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DEKA tra i primi al mondo certificati MDR per scopi anche non medici

MILANO (ITALPRESS) – TU’V SU’D, uno dei principali organismi di certificazione a livello globale, ha rilasciato a DEKA M.E.L.A., azienda leader italiana nella produzione di dispositivi laser per applicazioni mediche e non mediche, la certificazione MDR (Medical Device Regulation) per i suoi prodotti. “Questa certificazione – spiega una nota – segna un importante traguardo per Deka, essendo certamente tra i primi fabbricanti al mondo (se non addirittura il primo fabbricante a livello globale) di dispositivi medici attivi che ha anche prodotti con intended use non medico a ricevere tale riconoscimento da parte di TU’V SU’D. Di sicuro la società si attesta come la prima in tutto il mondo tra i clienti di TU’V SU’D”.
Deka è un’azienda internazionale, parte del Gruppo El.En., e realizza dispositivi laser tecnologicamente avanzati sia per uso medico che non. La nuova certificazione MDR, ottenuta secondo l’Allegato XVI che include prodotti senza una destinazione d’uso medica, “testimonia l’impegno di Deka nella fornitura di prodotti di alta qualità e sicurezza – continua la nota -. I dispositivi in oggetto sono stati inclusi nel Reg. EU 745/2017 in quanto sono simili ai dispositivi medici in termini di funzione e profilo di rischio, e quindi devono dimostrare la conformità alle “Common Specifications” (CS). Il processo di certificazione, guidato dal team italiano di TU’V SU’D, ha evidenziato la conformità dei dispositivi Deka Laser alle normative europee più stringenti, confermando l’eccellenza tecnologica e l’innovazione continua che contraddistinguono l’azienda italiana”.
“Siamo orgogliosi di poter consegnare a Deka Laser questo importante Certificato in accordo ai requisiti dell’allegato XVI del Reg. EU 745/2017 – sottolinea Loris Chiusoli, Business Unit Manager MHS di TU’V Italia -. Questo formale riconoscimento testimonia in maniera indelebile l’impegno, la dedizione, e la collaborazione che TU’V SU’D e Deka hanno messo sul campo, senza paure e senza incertezze, e che ora ci permette di assaporare assieme questo fantastico risultato che veniva raccontato da molti come impossibile. Ma la sfida per le cose impossibili e per le innovazioni sono anche gli elementi che accomunano gli attori di questa bellissima avventura. Un grazie particolare al team italiano di TU’V SU’D, che ha gestito in maniera ineccepibile questo progetto”.
Per Paolo Salvadeo, Amministratore Delegato di Deka e Direttore Generale della capogruppo El.En. SpA “il durissimo lavoro dei nostri team di progetto, della qualità, e del settore regolatorio, che si sono costantemente confrontati con gli esperti di TU’V SU’D, ha portato al raggiungimento dell’importante certificazione in MDR di molti dei nostri dispositivi di punta. Inutile negare la difficoltà nel raggiungere questo obiettivo molto stringente, ma non è la prima volta che Deka diventa pioniere. Lo ha dimostrato con tutte le innovazioni che hanno caratterizzato la sua attività in più di 30 anni di storia, ed ora nel mettere a segno questo importante progetto. Dal canto suo TU’V SU’D – continua – è riuscita brillantemente a districarsi nei vari meandri della complessità della norma europea, e Deka ha adeguato i propri prodotti e standard nella direzione del conseguimento dell’obiettivo. Sono pienamente soddisfatto”.
Il conseguimento della certificazione MDR permette a Deka di espandere ulteriormente la sua awareness sui mercati internazionali, offrendo ai suoi clienti prodotti che rispondono alle più rigide normative del settore medico e assicurando una significativa competitività nella sicurezza e nell’efficacia degli strumenti laser utilizzati. “Nel concorrenziale settore dei prodotti high-tech, infatti, è fondamentale rivolgere sempre l’attenzione alla ricerca e a soluzioni sicure per creare prodotti e tecnologie unici”, conclude la nota.

