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Fnopi, Consensus Conference sul futuro della professione infermieristica

ROMA (ITALPRESS) – Il futuro della professione infermieristica dei prossimi venti anni per gli oltre 456mila infermieri iscritti agli ordini provinciali si disegna ora. Oltre gli Stati generali della professione infermieristica che prevedono una consultazione trasparente a cui tutti gli infermieri possono partecipare e che, avviati da poco meno di due settimane hanno già raccolto l’opinione di migliaia di professionisti, si è attivata l’8 febbraio una Consensus Conference che da ora fino a giugno prevederà un confronto tra le principali istituzioni nazionali e i rappresentanti di alcune associazioni infermieristiche. Obiettivo della Consensus conference sarà l’elaborazione di un position sulla politica della FNOPI in merito allo sviluppo professionale e della formazione.
I principali temi discussi saranno: le nuove esigenze del Sistema Sanitario Nazionale per gli infermieri alla luce dell’evoluzione normativa degli ultimi mesi e dai cambiamenti introdotti dal PNRR, con uno sguardo oltre l’emergenza pandemica; l’evoluzione della professione infermieristica e le modifiche delle organizzazioni sanitarie in risposta ai nuovi bisogni di salute della popolazione; la revisione dell’assetto formativo infermieristico in risposta all’emergente fabbisogno formativo di base e specialistico.
Su questi argomenti tre gruppi di lavoro della Consensus Conference metteranno a punto un documento di intenti e prospettive che sarà validato da un panel di esperti e istituzioni del settore, ed enti di ricerca, università, ministeri, Regioni, associazioni infermieristiche e cittadini.
Il position fornirà un punto di vista condiviso sugli input necessari per ridisegnare la professione infermieristica in Italia anche attraverso la modifica di norme primarie e percorsi formativi universitari e di specializzazione.
Una proposta concreta a Governo e Parlamento per il Paese, che diventerà il perno delle richieste e del confronto con le istituzioni e la classe politica perchè non si penalizzi più nessun protagonista del Servizio Sanitario Nazionale e si risponda così finalmente in modo esaustivo ai bisogni di salute e assistenza delle persone.
“Il momento è cruciale perchè le scelte della politica di oggi avranno ripercussioni per i prossimi vent’anni – ha dichiarato Barbara Mangiacavalli, presidente della Fnopi -. Per incidere su tali scelte, gli infermieri devono chiarirsi e chiarire a tutti i livelli chi sono, quale sia la visione del Sistema Salute e del ruolo che l’infermiere dovrà ricoprire e le competenze che dovrà necessariamente possedere. Per farlo, è necessario raffinare pensiero e strategia attraverso il contributo di tutte le componenti dell’assistenza, da quelle infermieristiche a quelle istituzionali. Le scelte dovranno tenere conto di tutte le variabili e gli attori del sistema, affinchè le soluzioni proposte siano a beneficio di tutti”.
Attraverso la Consensus Conference la FNOPI intende anche esprimere il proprio dissenso rispetto alle politiche finora intraprese nei confronti della professione Infermieristica, ma con modalità differenti da quelle tipiche delle rivendicazioni di piazza, per stabilire una ferma e forte volontà di proporre una dialettica istituzionale concreta ed efficace per una reale valorizzazione e riconoscimento.
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Fondazione Giglio di Cefalù, nel cda entra Antonio Purpura

CEFALU’ (PALERMO) (ITALPRESS) – E’ Antonio Purpura, palermitano, il terzo consigliere di amministrazione della Fondazione Giglio di Cefalù. Si è insediato quest’oggi prendendo parte ai lavori del Consiglio di Amministrazione, presieduto da Giovanni Albano.
Il neo consigliere è stato designato dall’Asp 6 di Palermo che, insieme al Comune di Cefalù e alla Regione Siciliana, è tra i soci fondatori del Giglio. Per il Comune di Cefalù siede nel board dell’Istituto Giglio Salvatore Curcio.
L’incarico del neo consigliere è triennale ed è a titolo gratuito.
Purpura, classe 59, laurea in giurisprudenza, già funzionario dell’Assemblea Regionale Siciliana con incarichi di coordinamento dell’attività legislativa e di segretario della prima (affari istituzionali) e quarta (territorio e ambiente) Commissione, è stato anche consulente degli assessorati regionali al bilancio e dei lavori pubblici e capo di gabinetto del presidente dell’Ars.
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Leo Pharma Italia rafforza l’impegno nella lotta alla psoriasi

