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Covid, in calo incidenza settimanale e occupazione intensive

ROMA (ITALPRESS) – Scende l’incidenza settimanale a livello nazionale: 375 ogni 100.000 abitanti (13-19 maggio) rispetto ai 458 ogni 100.000 abitanti (6-12 maggio). E’ quanto emerge dai dati del monitoraggio della Cabina di regia dell’Istituto Superiore di Sanità. Nel periodo 27 aprile-10 maggio 2022, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,89 (range 0,84-0,97), in diminuzione rispetto alla settimana precedente. L’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero è al di sotto della soglia epidemica e stabile rispetto alla settimana precedente: Rt=0,84 (0,81-0,87) al 10 maggio rispetto a Rt=0,84 (0,82-0,87) al 3 maggio- Il tasso di occupazione in terapia intensiva scende al 3,1% rispetto al 3,4%. Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale scende al 10,9%, rispetto al 12,6%. Nessuna regione/provincia autonoma è classificata a rischio alto. Una regione è classificata a rischio moderato a causa di molteplici allerte di resilienza; tutte le restanti regioni/province autonome sono classificate a rischio basso. Nove riportano almeno una singola allerta di resilienza. Una regione riporta molteplici allerte di resilienza. Aumenta leggermente la percentuale dei casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (45% contro il 43%), mentre è sostanzialmente stabile la percentuale dei casi diagnosticati attraverso attività di screening (43% contro il 44%).
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-foto Agenzia Fotogramma-

Diego Catania “Rilancio del servizio sanitario passa dalla multidisciplinarietà”

VARESE (ITALPRESS) – Si è svolto, presso la sala convegni dell’Ufficio Territoriale Regionale di Varese, un incontro fra i principali rappresentanti istituzionali delle Professioni Sanitarie in Lombardia e il Presidente della III Commissione Sanità e Politiche Sociali, Emanuele Monti. Al centro del dialogo, il ruolo delle Professioni Sanitarie nell’evoluzione del Sistema Socio-Sanitario regionale delineato dalla Legge regionale 22/2021. Fra gli interlocutori presenti, Diego Catania, Vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione e Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP di Milano e province, è intervenuto sul tema del servizio sanitario nazionale: “Il rilancio del servizio sanitario deve passare necessariamente dalla multidisciplinarietà, in linea con quanto richiamato dal DM 71, in cui sono esplicitamente nominate le Professioni Sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione”.
Anche Elena Cossa, Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP di Varese, ha sostenuto un modello improntato alla sinergia e alla continuità assistenziale: “Occorre progettare un sistema che ponga davvero al centro la persona, responsabilizzando tutti i profili coinvolti nel percorso terapeutico. Le 19 Professioni afferenti agli Ordini TSRM e PSTRP devono essere inserite nel contesto territoriale, dove collaboreranno con gli altri operatori sanitari per una presa in carico a tutto tondo del bisogno di salute”.
Sul tema della sanità territoriale si è espresso nuovamente Catania, focalizzandosi sull’impianto organizzativo previsto dal PNRR e accolto dalla nuova Legge Regionale: “Gli snodi portanti della rete dei servizi, Case e Ospedali di Comunità, dovranno valorizzare la sanità d’equipe e rispettare la composizione minima di Professionisti Sanitari di area tecnico-diagnostica e assistenziale, della riabilitazione e della prevenzione. Solo integrando competenze specifiche e diversificate, infatti, tali strutture potranno rivelarsi valide risorse per la cittadinanza; in caso contrario, rimarranno cattedrali nel deserto”.

foto ufficio stampa Ordine TSRM e PSTRP di Milano
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Malattie legate all’invecchiamento, esperti a confronto a Palermo

