ROMA (ITALPRESS) – Non solo “una protesta” ma anche “un contributo reale e concreto”. SIMEU – Società Italiana di Medicina Emergenza-Urgenza – ha organizzato un gruppo di lavoro interno per fornire un’analisi completa, utile a ottenere e pubblicare i migliori risultati possibili dopo aver analizzato “Criteri di appropriatezza per i setting assistenziali di gestione dei pazienti affetti da Covid-19”, recentemente pubblicato da AGENAS e averne evidenziato in una lettera le carenze e anche gli errori. Nel documento prodotto da AGENAS “non si è tenuto conto di una parte fondamentale del percorso di cura dei pazienti Covid-19”. SIMEU si è quindi “resa disponibile a collaborare con il gruppo di lavoro per integrare e migliorare i percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali dei malati, offrendo le esperienze e le competenze maturate nella gestione diretta di questi pazienti, con quello spirito di collaborazione plurispecialistica tra medici d’emergenza, infettivologi, anestesisti-rianimatori e pneumologi, che si è realizzata sul campo in questo ultimo anno”. Il gruppo di lavoro SIMEU ha appena pubblicato sulla piattaforma del Ministero, in risposta al Questionario per la Consultazione Pubblica, “una serie di istanze integrative che riguardano soprattutto il tema delle attività delle OBI e delle terapie semintensive multidisciplinari”.
Infatti, “in contrasto con le acquisizioni scientifiche e organizzative degli ultimi due decenni e con le indicazioni del Ministero della Salute e della Conferenza Stato-Regioni, l’attività di Osservazione Breve Intensiva (OBI) non è stata considerata da AGENAS, mentre l’OBI è un’articolazione organizzativa imprescindibile nell’attività di PS, essenziale per definire il percorso più appropriato (dimissione o ricovero) per i pazienti a rischio evolutivo basso-medio”.
Un altro appunto riguarda “la classificazione dei pazienti che nelle tabelle del documento contengono contrasti e incompletezze di classificazione”. Per quanto riguarda la terapia sub-intensiva (TSI) “è indicata come TSI respiratoria, in difformità alla normativa vigente e non considerando la necessità di TSI anche per pazienti COVID positivi non affetti da insufficienza respiratoria. Inoltre, molti pazienti COVID positivi affetti da insufficienza respiratoria presentano disfunzione di altri sistemi (tali da non richiedere un ricovero in terapia intensiva) e possono essere assistiti e curati al meglio in TSI non esclusivamente respiratorie. E’ ben noto che Covid-19 si manifesta sì con una polmonite, come patologia d’organo più rilevante, ma è una malattia sistemica che può coinvolgere altri organi per cui i pazienti più complessi necessitano di specialisti multidisciplinari”. “I medici e gli infermieri d’emergenza-urgenza italiani, che prestano servizio nei Pronto Soccorso, nelle OBI e nelle unità operative di Medicina e Chirurgia di Accettazione e d’Urgenza (MeCAU) – prosegue Simeu – hanno curato oltre 450.000 pazienti affetti da Covid-19 nell’ultimo anno: questa cifra rappresenta una grandissima parte dei pazienti che hanno avuto bisogno dei professionisti ospedalieri, in Italia. L’esperienza derivata da questo immenso lavoro ha permesso a medici e infermieri dell’emergenza di maturare risposte rapide e immediate sulla gestione di questa tipologia di malati, contribuendo così alla produzione di indicazioni sulla stratificazione del rischio clinico. Tutte le indicazioni sono state condivise e hanno così fornito una guida sui percorsi assistenziali più appropriati, sin dalle prime ore della pandemia. La comunità scientifica della Medicina di Emergenza-Urgenza ha prodotto e pubblicato linee di indirizzo per la gestione clinico-organizzativa dei pazienti Covid-19 e per la definizione dei setting assistenziali più appropriati, che sono stati internazionalmente diffusi”. Occorre inoltre sottolineare come “questi 450.000 pazienti siano stati curati e assistiti dai medici e dagli infermieri d’emergenza-urgenza, e una buona parte di essi è stata dimessa direttamente dal pronto soccorso, spesso dopo un periodo di degenza in Osservazione Breve Intensiva”. A supporto di queste affermazioni “basti osservare il numero dei pazienti ricoverati. A 18.000 pazienti ricoverati nelle terapie intensive corrispondono ben 150.000 ricoverati in reparti afferenti al Pronto Soccorso, di terapia non intensiva (Osservazione Breve Intensiva, Degenza Ordinaria di Medicina d’Urgenza e Terapia sub-Intensiva spesso inclusa nelle MCAU)”.