ROMA (ITALPRESS) – Aiutare in modo ancora più efficace i pazienti e i dermatologi nel trattamento della psoriasi, una malattia infiammatoria cronica che colpisce solo in Italia circa 2,5 milioni di persone. E’ questo l’obiettivo di LEO Pharma Italia, che ha promosso una riorganizzazione aziendale per consolidare in un’unica Business Unita dedicata alla psoriasi le competenze e le risorse, così da garantire una maggiore sinergia e offrire nuovi strumenti e servizi.
“Migliorare concretamente la qualità della vita dei pazienti affetti da psoriasi è possibile ma occorre agire su più fronti: oltre a sviluppare terapie innovative sempre più efficaci e fare in modo che arrivino a chi ne ha bisogno, è fondamentale promuovere l’informazione sulla patologia per rendere i pazienti più consapevoli, così come supportarli in ogni fase della malattia. Siamo convinti che la nostra nuova Business Unit dedicata esclusivamente alla psoriasi ci aiuterà a essere sempre più utili sia alla comunità medica e scientifica sia a quella dei pazienti, consentendoci di raggiungere risultati ancora migliori”, spiega Paolo Pozzolini, VP&General Manager LEO Pharma Italia& EUAN.
La costituzione della nuova Business Unit Psoriasi rappresenta un passo ulteriore da parte dell’azienda nella cura di questa malattia: “Questa scelta è innanzitutto il risultato coerente del nostro lungo impegno per il trattamento della psoriasi, che ci ha consentito di sviluppare un solido know-how e di mettere a disposizione soluzioni terapeutiche innovative, altamente efficaci, per trattare la patologia a 360 gradi in tutti i livelli di severità, dalle forme lievi a quelle severe. Desideriamo, quindi, essere un vero e proprio punto di riferimento per la classe medica e per i pazienti”, spiega Claudio Berti, Business Unit Director Psoriasi di LEO Pharma Italia.
Fondata nel 1908, LEO Pharma è impegnata nel settore della dermatologia a livello globale per migliorare la vita dei pazienti affetti da malattie della pelle quali psoriasi, con tutti i gradi di severità, dermatite atopica, acne e infezioni cutanee, e ha sviluppato un’elevata competenza non solo sul fronte dei farmaci innovativi introdotti e aggiornati costantemente, ma anche rispetto alle necessità dei pazienti, all’impatto delle malattie e al supporto necessario. Per questa ragione, sostiene campagne di disease awareness e di patient empowerment, in collaborazione con società scientifiche e associazioni dei pazienti.
In particolare, la psoriasi è una patologia infiammatoria cronica che si manifesta principalmente con la comparsa di fastidiose chiazze (placche) rilevate, arrossate e ricoperte di squame su diversi distretti corporei, quali cuoio capelluto, gomiti e ginocchia. Si può presentare con varie forme di gravità, ma a prescindere dal grado di severità, la psoriasi esercita un impatto molto significativo sulla qualità della vita delle persone che ne soffrono e può incidere in modo negativo nell’ambito lavorativo, sociale e familiare: chi convive con la psoriasi, infatti, si sente spesso a disagio sia per la visibilità delle lesioni sia per il prurito e i dolori che queste provocano.
LEO Pharma è attiva nel trattamento della psoriasi da oltre 30 anni, dal lancio nel 1991 del principio attivo per uso topico calcipotriolo (vitamina D), e ha perseguito una costante innovazione terapeutica, arricchendo il know-how e introducendo importanti miglioramenti. Nel 2001 ha stabilito un cambio di passo con il lancio del trattamento topico con una formulazione in gel che ha consentito la combinazione (fino ad allora impossibile) di calcipotriolo e betametasone dipropionato, molto efficaci nel trattamento della patologia.
Arrivata in Italia nel 2012, l’azienda nel 2018 ha introdotto una nuova terapia topica per il trattamento della psoriasi lieve e moderata: la combinazione di calcipotriolo e betametasone attraverso una innovativa formulazione in schiuma spray, capace di favorire l’aderenza alla terapia grazie alla più rapida e maggiore penetrazione dei principi attivi nella cute; un cambiamento “epocale” rispetto ai trattamenti topici disponibili fino a quel momento, caratterizzati dalla texture pesante e dalla lentezza del meccanismo d’azione.
“Grazie alla nuova formulazione i pazienti possono avvalersi di un prodotto che non unge, gradevole e assai ben tollerato, in grado di far scomparire in tempi brevi le lesioni e migliorare notevolmente la qualità della vita”, si legge in una nota.
Per la psoriasi moderata-grave poi, ad aprile 2019, è stata approvata da AIFA la rimborsabilità per brodalumab, il primo farmaco biologico di LEO Pharma, che offre l’opportunità di ottenere e mantenere nel tempo una cute completamente libera da lesioni. Brodalumab è un anticorpo monoclonale, il primo e unico trattamento biologico per la psoriasi che ha come bersaglio il recettore dell’interleuchina-17 (IL-17RA), le cui evidenze indicano una risposta rapida e duratura oltre che livelli elevati di cute libera da lesioni e miglioramento della qualità della vita.
“Questi risultati sono stati possibili grazie al forte impegno dell’azienda nella ricerca scientifica per lo sviluppo di nuove molecole, con una divisione interna di Ricerca & Sviluppo cui LEO Pharma dedica ben il 23% del proprio fatturato annuo, dove lavorano 700 ricercatori. Inoltre, è costante la collaborazione con oltre 400 centri accademici di ricerca e con ricercatori impegnati a livello mondiale nella lotta alle malattie della pelle – prosegue la nota -. La vicinanza e il supporto ai pazienti è altrettanto importante per LEO Pharma, che nel nostro Paese ha realizzato alcuni portali online ricchi di informazioni utili per i pazienti come PsoPeople.it e supporta campagne di patient awareness e per l’aderenza terapeutica, come quella realizzata nel 2021 insieme all’Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza (APIAFCO) Buongiorno Pelle. Non solo, durante la pandemia ha promosso la campagna di supporto psicologico a distanza DermatologicaMente, che prevedeva un servizio psicologico gratuito dedicato ai pazienti affetti da malattie dermatologiche croniche, e un servizio di consegna gratuita a domicilio ai pazienti del farmaco biologico per il trattamento della psoriasi, così da favorire l’aderenza terapeutica nonostante il lockdown”.
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Covid, Un italiano su 4 non crede necessaria la IV dose del vaccino

