il medico fu irremovibile e il killer venne condannato all’ergastolo. L’11 agosto 1982 il drammatico epilogo, in una Palermo ancora scossa dall’omicidio di Pio La Torre e che tre settimane dopo sarebbe rimasta impietrita dalla strage di via Carini.
“E’ importante che Giaccone sia sempre un esempio di valore, lavoro e dedizione appassionata – sottolinea Furnari -. Era una figura che lavorava con passione e criterio in un periodo davvero brutto: anche se oggi ha cambiato fisionomia, la mafia c’è e la dobbiamo combattere ogni giorno lavorando con onestà e rifiutando ogni condizionamento esterno fatto di minacce, prevaricazioni e richieste sottintese. Non dobbiamo avere paura, ma essere coraggiosi e dire no quando ci viene chiesto qualcosa che non si può fare”.
Per Midiri “Giaccone è stato e continua a essere un riferimento dell’impegno civile e dell’essere eroi normali: è morto nell’esercizio delle sue funzioni di medico legale, perchè faceva il suo dovere e si è rifiutato di dare una risposta per così dire sbagliata o quantomeno condizionante il futuro giudiziario di un imputato. La sua lezione di vita e di etica deve essere un messaggio per le nuove generazioni, che Giaccone non l’hanno conosciuto e vivono la realtà di questo Policlinico intestato a lui: bisogna andare oltre il semplice momento commemorativo, perchè se non c’è memoria non c’è presente. La Palermo di oggi nasce dal sacrificio di Giaccone e di chi come lui è morto in un periodo devastante per la città e per la Sicilia”.
Ciaccio lo ricorda come “un esempio importante di legalità e di come bisogna svolgere la professione medica: in particolare, il medico legale coniuga medicina e giurisprudenza e può andare incontro a diversi pericoli. Il suo insegnamento deve essere un monito per tutti noi, ma soprattutto per le nuove generazioni: questa commemorazione è testimonianza del suo contributo e della correttezza professionale che lo ha sempre contraddistinto”.
Lagalla ne celebra la dedizione e la determinazione a non cedere alle pressioni mafiose: “Giaccone non era un magistrato o un uomo delle Forze dell’Ordine, pertanto non metteva il rischio un’esposizione primaria e diretta davanti a ogni cosa: era un uomo di studio e ricerca, che però è stato incrollabilmente fedele a se stesso e al suo lavoro fino a pagarne una conseguenza tragica in una stagione massacrante per Palermo. E’ giusto promuoverne un ricordo solenne ogni anno e mantenerne alta la memoria, proponendola ai più giovani”.
Per Volo “Giaccone è stato un grandissimo professionista e con il suo sacrificio ha insegnato a tutti noi che nel rispetto della professione e nell’assoluta onestà intellettuale si deve anche rischiare la vita: non possiamo e non dobbiamo mai avere dubbi su ciò che è giusto fare”.
Mariani sottolinea come “Giaccone ha dato la vita per ciò in cui credeva: il suo sacrificio è stato un ultimo atto di dedizione, ispirando coloro che in futuro avrebbero dovuto prendere il suo posto. La sua lezione vale non solo per gli studenti ma per chiunque segua le sue orme, anche nelle istituzioni: Palermo nel 1982 ha perso tre personalità di altissimo livello (La Torre, Giaccone e Dalla Chiesa, ndr), che hanno dato tutto affinchè questa città potesse affrancarsi dai mostri che la opprimevano”.
Alla commemorazione ha preso parte anche Milly Giaccone, figlia del medico legale: “E’ molto bello vedere che questo ricordo va avanti di anno in anno – afferma – La mia paura è che al di fuori dell’anniversario la sua figura venga un pò messa da parte rispetto alle altre vittime di mafia. Ora che sono in pensione vorrei girare un pò per le scuole e parlare di lui: papà era una persona colta e preparata, ma aveva anche un bel carattere. In famiglia parlava poco del suo lavoro a stretto contatto con la Procura, anche perchè mia madre aveva tanta paura per lui: con me invece ne parlava di più, perchè io ero già studentessa di Medicina e venivamo al Policlinico insieme. Non so se in cuor suo avesse capito fino a che punto era in pericolo”.

