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Ricerca in Onco-Ematologia, premiati i vincitori del bando di Sanofi

MILANO (ITALPRESS) – Sono stati premiati i vincitori del bando di finanziamento alla ricerca indipendente Research to Care Onco-hematology Edition, interamente dedicato al mieloma multiplo, promosso dalla divisione Specialty Care di Sanofi, che ha messo a disposizione un importo complessivo di 110.000 euro.
Il bando, aperto a ottobre 2021, era stato rivolto a Università, Ospedali, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), o altri enti di ricerca, pubblici o privati, con sede nel territorio italiano, con l’obiettivo di valorizzare la ricerca e l’innovazione in onco-ematologia, attraverso progetti di ricerca scientifica e di trasferimento tecnologico.
Attenzione particolare è stata riservata ai fronti di ricerca innovativa sia nel campo della ricerca di base sia di quella applicativa che avessero al centro il paziente e la sua assistenza.
“Siamo davvero orgogliosi di poter supportare e promuovere progetti di alto valore innovativo che, siamo certi, potranno a lungo termine contribuire a migliorare significativamente la condizione e la qualità di vita dei pazienti con mieloma multiplo. Sanofi è da sempre impegnata a trasformare l’innovazione scientifica in terapie che migliorino l’accesso alla salute e la qualità di vita delle persone e specie le più fragili affette da patologie particolarmente gravi e che mettono a rischio la vita. Il nostro sostegno alla ricerca indipendente è solo uno dei fronti in cui esplicitiamo la nostra ferma volontà di instaurare partnership che possano sostenere l’eccellenza del nostro Paese nella ricerca”, spiega Marcello Cattani,
presidente e AD di Sanofi Italia.
I progetti ricevuti sono stati valutati da una Giuria indipendente di esperti riconosciuti nel campo, presieduta dal Professor Mario Boccadoro e composta da altri cinque membri esterni all’azienda per garantire imparzialità al processo.
I progetti selezionati in questa edizione potranno avere ricadute importanti sia nella diagnosi che nel trattamento del mieloma (in particolare in termini di durata del trattamento), ma anche nell’individuare nuove forme di assistenza domiciliare per migliorare la qualità di vita del paziente e del caregiver e diminuire la pressione delle ospedalizzazioni.
“L’alto profilo dei progetti ricevuti è sintomo di una ricerca che sta al passo con i tempi e le necessità. Una ricerca che guarda al futuro e che rappresenta anche lo specchio del progresso. Il nostro Paese può solo trarre vantaggio dagli investimenti delle aziende in ricerca imdipendente, che è da sempre una vera fucina di idee innovative”, sottolinea
Mario Boccadoro, presidente di Giuria e professore emerito dell’Università di Torino.
Ecco i due vincitori di Research to Care, che si aggiudicano 50.000 euro l’uno. Entrambi i progetti si concentreranno sul patient journey delle persone con mieloma multiplo:
Fabio Morandi, UOSD Cell Factory, IRCCS Istituto Giannina Gaslini, Genova “Tumor-derived extracellular vesicles as novel prognostic factor in multiple myeloma patients”. Il progetto ha lo scopo di valutare la rilevanza delle vescicole extracellulari quali nuovi fattori prognostici. I risultati attesi da tale progetto potrebbero avere potenziali ricadute positive nella diagnosi del mieloma multiplo.
Massimo Massaia, Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze della Salute, Università di Torino; SC Ematologia, AO S. Croce e Carle, Cuneo. “On target/off tumor immune modulation by CD38-targeted agents as single or combined treatments in human myeloma”. Il progetto ha lo scopo di valutare l’attività di diversi anticorpi monoclonali, sia come agenti singoli che in combinazione con altri farmaci, sulle cellule del microambiente tumorale. I risultati potrebbero avere ricadute positive sul trattamento della patologia, in particolare sulla durata del trattamento.
La Giuria ha anche assegnato due menzioni speciali, che si aggiudicano un contributo simbolico di 5.000 euro l’una:
Maurizio Fanciulli, Department of Research, Diagnosis and Innovative Technologies, IRCCS Istituto Regina Elena, Roma
“Comprehensive characterization of the chromatin accessibility profile in Multiple Myeloma drug resistance”. Il progetto presenta numerosi aspetti innovativi e prevede l’utilizzo di tecnologie di avanguardia con lo scopo di valutare la correlazione tra meccanismi epigenetici e farmacoresistenza.
Maria Teresa Petrucci, Fondazione GIMEMA Franco Mandelli ONLUS, Roma
“Progetto MielHome: trattamento del Mieloma Multiplo in home-care nella Regione Lazio”. Il progetto ha lo scopo di implementare un servizio di assistenza domiciliare per i pazienti fragili affetti da mieloma sottoposti a terapia. La realizzazione di questo progetto determinerebbe una riduzione delle ospedalizzazioni, permettendo al paziente di ricevere cure ottimali a casa. Tali aspetti rappresenterebbero un vantaggio per il sistema salute, per il paziente e per il caregiver.
La ricerca Sanofi nell’ambito dell’oncologia e dell’ematologia
L’impegno di Sanofi in ricerca e sviluppo si concretizza oggi in 91 progetti di sviluppo, di cui 59 riconducibili a oncologia e immunologia, 29 in fase 3, vale a dire in fase molto avanzata di sviluppo, 5 in fase di registrazione. L’impegno di Sanofi si rivolge ai tumori più difficili da trattare, soprattutto in quattro aree: i tumori cutanei non melanoma, il tumore del polmone, della mammella ed il mieloma multiplo che rappresenta ancora una sfida terapeutica considerevole perchè progressivo, complesso e tutt’oggi inguaribile.