CREMONA (ITALPRESS) – Più di un italiano su quattro (il 28% della popolazione) non crede che la quarta dose del vaccino contro Covid-19 sia necessaria. Non solo: il 30% non si esprime su questo tema e non ha già preso una decisione. «E’ preoccupante che oltre la metà degli italiani non risulti propensa a una ulteriore vaccinazione» sottolinea la professoressa Guendalina Graffigna, direttore dell’EngageMinds HUB, il Centro di ricerca in Psicologia dei consumi e della salute dell’Università Cattolica, campus di Cremona che ha elaborato questi dati nell’ambito del Monitor continuativo sul comportamento degli italiani in tempo di pandemia. «Al momento – prosegue Graffigna – la quarta dose è riservata agli over80 ma, come le precedenti, è possibile che nel tempo venga estesa ad altre fasce della popolazione. E siccome non stiamo parlando di no vax, perchè molti degli intervistati del nostro campione rappresentativo della popolazione italiana è vaccinato, questi numeri mettono in mostra un’ampia sacca di esitanza vaccinale nel nostro Paese indipendente dal fatto di aver in passato aderito alla campagna che rischia di crescere nel tempo se non si sosterrà la motivazione alla vaccinazione con una campagna comunicativa adeguata”.
“Anche perchè – conclude la professoressa Graffigna – solo il 38% degli italiani ritiene che i vantaggi della dose di richiamo “booster” siano minori rispetto ai rischi. Si tratta di dati che devono far riflettere le istituzioni e i policy makers qualora si ampliasse la platea di cittadini da sottoporre al secondo booster vaccinale anti Covid-19, soprattutto in termini di comunicazione efficace».
Un mix pericoloso porta gli italiani a sottovalutare i rischi di Covid-19
Dai dati dell’ultima rilevazione dell’EngageMinds HUB emerge un netto cambio di percezione della pandemia. La metà degli italiani (49%) crede che Covid-19 sia oggi meno pericoloso del passato. Per un confronto, basta osservare che a settembre 2021 la pensava così solo il 37% e a marzo 2021 il 19%.
Per controcanto, rimane elevata (43%) la percentuale di popolazione che ritiene i vaccini poco efficaci contro le varianti di Sars-Cov-2. Un mix di minor percezione del rischio e di scarsa fiducia nei vaccini pericoloso se si pensa che la vaccinazione è stata l’unico vero argine alla pandemia.
E a temere in una inefficacia dei vaccini sulle varianti sono soprattutto le donne (46%); mentre la vedono diversamente gli over60, nei quali l’area di scettici si restringe al 36%.
Anche il reddito familiare impatta sulla percezione dell’utilità dei vaccini: perchè se il dato medio nazionale è al 43%, tra coloro che denunciano basse entrate economiche questa quota sale al 49%; al contrario, solo il 39% di chi gode di alto reddito pensa ai vaccini come scarsamente efficaci contro le varianti di Covid-19. Una percentuale che si impenna al 71% nel cluster di chi manifesta mentalità cospirazionista. Colpisce inoltre che la percentuale dei più scettici sull’efficacia dei vaccini ci siano anche coloro che hanno contratto Covid-19: qui la percentuale sale di ben 11 punti percentuali rispetto alla media nazionale (54% vs 43%).
Propenso alla quarta dose si dice il 61% degli italiani. Per loro il richiamo “booster” può tutelare la salute. Una percentuale che sale al 71% tra chi si sente a elevato rischio di contagio. Così come è prevedibile che scenda per chi ha scarsa fiducia nella ricerca scientifica (24%), nel servizio sanitario (37%) e nelle istituzioni (51%).
Ma anche il differente orientamento politico dei cittadini del campione rappresentativo della popolazione italiana influisce sull’atteggiamento verso la quarta dose. Se infatti la ritiene utile il 78% degli elettori di centro-sinistra, si scende al 52% tra coloro che si dichiarano di centro-destra.
La ricerca è parte di un Monitor continuativo sui consumi alimentari e sull’engagement nella salute condotta dai ricercatori del centro di ricerca EngageMinds HUB (Michele Paleologo, Lavinia Schiavone Lorenzo Palamenghi, Greta Castellini, Serena Barello, Mariarosaria Savarese, Guendalina Graffigna), che rientra nelle attività del progetto CRAFT (CRemona Agri-Food Technologies) e di Ircaf (Centro di riferimento Agro-Alimentare Romeo ed Enrica Invernizzi). La ricerca di EngageMinds HUB è stata condotta su un campione di oltre 6000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione: i primi 1000 casi tra fine febbraio e inizio marzo 2020 (inizio della pandemia in Italia); i secondi 1000 casi a maggio 2020; i terzi 1000 casi a settembre 2020; i quarti 1000 a novembre 2020, i quinti 1000 casi a marzo 2021, i settimi 1000 casi a febbraio 2022. I sette campioni sono perfettamente sovrapponibili. La survey è stata realizzata con metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interview).
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Covid, Palù “Non creiamo allarmismi sulla variante Xe”