– foto xd8/Italpress –
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Di Pietro “Creme solari pericolose? Inopportuno allarmismo”

ROMA (ITALPRESS) – E’ stato recentemente divulgata la notizia che esisterebbero dei rischi nell’uso di creme solari, soprattutto per i bambini, a causa della possibile presenza in questi prodotti dei famigerati Pfas (acronimo di PerFluoro Alkyl Substances), sostanze da tempo ritenute pericolose per la salute umana. I Pfas, acronimo inglese di “perfluorinated alkylated substances”, sono ingredienti per e poli fluoroalchilici che si trovano in tantissimi oggetti diversi: sono una grande famiglia di composti chimici detti “di sintesi” (oggi se ne contano oltre 4.000). Sono anche chiamati “forver chemicals”, perchè non siamo in grado di liberarcene e sono ubiquitari sul nostro pianeta. Sono usati principalmente per impermeabilizzare e rendere durature confezioni e involucri (quindi nei cosmetici vengono usati in alcune formule waterproof e resistenti all’acqua). L’associazione scientifica Isplad (International Society of Plastic-Regenetative Dermatology)costituita da oltre 2000 dermatologi e lo “SkinLongevity Group” che riunisce dermatologi, chirurghi plastici, cosmetologi, ed altri esperti del settore, prende le distanze da queste notizie allarmistiche. Affermare che la maggior parte delle creme schermanti solari sono un rischio per la salute, soprattutto dei bambini, rappresenta un serio pericolo e potrebbe incidere sulla insorgenza di tumori cutanei da eccessiva penetrazione nella pelle dei raggi ultravioletti.”Pensiamo che si tratti di un inopportuno allarmismo in pieno agosto” dichiara Antonino Di Pietro, presidente Isplad, direttore dell’Istituto Dermoclinico di Milano, conduttore della trasmissione “Cosmetica e Benessere Magazin” di Italpress.
“Prima di tutto queste sostanze (largamente utilizzate come idrorepellenti in prodotti come pentole, vernici, oggetti per la casa, per il lavoro, cavi,e rivestimenti in vari settori) normalmente non sono utilizzate nei prodotti cosmetici e tantomeno nelle creme solari dove, per renderle “resistenti all’acqua”, si usano molecole completamente diverse – prosegue -. Ma soprattutto, dal luglio 2013 in Europa, ogni prodotto cosmetico deve essere sottoposto per legge a una valutazione della sicurezza per la salute umana prima dell’immissione sul mercato. Tale valutazione, comunemente denominata Cpsr (Cosmetic Product Safety Report), dopo una attenta disamina degli ingredienti, deve essere validata da tossicologi qualificati che garantiscano la sicurezza del prodotto. Attualmente i Pfas eventualmente presenti nei cosmetici, sono severamente regolamentati e i limiti sono 0,5 µg/l (500 ng/l)per la somma di tutti i Pfas, e di 0,1 µg/l (100 ng/l) come valore di ogni singolo Pfas, prodotti cosmetici che rispettano questi parametri non sono fuorilegge. Leggendo attentamente lo studio del BfR (Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi) che ha lanciato l’allarme, si scopre che è stato esposto all’uso di una crema solare (senza citare di quale si tratti) un solo volontario! Attualmente i controlli del Ministero della Salute ci sono e sono molto severi; prova di ciò sono i continui sequestri doganali di prodotti importati extra Eu contenenti sostanze pericolose e vietate in Europa. Infine ricordo che dal lontano 1997 esiste l’obbligo di riportare sulla confezione di ogni prodotto cosmetico l’elenco degli ingredienti in essa contenuti; ciò deve avvenire non con nomi di fantasia ma con precisi nomi codificati secondo l’Inci (Internartional Nomenclature of Cosmetic Ingredients)”, conclude Di Pietro.