– foto Imagoeconomica –

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Valvulopatie cardiache in aumento, ma linee-guida anacronistiche

ROMA (ITALPRESS) – Diversi rappresentanti del mondo della cardiologia hanno recentemente richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica sul crescente numero di pazienti affetti da valvulopatie cardiache. In questa categoria rientrano diverse malattie caratterizzate da un malfunzionamento nel controllo del flusso di sangue, a causa di un danno o un difetto di una delle quattro valvole cardiache (mitrale, aorta, tricuspide, polmonare). La comunità scientifica è concorde nel considerare le valvulopatie un problema di salute pubblica – spesso sottovalutato – serio e crescente, che necessita di maggiori attenzioni. Recenti dati hanno infatti evidenziato come le patologie delle valvole cardiache siano in continuo aumento, arrivando ad affliggere fino a 1 persona su 8 nella popolazione degli over 75, con percentuali che crescono ulteriormente con l’aumentare dell’età. Tutti gli studi sono concordi nel dichiarare che il numero complessivo di pazienti non può che aumentare. Queste numerose patologie valvolari sintomatiche spesso in fasce di età piuttosto anziane, trovano solo un approccio interventistico come unica soluzione possibile.
L’elevato numero di pazienti e l’alto livello di specializzazione richiesto da questo tipo di procedure rende l’intervento di sostituzione o riparazione di una valvola caratterizzato spesso da tempi di attesa ospedalieri tra i più lunghi nell’intero ambito cardiologico.
“Per superare questa criticità è possibile attuare diverse strategie – spiega il cardiologo Marco Contarini, membro del Direttivo nazionale della Società scientifica di Cardiologia Interventistica (SICI-GISE), direttore del Dipartimento di Emergenza dell’Azienda Ospedaliera Provinciale di Siracusa, direttore dell’U.O. di Cardiologia del Presidio ospedaliero di Siracusa – E’ però necessario, prima di tutto, fare una distinzione tra i trattamenti valvolari: se si considerano i trattamenti della valvola mitrale e tricuspide basterebbe intensificare lo stimolo alla formazione e alla cultura dei professionisti attualmente demandati al trattamento. Tematica più controversa è invece la procedura di riparazione della valvola aortica, che è attualmente al centro di divergenze all’interno della comunità scientifica. Difatti, nonostante il carattere emergenziale, le attuali linee-guida limitano la possibilità di intervento solo a centri ospedalieri dotati di determinate caratteristiche organizzative e strutturali non necessariamente essenziali a questo scopo. Incrementare la formazione in tutti quei centri ad alti volumi e attualmente esclusi renderebbe capillare la possibilità di trattamento e permetterebbe una più veloce e idonea gestione delle liste di attesa”.
“Data l’incidenza e severità di queste patologie – continua Contarini – appare chiara la necessità di trovare un punto di incontro comune e condiviso che miri a fornire il miglior trattamento per il paziente, nel minor tempo possibile. A mio avviso, il superamento di queste controversie può realizzarsi solo ricorrendo allo strumento più democratico e scientificamente valido, ossia la convocazione degli Stati Generali di una società scientifica quale la Società SICI-GISE (Società Italiana di cardiologia interventistica). Difatti a questo importante incontro potranno partecipare tutti i membri rappresentativi della Società. La riunione degli Stati Generali della Società ha carattere consultivo e ritengo che solo da un ampio confronto che si potrà giungere alla migliore soluzione per tematiche di salute pubblica di tale entità”.
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Il Covid allenta la presa ma in 9 regioni sistema sanitario sotto stress