PALERMO (ITALPRESS) – Il progressivo invecchiamento della popolazione è un trend in continuo aumento: entro il 2050 la proporzione di anziani nel mondo raddoppierà, passando dall’11% al 22% della popolazione totale. Secondo i dati Eurostat, l’Italia è oggi il Paese europeo che registra la più alta percentuale di over 65enni sul totale della popolazione, ovvero il 22,8%. Approfondire lo studio e la cura delle malattie età-correlate diventa quindi una priorità assoluta, sia per il miglioramento della salute della popolazione, che per la sostenibilità dei sistemi sanitari. Da qui il focus della 14^ edizione del Simposio Scientifico Ri.MED “Inflammation and Aging: Mechanisms, mediators and therapeutic interventions”, in corso oggi e domani, a Palazzo Steri, sede del rettorato dell’Università di Palermo.
Dal punto di vista scientifico, l’invecchiamento umano è caratterizzato da uno stato infiammatorio cronico di basso grado connesso a molte malattie età-correlate, definito “Inflammaging” (termine coniato proprio dal professor Franceschi, keynote speaker della prima giornata). L’infiammazione è un fattore di rischio altamente significativo negli anziani: la quasi totalità delle malattie legate all’età e delle sindromi geriatriche condividono infatti una patogenesi infiammatoria.
I lavori hanno preso il via oggi con un discorso introduttivo di Massimo Midiri, rettore dell’Università di Palermo, Paolo Aquilanti, presidente di Fondazione Ri.MED, Angelo Luca, direttore di IRCCS ISMETT e vicepresidente della Fondazione Ri.MED e Toren Finkel, Chairman dell’evento e direttore dell’Aging Institute di UPMC.
“La missione di Ri.MED è quella di trasferire le biotecnologie e le ricerche biomediche in nuove cure per i pazienti: in proposito vi sono anche progetti che riguardano le patologie connesse all’invecchiamento – spiega Paolo Aquilanti, presidente della Fondazione Ri.MED -. Studi e applicazioni che traggono un forte impulso dall’integrazione diretta con l’IRCCS-ISMETT e dalla partnership strategica con il Centro Medico dell’Università di Pittsburgh. Il Simposio annuale ci permette di portare in Sicilia gli studiosi e gli operatori più qualificati in materia, secondo gli obiettivi propri di Ri.MED: divulgazione scientifica, formazione di nuove generazioni di ricercatori e sviluppo di un indotto socioeconomico positivo nel Sud Italia”.
Si tratta di uno dei primi incontri internazionali focalizzati esclusivamente sul tema della relazione tra infiammazione, invecchiamento e sistema immunitario, approcci complementari da cui possano scaturire collaborazioni utili a tradurre le intuizioni scientifiche in nuove terapie.
“L’obiettivo delle ricerche che verranno presentate è lo sviluppo di innovative soluzioni diagnostiche e terapeutiche utili a rallentare o addirittura invertire la genesi dello stato infiammatorio cronico, e permettere così di trattare efficacemente una vasta gamma di patologie legate all’età”, dice Toren Finkel, chairman dell’evento e direttore dell’Aging Institute di UPMC, che ha tracciato le aree tematiche che saranno approfondite nei prossimi due giorni: “Spaziando dall’attivazione immunitaria cronica negli anziani ai meccanismi scientifici che generano le condizioni patologiche legate all’età, gli scienziati esploreranno nuovi approcci per il trattamenti di malattie come l’Alzheimer, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’osteoartrite, la setticemia e altre ancora”.

– foto ufficio stampa Comin & Partners –
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Uno studio, sintomi da long Covid per il 17% di bambini e adolescenti