– Foto Agenzia Fotogramma –

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Al Policlinico di Palermo reimpiantato il braccio ad uomo

PALERMO (ITALPRESS) – E’ fuori pericolo l’uomo che lo scorso 28 luglio era stato ricoverato al Policlinico di Palermo in seguito a un incidente stradale avvenuto a Mazara del Vallo nel quale aveva riportato l’amputazione del braccio sinistro. L’intervento di reimpianto dell’arto, eseguito dagli specialisti della Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone”, è perfettamente riuscito e il paziente sta bene.
“Questo intervento è un esempio di ottima collaborazione che vede consolidata la posizione di primo piano del Policlinico ‘Paolo Giacconè nell’ambito della traumatologia, in particolare come centro reimpianti, in Sicilia e nell’Italia meridionale – afferma la professoressa Adriana Cordova, direttrice dell’unità operativa complessa di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva e del Dipartimento chirurgico dell’Azienda ospedaliera universitaria -. Il percorso di riabilitazione della funzione del braccio in questo caso prevede altri delicati interventi chirurgici che la nostra equipe sta già programmando per garantire all’arto reimpiantato una buona funzionalità”.
Fondamentale per la riuscita di una procedura così complessa è stato il tempestivo coordinamento tra l’ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo, nel Trapanese, il primo ad accogliere il paziente e a prestare le prime cure, e il reparto del Policlinico cui afferisce l’unità operativa semplice di Chirurgia della mano e Microchirurgia d’Urgenza, che dal 2019 è centro CUMI (Centro di coordinamento per le urgenze ed emergenze della mano e dell’arto superiore,) e accoglie pazienti provenienti dalla Sicilia e dal sud Italia.
“In questo caso – sottolinea la professoressa Cordova – è stato determinante il ruolo dei medici di Mazara del Vallo che hanno inviato in modo corretto l’arto amputato. La conservazione e il trasporto del pezzo anatomico amputato nel tempo più rapido possibile sono, infatti, momenti fondamentali per la buona riuscita del reimpianto”.
L’intervento, durato circa otto ore, è consistito nella osteosintesi dell’omero e nella rivascolarizzazione dei tessuti mediante la anastomosi (ossia il ricollegamento) microscopica delle arterie e delle vene, nonchè nella ricostruzione dei nervi che risultavano strappati a più livelli.
L’operazione ha visto impegnata un’equipe multidisciplinare costituita dai chirurghi plastici Pierfrancesco Pugliese e Massimiliano Tripoli, responsabile dell’unità operativa semplice di Microchirurgia e Chirurgia della mano, gli assistenti in formazione Federico Coppola ed Emanuele Gervasi, il Professore Lawrence Camarda, direttore dell’unità operativa complessa di Ortopedia e il collega Gian Piero De Luca, l’anestesista Fabio Failla.
Dopo il lungo intervento il paziente è stato trasferito presso il reparto di Terapia Intensiva Polivalente del Policlinico, ove è stato stabilizzato e monitorato nelle funzioni vitali, e poi ritrasferito in reparto dove è anche assistito dal punto di vista psicologico.
“Questo tipo di intervento, che richiede una sincronizzazione perfetta e un’abilità chirurgica fuori dal comune, – afferma la Direttrice generale del Policlinico, Maria Grazia Furnari – è un esempio del nostro impegno costante verso l’eccellenza nelle cure mediche. Ringrazio tutto il personale coinvolto per la dedizione e professionalità e l’eccellente lavoro di squadra e auguro al nostro paziente una pronta e completa guarigione”.
Questo è stato il secondo intervento di riattacco di un braccio eseguito presso la Unità di Chirurgia Plastica, dopo il caso della paziente che aveva subito a Reggio Calabria l’amputazione dell’arto superiore incastrato in una macchina per la spremitura delle olive.
