CATANIA (ITALPRESS) – Un confronto nazionale sulle novità riguardanti la cura di quelle malattie del fegato che crescono sempre di più, con il riconoscimento alla Sicilia d’essere stata la prima regione italiana a costituire una rete per la cura dell’epatocarcinoma, quel cancro del fegato che è il terzo per mortalità nell’uomo dopo polmone e colon. Questo è stato il congresso “Il presente e il futuro dell’epatologia” svoltosi nell’Hotel Villa Diodoro di Taormina e con l’organizzazione scientifica di Maurizio Russello, direttore dell’Unità operativa di Epatologia dell’ospedale Garibaldi Nesima di Catania, Centro di riferimento Regionale per le affezioni epatiche, e Marco Distefano, che dirige l’Epatologia dell’Umberto I di Siracusa.
“La rete per la cura dell’epatocarcinoma con i centri Hub e i centri Spoke – ha spiegato Russello – e il riconoscimento dei centri epatologici del Garibaldi Nesima a Catania e del Policlinico a Palermo con una certificazione da parte di un ente esterno, non sono soltanto un importante traguardo scientifico, come ha riconosciuto nel corso del congresso dal prof.
Paolo Angeli, padovano, uno dei grandi esperti epatologi italiani. Avrà infatti un’importante ricaduta in termini di equità di cure e di assistenza per tutti i Siciliani”.
Il percorso di certificazione è stato illustrato nel corso del convegno da parte di Caterina Cocuzza e Desiree Caudullo, rispettivamente epatologa e data manager dell’Arnas Garibaldi.
Anche Massimo Pinzani, direttore scientifico dell’Ismett Palermo, ha sottolineato la capacità di far squadra degli epatologi siciliani “che sono riusciti, facendo rete, a eliminare, primi in Italia, le epatiti virali con l’introduzione di nuovi trattamenti”.
Certo, c’è ancora della strada da fare, visto che, come ha affermato Marco Di Stefano, “molte persone hanno l’epatite C e non sanno di averla, per cui stiamo facendo partire anche in Sicilia una campagna di controllo a tappeto”.
Tra gli altri argomenti del congresso, la steatosi, detta anche fegato grasso, che solo in Sicilia colpisce quasi 750.000 persone ed è la causa più frequente di malattia epatica cronica, di cirrosi e cancro del fegato. Quest’ultimo però, se diagnosticato precocemente, può essere curato e se scoperto tardivamente, la sopravvivenza può essere prolungata grazie all’immunoterapia. E’ importante comunque essere informati ed è stato sottolineato da più parti come il congresso sia stato importante anche per l’attenzione che ha suscitato sui media: nonostante dati epidemiologici allarmanti, infatti, l’attenzione per queste malattie è ancora molto bassa. E questo è un grave danno poichè si tratta di affezioni silenti e subdole, delle quali ci si accorge spesso quando è troppo tardi.
“Queste due giornate – ha detto Vincenza Calvaruso, segretaria dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato – ci hanno consentito di fare il punto sullo stato dell’epatologia, con relazioni dall’elevato valore scientifico con importantissimi impulsi al cambiamento: Intelligenza Artificiale, tecniche innovative, nuovi farmaci che cambiano l’approccio alle patologie”.
Per esempio quelli che consentono di prolungare la vita e migliorare la qualità nelle persone colpite da cancro del fegato.
“E all’orizzonte delle innovazioni – ha detto il commissario straordinario Giuseppe Giammanco – si apre l’Arnas Garibaldi, nel trattamento di una patologia che coinvolge sempre più pazienti, con pressanti richieste di assistenza. Dal confronto del convegno, dai tavoli dell’approfondimento scientifico, si aprono insomma opportunità di assistenza, di servizio. Così ritorna per il Garibaldi e per l’intera Sicilia la possibilità di offrire sempre più quello che il paziente ci chiede: una risposta di qualità adeguata ai nostri tempi”.
Le strategie condivise di prevenzione sono state dunque al centro del dibattito. Per questo, particolarmente apprezzate dai medici di base che numerosi hanno presenziato all’incontro scientifico, sono state le ultime due relazioni, di Maria Luisa Arpi, endocrinologa del Garibaldi Nesima, e Gaetano Bertino, ordinario di gaestroenterologia dell’Università di Catania. Interventi improntati rispettivamente alla gestione del diabete mellito nel paziente con cirrosi e al trattamento dell’encefalopatia epatica.