SORRENTO (ITALPRESS) – Il 17% dei bambini e degli adolescenti italiani che hanno avuto una infezione da Covid-19 manifesta a distanza di tre mesi sintomi da long Covid, tra i quali i più comuni sono la congestione nasale, il mal di testa e l’affaticamento, mentre il più persistente nel tempo sembra essere l’insonnia. I dati emergono dal primo studio prospettico sul long Covid condotto sui bambini e gli adolescenti italiani, coordinato dall’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, i cui risultati preliminari vengono illustrati oggi al 77° Congresso della Società Italiana di Pediatra, in corso a Sorrento.
Lo studio, iniziato a novembre 2021 e che terminerà a marzo 2026, condotto su 14 Centri sul territorio nazionale, ha arruolato sinora circa 1.000 bambini e adolescenti con una pregressa infezione da SARS-CoV-2 di diversa gravità.
“Identificare le potenziali conseguenze a lungo termine del long Covid e la relazione con l’infezione acuta è importante per la gestione e la riabilitazione dei pazienti – afferma la coordinatrice dello studio, Susanna Esposito, Ordinaria di Pediatria e Direttrice della Clinica Pediatrica dell’Università di Parma, responsabile del Tavolo tecnico malattie infettive e vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria -. I criteri di inclusione di questo studio sono molto stringenti in quanto prevedono di arruolare in modo longitudinale un grosso numero di soggetti che hanno avuto una recente diagnosi di infezione da SARS-CoV-2, proponendo la ricerca nei Centri partecipanti a tutti coloro che sono risultati positivi al tampone molecolare in un preciso intervallo di tempo.
Dei 670 pazienti con diagnosi Covid-19 che hanno partecipato allo studio e per i quali sono disponibili i primi dati (51,5% maschi e 48,5% femmine) il 31% aveva una patologia pregressa, solo l’1,8% ha avuto necessità di ricovero, nel 15% dei casi l’infezione è stata asintomatica.
A distanza di tre mesi dall’infezione, 118 bambini (pari al 17,6% del campione) manifestano almeno un sintomo del long Covid, tra questi 110 bambini (16,4%) manifestano almeno 2 sintomi, 84 bambini (12%) almeno 3 sintomi. Ma quali sono le più frequenti manifestazioni del long Covid nella popolazione censita dallo studio? Congestione nasale (17%), mal di testa (15%), affaticamento (13%), scarso appetito (10%), insonnia (9%), tosse persistente (8%), dolore addominale (6%), confusione e perdita di concentrazione (5,2%) ed eruzione cutanea (4,9%).
Tra i bambini che si sentono affaticati (pari al 13% del campione) circa 1 su 4 sente il bisogno di riposarsi più del solito, il 19% si sente più assonnato, l’11% ha meno energia del solito.
Alcuni sintomi come congestione nasale, scarso appetito, eruzione cutanee tendono a manifestarsi, nella stragrande maggioranza dei casi, in maniera lieve. Ma sintomi come affaticamento, insonnia, perdita di concentrazione e mal di testa si manifestano spesso con una sintomatologia più importante.
In particolare, lamentano forme da moderate a gravi di affaticamento e di mancanza di concentrazione circa il 43% dei bambini alle prese con questi disturbi. Quanto alla durata dei sintomi, stando ai dati raccolti sinora, i più persistenti sono il mal di testa con il 10% dei bambini che ne soffre anche a distanza di 4-6 mesi successivi all’infezione e l’insonnia: il 3,6% ne soffre a 6 mesi di distanza, l’1,8% a 7-9 mesi e analoga è la percentuale di chi ne soffre a un anno di distanza.
“Il long Covid è un problema concreto anche nei bambini e negli adolescenti. La nostra ricerca dimostra la necessità di non sottovalutare sintomi persistenti che possono essere causa di enorme disagio per i più piccoli con la compromissione della loro vita quotidiana e l’importanza di un approccio personalizzato sulla base dei sintomi presenti – conclude Esposito -. Questi risultati sottolineano ancora una volta l’importanza della vaccinazione contro il Covid anche nei più piccoli per evitare complicanze a distanza, che possono verificarsi anche in chi ha avuto un’infezione non particolarmente grave in fase acuta”.