– foto ufficio stampa DEKA – Cerimonia di consegna del certificato MDR alla presenza dei vertici di TU’V SU’D e di DEKA, e di alcuni dirigenti, quadri e operatori della società DEKA coinvolti nel processo MDR –

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60 anni Policlinico Gemelli, Mattarella “Punto di riferimento per Paese”

ROMA (ITALPRESS) – Un compleanno speciale quello per i 60 anni del Policlinico Universitario Agostino Gemelli, allietato e onorato da un’udienza concessa dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. A guidare la delegazione in visita al Quirinale, ricevuta nella Sala di Rappresentanza, sono stati Carlo Fratta Pasini, Presidente della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Elena Beccalli, Rettrice dell’Università Cattolica, e Marco Elefanti, Direttore Generale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. Presenti all’udienza Paolo Nusiner, Direttore Generale dell’Università Cattolica, S.E. Mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico Generale dell’ateneo, Antonio Gasbarrini, Preside della Facoltà di Medicina e chirurgia Università Cattolica, Giuseppe Fioroni, Vicepresidente dell’Istituto G. Toniolo di Studi Superiori, Enrico Fusi, Segretario generale dell’Istituto G. Toniolo di Studi Superiori, Michele Lenoci, componente del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto G. Toniolo di Studi Superiori, insieme a una rappresentanza di medici, ricercatori, operatori sanitari, dipendenti amministrativi, pazienti, associazioni di volontariato, donatori, studenti e specializzandi. “E’ davvero un piacere accogliervi qui nelle varie articolazioni della costellazione che contrassegna un grande Policlinico con al centro la persona del paziente – ha esordito il Presidente Sergio Mattarella -. Non è possibile infatti scindere la considerazione della persona del paziente, da quella della cura, della ricerca scientifica e dell’insegnamento. Che è quanto avviene al Gemelli, che ringraziamo per questo. Anche i numeri sottolineano quanto il Gemelli sia un punto di riferimento prezioso per il nostro Paese. Numeri che dimostrano non solo il contributo offerto dal Gemelli alla salute dei nostri concittadini, ma anche la fiducia che questi vi ripongono. Ed è questa la certificazione più efficace della qualità delle attività svolte. Qualità peraltro ampiamente certificata dai tanti riconoscimenti ottenuti dal Gemelli, sia a livello internazionale che interno. Ma il riconoscimento più efficace è la fiducia che riscuote tra la gente e il fatto di rappresentare un punto di riferimento per i nostri concittadini. Questi 60 anni, trascorsi nella costante crescita dell’attività di questo Policlinico, sono un’occasione per ringraziare a nome della Repubblica il Gemelli per quanto fa per la salute del nostro Paese e l’Università Cattolica con l’Istituto Toniolo per quanto fanno per sostenerlo. Grazie ancora. E’ un piacere farvi gli auguri per i prossimi 60 anni di sempre maggiore crescita”. “Il 10 luglio 1964 prendeva forma il grande sogno di Padre Agostino Gemelli con l’inaugurazione di un Policlinico, parte integrante dell’Ateneo dei cattolici italiani – ha ricordato Elena Beccalli, Rettrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore -. L’idea del Policlinico si sviluppò grazie all’appassionata determinazione del nostro fondatore e dei suoi stretti collaboratori di allora, la Beata Armida Barelli e Giancarlo Brasca, convinti che questa iniziativa avrebbe aggiunto un ulteriore, fondamentale, tassello al progetto educativo dell’università. Se dovessi riassumere l’orizzonte ideale del Policlinico Gemelli, che ho tracciato richiamando alcuni padri ispiratori della nostra azione, sarei propensa a utilizzare quattro termini: persona, cura, dedizione, solidarietà. Nelle attività del Policlinico presupposto imprescindibile è l’avere un’attenzione alla persona nella sua interezza – ha proseguito la professoressa Beccalli-, che si realizza in presenza di una vera e propria vocazione alla cura di medici e operatori sanitari. Tutto ciò deve avvenire, giorno dopo giorno, con quella dedizione che caratterizza coloro che sono al servizio delle istituzioni nell’ottica di contribuire al bene comune. E, allo stesso tempo, nel rispetto della virtù della solidarietà, uno dei cardini della Dottrina sociale della Chiesa, cui il personale sanitario del Gemelli è chiamato a ispirare il lavoro quotidiano per l’edificazione propria e di tutta la società. La solidarietà presidia e difende la vita di tutti, tutelando il diritto a essere curati. In questo senso il Gemelli è un vero e proprio luogo di solidarietà. Signor Presidente, questa occasione è dunque simbolicamente un Suo dono prezioso al personale del Policlinico Gemelli e a tutta la comunità universitaria – ha concluso la Rettrice dell’Università Cattolica, perchè è la conferma dello stretto legame tra l’Ateneo dei cattolici italiani e la Repubblica italiana. Un legame che noi cerchiamo di rafforzare alimentando quella missione sociale e civile che Lei stesso ci ha indicato come prioritaria nel Suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2020/2021”. “Ciò che accade ogni giorno nel nostro Policlinico, che Papa Francesco ha definito “la città del dolore e del sollievo”, è un piccolo e faticoso miracolo – afferma Carlo Fratta Pasini, Presidente di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – che continua a ripetersi, nonostante le difficoltà legate alla recente impennata dei costi, lo rendano sempre più difficile e pesante. Ai nostri collaboratori siamo costretti a chiedere sempre maggior dedizione e sforzi, quando non veri e propri sacrifici, che vengono ogni volta accettati con grande senso di responsabilità. E questo perchè i nostri professionisti hanno sempre interpretato la cura e la preoccupazione per i pazienti non tanto come un lavoro, quanto come il senso stesso della propria esistenza. Il nostro Policlinico deve tutto a loro ma può purtroppo ben poco riconoscere e offrire, per la sofferenza economica legata alle tariffe dei DRG ‘congelatè da oltre 12 anni. Ed ecco perchè, il Policlinico Gemelli, nato sessant’anni fa in pieno boom economico, rappresenta oggi un piccolo, quotidiano miracolo sanitario”. A fine udienza il Presidente della Repubblica ha avuto in dono dalle mani del Preside di Medicina Antonio Gasbarrini, a nome di tutta la comunità del Gemelli un camice bianco, quello per la direzione della UOC Italia.(ITALPRESS).