In sintesi, si può affermare che “la stragrande maggioranza dei pazienti ricoverati in ospedale sono stati accolti, diagnosticati, stabilizzati e curati in Pronto Soccorso e buona parte dei pazienti che hanno avuto necessità di ricovero, è stata accolta nelle degenze gestite dai medici d’emergenza-urgenza.
Durante la pandemia moltissime Terapie Sub-Intensive delle MeCAU si sono infatti convertite a Terapie Sub-Intensive Covid-19, per il management di pazienti ad alta intensità di cura, hanno rappresentato e rappresentano tuttora, il luogo di cura più adeguato per la gestione di questi malati e delle complicanze multiorgano di cui, spesso, sono affetti (cardiache, metaboliche, vascolari, neurologiche etc.). Inoltre, proprio in virtù del suo essere trasversale per conoscenze, competenze e skills pratiche, il profilo professionale dei medici e degli infermieri delle strutture di emergenza-urgenza risulta essere quello che meglio si adatta alle esigenze diagnostiche, terapeutiche e assistenziali di questi malati: dall’intervento sul territorio (118), ai percorsi diversificati e dedicati al triage e nelle sale visita dei Pronto Soccorso”. Gruppo di lavoro Simeu: Gian A. Cibinel, Andrea Fabbri, Mario Guarino, Giovanna Guiotto, Roberta Petrino, Antonio Del Prete, Luca Gelati, Salvatore Manca (Presidente Nazionale SIMEU). Contributi: Consiglieri nazionali SIMEU, Presidenti regionali SIMEU, past-President SIMEU.
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Simeu, gruppo lavoro per integrazioni documento Agenas su pazienti Covid
Coronavirus, 23.059 nuovi casi e 431 decessi in 24 ore
ROMA (ITALPRESS) – Ancora in crescita i casi di contagio in Italia. I nuovi positivi, secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, sono 23.059 contro i 20.396 di ieri, a fronte di 369.084 tamponi processati e che fa risalire l’indice di positività al 6,2%. Cala invece il numero delle vittime: 431 contro i 502 di ieri. I guariti sono 19.716 mentre gli attuali positivi crescono di 2.893 unità a 539.008.
Sul fronte dei ricoveri si registra una lieve crescita a 26.517, mentre nelle terapie intensive sono ricoverate 3.317 persone con una crescita complessiva di 61 pazienti e 324 nuovi ingressi. In isolamento domiciliare vi sono 509.174 persone. La regione con il maggior numero di casi è la Lombardia (4.459), seguita da Campania (2.665) e Piemonte (2.374).
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‘Scatola nerà apparato digerente svelata dall’Enteroscopia al Gemelli
ROMA (ITALPRESS) – L’endoscopia è l’esame che ha rivoluzionato lo studio del tratto gastrointestinale, limitato però fino a poco tempo fa al tratto superiore (esofago-stomaco-duodeno) e a quello inferiore (colon e retto). Tra questi segmenti, i 7 metri di intestino tenue sono rimasti a lungo una ‘terra di nessunò per l’endoscopia. Ma le cose stanno cambiando.
“Siamo l’unico centro del Lazio – spiega la dottoressa Maria Elena Riccioni, UOC Endoscopia Digestiva Chirurgica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, ricercatore del Dipartimento di Medicina e chirurgia traslazionale all’Università Cattolica, campus di Roma – e uno dei pochissimi in Italia, ad effettuare l’endoscopia del tenue (‘enteroscopia assistita da devicè o DAE). Si tratta di un esame che non ha solo finalità diagnostiche (come la videocapsula), ma che offre la possibilità di effettuare una serie di trattamento endoscopici. La principale indicazione riguarda le cosiddette ‘emorragie oscurè, ovvero quei sanguinamenti intestinali dei quali nè la gastroscopia, nè la colonscopia hanno consentito di individuare la sede di partenza. E si stima che ben un’emorragia digestiva su 20 (il 5% di quelle che arrivano in pronto soccorso) abbia origine proprio dal tenue”.