– foto agenziafotogramma.it –
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Screen-Time, è emergenza l’abuso del cellulare da parte dei bambini

PADOVA (ITALPRESS) – Il Dipartimento Salute Donna e Bambino dell’Università di Padova con l’endorsement della Società Italiana di Pediatria (SIP) ha pubblicato sulla rivista Frontiers in Pediatrics un documento intitolato la “Salute dei Giovani e Stili di Vita: la Carta di Padova”, che riporta le informazioni scientifiche disponibili sul ruolo degli stili di vita nei bambini e negli adolescenti. In tal senso, come riferisce il Professor Eugenio Baraldi, coordinatore del documento: “Investire sulla salute dei giovani è una priorità globale per prevenire le malattie croniche non trasmissibili (cardiovascolari, tumori, respiratorie, diabete, obesità, salute mentale), che causano ogni anno il 70% delle morti premature e assorbono la maggior parte delle risorse dei servizi sanitari”.
Una delle attuali problematiche riguarda lo Screen-Time, inteso come il tempo trascorso davanti a uno schermo (es. TV, smartphones, tablets, accesso a internet e social network, videogames). Premesso che un moderato Screen-Time può essere positivo per il benessere dei giovani, favorendo le connessioni sociali e le capacità di apprendimento, tuttavia vi è un abuso nell’uso dei congegni elettronici che spesso porta a una dipendenza dal cellulare. Siamo, quindi, di fronte a un nuovo preoccupante fenomeno di una “generazione di iperconnessi”. Un eccessivo Screen-Time favorisce la sedentarietà e il sovrappeso, riduce le ore di sonno e si associa a problematiche depressive nei giovani e ritardo del linguaggio nei più piccoli.
Un aspetto allarmante è che il problema Screen-Time riguarda anche i bambini piccoli al di sotto dei 2-3 anni. Infatti, uno studio francese del 2018 riporta che l’80% dei bambini al di sotto dei 2 anni utilizza congegni elettronici. Alcuni genitori incoraggiano l’uso dei devices al di sotto dei 2-3 anni, perchè sono convinti che diano stimoli positivi allo sviluppo del bambino. Dobbiamo sfatare questa falsa credenza che spesso si associa all’idea dei genitori che il bambino sia particolarmente abile perchè già dai primi anni di età riesce a “smanettare” con il telefonino. Evidenze scientifiche dimostrano che l’uso precoce dei congegni elettronici può portare a problemi di linguaggio nei bambini piccoli.
La carta di Padova e le principali società scientifiche pediatriche internazionali hanno dato delle indicazioni ben precise sullo Screen-Time e l’utilizzo dei congegni elettronici. Tra i consigli: evitare la TV durante i pasti e 1 ora prima di andare a dormire; evitare la TV e i videogiochi nella stanza dei propri figli; evitare video per intrattenere i propri figli (YouTube Kids, YouTube); spegnere il cellulare durante la notte.
Esistono anche delle raccomandazioni per età, ad esempio, sotto i due anni occorre evitare l’esposizione agli schermi/apparecchi elettronici (eccetto video chat per parlare con i familiari distanti); tra i 2 e i 5 anni, uno Screen-Time di massimo 1 ora al giorno, preferibilmente in presenza di un familiare adulto; mentre dopo i 5 anni uno Screen-Time massimo di 2 ore al giorno.

– foto Ital Communications –

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Covid, 30.310 casi e 108 decessi nelle ultime 24 ore

ROMA (ITALPRESS) – Sono 30.310 i casi di Covid registrati nelle ultime 24 ore in Italia, 108 i decessi. E’ quanto emerge dal bollettino quotidiano del Ministero della Salute. I dimessi/guariti sono 90.017, mentre gli attualmente positivi sono 59.403 in meno per un totale che scende a 893.175.
-foto agenziafotogramma.it-
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La sanificazione degli ospedali tra ostacoli e buone pratiche