– foto ufficio stampa Arnas Garibaldi Catania –
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La Sicilia all’avanguardia per la cura dell’epatocarcinoma
Covid, lieve aumento dei casi in una settimana
ROMA (ITALPRESS) – Lieve aumento dei casi e del tasso di positività. Lo rileva il bollettino Covid del ministero della Salute riferito alla settimana 25 aprile – 1 maggio 2024. Si registrano: 618 nuovi casi positivi con una variazione di +17,0% rispetto alla settimana precedente (n: 528), 9 deceduti con una variazione di +28,6% rispetto alla settimana precedente (n: 7), 76.553 tamponi effettuati con una variazione di -23,9% rispetto alla settimana precedente (n: 100.622).
Tasso di positività dello 0,8% con una variazione di +0,3% rispetto alla settimana precedente (0,5%).
Il tasso di occupazione in area medica al 01/05/2024 è pari allo 0,9% (542 ricoverati), rispetto a 0,9% (570 ricoverati) del 24/04/2024; il tasso di occupazione in terapia intensiva al 01/05/2024 è pari allo 0,2% (18 ricoverati), rispetto allo 0,2% (19 ricoverati) del 24/04/2024.
-foto ufficio stampa Ministero Salute –
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La leggenda del basket Antonello Riva “Ancora oggi mi sento un atleta”
MILANO (ITALPRESS) – “Il mio segreto è che ancora oggi mi sento un atleta, naturalmente con le dovute proporzioni. Alimentarsi bene, fare un minimo di attività fisica, riposarsi nel giusto modo sono tutte cose che conosciamo bene, però molto spesso non lo facciamo. In quella giornata in cui non riesco a fare attività fisica mi sento in difficoltà”. Parola di Antonello Riva, tra le leggende del basket italiano, con un ricco palmarès che annovera tra le altre cose un Campionato italiano, due Coppe dei campioni, tre Coppe delle coppe, una Coppa intercontinentale con Cantù e un oro ai Mondiali con la Nazionale italiana, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress: “Il segreto della mia carriera? Non ce ne sono. Ripensandoci, io mi ricordo quando andai con mia madre al palazzetto, avevo 14 anni, e strinsi la mano a Marzorati, che era il campionissimo dell’epoca – ha ricordato – Dentro di me mi dissi, “io voglio diventare come lui”. Avere già un obiettivo ben preciso permette di sapere dove vuoi arrivare. Come in tutti i campi, se non hai la costanza e non lavori quotidianamente non si va avanti. E citerei anche la voglia di apprendere – ha spiegato Riva – La mia fortuna è stata quella di avere al fianco Marzorati che mi ha instradato”.
Tra grandi vittorie e qualche delusione, Riva non cambierebbe nulla della sua longeva carriera che si è chiusa a 43 anni: “Riguardando la mia carriera, non cambierei nulla: ogni annata e ogni esperienza mi ha dato qualcosa di positivo che mi porto ancora dietro oggi – ha assicurato – Ho vinto solo un campionato, ne ho giocati 25, ma ogni partita, ogni incontro, lo ho affrontato sempre con il massimo delle mie capacità, le partite le ho sempre preparate nel miglior modo. E’ stata una carriera lunga, mi piaceva fare canestro – ha sottolineato l’ancora oggi detentore del record di punti messi a segno nella Serie A di basket – Una cosa mi brucia ancora, quando nel secondo anno a Milano perdemmo in finale contro Caserta, avevamo vinto tutte le partite e perdemmo solo quella. Altri momenti difficili sono quelli legati agli infortuni. La più grande soddisfazione è stata la prima Coppa dei Campioni con Cantù, che non l’aveva mai vinta, e poi naturalmente la medaglia d’oro dell’83’ ai Mondiali a Nantes”. “Il basket oggi è cambiato totalmente, basti pensare alle regole – ha ammesso Riva – Adesso il tiro da tre ha sempre maggiore impatto, però è cambiata la fisicità. Io ho esordito grazie alla mia fisicità, oggi nel mio ruolo è invece normale avere quello che era il mio fisico, oggi sono tutti quasi alti due metri”. Infine, sul rapporto coi medici e sullo stile di vita dell’atleta: “Il rapporto coi medici è fondamentale. E’ la famosa vita d’atleta, sembra una cosa scontata ma non lo è – ha aggiunto – Ho smesso a 43 anni proprio per questo, ho appreso dai grandi campioni che bisognava impegnarsi in allenamento, riposarsi nei momenti giusti, integrarsi nel giusto modo – ha concluso Riva – sono queste le cose che ti fanno performare nel migliore dei modi”.