– foto ufficio stampa Policlinico Palermo, professoressa Adriana Cordova –
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Prelievo multiorgano all’Arnas Garibaldi di Catania

CATANIA (ITALPRESS) – Un prelievo multiorgano da donatore in morte cerebrale è stato eseguito presso la Rianimazione Centro dell’ARNAS Garibaldi di Catania, diretta da Daniela Di Stefano, in costante collaborazione con il Centro Regionale Trapianti diretto da Giorgio Battaglia. Il donatore è stato un giovane paziente di 42 anni, deceduto per le gravissime condizioni cliniche.
Il prelievo multiorgano, si legge in una nota, è stato un complesso lavoro di “squadra” e ha richiesto l’attivo coinvolgimento del Direttore Generale, Giuseppe Giammanco, nonchè l’efficiente collaborazione con le altre unità operative coinvolte, quali l’Unità di Patologia Clinica, l’Unità di Immunologia e Medicina Trasfusionale, l’Unità di Neurologia, l’Unità di Radiologia, l’Unità di Cardiologia e l’Unità di Oculistica.
Si tratta, prosegue la nota, di una procedura di alta complessità clinica, in cui l’efficacia del percorso “osservazione-mantenimento-prelievo-trapianto” rivela l’elevato livello di competenza e professionalità da parte del personale sanitario dell’UOC di Anestesia e Rianimazione.
L’attività della Rete Aziendale è iniziata con la convocazione della Commissione per l’Accertamento della Morte Cerebrale costituita dalla dottoressa Cefalù, dal dottore Cavallaro, dalla dottoressa Panebianco, a cui ha fatto seguito la segnalazione al CRTO, diretto dal dottore Scafidi, inoltrata dal Coordinatore Locale Aziendale, dottoressa Bonanno, e dal CPSI di Coordinamento, dottore Piazza, con la conseguente trasmissione di tutti i dati clinici indispensabili per la valutazione degli organi idonei per il prelievo e per l’identificazione dei rispettivi riceventi a livello regionale e nazionale.
Sono stati ritenuti idonei al trapianto il fegato, che è stato prelevato dall’ISMETT, il rene destro ed il rene sinistro prelevati dal Policlinico di Catania, nonchè le cornee prelevate dal dottore Longo, referente aziendale per il prelievo delle cornee.
“I risultati dell’Arnas Garibaldi, riconosciuti a livello regionale e nazionale – sottolinea la nota -, testimoniano la forte volontà della Direzione Strategica Aziendale, oltre alla professionalità dei Sanitari coinvolti”. “Appare fondamentale sottolineare – fanno sapere dall’Arnas Garibaldi – la generosità, l’alto senso civico ed umano del donatore, che in vita o tramite il consenso dei propri familiari, ha accettato di donare, volendo così garantire una continuità di vita ad altri pazienti. Questo grande e nobile gesto del donatore, e dei familiari sebbene provati dall’immenso dolore della perdita, non ha facili parole per potere essere definito, ma senz’altro è una grande prova di umana solidarietà”.
– foto ufficio stampa Arnas Garibaldi di Catania –
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Donazione di organi, Italia seconda in Europa

ROMA (ITALPRESS) – Nel 2023 l’Italia è salita al secondo posto tra i principali Paesi europei per quanto riguarda la donazione degli organi: il tasso raggiunto è stato di 28,2 donatori ogni milione di abitanti, dietro alla Spagna (leader mondiale con 48.9) ma davanti a Francia (26,3), Regno Unito (21,3) e Germania (11,4). A confermare il risultato è l’ultimo Report analitico dell’attività annuale della Rete nazionale trapianti, pubblicato sul sito del Centro nazionale trapianti. Il documento contiene oltre 200 pagine di analisi, grafici e tabelle che mettono a fuoco nel dettaglio l’intera attività della rete di donazione e trapianto del Servizio sanitario nazionale, per quanto riguarda gli organi solidi ma anche i tessuti, le cellule staminali emopoietiche, i gameti e il microbiota intestinale.