“A causare questi sanguinamenti sono soprattutto tumori primitivi (quali carcinoidi, GIST e tumori neuroendocrini) o metastasi (ad esempio da melanoma, rene, polmone) o ancora, sindromi polipoidi ereditarie (come la sindrome di Peutz-Jeghers). Siamo inoltre centro di riferimento per il centro-Italia per la sindrome di Rendu Osler, o teleangectasia emorragica ereditaria, una malattia rara genetica” conclude.
L’enteroscopia viene effettuata con assistenza anestesiologica (si fa in sedazione profonda) e radiologica (in ‘scopià per controllare la progressione dell’endoscopio).
La parte ‘terapeuticà dell’esame si avvale di una serie di strumenti che consentono di bloccare l’emorragia (emostasi); è possibile ad esempio effettuare iniezioni di adrenalina, di fibrina o di colla acrilica ma anche realizzare un’emostasi meccanica con le clip o ancora attraverso l’argon plasma coagulation nel caso delle angiodisplasie. Con le tradizionali ‘ansè endoscopiche è possibile rimuovere piccoli polipi e con le ‘pinzè, effettuare biopsie. E’ possibile infine effettuare degli speciali tatuaggi che servono da punti di repere nel caso di tumori da rimuovere successivamente con un intervento chirurgico in laparoscopia.
Nei pazienti con malattia di Crohn, l’enteroscopia, oltre a confermare la diagnosi nei casi dubbi, può essere effettuata per dilatare con appositi ‘palloncinì le stenosi, cioè i restringimenti di tratti dell’intestino che in questi pazienti possono svilupparsi spontaneamente (stenosi primitive) o dopo un intervento chirurgico.
Il padre dell’enteroscopia è il giapponese Yamamoto che l’ha messa a punto all’inizio di questo secolo. In Europa questa procedura è molto praticata in Germania (la stessa dottoressa Riccioni ha imparato la tecnica a Wiesbaden). La dottoressa Riccioni è coautrice delle linee guida della Società Europea di Endoscopia Gastrointestinale (ESGE) sull’enteroscopia, pubblicate nel 2018 sulla rivista Endoscopy.
“Fino all’inizio degli anni 2000 – ricorda il professor Guido Costamagna, Direttore dell’UOC Endoscopia Digestiva Chirurgica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e del Dipartimento Universitario di Medicina e Chirurgia Traslazionale, Università Cattolica campus di Roma – l’intestino tenue era considerato la ‘scatola nerà (black box) dell’apparato digerente poichè non esplorabile se non con metodiche indirette, come la radiologia. L’avvento della videocapsula e, poco dopo, dell’enteroscopia ‘device assistità (tecniche nelle quali il Policlinico Gemelli è stato pioniere in Italia) ha rivoluzionato la diagnostica e, spesso, anche la terapia delle malattie che possono coinvolgere quest’organo. Purtroppo in Italia, e in particolare nella nostra Regione, queste tecniche, nonostante la loro importanza, non sono ancora molto diffuse, anche per un inadeguato e penalizzante rimborso da parte del SSN”.