ROMA (ITALPRESS) – “Non dobbiamo temere le ricombinazioni dei virus appartenenti a sotto-varianti dello stesso ceppo, come è il caso di quella denominata Xe”. Così, in un’intervista al Corriere della Sera, il virologo Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, Aifa, secondo cui le vere minacce potrebbero arrivare “da nuove varianti che hanno acquisito mutazioni diverse da quelle conosciute, replicandosi in individui con il sistema immunitario indebolito, come i pazienti immunodepressi. Infettandosi, queste persone ospitano per mesi il virus nel loro organismo non riuscendo a debellarlo. E’ in queste condizioni che il Sars-CoV-2 può cambiare e costituire una nuova insidia”. Gli allarmi sulle ricombinazioni, spiega Palù, “vanno tenuti sotto controllo ma senza troppi patemi d’animo. Sono scambi genetici di due virus delle sotto-varianti di Omicron, BA1 e BA2, che infettano la stessa cellula e si scambiano pezzetti di geni fino a creare un nuovo virus, non pericoloso in quanto riconosciuto dal nostro sistema immunitario. Segnalo che la ricombinazione avviene in soggetti sani, magari già vaccinati. E che i virus ricombinanti sono identici per il 99% alla variante Omicron in circolazione, che ha un indice di contagiosità altissimo, pari a quello del virus del morbillo”.
Un ricombinante, sottolinea “è il risultato di uno scambio di materiale tra porzioni che sono identiche e che fanno parte dello stesso gene appartenente al genoma di due virus che hanno contemporaneamente infettato la stessa cellula. La ricombinazione genetica interessa in particolare i virus a Dna a doppio filamento. Tra i virus a Rna, quelli che più spesso possono andare incontro a ricombinazione genetica sono i retrovirus (virus responsabili dell’Aids e di alcuni tumori umani) e i coronavirus, alla cui famiglia appartiene il Sars-CoV-2”.
“L’evento ricombinazione è frequente nei coronavirus in quanto sono i virus più diffusi in natura e hanno un genoma esteso, composto da 30 mila lettere e 30 geni. Quindi immaginiamo quanti assemblaggi diversi possono nascere a partire da due virus differenti che si incrociano”.
Ed in merito al sequenziamento di un ricombinante in un laboratorio della Asp di Reggio Calabria, ribattezzata Xj, commenta: “Non è sorprendente anche perchè, come certificato dall’Istituto superiore di Sanità, si tratta di variante già identificata come Xe nel Regno Unito, dove l’attività di sequenziamento è molto intensa e dove le sotto-varianti di Omicron, rispetto ad altri Paesi, sono circolate prima e in forma più diffusa”. L’agenzia europea Ecdc “ha sotto monitoraggio Xe assieme alle forme ricombinanti Xd e Xf, risultanti dallo scambio genetico tra le varianti Omicron e Delta – aggiunge -. Nel Regno Unito hanno trovato almeno 700 casi del ricombinante Xe. Stiamo a vedere se aumenteranno. Al momento non c’è nessun motivo di allarme”. “Xe è un ricombinante di Sars-CoV-2 nel gene della proteina Spike e presenta tre altre mutazioni in geni che codificano proteine non strutturali – prosegue Palù -. Non ci sono al momento dati per dire se questo ricombinante abbia caratteristiche di maggiore contagiosità o virulenza rispetto alla sotto-variante BA2 ormai dominante”. “Le manifestazioni cliniche sembrano tutte caratterizzate da sintomatologia minore. Va segnalato che Xe non è il primo esempio di virus ricombinante identificato durante la pandemia Covid-19. Molti di questi virus ricombinanti sono già comparsi nell’ambito di precedenti varianti (Alfa, Beta, Gamma, Delta) per poi estinguersi senza lasciare traccia”, conclude.
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Covid, 63.992 nuovi casi e 112 decessi in 24 ore