Foto: Ufficio stampa Policlinico Gemelli

Malattie della pelle, Salutequità “Più programmazione e reti dedicate”

ROMA (ITALPRESS) – Il 25% della popolazione italiana è colpita da una malattia della pelle, 15 milioni di italiani. Circa 6 milioni fanno i conti con una malattia infiammatoria cronica. In Dermatologia sono descritte più di 3.000 varianti cliniche, un numero superiore a quello di qualsiasi altra specialità. I disturbi cutanei sono frequenti nella popolazione generale e almeno un quarto degli individui ha una malattia della pelle in qualsiasi momento della vita. Condizioni dermatologiche, sia acute (es. scabbia) che croniche (es. psoriasi, vitiligine), possono portare a stigmatizzazione sociale, scarsa qualità della vita e diminuzione della produttività lavorativa. Le malattie della pelle croniche autoimmuni si accompagnano a comorbidità e ad un aumento di fattori di rischio evitabili con efficaci e tempestivi interventi di diagnosi e cura. La psoriasi, ad esempio, riguarda in Italia una persona su 10 con cronicità o multi-cronicità (1,8 milioni su 24 milioni). Colpisce circa il 3% della popolazione con importanti conseguenze sulla qualità della vita e le relazioni sociali. I costi annuali per paziente in Italia, considerando quelli sostenuti da SSN e quelli out of pocket, sono 11.434 euro (International Federation of Psoriasis Associations).
Altra patologia la vitiligine, che colpisce l’1% della popolazione mondiale, finora non riconosciuta nei LEA e troppo spesso ancora considerata solo un mero difetto estetico di macchie sulla pelle. In realtà il 15,3% dei pazienti presenta una o più condizioni autoimmuni: l’artrite reumatoide ha in questi pazienti una frequenza maggiore del 100%; i linfomi hanno un’incidenza maggiore di quattro volte; il lupus di 5 volte. La malattia autoimmune più frequente, presente in più di un caso su dieci di chi soffre di vitiligine, è l’ipotiroidismo, con un’incidenza maggiore di circa il 75% rispetto alla media nazionale. E chi ne è affetto ha una probabilità 5 volte maggiore di sviluppare depressione.
Nonostante la loro elevata incidenza e prevalenza, per le malattie della pelle generalmente mancano dati di buona qualità. Anche nelle rilevazioni ufficiali di ISTAT e ISS sulla diffusione della cronicità non sono ricomprese le malattie croniche della pelle a differenza di diabete, ipertensione, infarto acuto del miocardio, etc.
Stando ai dati sull’attività in intramoenia pubblicati dall’Agenas, nel 2022 accedere a una visita dermatologica è stato più complicato rispetto al 2019 e persino rispetto al pieno periodo pandemico: le prestazioni a disposizione per gli assistiti ai fini di una diagnosi o di controlli nelle quattro rilevazioni annuali sono state 5154 (gli altri anni le rilevazioni erano 3, ndr) contro le circa 11.000 del triennio precedente, oltre la metà in meno rispetto ai 3 anni precedenti.
Alert da non trascurare arriva dalla mancanza di attenzione nella programmazione nazionale, a partire dal nuovo Piano nazionale cronicità che nella bozza più recente le ha lasciate fuori dalla parte seconda: il risultato è all’assenza di PDTA regionali e di pochi PDTA aziendali (prevalentemente ospedaliero/universitari) su malattie diffuse come la psoriasi, la vitiligine, etc.
Ci sono anche segnali positivi: Parlamento e Regioni stanno dimostrando sensibilità politica rispetto alle malattie della pelle: mozioni, ordini del giorno, risoluzioni sono stati approvati, ma devono tradursi in atti vincolanti per garantire più equità per le persone con malattie croniche della pelle. Perciò Salutequità, laboratorio italiano per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali, ha delineato alcuni passaggi fondamentali, presentati e dibattuti da rappresentanti delle istituzioni, esperti, politici ed esponenti delle professioni sanitarie coinvolte nell’assistenza a Roma nell”Equity Group malattie croniche della pelle”, organizzato in collaborazione con Apiafco, associazione degli psoriaci italiani e delle malattie correlate.
Per superare le difficoltà nell’accesso le Regioni hanno messo in campo iniziative diverse. L’Osservatorio di Salutequità ha rilevato che ad esempio il Veneto ha attivato un avviso pubblico per l’attribuzione di incarichi individuali per specialisti in dermatologia e venereologia, fissando in deroga ai regimi tariffari ordinari, una remunerazione oraria fino a un massimo di 100 euro lordi omnicomprensivi per il personale medico, fino a 60 euro per il personale del Comparto sanitario e 40 euro per gli specializzandi.
La Puglia ha invece puntato sulla istituzione della rete dermatologica regionale ed il tavolo tecnico regionale in dermatologia per razionalizzare e implementare l’assistenza sanitaria, mettendo in rete ospedale e territorio; definire PDTA e indicatori per misurare volumi, qualità ed esiti; supportare un piano di comunicazione sulle malattie della pelle. Attualmente sembra avere una battuta d’arresto.