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Coronavirus, 12 membri nel nuovo Cts e Locatelli coordinatore
ROMA (ITALPRESS) – Il capo Dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio, preso atto delle recenti dimissioni del coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, Agostino Miozzo, e in relazione alla nuova fase dell’emergenza coronavirus, ha ritenuto opportuno razionalizzare le attività del Cts, al fine di ottimizzarne il funzionamento anche mediante la riduzione del numero dei componenti. In quest’ottica – si legge in una nota -, saranno coinvolti esperti appartenenti non solo al campo scientifico-sanitario ma anche ad altri settori. Curcio, d’intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha dunque avviato il percorso per la formalizzazione di una nuova ordinanza di protezione civile che modifichi l’attuale assetto del Comitato Tecnico Scientifico, prevedendo la partecipazione del presidente del Consiglio Superiore di Sanità del ministero della Salute (in qualità di coordinatore del Comitato), del presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (in qualità di portavoce del Comitato), del direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, di un componente designato dal presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome, del presidente del Comitato Etico dell’Istituto Nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, del direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute, del presidente dell’Aifa oltre che di un componente indicato dal Dipartimento della protezione civile.
Tali profili potranno essere utilmente integrati con un esperto in materie giuridico-amministrative, cui affidare le funzioni di segretario verbalizzante del Comitato, nonchè da altri tre esperti sia nelle materie attinenti alla sanità, sia in quelle statistico-matematiche. Il nuovo Comitato Tecnico Scientifico sarà dunque composto da: Silvio Brusaferro (portavoce), Franco Locatelli (coordinatore), Sergio Fiorentino (segretario), Giuseppe Ippolito, Cinzia Caporale, Giorgio Palù, Giovanni Rezza, Fabio Ciciliano, Sergio Abrignani, Alessia Melegaro, Alberto Giovanni Gerli, Donato Greco.
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Vaccini, due settimane per riassorbire la sospensione di AstraZeneca
ROMA (ITALPRESS) – A seguito della sospensione temporanea delle somministrazioni del vaccino AstraZeneca, oggi sono stati effettuati approfondimenti da parte della struttura del Commissario straordinario per l’emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo. Secondo quanto riferiscono fonti di Palazzo Chigi, la durata della sospensione è stimabile in quattro giorni complessivi, fino al pronunciamento dell’Ema e quindi dell’Aifa. L’impatto di tale sospensione sulla campagna può valutarsi su 200 mila vaccinazioni in meno. In caso di ripresa delle somministrazioni di AstraZeneca a partire dal 18 marzo, il rallentamento potrà essere riassorbito nell’arco di un paio di settimane, anche grazie all’incremento della quantità del vaccino Pfizer stimato in 707.850 dosi.
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Coronavirus, 20.396 casi e 502 decessi in 24 ore
ROMA (ITALPRESS) – Tornano a crescere i casi di Covid-19 in Italia. Dai 15.267 di ieri ai 20.396 di oggi, a fronte di 369.375 tamponi effettuati con l’indice di positività al 5,5%. Si registra però un balzo delle vittime, con 502 morti nelle ultime 24 ore. E’ quanto riporta il bollettino del Ministero della Salute.
I guariti sono 14.116 mentre gli attuali positivi crescono di 5.758 unità a 536.115. Sul fronte dei ricoveri si registra una nuova significativa crescita: 26.098 ricoverati nei reparti ordinari (+760), nelle terapie intensive ci sono 3.256 degenti con una crescita complessiva di 99 pazienti e 319 nuovi ingressi. In isolamento domiciliare vi sono 506.761 persone. La regione con il maggior numero di casi è la Lombardia (4.235), seguita da Campania (2.656) ed Emilia-Romagna (2.148).
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Nuove raccomandazioni anti-Covid, due metri di distanza quando si mangia
ROMA (ITALPRESS) – La circolazione prolungata di Sars-CoV-2 e il meccanismo naturale di accumulo di errori durante la replicazione virale generano la comparsa di varianti virali. Di queste solo alcune (Variant of Concern, Voc) destano preoccupazione per la salute pubblica. Per rispondere ai quesiti sorti in queste ore, è disponibile sul sito Inail una pubblicazione, redatta dal gruppo di lavoro Istituto superiore di sanità, Ministero della Salute, Agenzia italiana del farmaco e Inail. Come rileva il documento, sebbene sia ancora in corso di valutazione la possibilità che alcune Voc siano associate ad un quadro clinico più grave o se colpiscano maggiormente alcune specifiche fasce di popolazione, è noto, invece, che l’aumentata circolazione, per esempio, della variante cosiddetta “inglese” (Voc 202012/01, denominata anche B.1.1.7), caratterizzata da una maggiore capacità diffusiva, può determinare un incremento significativo del numero di ospedalizzazioni, con conseguente impatto sui sistemi sanitari.