FIRENZE (ITALPRESS) – Nella sanità pubblica ad allarmare sempre di più è il numero dei decessi per infezioni correlate all’assistenza (ICA), ovvero contratte all’interno delle strutture sanitarie. Basti pensare che le morti italiane rappresentano il 30% del totale in Europa. Numeri che fotografano la realtà di un sistema sanitario messo a dura prova dal Covid e che oggi, più che mai, ha il dovere di porre l’attenzione sul tema cruciale della sanificazione e dell’igiene pubblica. Temi contenuti in una legge, la cosiddetta Gelli-Bianco (24/2017), il cui ambizioso obiettivo è quello di incardinare il tema della sicurezza nel diritto alla salute e che oggi, a distanza di cinque anni dalla sua promulgazione, necessita di un tagliando di controllo.
Di questo si è discusso durante il convegno dal titolo “L’Applicazione della Legge 24/2017 a cinque anni dall’approvazione – Il ruolo delle Linee Guida ed esempi di Buone Pratiche nazionali nel campo della sanificazione nelle strutture ospedaliere”, svoltosi oggi a Firenze. Un incontro che ha posto l’attenzione sugli aspetti applicativi di una norma che ha l’ambizione di favorire le buone pratiche nelle strutture ospedaliere, che spesso si scontra contro il muro della burocrazia.
Come ha ricordato Federico Gelli (direttore Sanità, Welfare e Coesione sociale della Regione Toscana) nel suo intervento introduttivo, “si tratta di una norma certamente migliorabile, con problemi di applicazione dovuti ai vincoli eccessivi della burocrazia e anche a questioni legate al recepimento da parte delle singole Regioni”.
“Il lavoro che abbiamo fatto in questi anni per la fidelizzazione e il coinvolgimento dei vari stakeholder interessati, penso agli operatori sanitari, agli addetti del diritto e delle assicurazioni, alle strutture ospedaliere pubbliche e private – ha ricordato Gelli – è stato molto importante. Abbiamo trattato questo argomento come centrale per l’assetto della sanità”.
Un percorso non privo di ostacoli, ha sottolineato lo stesso Gelli, perchè “abbiamo i problemi legati alle diversità applicative regionali della norma e solo attraverso un percorso di cultura politica possiamo far capire agli amministratori che l’applicazione della legge offre maggiore sicurezza ai cittadini e anche un vantaggio sotto il profilo del contenimento dei contenziosi e quindi dei costi”.
Luci e ombre sull’applicazione della legge 24/2017 sono state evidenziate anche nell’intervento di Walter Ricciardi (professore di Igiene e Medicina Preventiva – Università Cattolica di Roma): “Con il Covid abbiamo pagato in termini di vite umane il prezzo di 37 miliardi di definanziamento alla sanità pubblica degli ultimi anni. La pandemia ha generato instabilità e incoerenza evidenziando una debolezza dei sistemi di governance, di subalternità alla politica che sceglie manager sanitari più per fedeltà che per merito, e la stanchezza dei professionisti sanitari che vivono elevatissime pressioni di lavoro, pensiamo alla situazione nei pronto soccorso”.
Cosa fare quindi? “Sulle infezioni ospedaliere sappiamo tutto, a partire da come trattarle, da oltre vent’anni. Eppure, in Europa mi sono sentito dire che siamo il terzo mondo, perchè ufficialmente i numeri parlano di decine di migliaia di morti ma io credo che siano perlomeno 50mila l’anno. Occorre ripristinare il concetto della clinical governance, mettere al centro delle gestioni sanitarie si i bilanci, si la tecnologia ma soprattutto il ruolo degli operatori”. Sulla legge Gelli, prosegue, “avere affidato all’Istituto Superiore di Sanità il ruolo di garante delle linee guida non ha finora portato a quell’accelerazione auspicata e che è dovuta nell”interesse della salute dei nostri cittadini”.
Per Maurizio Hazan, presidente Fondazione “Italia in Salute”, il merito della legge Gelli “è quello di aver affrontato in modo organico la questione della conta medica e di avere generato, a costo zero, strumenti di sicurezza che devono trovare urgentemente applicazione. Sono stati fatti enormi passi ma c’è ancora tanto lavoro da fare”.