ROMA (ITALPRESS) – Complice anche il caldo, il virus sta lentamente allentando la presa. A livello nazionale, infatti, si registra una diminuzione della pressione sul sistema sanitario del 2% negli ultimi 30 giorni. Ma ci sono ancora nove Regioni i cui sistemi sanitari registrano ancora aumenti dello stress per la gestione del Covid: è il quadro che emerge dall’indice di stress Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica) del sistema sanitario applicato sugli ultimi 30 giorni che registra un aumento della pressione per il sistema sanitario nelle seguenti Regioni: Umbria (+41%), Sicilia (+30%), Calabria (+25%), Puglia (+17%), Marche (+12%), Toscana e Basilicata (+7%), Sardegna (+5%) e Lazio (+2%).
Le Regioni e le Province Autonome che hanno avuto un allentamento dello stress sul sistema sanitario da Covid-19 sono: Valle d’Aosta (-52%), Emilia-Romagna (-30%), PA Bolzano (-28%), Piemonte (-26%), Abruzzo (-18%), Lombardia e Veneto (-14%), Friuli-Venezia Giulia e Molise (-13%), PA Trento (-12%), Campania (-9%) e Liguria (-6%). E’ quanto emerso dalla 94ma puntata dell’Instant Report Covid-19 – https://altems.unicatt.it/altems-covid-19 – una iniziativa dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di confronto sistematico dell’andamento della diffusione del Sars-COV-2 a livello nazionale. L’analisi riguarda tutte le 21 Regioni e Province Autonome italiane.
“Prosegue il rallentamento della circolazione del virus e del suo impatto sul sistema sanitario negli ultimi 30 giorni, ma in modo non particolarmente significativo. La diminuzione della variazione percentuale dell’indice di stress del sistema sanitario elaborato da ALTEMS registra un -2% – afferma il professor Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi sanitari dell’Università Cattolica (ALTEMS) -. Il numero di nuovi casi negli ultimi 30 giorni è pari a 1.578.291, mentre il numero di dimessi guariti negli ultimi 30 giorni risulta essere 1.708.486, continua Cicchetti, con un incremento del numero delle persone decedute negli ultimi 30 giorni pari a +3.915”.