I consigli regionali di Lombardia, Abruzzo, Lazio, Liguria, hanno promosso iniziative per attivare reti dermatologiche regionali, riconoscere nei LEA patologie come la vitiligine e migliorare la presa in carico delle persone con psoriasi. Diversi i provvedimenti per favorire appropriatezza prescrittiva: Piemonte, Calabria, Sicilia, Veneto, Emilia Romagna. La Sicilia ha istituito un tavolo tecnico regionale per la Psoriasi e fa riferimento nel Piano della rete territoriale di assistenza, alla dermatologia come ambito su cui lavorare a reti regionali e PDTA.
Salutequità ha identificato insieme all’Equity Group alcuni passaggi indispensabili per garantire più equità nel SSN per chi è affetto da questo tipo di patologie
Inserimento nella programmazione nazionale e regionale. Le patologie croniche della pelle hanno pieno diritto di avere la stessa dignità delle altre patologie anche in termini di attenzione nei Piani di programmazione di riferimento, come quello per le cronicità.
Considerazione dell’impatto e relativo dimensionamento. Servono dati, più accurati, ottenibili solo attraverso una maggiore consapevolezza dell’impatto che queste malattie hanno sulle persone e sul SSN. E’ necessario inserirle nelle rilevazioni ufficiali, a partire da quelle di ISTAT e ISS.
Accessibilità, tempestività e appropriatezza nell’accesso alle prestazioni per una presa in carico multidimensionale, capace di prevenire le complicanze e favorire l’aderenza. Fondamentale il supporto psicologico, così come un apporto della telemedicina. Servono dati sulle liste d’attesa in quest’area specialistica, aggiornati come accade per altre specialità.
Tutele e capacità di stare al passo con i tempi dei LEA. E’ necessario non solo l’aggiornamento dei LEA per introdurre patologie e prestazioni indispensabili per un trattamento al passo con i tempi, ma anche avere tempi certi della relativa attuazione. Quelli del 2017 sono ancora al palo.
Semplificazione ed efficienza organizzativa. La rete dermatologica di tipo clinico- assistenziale si sta affermando nelle intenzioni del legislatore come modello per organizzare i servizi e dare risposte più eque e omogenee. Per farlo è importante che risponda ad alcune caratteristiche: 1.
partecipazione delle associazioni di pazienti, dei centri specialistici coinvolti, degli attori dell’assistenza territoriale a partire da MMG, specialisti ambulatoriali e infermieri; 2. sistema informativo adeguato e uso della telemedicina per garantire collegamenti funzionali evitando di spostare le persone, di favorire l’aderenza e l’allargamento delle competenze; 3. Elaborazione di PDTA per risposte ai bisogni di diagnosi precoce, terapie, assistenza sociale, psicologica e infermieristica e già attenti alle applicazioni di telemedicina/AI.
“Le cure – ha detto Valeria Corazza, presidente APIAFCO – sono tutte a carico del Sistema Sanitario Nazionale ma soprattutto nel tempo alcuni farmaci topici finiscono con l’essere pagati out of pocket e a carico delle famiglie. Per quello che riguarda la cura di una forma grave di psoriasi il paziente deve accedere per forza di cose alla struttura pubblica dove sono disponibili i farmaci biologici”.
Le malattie croniche della pelle sono “patologie che ancora non hanno una dignità, nel senso che non vengono neanche calcolate dall’Istat. Come si possono dimenticare milioni di cittadini? Coloro che si rivolgono alla nostra associazione sono migliaia e migliaia in aumento – conclude Corazza –  In loro rappresentanza oggi posso dire che in  questa sede non ci siamo sentiti dimenticati ma protagonisti e questo è già una grande soddisfazione perchè per quello che potevano fare qualche impegno è stato preso. Se non altro il rivederci e il riparlarne è molto importante”.
“Nella bozza del Piano nazionale della cronicità, che è stato anticipato poche settimane fa attraverso la stampa – fa notare Tonino Aceti, presidente di Salutequità – le malattie della pelle non rientrano tra le patologie oggetto del Pnc, come pure i Pdta, percorsi diagnostico terapeutico assistenziali, per queste patologie sono assenti. Registriamo esperienze in alcune Asl ma non c’è un Pdta di livello nazionale e di livello regionale. In più i pazienti non hanno reti dermatologiche sulle quali contare per accedere in modo appropriato, tempestivo e con equità alle cure di cui hanno bisogno”. 
Quindi “bisognerebbe lavorare fondamentalmente ad un Piano nazionale di cronicità che riconosca le patologie dermatologiche della pelle come patologie oggetto di intervento del Pdta e su reti clinico-assistenziali dermatologiche perchè questo garantirebbe per milioni di cittadini un migliore accesso, una tempestività, un’appropriatezza, un’efficienza ed efficacia delle cure” conclude.
L’incontro dell’Equity Group è stato realizzato grazie al contributo non condizionato di Bristol Myers Squibb, Incyte, UCB Pharma