ROMA (ITALPRESS) – Sono 63.992 i nuovi casi di Coronavirus in Italia (l’8 aprile 66.535) a fronte di 438.449 tamponi effettuati su un totale di 206.047.664 da inizio emergenza. E’ quanto si legge nel bollettino del Ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità. Nelle ultime 24 ore sono stati 112 i decessi (l’8 aprile 144), che portano il totale di vittime da inizio pandemia a 160.658. Diventano 15.238.128 i casi totali di Covid in Italia. Attualmente i positivi sono 1.237.865 (-11.742), 1.227.380 le persone in isolamento domiciliare. I ricoverati in ospedale con sintomi sono10.023 di cui 462 in Terapia intensiva. I dimessi/guariti sono 13.839.605 con un incremento di 76.051 unità nelle ultime 24 ore.
La regione con il maggior numero di nuovi casi nelle ultime 24 ore è la Lombardia (8540), poi Lazio (7255), Veneto (6820), Campania (6795) e Puglia (5478).
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(Photo credit: agenziafotogramma.it)

Mattarella riceve una delegazione Lilt per il 100° anniversario della fondazione

ROMA (ITALPRESS) – Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 100° anniversario di fondazione della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, ha ricevuto al Quirinale una delegazione della LILT, guidata dal Presidente nazionale Francesco Schittulli. Lo rende noto il Colle.
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Covid, indennizzo per familiari dei professionisti TSRM e PSTRP deceduti

ROMA (ITALPRESS) – In arrivo l’indennizzo a sostegno dei familiari degli operatori sanitari, iscritti agli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione che siano deceduti a causa della Covid-19.
La proposta della FNO TSRM e PSTRP è quella di istituire una tutela eccezionale, un contributo economico integrativo rispetto a quelli già previsti dalla legge e dai decreti governativi o altri provvedimenti.
Si tratta di un atto dal carattere solidaristico, basato sulla autonomia finanziaria e regolamentare riconosciuta dalla
legge n. 3/2018 alla Federazione nazionale, che prescinde dallo stato di necessità economica in cui possono versare i familiari.
Il fondo per le vittime da Covid-19 è stato approvato dal Consiglio nazionale che con apposita delibera ne ha stabilito la dotazione.
Per poter accedere all’indennizzo economico i familiari dei professionisti TSRM e PSTRP vittime di Covid-19 dovranno fare richiesta tramite apposita modulistica, pubblicata sul sito istituzionale della Federazione, raggiungibile a questo collegamento: https://bit.ly/3LSBJqO.
“Consideriamo questa iniziativa come un segno di riconoscimento nei confronti dei familiari delle colleghe e dei colleghi che, con spirito di abnegazione, hanno difeso la salute pubblica a costo della loro stessa vita – sottolinea Teresa Calandra, Presidente della FNO TSRM e PSTRP -. La decisione unanime del
Comitato centrale e del Consiglio nazionale è un testimonianza che, confidiamo, arrivi quanto prima ai congiunti dei professionisti scomparsi”.
Il regolamento di accesso al fondo, elaborato da un apposito gruppo federativo e approvato dal Comitato centrale è stato pubblicato sul sito internet istituzionale della Federazione, raggiungibile al seguente collegamento: (https://bit.ly/37rqQxp).
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