Il report, che approfondisce i dati preliminari pubblicati nel gennaio scorso, conferma che il 2023 è stato l’anno migliore di sempre per donatori segnalati (3.092, +16,2% sul 2022), donatori utilizzati (1.667, +14,2%) e trapianti effettuati (4.466, +15,2%). Di questi, 198 sono stati realizzati attraverso programmi di urgenza nazionale, mentre 197 trapianti hanno riguardato pazienti pediatrici. Particolarmente numerosi i trapianti da donatore a cuore fermo: sono stati 444, il doppio dell’anno precedente. La crescita complessiva dell’attività’ di donazione e trapianto si è tradotta in un leggero calo del numero di pazienti in attesa di ricevere un organo: al 31 dicembre 2023 erano 7.941, di cui il 76% aspettava un rene, contro gli 8.112 a fine 2022. Tra i centri di trapianto, è stata la Città della salute e della scienza di Torino a realizzarne il maggior numero (457), confermandosi al primo posto per quanto riguarda l’attività di trapianto di rene e fegato. Segue l’Azienda ospedaliera universitaria di Padova (435), leader nazionale nei trapianti di polmone e pancreas, mentre al terzo posto c’è il Policlinico Sant’Orsola di Bologna (322). Spicca tra i centri meridionali il risultato del Policlinico di Bari, primo centro italiano per numero di trapianti di cuore. Per quanto riguarda invece l’attività di prelievo degli organi, sono stati 221 gli ospedali nei quali è stata realizzata una donazione di organi nel 2023: i nosocomi più attivi sono stati l’Ospedale Civile Maggiore di Verona (55 donazioni), l’Ospedale Bellaria di Bologna (46) e il Policlinico Careggi di Firenze (46).
Il Report conferma anche la crescita dell’attività di donazione (15.327, +24,4%) e trapianto (24.944, +15,2%) di tessuti, in particolare cornee e osso, così come per quanto riguarda le donazioni di cellule staminali emopoietiche. Il report infine analizza anche i trend dell’attività di donazione di cellule riproduttive, l’attività ispettiva del Centro nazionale trapianti sul territorio, i controlli di qualità nei laboratori di immunologia dei trapianti e i dati della gestione del rischio clinico e delle reazioni e degli eventi avversi registrati nel Sistema informativo trapianti. Infine, quest’anno è presente un focus sui trapianti sperimentali di microbiota intestinale: un programma che al 31 dicembre 2023 ha visto la realizzazione di 214 interventi in 10 centri autorizzati in tutta Italia.
“I numeri raccontano una Rete trapianti più’ che mai vivace ed efficiente, che anche nel 2024 sta ottenendo risultati positivi in linea con i primati conseguiti lo scorso anno”, sottolinea il direttore del CNT Giuseppe Feltrin. “Con questo report, che rendiconta con puntualità 12 mesi di lavoro di una realtà estremamente articolata e complessa, il Centro nazionale trapianti offre uno strumento di analisi dettagliato e trasparente, assolvendo al proprio ruolo di coordinamento della Rete trapianti al servizio del sistema sanitario nazionale e delle realtà regionali”.
– foto screenshot sito Centro nazionale trapianti –
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Stefano Del Prato nuovo presidente della Fondazione Menarini

FIRENZE (ITALPRESS) – Stefano Del Prato è il nuovo presidente della Fondazione Menarini.
Punto di riferimento mondiale nella lotta contro il diabete, con una vita al servizio della comunità scientifica, Stefano Del Prato vanta una carriera costellata di successi. I suoi studi incentrati sulla fisiopatologia e sulla ricerca di terapie innovative per la cura del diabete di tipo 2 e dell’insulino-resistenza gli sono valsi la carica di Chairman della Fondazione Europea per lo studio del Diabete (EFSD) e di presidente di numerose società e associazioni internazionali, tra cui l’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD) e la Società Italiana di Diabetologia. Attualmente è il Presidente dello European Diabetes Forum.Nel 2011 ha presieduto il Comitato Scientifico del Congresso Mondiale sul Diabete di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Nello stesso anno, a coronamento dello straordinario impegno professionale, gli è stata conferita l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine della Repubblica Italiana per meriti scientifici.