Al momento, sono state segnalate tre varianti che destano particolare preoccupazione: quella inglese, la 501Y. V2 (denominata anche B.1.351) identificata in Sudafrica e la P1 con origine in Brasile. Mentre in Italia si stanno attuando indagini per accertare la presenza e la diffusione di queste varianti e la campagna vaccinale anti-Covid-19 è attualmente in corso, sono sorti diversi quesiti sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni sostenute da varianti di Sars-CoV-2 sia di tipo non farmacologico sia di tipo farmacologico. In generale, si può affermare che una drastica riduzione della circolazione virale nella popolazione sia in grado di prevenire la diffusione delle VOC già note e il potenziale sviluppo di ulteriori nuove varianti.
Lo stesso documento afferma che “le prime evidenze scientifiche sembrano mostrare una maggiore carica virale nelle vie aeree superiori delle persone infettate da queste nuove varianti, tuttavia, non è ancora noto per quanto tempo il virus persista in forma capace di cicli vitali in questi soggetti. Pertanto, in base alle informazioni e ai documenti istituzionali disponibili è indispensabile rafforzare, attraverso campagne di comunicazione, il rispetto di tutte le misure di controllo non farmacologiche, oltre a evitare gli spazi chiusi e, nel caso di lavoratori, rispettare tutte le ulteriori misure di prevenzione eventualmente prescritte. Relativamente al distanziamento fisico, non vi sono evidenze scientifiche che dimostrino la necessità di un incremento della distanza di sicurezza a seguito della comparsa delle nuove varianti virali; tuttavia, si ritiene che un metro rimanga la distanza minima da adottare e che sarebbe opportuno aumentare il distanziamento fisico fino a due metri, laddove possibile e specialmente in tutte le situazioni nelle quali venga rimossa la protezione respiratoria (come, ad esempio, in occasione del consumo di bevande e cibo)”.
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Columbus Covid 2 Hospital Gemelli, in un anno 4.350 pazienti
ROMA (ITALPRESS) – Inaugurato a tempo di record, non ha mai smesso di dare un contributo importante e prezioso in quest’anno contrassegnato dall’emergenza pandemica. Il Columbus Covid 2 Hospital, nato dall’intuizione della dirigenza della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, su richiesta della Regione Lazio e realizzato rapidamente, anche grazie al pronto e straordinario contributo di Eni SpA e di tanti altri benefattori, compie oggi un anno di vita. E il bilancio è notevole: oltre 4.350 i pazienti con Covid-19 curati ad oggi e, tra le varie iniziative messe in atto, anche il primo Day Hospital in Italia dedicato al follow-up dei pazienti colpiti da infezione da SARS-Cov-2; aperto lo scorso 21 aprile, ha seguito finora oltre 950 pazienti ricevendo centinaia di nuove richieste da tutta Italia per partecipare al programma di controlli.
“Questa è una giornata speciale – ha detto Monsignor Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico generale dell’Università Cattolica nel corso dell’omelia pronunciata durante la celebrazione liturgica presieduta nella Cappella ‘San Giuseppe Moscatì del Gemelli, trasmessa in diretta su TV2000 – . Un anno fa apriva la struttura Columbus Covid 2 Hospital, collegata al Policlinico Gemelli, per far fronte all’emergenza sanitaria. E’ passato un anno, abbiamo voluto ritrovarci oggi per ringraziare il Signore di tutta l’attività svolta insieme da medici, operatori sanitari e tutto il personale per i nostri malati. Oggi siamo in un’emergenza non minore: gli ospedali si stanno riorganizzando per far fronte a nuove necessità: la nostra preghiera si rafforza insieme a tutta la comunità dell’Università Cattolica e del Policlinico Gemelli per continuare il nostro comune cammino”.