– foto agenziafotogramma.it –
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Cimo-Fesmed “Pronto soccorso, accessi in calo. Riconvertire letti Covid”

ROMA (ITALPRESS) – Non è vero che i Pronto soccorso in questi giorni sono presi d’assalto. O almeno non più del solito. Comparando gli ultimi dati di accesso giornalieri disponibili sul portale Agenas con i corrispettivi del 2018 ed il 2019, si scopre che solo in Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino Alto Adige e Toscana ci sono stati più accessi; nelle Regioni al centro delle cronache la differenza di ingressi in Pronto soccorso tra 2022, 2018 e 2019 (in un momento dunque precedente al Covid) è negativa: in Campania il 9 maggio 2022 ci sono stati 1677 accessi in meno rispetto al 2019 e 1780 in meno rispetto al 2018; in Piemonte il 10 aprile ci sono stati 4424 accessi in Pronto soccorso in meno rispetto al 2019 e 4779 rispetto al 2018; il Lazio il 9 maggio ha registrato 610 accessi in meno rispetto al 2019 e 776 in meno rispetto al 2018, e così via. A seguire è disponibile l’elenco completo delle Regioni, elaborato dalla Federazione CIMO-FESMED sulla base dei dati disponibili sul portale Covid-19 di Agenas.
Questo ovviamente non significa accettare le condizioni in cui è costretto a lavorare il personale sanitario o il modo in cui vengono trattati i pazienti: quelle denunciate negli ultimi giorni sono situazioni intollerabili, ma purtroppo all’ordine del giorno in tutta Italia da anni, frutto di tagli irrazionali a posti letto, strutture e professionisti. Nè il Covid-19 può essere una giustificazione, considerato che oggi influisce in maniera residuale sui ricoveri: a livello nazionale risultano occupati da pazienti Covid il 4% delle terapie intensive ed il 13% delle aree non critiche.
Sorge allora il dubbio che l’indisponibilità di posti letto per ricoverare i pazienti dal Pronto soccorso possa essere legata anche alla lentezza con cui gli ospedali si adeguano alla situazione epidemiologica: non sarà che molti posti letto sono ancora destinati al Covid-19, che non vengono riconvertiti nonostante la pandemia offra uno spiraglio di tregua? Non sarà che i Pronto soccorso esplodono e che altre aree ospedaliere sono vuote?
Di fatto ricostruire la reale situazione all’interno degli ospedali è complesso, ma occorre farsi delle domande. Quel che è certo è che questa stessa difficoltà ad accedere a dati certi oggi rappresenti un problema in termini di organizzazione e di efficienza del servizio: perchè l’ottimo sistema di monitoraggio dei ricoveri adottato per il Covid-19 non viene esteso a tutta l’attività ospedaliera? Maggiore trasparenza aiuterebbe pazienti, direzioni ospedaliere e Istituzioni che, disponendo di informazioni costantemente aggiornate, potrebbero adottare le misure necessarie a migliorare l’assistenza e a ridurre i tempi di attesa, dirottando l’assistenza nei settori in cui c’è maggior bisogno.
“Sono ormai anni che la Federazione CIMO-FESMED sottolinea la necessità di strutture ospedaliere flessibili, che siano in grado di modificare la propria organizzazione sulla base delle necessità – dichiara il presidente della Federazione CIMO-FESMED Guido Quici -. I pazienti con Covid-19 che necessitano di ricovero in queste settimane sono meno rispetto ai mesi scorsi, e presumibilmente il trend continuerà ad essere questo per tutta l’estate; è dunque il momento di lavorare per recuperare milioni di prestazioni saltate negli ultimi due anni, con la consapevolezza di dover essere pronti, in autunno, ad allestire nuovamente reparti Covid nel caso il virus tornasse a rialzare la testa. Ma nel frattempo non è possibile rimanere in attesa che si verifichi un’eventualità; bisogna agire, e fare presto”.
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Infermieri, Fnopi “Sugli organici serve un intervento strutturale”