Queste le prime parole di Del Prato da neo Presidente della Fondazione Menarini: “Sono molto orgoglioso del ruolo di Presidente della Fondazione Menarini che mi accingo ad assumere. Orgoglioso perchè la Fondazione Menarini, nell’arco di quasi 50 anni di attività, è diventata un punto di riferimento del dialogo scientifico internazionale, certificato com’è da un Comitato Scientifico che annovera tra i suoi membri personalità del calibro del Prof. Louis J. Ignarro, Premio Nobel per la Medicina del 1998. Una sfida, questa Presidenza, che ha come obiettivo quello di contribuire ad un’ulteriore crescita della Fondazione con un occhio di riguardo alle nuove generazioni di ricercatori e medici. Credo che le attività della Fondazione possano offrire una grande opportunità per attirare ancora più giovani al mondo della scienza offrendo loro una palestra di informazione, di scambi e di networking, e sono convinto che l’incontro tra l’esperienza di chi ha già raggiunto importanti traguardi e l’entusiasmo di chi si accinge ad affrontare nuovi orizzonti siano la chiave di volta per il successo della ricerca scientifica e il mezzo più rapido per l’implementazione delle nuove scoperte nella pratica clinica”.
Dal 1976 la Fondazione Menarini promuove la ricerca e la conoscenza nel campo della biologia, della farmacologia e della medicina. Negli anni, ha realizzato oltre 750 Conferenze Internazionali su argomenti medici e biologici innovativi e su tematiche di specifico interesse per il mondo medico sotto il profilo delle vaste implicazioni scientifiche e dei riflessi di ordine pratico.
– foto ufficio stampa Menarini –
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Trapianto del microbiota fecale, Policlinico di Milano all’avanguardia

MILANO (ITALPRESS) – Nel nostro Paese sono pochi i centri dedicati alla cura via trapianto di microbioma dell’infezione da Clostridioides difficile, batterio la cui presenza è associata un’alterazione della flora intestinale che causa diarrea, colite e, nei casi più gravi, la perforazione del colon con un elevato indice di mortalità. Da poco, il Policlinico di Milano è stato accreditato dal Centro Nazionale Trapianti per eseguire il trapianto del microbiota fecale umano (FMT) che ha riconosciuto e avallato l’innovativa procedura ideata dai professionisti della Gastroenterologia ed Endoscopia, dalla Medicina Trasfusionale e dalla Microbiologia e Virologia del Policlinico di Milano divenendo così anche il primo centro autorizzato per questo intervento in Lombardia.
Per comprendere qual è la novità, però, è bene sapere cos’è il trapianto del microbiota fecale: si tratta di somministrare la componente batterica “buona” a persone con patologie associate a un disequilibrio della flora intestinale attraverso le feci di un donatore sano. Questa pratica è autorizzata in Italia soltanto per la cura delle infezioni recidive da Clostridioides difficile, patologia di cui negli ultimi anni si assiste a un aumento dei casi e colpisce soprattutto i pazienti più anziani.
La difficoltà principale oggi nell’esecuzione del FMT, sta nell’individuare persone idonee alla donazione. Da qui la soluzione avanzata dal team di lavoro del Policlinico di Milano diretto da Flavio Caprioli, gastroenterologo responsabile del Programma e del Centro FMT: attingere dall’ampia platea di quanti donano periodicamente il sangue, ossia soggetti sani, dallo stile di vita bilanciato e propensi ad aiutare il prossimo. In questo modo si ottiene il doppio risultato di aumentare il reperimento di donatori idonei e unire sotto una unica supervisione le fasi di selezione dei donatori; raccolta di unità per la donazione, conservazione e analisi dei campioni; selezione del ricevente e somministrazione del trapianto.