– foto: pexels.com –
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Ristorazione, gioco di squadra e prodotti di qualità per piatti salutari

ROMA (ITALPRESS) – Secondo l’ultimo rapporto della Federazione italiana pubblici esercizi – FIPE, le aziende della ristorazione in Italia sono quasi 332.000. Nel nostro paese, la ristorazione vale oltre 54 miliardi di euro, ben più degli altri due settori dell’agroalimentare, l’agricoltura con 40,5 miliardi e l’industria alimentare con 36,7. In base alla stessa ricerca, il 55,4% degli esercizi della ristorazione hanno fatto un investimento nel 2023: migliorie e ammodernamenti sono infatti necessari per restare al passo con le norme del settore, che dall’approvvigionamento alla conservazione, fino alla preparazione, vigilano sulla qualità e sicurezza di ciò che arriva nei piatti. Quando ci sediamo al ristorante, le tradizioni e le buone ricette sono solo un ingrediente, è proprio il caso di dirlo, per un’esperienza piacevole e senza risvolti negativi. Sono questi alcuni dei temi trattati da Andrea Di Marzio, noto ristoratore attualmente alla guida del ristorante di cucina romana ‘Cacio e Pepè di Milano, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“La salute dei nostri ospiti dipende dalla scelta dei prodotti, che devono essere di qualità e stagionali, e poi da una forma maniacale nella lavorazione degli stessi prodotti per garantire un piatto perfetto – ha esordito – La qualità dei piatti dipende da due cose: il tipo di prodotto, e poi la sua conservazione e la lavorazione. La trasformazione del prodotto è l’elemento che può provocare problemi”.
Sul lavoro di squadra alla base della ristorazione: “Nella ristorazione il lavoro è di squadra, è fatto in sinergia, si completa se tutte le parti fanno bene il loro lavoro – ha spiegato – La cucina deve far uscire i piatti perfetti, nella sala deve esserci un servizio cordiale e accogliente, e così via”. “Il ristorante è un impegno importante, è un investimento – ha aggiunto Di Marzio – Tutte queste aperture e chiusure di ristoranti nel giro di poco tempo vuol dire che c’è tantissima improvvisazione, ed è negativo perchè nuoce alla categoria – ha puntualizzato – Gestire un ristorante è molto complesso”.
Di Marzio si è poi soffermato su alcuni ingredienti tipici della cucina romana che, al di là del gusto, sono universalmente riconosciuti come cibi che fanno bene alla salute: “Noi ci chiamiamo ‘Cacio e Pepè, ma saremmo potuti essere tranquillamente ‘Il tempio del carciofò, perchè abbiamo una venerazione per il carciofo, del resto è un elemento tipico della cucina romana, utilizzato in tantissimi modi – ha raccontato – I carciofi fanno bene, contengono ferro, hanno una serie di indicazioni pazzesche dal punto di vista della salute del nostro corpo, c’è tantissima gente alla quale piacciono i carciofi, abbiamo scoperto che sono apprezzatissimi. Le puntarelle? A Milano vengono chiamate catalogna, ci sono studi che parlano degli effetti incredibili sulla salute – ha sottolineato il ristoratore – Le mangiamo tutti i giorni ma non sappiamo che hanno un effetto così potente”.
Infine, sul progetto dei “Senza voce”: “Abbiamo creato una fondazione insieme a Don Mazzi e alla Caritas Ambrosiana – ha raccontato – Purtroppo siamo sempre distratti dalla nostra vita, ma non ci rendiamo conto che esiste un numero sempre più importante di cosiddetti ‘ultimì, di quelli che vengono chiamati fantasmi, di chi perde tutto. Con questa fondazione vogliamo donare lavoro a queste persone – ha concluso Di Marzio – Sarebbe molto bello che tutti quanti riflettessero sull’importanza di restituire”.