PALERMO (ITALPRESS) – Affrontare in modo strutturale le carenze d’organico, rendere più attrattiva la professione infermieristica, fare rete con gli altri professionisti della sanità e far diventare sistema le buone pratiche che ci sono in Italia. Sono alcune delle proposte della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche. Ne ha parlato in un’intervista all’Italpress la presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli.
Si chiude a Palermo il Congresso itinerante della Federazione. Un viaggio iniziato un anno fa a Firenze, che ha toccato 17 regioni italiane. Dall’iniziativa, per Mangiacavalli, emerge “un bilancio straordinariamente positivo”. “Questo congresso itinerante – ha spiegato – è stato avviato esattamente un anno fa per celebrare il 12 maggio. E’ partito con un anno di ritardo perchè il 2020 per l’Oms era l’anno mondiale degli infermieri ed era il bicentenario dalla nascita di Florence Nightingale. Avevamo preparato una grande festa – ha continuato – ma, come tutti sappiamo, il 2020 è stato un anno particolare. Non abbiamo festeggiato ma abbiamo sicuramente onorato l’anno mondiale in un altro modo”.
Il congresso itinerante, quindi, è nato con l’idea di “avvicinarci ai nostri infermieri, ai luoghi di cura e assistenza”, ha spiegato. “L’obiettivo – ha aggiunto – è stato quello di mettere in luce le buone pratiche che abbiamo trovato in tutta Italia, nessuna provincia esclusa”. L’idea, dunque, è consegnare questi esempi positivi “alle istituzioni” perchè diventino “modalità comune e ordinaria di lavoro”.
Passata la fase più acuta della pandemia, però, tornano le vecchie emergenze della sanità. Prima fra tutte è la carenza d’organico. “La federazione – ha spiegato la presidente di Fnopi – ha lanciato molti appelli sul fatto che stavamo formando pochi infermieri. La situazione era in qualche modo ‘drogatà dalle regole di sistema vigenti pre-pandemia, il blocco del turnover, i vincoli al tetto della spesa di personale, molte regioni in piano di rientro. Quello riferito agli infermieri che non erano occupati nel servizio sanitario nazionale – ha proseguito – era un dato non realistico. L’evidenza si è avuta con i primi decreti che hanno allentato questi vincoli: è vero che il Servizio sanitario nazionale ha assunto circa 30 mila infermieri ma il problema è che questi sono usciti dai settori assistenziali che sono fuori dal Ssn, soprattutto il settore socio-assistenziale”.
“E non ce ne sono più – ha continuato -, erano gli unici infermieri formati presenti in Italia. Il tema della carenza è importantissimo e come Federazione chiediamo che venga affrontato in maniera strutturale e concreta con provvedimenti organici e non palliativi, transitori o temporanei”. C’è poi anche la questione legata agli infermieri provenienti dall’estero. “Le norme attuali hanno derogato ai percorsi di riconoscimento del titolo di iscrizione all’ordine”, ha sottolineato Mangiacavalli. “L’ordine è un elemento di garanzia per il cittadino perchè esercita il controllo deontologico sugli iscritti”, ha aggiunto, spiegando poi che gli italiani, invece, “meritano un’assistenza infermieristica di Serie A, uguale in tutti i setting assistenziali, dentro e fuori dal Servizio sanitario nazionale”.
“Chiediamo alle istituzioni – ha affermato – di portare avanti un piano importante che non preveda solo l’incremento del numero dei posti nelle università, perchè è già stato aumentato ma i posti non sono ancora stati coperti tutti. Abbiamo bisogno di lavorare affinchè la professione sia più attrattiva. Abbiamo – ha sottolineato – almeno 20 mila colleghi formati in Italia che lavorano all’estero perchè lì trovano sviluppo di carriera, riconoscimento e dignità professionale che in Italia ancora manca. Chiediamo di lavorare in maniera concreta su questi aspetti”.
Sebbene ancora a macchia di leopardo, anche in Italia si fa strada la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità. Se ne parla anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Può essere sufficiente per rendere la sanità più vicina ai cittadini? “Da solo no”, ha affermato Mangiacavalli. “L’infermiere di famiglia e di comunità – ha proseguito – era già contenuto nel Patto per la Salute 2019-2021. E’ stato ripreso dal decreto Rilancio, poi legge 77, e perfezionato con il Dpcm sugli standard territoriali. E’ una figura che l’Oms aveva suggerito già molti anni fa, diffusa in tutti i paesi europei, che in Italia si è diffusa in alcune regioni in modo particolare e ha portato esiti di cura e assistenza importanti. E’ quella figura chiave che connette i diversi professionisti che hanno in carico la persona assistita, dal medico di medicina generale agli specialisti ospedalieri, dagli psicologi ai fisioterapisti. E’ la figura che guida l’assistito in tutto il suo percorso e ha una funzione di sanità proattiva insieme agli altri professionisti. Per i numeri che sono stati previsti, un lavoro capillare di micro-èquipe dà sicuramente forza e vigore al Pnrr. Non da solo, però, perchè – ha concluso – l’infermiere e gli altri professionisti devono costruire un lavoro di rete”.
(ITALPRESS).