-foto Italpress-
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16 e 17 maggio MEDITeH Beyond, la scienza medica più vicina alla gente
MILANO (ITALPRESS) – Si terrà a Catania il 16 e 17 maggio il Summit Internazionale MEDITeH Beyond (https://meditehbeyond.com/), per sancire la nascita di un network collaborativo dedicato a ricerca e sviluppo in sanità digitale, nell’area del Mediterraneo, Africa e del Medio Oriente.
Negli ultimi anni, seguendo la strada indicata dal 2017 in poi dal Centro Nazionale per la Telemedicina dell’Istituto Superiore di Sanità (CNTNT) diretto dal professore Francesco Gabbrielli, l’Italia sta sviluppando per tutta la popolazione italiana la telemedicina quale strumento al servizio della medicina, amplificandone finalità e potenzialità, abbattendo barriere fisiche determinate dalla distanza, aumentando l’equità di accesso e la qualità dell’assistenza.
Diagnosi, terapia e cura, possono essere sempre più agevolate da tali servizi, con particolare rilievo nel caso dei pazienti cronici e fragili, ossia quelli che richiedono un monitoraggio costante. Le potenzialità di tale tecnologia possono instaurare un cambiamento e sostenere la riorganizzazione dei servizi sanitari, che potranno essere equamente distribuiti sul territorio, nazionale ma non solo, riducendo le disuguaglianze tra aree dove vi è una maggiore presenza di presidi sanitari e quelle invece meno servite. Tutto questo può essere sostenuto anche dagli investimenti previsti nel PNRR, ma è necessaria l’attenta collaborazione tra tutti gli stakeholder del sistema salute: centri di ricerca, università, enti sanitari, imprese produttive e Istituzioni. La collaborazione è il punto essenziale per realizzare servizi locali di sanità digitale, ma anche per rendere possibili nuovi sviluppi di soluzioni tecnologiche e progressi in medicina. Tale collaborazione deve potersi espendere a livello internazionale riercando condivisione, collaborazione e scambio.
“MEDITeH Beyond è il primo Summit che vuole promuovere la collaborazione in sanità digitale oltrepassando le sponde del Mediterraneo e, ancora oltre, verso l’Africa e il Medio Oriente. Ma, soprattutto, è il punto di partenza di nuove partnership per rendere concreta, nei nostri Paesi, l’applicazione delle tecnologie digitali al progresso della medicina”. Con queste parole il professore Francesco Gabbrielli, professore di e-Health all’Università San Raffaele di Roma e oggi anche Direttore del Centro Nazionale per le linee guida in Telemedicina-SIT, spiega l’importanza strategica di questa promettente collaborazione internazionale.
Le due giornate di Summit, promosse da Diplomatia con l’Health Policy Commission e la Direzione Scientifica dello stesso Gabbrielli, saranno incentrati sullo studio e la condivisione di idee e progetti, concreti, provenienti da tutti i Paesi aderenti.
Il primo giorno prevede, oltre ai saluti istituzionali, una sessione di approfondimento sull’evoluzione delle scienze biomediche e unworkshop per condividere lo scenario, presente e futuro prossimo, sulle tecnologie digitali al servizio del settore medico-scientifico, con relazioni frontali di illustri scienziati e professionisti nazionali e internazionali invitati al Summit.
“L’Italia è, per tradizione, il nord dei paesi del Mediterraneo e il sud dell’Europa, ovvero un elemento di congiunzione, inoltre viene vista come una Nazione avanzata in ambito medico, in tutta Europa. Questo ci conferisce due responsabilità: aiutare gli altri a fornire una medicina di valore ai pazienti che spesso non ne hanno le possibilità. E, allo stesso tempo, promuovere, a livello di rete nell’area del Mediterraneo, lo sviluppo della medicina per favorire, anche laddove in alcuni casi non è semplice, un rapporto medico-paziente migliore”. Queste le parole del professore Alberico L. Catapano, Direttore del Dipartimento di Farmacologia e Scienze Biomolecolari all’Università Statale di Milano, uno dei relatori nazionali invitati a portare il loro contributo al congresso e membro del comitato scientifico.