– foto tratta da video Medicina Top –
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Chirurgia rigenerativa, sempre più interventi con tessuto adiposo

ROMA (ITALPRESS) – Il grasso autologo, cioè il grasso presente nei depositi di ogni individuo, è ricco di cellule staminali mesenchimali, in grado di favorire la rigenerazione dei tessuti molli. A questo scopo, il grasso autologo viene prelevato, sottoposto ad appositi trattamenti, e quindi trasferito nei punti del corpo del paziente nei quali si vuole dare il via a un processo rigenerativo, sia a scopo estetico che ricostruttivo. La tecnica del lipofilling è utilizzata ormai da diversi decenni, con tante differenziazioni in base al risultato che si vuole ottenere, e rappresenta una delle frontiere più promettenti della medicina e chirurgia rigenerativa. Sono questi alcuni dei temi trattati dal professor Valerio Cervelli, direttore della cattedra e della scuola di specializzazione in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e direttore dell’unità operativa complessa di chirurgia plastica e ricostruttiva del policlinico Casilino – Asl Roma, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Oggi è cambiato l’utilizzo del tessuto adiposo, in particolare delle cellule staminali tratte da esso – ha esordito – Il tessuto adiposo è il più grande contenitore di staminali del nostro corpo: rispetto a quando era considerato un pannicolo esterno amorfo, oggi sappiamo invece che è un contenitore di cellule staminali che tanto piacciono a tutti, è come un organo adiposo – ha sottolineato Cervelli – Noi chirurghi plastici lo utilizziamo nei nostri interventi, persino in quelli al naso, per la chirurgia della mammella, per le ferite complesse, ma lo usano anche i chirurghi generali per diversi scopi”. Sul lipofilling: “Lo utilizziamo sulla chirurgia del volto per il ringiovanimento facciale, ma anche per la mammella e la sua ricostruzione – ha spiegato il professore – La grossa innovazione è aver utilizzato il tessuto adiposo con tecniche ibride. Il classico esempio di ibrido è il mulo, un mix tra le migliori caratteristiche di asino e cavallo, ci piace dire che la chirurgia ibrida unisce le forze e dà risultati superiori”.
“Il nanofat è un contenitore di cellule staminali, il microfat lo utilizziamo in chirurgia per piccole rifiniture, il macrofat per volumi più importanti – ha approfondito Cervelli scendendo nei dettagli – E oggi si sente sempre più parlare di trattamento con tessuto adiposo arricchito di cellule staminali”. Per quanto riguarda la chirurgia della mammella con innesto di grasso: “L’innesto di grasso nella mammella come rifinitura oggi è considerato un must, per aumentare la copertura di tessuto adiposo sugli impianti protesici messi sia per finalità estetiche che ricostruttive, o anche utilizzato senza protesi per aumentare fino a una taglia-una taglia e mezzo – ha commentato – Tutta la chirurgia ricostruttiva della mammella con tessuto adiposo è anche conveniente a livello di sistema sanitario nazionale”. Sulla conservazione del grasso, invece, c’è ancora qualche perplessità: “Allo stato attuale ho qualche riserva, il miglior contenitore è proprio il nostro corpo – ha ribadito – Comunque, esistono studi avvalorati da prove scientifiche sulla possibilità di conservare il nostro tessuto”.
“Per esempio – ha aggiunto – per la ricostruzione di una mammella, per cui servono due-tre infiltrazioni, possiamo fare un prelievo iniziale in cui abbanchiamo il tessuto adiposo e poi lo utilizziamo a più riprese in futuro senza sottoporre la paziente a nuovi prelievi, dunque con meno invasività, però è più costoso a livello di sistema sanitario nazionale, quindi ai posteri l’ardua sentenza”. Infine, sulla crescita della chirurgia rigenerativa negli ultimi anni: “Rispetto a cinque anni fa oggi facciamo molto di più – ha concluso il professore – Come in tutte le cose c’è l’effetto luna di miele, che però nella chirurgia rigenerativa non è ancora finita”.