Covid, 42.249 i nuovi positivi e 115 le vittime

Sono 42.249 i nuovi positivi in Italia, mentre le persone decedute per complicazioni legate al Covid nelle ultime 24 ore sono 115, numeri che portano il totale delle vittime da inizio pandemia a quota 164.86. E’ quanto emerge dal quotidiano bollettino emesso dal Ministero della Salute. Le persone attualmente ricoverate negli ospedali sono 8.750, 187 in meno di ieri, delle quali 228 in terapia intensiva (20 in meno di ieri). (ITALPRESS).

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Ddl Concorrenza, Cittadini (Aiop) “Trascurati i problemi della sanità”

ROMA (ITALPRESS) – “Sorprende che, correttamente, ci si interroghi sulla durata delle concessioni balneari, per le quali nel Ddl Concorrenza viene chiesta una proroga di 5 anni. Mentre, invece, la riformulazione dell’art. 13, demanda la definizione di tutte le modalità dell’attività di controllo, vigilanza e monitoraggio delle strutture, ai fini di accreditamento e contrattualizzazione, a decreti del ministero, da emanare entro 90 giorni. Senza, soprattutto, prevedere il coinvolgimento delle associazioni maggiormente rappresentative del comparto di riferimento nella fase istruttoria di adozione degli stessi. Oltre a tutto questo, è prevista una revisione periodica il cui arco temporale non è definito, lì dove la programmazione in sanità è fondamentale”. Lo afferma la presidente di Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata, Barbara Cittadini, in merito al Ddl Concorrenza.
“Così – aggiunge – si mettono a rischio gli investimenti fondamentali per garantire qualità di prestazioni e servizi in ambito sanitario e si crea una forte instabilità negli investitori”.
Per la presidente Aiop “la complessità e l’importanza del sistema sanitario sono sottovalutate: non si tiene, infatti, in considerazione la necessità di una programmazione di lungo periodo su per quanto attiene le risorse tecnologiche che quelle umane. Le previsioni del Ddl Concorrenza non risultano conformi al diritto europeo, dal momento che il mercato dei servizi sanitari viene escluso dalla Bolkestein e dalla Direttiva Concessioni”.
Secondo Cittadini, quindi, “esiste il concreto rischio di una fuga all’estero degli imprenditori. Il Ddl Concorrenza interviene con l’articolo 13 sulla disciplina di accreditamento e convenzionamento delle strutture di diritto privato, con l’effetto di promuovere la concorrenza tra i soli erogatori di diritto privato e non tra quelli di diritto pubblico”.
“Abbiamo chiesto – spiega – di armonizzare il sistema di revisione al quadro normativo vigente e di superare la logica anacronistica e irrazionale dei tetti di spesa. Ma, al momento, senza successo”.
“Mettere sullo stesso piano le strutture di diritto pubblico e quelle di diritto privato – prosegue – e far concorrere entrambe nell’ambito delle procedure selettive per l’individuazione degli accordi regionali è l’unica strada percorribile, ma per stimolare una vera concorrenza occorre anche superare i tetti di spesa di cui all’articolo 15, comma 14, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95”, conclude Cittadini.