Il secondo giorno del Summit è invece dedicato ai lavori di gruppo sulla sanità digitale a cui parteciperanno i delegati accreditati al Summit. La discussione affronterà diverse macro-tematiche, evidenziando le possibilità di sviluppo dei servizi di telemedicina nella realtà attuale e mettendo in luce le prospettive della ricerca applicativa in ambito sanitario per mezzo delle tecnologie digitali. Le aree di lavoro saranno le seguenti: accessibilità al trattamento e alla prevenzione; gestione delle grandi emergenze (quali, ad esempio, pandemie, terremoti e disastri naturali); protezione dei pazienti cronici; cura e riabilitazione nella sanità digitale; cura e ricerca clinica in oncologia.
Nel corso dei tavoli di lavoro, a cui gli uditori iscritti al Summit potranno assistere, i delegati porteranno le loro idee e contribuiranno all’elaborazione di un breve position paper.
“La telemedicina e la medicina stessa sono un gioco di squadra e questo impone che si lavori nel catturare tutte le differenze possibili. Collaborare con realtà diverse ci permette di visualizzare possibili scenari e difficoltà future e prepararci a rispondere. l’Italia è sempre stata proiettata nell’area culturale mediterranea e, se nell’ultimo secolo e mezzo, gli equilibri internazionali si sono spostati di più verso l’Atlantico, è vero che l’Italia per millenni ha giocato un ruolo molto importante nell’area mediterranea estesa che include il Medio Oriente. E questo ci rende forieri di un valore particolare nelle nostre collaborazioni europee transatlantiche, dove portiamo un unicum culturale che pochi altri giocatori possono vantare”, sostiene il professore Marco Manca, Presidente e co-Founder di ScimPulse Foundation, che guiderà uno dei tavoli di discussione, oltre a far parte, anche lui, del comitato scientifico.
Il position paper generale che verrà stilato dal comitato scientifico a partire dai contributi dei gruppo di lavoro sarà successivamente diffuso pubblicamente, quale strumento per facilitare, nei prossimi anni, la collaborazione tra gli enti sanitari, i centri di ricerca, le università, e le imprese produttive dei Paesi che aderiscono formalmente al Summit.
MEDITeH Beyond è quindi solo il primo passo nella costruzione di una rete collaborativa duratura, per lo sviluppo della medicina tramite la tecnologia digitale tra Mediterraneo, Africa e Medio Oritente, in cui l’Italia si propone quale promotore e facilitatore.
– Foto MEDITeH Beyond –
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In aumento le malattie infiammatorie croniche intestinali
MILANO (ITALPRESS) – Sono circa 250.000 in Italia e sette milioni nel mondo le persone che convivono con malattie infiammatorie croniche intestinali, indicate dalla sigla MICI. La loro incidenza è stimata intorno a 10, 15 nuovi casi su 100.000 abitanti all’anno. Negli ultimi 10 anni, le diagnosi di nuovi casi di MICI e il numero di pazienti sono aumentate di circa 20 volte, con un trend che si stima in ulteriore crescita in futuro. Le principali malattie infiammatorie croniche intestinali sono la malattia di Crohn e la rettocolite ulcerosa, entrambe con un andamento cronico recidivante che si manifesta con l’alternanza di periodi in cui non ci sono sintomi e periodi in cui i sintomi ritornano.