Ad evidenziare i numeri delle ICA ci ha pensato Fidelia Cascini, ricercatrice dell’Università Cattolica, che ha riportato uno studio recente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui negli ultimi quattro anni in Europa 4,5 milioni di persone sono state ricoverate per ICA, con una mortalità per sepsi del 24,4%. “A questo si deve aggiungere la pandemia, che nella prima fase del 2020 ha portato fino al 41% dei pazienti ricoverati in ospedale con conferma di Covid ad infettarsi nelle strutture sanitarie, mentre tra gli 80mila e 180mila operatori sanitari (a livello globale) sono morti per aver contratto il Covid durante l’attività lavorativa fino a maggio 2021”. Numeri che rilanciano la necessità di investire su ricerca e sviluppo nel campo dell’igienizzazione sanitaria.
Sul problema delle infezioni nosocomiali “già negli anni Ottanta ci furono due circolari del ministero della Salute, ma eccetto l’Emilia-Romagna che ha sistematizzato il problema, nessuno ha fatto niente”, ha ricordato Gianfranco Finzi (presidente ANMDO). “Noi da oltre trent’anni studiamo elementi per dare sicurezza all’interno degli ospedali, troppo spesso inascoltati come drammaticamente ci ricordano i numeri. Recentemente abbiamo prodotto un gigantesco lavoro con il contributo di FARE, FIASO al quale ha aderito TIPS, tavolo interassociativo pulizie e servizi che rappresenta oltre 2mila aziende con 21 miliardi di fatturato. Tutti d’accordo su come fornire maggiore sicurezza negli ospedali, le nostre buone pratiche oggi fanno parte delle linee guida dell’ISS che però non vengono tradotte in pratica”.
Da questo punto di vista è fondamentale il contributo portato dall’applicazione della legge Gelli, che consiste anche nel promuovere la ricerca di sistemi e metodiche innovative di comprovata efficacia ed efficienza, pure in termini di costo-beneficio oltre che di basso impatto ambientale, consentendo di misurare il risultato finale di un servizio di pulizia e sanificazione con parametri “oggettivi” e “misurabili”.
Una sfida raccolta da Massimo Menichini, direttore generale di Copma, azienda che ha sviluppato un nuovo sistema brevettato, il Pchs, sistema certificato contro la contaminazione microbica. “Noi siamo pronti a fare la nostra parte anche attraverso i servizi innovativi ottenuti dopo anni di ricerca dalle nostre direzioni di innovazione e sviluppo. Una ricerca pluriennale testata in ospedali e validata da diverse università italiane, che utilizza prodotti biologici e i cui risultati sono misurabili e possono contrastare con risultati certificabili il fenomeno delle infezioni ospedaliere”.
A concludere il convegno l’intervento dell’ex ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: “Viviamo in un Paese complicato, dove i processi di riforma si scontrano con la burocrazia e con la capacità di attuazione. Abbiamo un assoluto bisogno di spingere sulla fase esecutiva rendendo azioni misurabili ed efficaci e se non lo facciamo difficilmente riusciremo a raggiungere i Gol che ci siamo dati con il Pnrr”. Si tratta di problemi endemici al sistema italiano, ragiona la deputata Pd, “emersi con i conflitti fra enti durante la pandemia, che hanno lasciato delle lacerazioni. Penso alla non applicazione della legge sul registro dei vaccini che abbiamo fatto, ma la cui non attuazione ha reso impossibile la comunicazione fra Regioni”. Per Lorenzin occorre quindi “abbattere i muri della burocrazia, portare le Regioni italiane a parlare tutte lo stesso linguaggio informatico e ristrutturare e rafforzare i dipartimenti di prevenzione e igiene pubblica”.

– foto ufficio stampa convegno –

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Covid, 30.408 nuovi positivi, 136 i deceduti nelle ultime 24 ore

Sono 30.408 i nuovi positivi al Coronavirus in Italia. A dirlo, sono i dati diffusi dal quotidiano bollettino del Ministero della Salute. Gli attualmente positivi passano quindi a 952.578, mentre i deceduti delle ultime 24 ore sono stati 136, per un totale da inizio pandemia di 165.630 persone. I ricoverati negli ospedali italiani sono 7.594 (208 in meno di ieri), dei quali 318 in terapia intensiva (19 in meno di ieri). Il totale dei tamponi effettuati nelle ultime 24 ore è di 264.273. (ITALPRESS).

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