Uno sforzo collettivo senza precedenti quello che la pandemia ha imposto a tutto il personale del Gemelli; per questo oggi, si è deciso di sottolineare questo grande impegno e ringraziare tutti, incontrando alcuni dei rappresentanti di istituzioni e della società civile che hanno sostenuto e sostengono l’azione quotidiana della comunità del Policlinico.
In mattinata il professor Marco Elefanti, Direttore Generale di Fondazione Policlinico Gemelli, il professor Rocco Bellantone, Preside della Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore del Governo Clinico e il dottor Andrea Cambieri, Direttore Sanitario, hanno ricevuto un Tricolore, inviato dal dottor Franco Martone, Presidente sezione Roma Capitale dell’Associazione Nazionale Insigniti dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (Ancri). Il dono della bandiera italiana da parte di Ancri in questa giornata è stato segno di gratitudine per l’opera svolta dal Gemelli contro la pandemia.
“Questa testimonianza, unitamente alla sensibilizzazione dei nostri associati per devolvere il 5 x mille a favore del Gemelli per il ruolo svolto nell’emergenza Covid-19 – ha dichiarato nel suo messaggio Martone – è un gesto di riconoscimento nei confronti della Fondazione, dove operano le migliori professionalità sanitarie nazionali che, con abnegazione e spirito di sacrificio, continuano ininterrottamente la loro opera a vantaggio della comunità”.
In rappresentanza dell’Eni hanno preso parte all’incontro Filippo Uberti, responsabile Salute di Eni e il dottor Roberto Iadicicco, responsabile Comunicazione e Promozione Salute di Eni.
“Siamo orgogliosi di poter condividere con il Policlinico Gemelli – ha affermato Claudio Granata, Direttore Human Capital & Procurement Coordination di Eni – il contributo che questa struttura sta fornendo nella cura delle persone colpite dal virus. Per Eni, questa è tra le iniziative più importanti messe in campo nel contrasto alla pandemia: siamo infatti intervenuti in ambito sanitario su diversi fronti e realtà territoriali, italiane e all’estero significativamente e con tempestività, ma credo che il merito della cura di migliaia di persone che sono guarite, anche da situazioni molto complicate, sia da attribuire interamente al personale sanitario, al quale va tutta la nostra gratitudine”.
Presente all’incontro anche Massimo Martinelli, Direttore responsabile del Messaggero.
“Questo è stato un anno molto importante per il Gemelli – ha sottolineato Massimo Martinelli che ha dimostrato una grande versatilità nell’affrontare l’emergenza del Covid, ma non solo. In questo periodo i giornalisti si sono dovuti confrontare tutti i giorni con il fenomeno Covid e i medici del Gemelli hanno sempre mostrato grande disponibilità nel fornire loro informazioni qualificate per raccontare questa storia così complessa e nuova”.
“Davvero ragguardevole lo sforzo profuso dalla Fondazione Policlinico Gemelli, al fianco della Regione Lazio – commenta il professor Marco Elefanti, Direttore Generale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – per contrastare gli effetti della pandemia. L’attività del Columbus Covid Hospital, ne è un esempio eloquente. Durante tutti questi mesi il Gemelli ha dovuto rimodulare e potenziare la sua attività per far fronte alle esigenze assistenziali poste dai pazienti con Covid-19, continuando ad occuparsi anche dei pazienti non Covid. E i 380 nuovi assunti di quest’anno in risposta all’emergenza danno un’idea della portata del nostro impegno”.
“Un ringraziamento sentito va ai donatori – conclude la nota – Aziende, enti e privati cittadini che hanno supportato la Fondazione Policlinico Gemelli in questa battaglia. Oltre a Eni SpA e Il Messaggero, ricordiamo in particolare: CEI, Banca d’Italia, Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti, Reale Mutua Assicurazioni, Atlantia, Acea, Fincantieri, Edizione Srl, Gruppo Caltagirone, GCF Generale Costruzioni Ferroviarie, Fondazione Irti, Super Elite , Federazione Italiana delle BCC, Cattolica Assicurazioni, Intesa Sanpaolo, Fondazione Fendi, Esselunga, Gruppo TUO, Finleonardo, Fondazione Memmo, Terna, Gruppo Ferretti e Laura Biagiotti”.
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