La malattia di Crohn è spesso diagnosticata tra i venti e i trent’anni e si manifesta con diarrea persistente, dolore addominale, perdita di appetito e di peso. Sintomi sintomi si riscontrano nei casi di colite ulcerosa che colpisce l’intestino crasso e che dal retto si può estendere a una parte o a tutto il colon. Sono questi alcuni dei temi trattati da Silvio Danese, direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e professore ordinario di Gastroenterologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress: “La rettocolite ulcerosa la definisco la cenerentola delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino, il morbo di Crohn è molto più pittoresco, la rettocolite ulcerosa impatta tantissimo sui nostri pazienti – ha esordito – I numeri sono in crescita, c’è un incremento incredibile di tutte queste patologie infiammatorie. Dal punto di vista della disabilità, poi, la rettocolite è molto più disabilitante rispetto a tutte le altre patologie, anche più dell’asma e dell’artrite reumatoide, è considerata una delle 5 top”. Sui campanelli d’allarme e sulle ultime terapie: “Le irregolarità intestinali sono un primo campanello d’allarme, scatta una bandiera rossa se c’è del sangue nelle feci, non bisogna mai pensare a banali emorroidi, ma parlare con il gastroenterologo e fare un esame endoscopico. Una cattiva digestione può avvenire a ognuno, ma se ci sono sintomi ricorrenti, allora bisogna parlare col proprio medico, anche perchè oggi abbiamo un esame molto semplice, come l’ecografia, con cui si riesce a dare un’occhiata all’addome e a capire se c’è veramente un problema – ha spiegato Danese, passando poi alle innovazioni in campo medico – Quest’anno c’è un boom di farmaci innovativi. La cosa più interessante è che siamo in grado di cambiare la malattia e far cicatrizzare l’intestino. E’ come nel caso dell’iperteso, che prende le sue compresse e sta benissimo. La ricerca c’ha fatto veramente fare dei passi da gigante”. Il professor Danese ha scritto diversi libri e tra questi c’è ‘La pancia lo sà: “La pancia sa moltissime cose. Quando parliamo, nel nostro linguaggio troviamo moltissime espressioni radicate, come ‘sento le farfalle nello stomacò, oppure ‘questa persona non riesco a digerirlà – ha raccontato – Il nostro apparato digerente in qualche modo è estremamente connesso al nostro cervello, non a caso l’intestino è chiamato secondo cervello”. E proprio su quest’ultimo concetto: “L’intestino è il secondo organo più innervato dopo il cervello. La serotonina, il mediatore della felicità, è prodotta al 95% dall’intestino, ci sono tante interazioni tra quello che percepiamo a livello mentale e quello che sentiamo come apparato digerente – ha ricordato – Con lo stress si va di più in bagno o si chiude lo stomaco, ognuno reagisce a modo suo, però di sicuro l’intestino risente di tutto quello che è l’ambiente”.
Infine, sul corretto stile di vita per evitare in problemi intestinali: “Non mangiare di fretta, essere consapevoli di quello che si mangia. La masticazione è importante, sminuzzare bene non è soltanto una norma di educazione – ha precisato – I cibi ultra processati e l’eccesso di zuccheri sono tutti associati, insieme al junk food, a un’alterazione della flora che aumenta la permeabilità dell’intestino, nel tempo facilità la microinfiammazione che porta a tante patologie tra cui il rischio di sviluppare il tumore del colon. Eliminare o ridurre il più possibile i cibi ultra processati è la prima regola. Bere tanto, fare attività sportiva sono norme di benessere che si associano a un buon funzionamento dell’apparato digerente – ha concluso Danese – Studi scientifici dicono che con un’attività fisica non sfrenata, anche una banale passeggiata, la regolarità intestinale aumenta”.
-foto Agenzia Fotogramma –
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Professioni Sanitarie Lombardia a confronto con Dg al Welfare Cozzoli
MILANO (ITALPRESS) – Un segno di continuità, più che un punto di partenza. Così si potrebbe definire l’incontro avvenuto il 24 aprile scorso tra i Presidenti degli Ordini dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione (TSRM e PSTRP) della Lombardia e il nuovo Direttore Generale al Welfare di Regione Lombardia, Marco Cozzoli. Un appuntamento fortemente voluto dai rappresentanti istituzionali delle Professioni Sanitarie e prontamente accolto dal DG, in una prospettiva di consolidamento del dialogo instaurato negli anni con i vertici della sanità regionale. Presente anche il Dirigente dell’Unità Organizzativa Personale e Professioni del Sistema Sociosanitario Regionale, Vittorio Russo.
Il Coordinatore degli Ordini TSRM e PSTRP regionali e Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP di Brescia, Luigi Peroni, ha presentato al Direttore Generale le Professioni di area sanitaria tecnica, della riabilitazione e della prevenzione afferenti agli Ordini. “Nonostante i progressi fatti in questi anni per la visibilità delle Professioni Sanitarie, resta ancora molto lavoro da svolgere in termini di cultura e di riconoscimento del nostro ruolo” ha commentato Peroni. “I referenti del Welfare sono i primi interlocutori di questo processo, perchè non è possibile prendere decisioni informate riguardo il sistema sanitario se non si conoscono tutti i soggetti presenti sul territorio. Il rischio è quello di programmare azioni fuori fuoco rispetto alle risorse umane a disposizione, incorrendo nella sovrapposizione fra Professioni e ambiti di competenza”.