Il risultato è il frutto di un impegno di anni dell’ampio team di ricerca che include la Gastroenterologia ed Endoscopia sotto la direzione di Maurizio Vecchi, insieme alla Medicina Trasfusionale sotto la direzione di Daniele Prati e al team della Microbiologia e Virologia dell’Ospedale diretto da Annapaola Callegaro.
In pratica, quel che per tutti è materiale di scarto, qui diventa un bene prezioso.
La valutazione di idoneità per la donazione delle feci comprende approfondimenti anamnestici, ematici e, solo in seconda battuta, l’analisi biologica e microbiologica dei campioni ricevuti. Altro fattore cruciale è la variabile tempo: le persone che superano la prima fase di osservazione sono considerate idonee per 4 settimane, mentre il tempo massimo che deve passare tra analisi con esito positivo e l’effettiva donazione non può superare i 4 giorni.
Gli operatori del Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano sono in grado di intercettare durante le donazioni di sangue, profili aderenti a intraprendere l’iter per diventare anche donatori di microbiota. Ogni indagine prevede un doppio controllo prima che il materiale raccolto possa essere effettivamente inserito nella biobanca dell’Ospedale, procedura necessaria per garantire totale sicurezza prima e dopo l’intervento.
“L’esperienza del Centro Trasfusionale nella gestione delle donazioni e nel mantenimento degli standard di sicurezza favorisce la garanzia del rispetto delle normative, ma la normativa italiana non prevederebbe un coinvolgimento diretto dei reparti di Medicina Trasfusionale – dichiara Daniele Prati, direttore della Medicina Trasfusionale del Policlinico di Milano -. Esperienze positive in questo senso riguardano il Nord Europa e l’Australia e per questo motivo negli ultimi anni in Ospedale abbiamo iniziato un percorso per implementare questo programma con il supporto della Direzione Scientifica”.
Il trapianto di microbiota fecale è una pratica a basso grado di invasività e di breve durata. La procedura prevede una iniziale terapia antibiotica e la preparazione intestinale prima del trapianto, eseguito in endoscopia tramite una colonscopia, o attraverso clistere. La biomassa da traferire paziente viene rilasciata dalla biobanca dell’Ospedale con una procedura simile a quanto avviene per le unità di sangue. Il paziente è dimesso dopo una degenza che non supera le 72 ore.
La ricerca, però, non si ferma mai e lo sguardo si allarga già a nuovi sviluppi del trapianto fecale per il trattamento di altre patologie.
“Le prospettive sono ampie e molte ricerche già avviate nel mondo iniziano a portare solide conferme verso manifestazioni infiammatorie dell’intestino comuni come la colite ulcerosa e la malattia di Crohn – dichiara Flavio Caprioli, gastroenterologo ed endoscopista al Policlinico di Milano e responsabile del Programma e del Centro FMT -. Nei pazienti oncologici, il trapianto di microbiota intestinale potrebbe contrastare gli effetti collaterali dovuti alle terapie in caso di melanoma, leucemia mieloide acuta, tumore al polmone. Anche nel trapianto del midollo emopoietico esistono dati preliminari relativi alla riduzione o alla prevenzione degli effetti collaterali cronici intestinali”.
Altri campi già coinvolti nello studio sulle possibilità terapeutiche del trapianto del microbiota intestinale riguardano le patologie neurologiche come il Parkinson e la depressione. Si guarda con fiducia anche ai primi risultati sui benefici nel trattamento delle malattie metaboliche come il diabete mellito di tipo 2.
“Poter organizzare l’intero iter del trapianto del microbiota fecale in Policlinico di Milano è un unicum che ci rende molto orgogliosi – dichiara Matteo Stocco, direttore generale del Policlinico di Milano -. Lo studio e l’analisi della fattibilità di questa procedura è il frutto di un’intuizione dei nostri specialisti e ricercatori che da anni hanno creduto in un metodo che potesse garantire a donatori e riceventi un servizio sicuro, altamente specializzato e vicino alle esigenze dei nostri pazienti e di chi in modo ricorrente dona il sangue al nostro Centro Trasfusionale”.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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