– foto ufficio stampa italcommunications –
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Carenza medici, Cimo-Fesmed “Dal 2026 chiudere i piccoli ospedali”

ROMA (ITALPRESS) – Una volta che case e ospedali di comunità saranno operativi, si dovrà rivisitare la rete ospedaliera evitando inutili doppioni e chiudendo i piccoli ospedali e i Pronto soccorso con pochi accessi. Sarà un processo complesso e impopolare, ma necessario: i cittadini devono comprendere che le piccole strutture ospedaliere, benchè più vicine, possono essere pericolose, perchè non possono permettersi macchinari innovativi e nuovi farmaci e perchè il personale non ha abbastanza esperienza nel trattare alcune malattie. Questa la proposta del sindacato dei medici dipendenti del SSN Federazione CIMO-FESMED, cui aderiscono CIMO, FESMED, ANPO-ASCOTI e CIMOP.
Potenziata l’assistenza territoriale, così come previsto dal PNRR e dal Dm 71, gli ospedali dovranno dunque accogliere solo i pazienti con acuzie, che necessitano di interventi chirurgici o terapeutici ad alta intensità.
Malati cronici, visite specialistiche di primo livello, esami e servizi diagnostici dovranno invece essere gestiti dalle neonate case e ospedali di comunità, rendendo quindi inutile, rischioso ed estremamente dispendioso mantenere aperti gli ospedali più piccoli. Analizzando la mappatura dei servizi esistenti, il fabbisogno di salute della popolazione e le caratteristiche orografiche del territorio, in ogni area sarà dunque necessario scegliere se puntare sulle strutture di comunità o sugli ospedali periferici, con la consapevolezza che non ci saranno le risorse necessarie per l’efficace funzionamento di entrambi.
Una selezione che si impone a maggior ragione nello scenario attuale, in cui la carenza di personale sanitario costringe i professionisti a turni massacranti e a continui spostamenti tra strutture della stessa azienda, spesso distanti decine di chilometri, per mantenere tutti i servizi aperti.
Un fenomeno che porta anche alla graduale inefficienza degli ospedali maggiori: se un medico deve trascorrere una parte delle proprie ore di lavoro in un ospedale a cui afferisce un numero ridicolo di pazienti, inevitabilmente creerà un danno all’ospedale principale, privato di ore di lavoro che ricadranno sugli altri medici o sull’allungamento dei tempi di attesa. E la soluzione non può essere il continuo ricorso a non specialisti o a “medici in affitto”, che senza le competenze necessarie potrebbero mettere in pericolo i pazienti.
“Se non ci sono piloti, gli aerei non decollano: non vedo perchè la stessa logica non possa essere seguita anche in un settore delicato come quello della salute – dichiara Guido Quici, presidente della Federazione CIMO-FESMED -. E se oggi, in assenza di un’adeguata sanità territoriale, molti di questi ospedali periferici sono di fatto un punto di riferimento imprescindibile per la popolazione, occorre capire come dal 2026 le loro funzioni saranno trasferite alle strutture di comunità”.
“Ma ovviamente questo ragionamento ha un senso se case e ospedali di comunità potranno disporre di risorse umane, finanziarie e tecnologiche sufficienti e se, come chiediamo da tempo, la riforma del territorio andrà di pari passo con quella del Dm 70 sul sistema ospedaliero. Altrimenti – conclude il presidente CIMO-FESMED – ci troveremo davanti all’ennesimo buco nell’acqua. Ma ad affogare questa volta sarà la sanità pubblica”.

– foto ufficio stampa Cimo-Fesmed –
(ITALPRESS).