Il Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP di Milano, Como, Lecco, Lodi, Monza Brianza e Sondrio, Diego Catania, ha rimarcato con forza il concetto, focalizzando il contributo dei Professionisti Sanitari in più di 18 progetti pilota da attuare su territorio: “Rappresentiamo oltre 30.000 iscritti, portatori di competenze specifiche in molti contesti e consapevoli della responsabilità e autonomia professionale che ne deriva. Tale consapevolezza deve diventare un patrimonio condiviso anche per i vertici del Welfare, che sapranno così dare risposta ai bisogni di salute della popolazione, sempre più complessi e diversificati. Per questo motivo è essenziale, da una parte, incentivare la responsabilizzazione dei Professionisti Sanitari in ambito professionale, con l’istituzione di Dirigenze di area, dall’altra coinvolgere gli Ordini negli iter decisionali, nei gruppi di lavoro e nei processi di elaborazione delle linee guida per il sistema salute”.
I progetti proposti, che spaziano dall’attivazione di servizi di screening ai percorsi divulgativi nelle scuole, dagli interventi nei consultori alle azioni di supporto al disagio giovanile, rendono un’idea della varietà delle competenze racchiuse dagli Ordini TSRM e PSTRP. “Le nostre Professioni sono parte integrante, e spesso trainante, dell’evoluzione del sistema sanitario” ha affermato Elena Cossa, Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP di Varese. “La richiesta di tenere il passo con i progressi in atto nelle diverse aree disciplinari implica la necessità di consolidare il dialogo con i referenti regionali per il fabbisogno formativo, oltre che con le Università e le Unità Scolastiche Territoriali. Chiediamo il supporto della Regione, inoltre, nel delineare e facilitare nuovi percorsi di carriera per le nostre Professioni”.
Stefania Simonetti, Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP di Cremona, ha sollevato la questione delle liste d’attesa: “Riteniamo che un contributo fondamentale nella riduzione delle tempistiche possa venire, ancora una volta, dal coinvolgimento di tutte Professioni Sanitarie. Considerando con attenzione le competenze dei Professionisti, infatti, è possibile distribuire al meglio le prestazioni e il carico di lavoro fra i profili a disposizione”.
I Presidenti hanno infine evidenziato la loro disponibilità a elaborare nuovi modelli organizzativi per il sistema salute, trovando il pronto riscontro degli interlocutori di Regione Lombardia, che hanno proposto di interpellare gli Ordini in appositi tavoli tecnici con le ATS territoriali.
“Sono tanti i fronti su cui possiamo fare la differenza, se posti nelle condizioni di farlo; auspichiamo quindi che il canale comunicativo con il Welfare si consolidi sempre di più” dichiara il Presidente Catania.
“Negli ultimi anni, il confronto con Regione Lombardia ci ha visti in prima linea nei processi decisionali, nonchè legislativi, della sanità regionale” afferma il Presidente Peroni. “Recentemente abbiamo presentato una lista di contributi al Piano Sociosanitario Regionale 2023-2027, sempre con l’intento di massimizzare il nostro impatto positivo sul sistema salute. Lavoreremo affinchè siano accolti, così da poter intervenire là dove c’è più bisogno del nostro aiuto”.