– foto tratta da video Medicina Top –
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Alessio Romitelli è il nuovo Ceo di Named Group

BUSSOLENGO (VERONA) (ITALPRESS) – Alessio Romitelli è il nuovo CEO di NAMED GROUP – il polo italiano della salute naturale – succedendo a Giuseppe Giorgini che contestualmente assume la carica di Presidente del Gruppo.
Romitelli è nato a Roma nel 1985, si è laureato in Ingegneria Gestionale presso l’Università “La Sapienza” e, dopo un percorso di dottorato di ricerca in Ingegneria Meccanica e Aerospaziale, ha intrapreso un cammino che dura ormai da più di 10 anni nel mondo dell’HealthCare. Prima di entrare nel 2022 in NAMED GROUP, dove ha ricoperto via via ruoli di rilevanza crescente, è stato Associate Partner di Bain & Company, facendo parte del leadership team della practice Healthcare e attivo su progetti italiani e internazionali relativi a tutti gli ambiti della Salute.
Ad Alessio Romitelli il compito di continuare il percorso di crescita del Gruppo che si caratterizza come player unico del mercato Consumer Health – a livello nazionale e internazionale – per la presenza nei principali verticali industriali del settore: l’integrazione alimentare, i dispositivi medici, la nutrizione sportiva, la dieta, l’analisi molecolare del microbiota e da ultimo l’alimentazione funzionale. Nato nel 2022 dall’unione di Specchiasol, Named, Phytogarda, Wellmicro, Farma-Derma, NAMEDSPORT, New Penta e la belga GDI Martera, NAMED GROUP ha recentemente acquisito anche LIFe Laboratorio Italiano Fermentati, azienda pioniera in Italia nella produzione di alimenti vegetali biologici fermentati spontaneamente.
“Il completamento del processo di integrazione e consolidamento di Named Group dopo la continua crescita del suo perimetro, il sostegno alla spinta in innovazione R&D, l’ampliamento di quote di mercato all’estero e in Italia – afferma Alessio Romitelli, CEO di Named Group – sono le priorità che mi pongo come CEO per garantire il proseguimento del cammino di successo fin qui intrapreso. Per il nostro Gruppo è fondamentale l’impegno a mantenere l’eccellenza di prodotti e servizi offerti ai nostri clienti e la promozione di un ambiente di lavoro positivo e costruttivo: la solida base di una realtà che fa della differenza la propria forza e che sono onorato di guidare”.

– Foto ufficio stampa NAMED GROUP –

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Aifa, Nisticò incontra Cranz, DG della German Medical Association

ROMA (ITALPRESS) – Il Presidente dell’AIFA Robert Nisticò ha incontrato Hubertus Cranz, Direttore Generale della German Medical Association, per uno scambio di opinioni sulle più attuali questioni relative alla regolamentazione e alla legislazione europea sui farmaci e sui dispositivi medici. All’incontro ha preso parte anche il Dirigente del Settore Affari internazionali Enrico Costa.
E’ stato affrontato il tema della prossima revisione della legislazione farmaceutica dell’Unione Europea, che include nuove misure per contrastare le carenze di medicinali, attraverso ad esempio l’ampliamento dei requisiti di stoccaggio e i piani di prevenzione delle carenze.
Si è inoltre discusso dell’aggiornamento della Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, dei nuovi requisiti previsti in materia di impatto ambientale e delle loro implicazioni sulla approvazione di farmaci.
Particolare attenzione è stata rivolta al tema dei medicinali di origine vegetale, che in Europa godono di requisiti legali specifici stabiliti oramai vent’anni fa, riconoscendo che esistono i margini per migliorare l’applicazione di queste regole e valutando le possibili direzioni da seguire.
Infine, il confronto si è focalizzato sui farmaci da banco nel contesto del sistema sanitario europeo. Per affrontare le malattie minori, è essenziale disporre di un’ampia gamma di farmaci senza obbligo di prescrizione. In questo senso potrebbe essere opportuna una valutazione pragmatica che tenga conto dell’uso consolidato di molti di questi prodotti, garantendo sempre la sicurezza dei pazienti.
L’incontro ha rappresentato il primo passo di un dialogo destinato a proseguire.