– foto ufficio stampa Ordine TSRM e PSTRP di Milano, Como, Lecco, Lodi, Monza Brianza e Sondrio –
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Trapianto di rene, due prospettive incoraggianti per il futuro
MILANO (ITALPRESS) – Il trapianto di rene è l’impianto di un rene donato da una persona sana a un paziente con una malattia renale cronica allo stadio terminale, che si verifica quando i reni non sono più capaci di filtrare le scorie metaboliche dal sangue. La donazione può avvenire da una persona vivente, solitamente un paziente stretto, o da una persona deceduta. Ricevere un rene sano dà la speranza di vivere più liberamente e con minori restrizioni dietetiche, anche se l’organo trapiantato ha una vita generalmente abbastanza breve, tra i 10 e i 15 anni. Dopo questo periodo, per garantire all’organismo la necessaria funzione di filtro, la dialisi è una scelta obbligata. Sono questi alcuni dei temi trattati dal professor Giuseppe Remuzzi, specialista in ematologia e nefrologia, e direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, nonchè unico italiano nel Comitato di redazione delle riviste “The Lancet” e “New England Journal of Medicine”, autore di quasi 1.700 pubblicazioni scientifiche, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Con il primo trapianto di rene siamo partiti agli inizi degli anni 50 con tanti tentativi fatti che non sono andati a buon fine – ha esordito il professore – Il primo trapianto che ha avuto successo è stato quello di Murray nel 1954, due giorni prima di Natale, su due gemelli identici. Per fare questo intervento hanno dovuto operare prima 600 cani, gli animalisti non saranno contenti, ma abbiamo 2 milioni di persone che hanno fatto un trapianto e tutto è partito da lì, è sui cani che è stata sperimentata la terapia immunosoppressiva. Murray è stato un chirurgo di guerra, si era accorto che quando riparava con interventi di chirurgia le ferite di guerra di persone che rimanevano sotto le macerie, quando questo succedeva tra due gemelli identici non c’era il rigetto – ha raccontato Remuzzi – A quel punto, ha cercato di trovare due gemelli identici e c’è riuscito, i due gemelli sono stati mandati a Boston, hanno deciso da soli di procedere con la famiglia di Richard, il malato, e Donald, il donatore: l’intervento ha avuto successo e ha aperto la strada”. Guardando invece al presente e al futuro, sono due i traguardi principali ai quali aspira la medicina legata al trapianto di rene: “Il primo è riuscire a fare un trapianto di rene, ma anche di cuore o di fegato, senza la terapia anti-rigetto – ha spiegato – I pazienti hanno bisogno di prendere per tutta la vita una terapia che deprime il sistema immune, perchè in caso contrario ci sarebbe il rigetto, e questo però li espone a infezioni e tumori. Adesso stiamo esplorando, attraverso un finanziamento UE, con un altro gruppo in Canada e uno a Barcellona, la possibilità di utilizzare quella infiammazione che c’è sempre dopo l’intervento chirurgico o persino un iniziale rigetto, che produce tante proteine estranee – ha sottolineato Remuzzi – Vogliamo far sì che con un sistema di nanomedicina queste diventino capaci di trasformare le cellule che producono il rigetto in cellule che inducono invece la tolleranza. Abbiamo risultati iniziali incoraggianti, questo cambierebbe tutto. Abbiamo quasi completato la fase sui ratti e tra un paio d’anni penso che, se va tutto bene, potremo sperare di avviare un programma clinico, non c’è molto da aspettare”. L’altro aspetto è legato alla carenza di donatori: “Non ne abbiamo abbastanza. Anche se tutte le persone che muoiono e dalle quali si possono prelevare organi li lasciassero per il trapianto, non basterebbero ancora – ha precisato – Negli ultimi mesi è stato fatto qualcosa che sembrava irrealistico, vale a dire poter utilizzare organi di maiali per l’uomo. All’inizio è stato utilizzato un cadavere con morte cerebrale che non poteva donare organi, con questo si è provato a trapiantare organi di maiali che hanno cominciato a funzionare. Da lì si è arrivati a fare il trapianto di cuore con un cuore di maiale modificato geneticamente, con introduzione di un numero di geni che non trasmettessero infezioni virali e fossero in grado di difendersi dall’aggressione del sistema immune dell’uomo – ha raccontato – Il primo trapianto con un cuore di maiale in un uomo che non poteva ricevere il cuore da un altro uomo è durato due mesi, si è aperta una strada. Di recente c’è stato il trapianto di rene a Boston con un rene di maiale, l’intervento andato benissimo, il paziente è stato dimesso e sta molto bene, la funzione renale continua a migliorare. Stiamo vivendo un momento straordinario – ha riconosciuto il professore – E’ stata aperta una strada che porterà molto lontano. E’ una buona notizia per chi è in attesa di un organo e non ha la possibilità di ricevere un organo di uomo”. Infine, sui consigli per non affaticare i reni: “Il rene ha la capacità straordinaria di adattarsi all’introduzione di liquidi. Se qualcuno introduce un eccesso di liquidi, per esempio 10 litri di birra, il rene elimina tutto quello che deve eliminare. O se si trascorrono sette giorni nel deserto, il rene è capace di trattenere l’acqua. Si regola da solo, ma deve stare bene. Gli anziani e i bambini spesso non hanno il senso della sete, bisogna stare attenti – ha concluso – I giovani se sudano hanno sete e bevono e il rene si regola da solo, l’anziano e il bambino rischiano di disidratarsi e a lungo andare può essere un danno per il rene”.