– Foto ufficio stampa Aifa –

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Cardiochirurgia, gli interventi mini-invasivi sempre più diffusi

ROMA (ITALPRESS) – Bypass coronarico, sostituzione delle valvole cardiache, riparazione della valvola mitrale, asportazione dei tumori primitivi e trapianti sono i principali interventi della cardiochirurgia, una branca della medicina in trasformazione verso una minore invasività. Rispetto agli interventi a cuore aperto, la cardiochirurgia mininvasiva danneggia in maniera molto lieve i tessuti che circondano il cuore, e consente di ottenere dei buoni risultati, riducendo il ricovero necessario presso l’unità di terapia intensiva e i tempi per il recupero totale del paziente. Sono questi alcuni dei temi trattati da Marco Agrifoglio, professore associato di chirurgia cardiaca presso l’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Unità semplice di cardiochirurgia post-intensiva presso l’ospedale Centro cardiologico Monzino, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Gli interventi di cardiochirurgia si stanno riducendo grazie ai progressi tecnologici della cardiologia – ha esordito – Molti interventi, con le ultime innovazioni, hanno risparmiato diverse operazioni. E’ al contempo nettamente aumentata l’età media dei pazienti, ora più del 20% dei soggetti operati ha oltre 80 anni”. Agrifoglio è sceso nei dettagli: “Quando gli interventi sono tra virgolette più semplici, si cerca di fare una procedura mininvasiva. Se sono più complessi, dobbiamo fare un’apertura più ampia perchè dobbiamo controllare totalmente il cuore – ha spiegato – Nell’intervento classico, con il cuore che è coperto dalla gabbia toracica, dobbiamo passare o dallo sterno o da tagli laterali lungo le coste. La mininvasività è una cosa particolare, tutti i nostri interventi si fanno con la macchina cuore-polmone – ha precisato il professore – Grazie alla macchina cuore-polmone è nata la cardiochirurgia moderna”.
“La nostra sala operatoria ha un elemento in più, che è il perfusionista che comanda la macchina cuore-polmone. Gli interventi mininvasivi comportano comunque sempre l’utilizzo della macchina cuore-polmone e sono interventi più difficili e complessi – ha ribadito Agrifoglio – In Europa l’incidenza di questi accessi mini invasivi è al 30%, in Germania già al 50%, negli Stati Uniti invece solo il 15%, il cuore è l’unico organo che si muove e rende complesso l’intervento”. Per quanto riguarda la sostituzione della valvola aortica: “Negli ultimi 20 anni c’è stato un grande passaggio in avanti grazie all’invenzione di un cardiologo francese, Alain Cribier, che è morto quest’anno ma è stato un antesignano, perchè nel 2002 fu l’artefice del primo impianto percutaneo di protesi valvolare aortica, la TAVI – ha ricordato – C’era un paziente inoperabile, riuscì a impiantare la valvola senza la macchina cuore-polmone. Per pazienti anziani e fragili si procede così, il limite di anzianità è stato portato 75 anni, e la TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation, ndr) è utile anche nei re-interventi in caso, per esempio, di protesi deteriorate”.
E sulla valvola mitrale: “Si trova tra l’atrio sinistro e il ventricolo sinistro, si chiama così perchè ricorda la mitra del Vescovo – ha raccontato Agrifoglio – Qui funzionano bene gli interventi di ricostruzione transcatetere che riducono l’insufficienza mitralica. Questo intervento è stato creato da un italiano, il professor Alfieri del San Raffaele, inizialmente era un’idea bistrattata all’estero e poi si è invece rivelata vincente”. Infine, sui rischi legati a un intervento di cardiochirurgia: “Per gli interventi standard il rischio è sotto il 2%, però il paziente deve essere attentamente valutato a livello preparatorio – ha concluso – Le complicanze vengono ulteriormente ridotte con la checklist pre e post operatoria”.

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