– Foto Italpress –
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Sanità, Remuzzi “Avviati verso privati e assicurazioni, ma è imbroglio”
MILANO (ITALPRESS) – “La salute del territorio è qualcosa che non è mai stata all’attenzione del nostro Servizio Sanitario Nazionale”. E’ questa la conclusione alla quale è arrivato Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, nel corso di un’intervista rilasciata all’Agenzia Stampa Italpress facendo un bilancio del Servizio Sanitario Nazionale nel corso dell’emergenza Covid. Durante la pandemia, “hanno funzionato molto bene gli ospedali e alcune cure intensive degli ospedali. Inoltre medici hanno imparato a riconvertirsi in medici capaci a fare assistenza respiratoria. Ad esempio i miei colleghi nefrologi, anche ragazzi giovani, sono diventati bravissimi nel farla e questa è una competenza molto preziosa che si porteranno dietro per tutta la vita”. D’altra parte “ha funzionato molto male il territorio: non siamo stati capaci di sfruttare la capacità illimitata dei ‘letti di casà. Ricorderete che durante il Covid tutti volevano andare in pronto soccorso e non c’era posto con infermieri distrutti dopo tre giorni di fila e che non dormivano di notte”, ha sottolineato Remuzzi spiegando che dove sono stati utilizzati i ‘letti di casà, ovvero medici e infermieri che vanno a casa dei pazienti, “i risultati sono stati straordinari. Il gruppo di persone con cui ho lavorato ha curato a casa 400 persone, ne ha ricoverato meno del 10% in ospedale e nessuno è morto. Tutto questo è mancato perchè mancava già da prima”. Per quanto riguarda il futuro della sanità nel nostro paese “adesso abbiamo una guida, il Pnrr Missione 6, e lì c’è scritto quello che noi dovremmo fare. Da quando è stato istituito il Servizio Sanitario Nazionale, abbiamo fatto un passo di grande civiltà e ci siamo messi ai vertici della buona sanità. Dopo un pò le cose hanno cominciato a deteriorarsi”. “Quello che è successo con il Pnrr è che noi abbiamo l’indicazione di cosa si dovrebbe fare per il territorio e per le case di comunità perchè è anacronistico pensare che i medici lavorino da soli – ha affermato Remuzzi -. Devono mettersi insieme in queste organizzazioni dove il malato trova tutto. Questo dove si fa, funziona”. Interpellato a proposito di una possibile riforma del Servizio Sanitario Nazionale, il dottor Remuzzi ha risposto che “non so quale sia la via. Abbiamo un Servizio Sanitario Nazionale che è una cosa meravigliosa perchè toglie la preoccupazione dei soldi quando sei ammalato. Negli altri paesi, dove il servizio sanitario è affidato sostanzialmente ai privati e alle assicurazioni, questo non c’è. Noi però ci stiamo avviando verso quella strada lì”. “Quarant’anni fa, il direttore del New England Journal of Medicine diceva che per via degli interessi privati, degli ospedali e delle case di cura private, delle residenze di anziani che sono organizzazioni fatte allo scopo di guadagnare e remunerare gli azionisti, noi spendiamo già oggi 40 miliardi all’anno – ha spiegato -. Lui disse che è molto male perchè con così tanti soldi si arriva a condizionare in modo del tutto indebito le politiche di salute del nostro paese. Ed è esattamente quello che è successo negli Stati Uniti dove le persone hanno la grandissima preoccupazione dei soldi quando si ammalano”. “Bisogna avere i soldi o un buon lavoro per essere assicurati, ma poi non arriva dappertutto. Quindi il ragionamento ‘facciamo tutto con l’assicurazionè è un imbroglio. Noi abbiamo 5 milioni e 300mila poveri in Italia: questi non potranno mai assicurarsi”, ha puntualizzato. Alla domanda se l’Italia sia un modello di sanità pubblica o ci siano altri esempi nel mondo, il dottor Remuzzi ha dichiarato che “l’Inghilterra ha gli stessi nostri problemi: ha inventato il Servizio Sanitario Nazionale e lo sta perdendo per le stesse nostre ragioni. Il Portogallo ha un sistema sanitario molto centrato sul territorio e dove i medici di famiglia e di medicina generale lavorano insieme. Questo è un esempio molto bello. Non è un paese che spende molto in salute come noi, però i risultati sono molto incoraggianti”.(ITALPRESS).
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