ROMA (ITALPRESS) – Un recente studio dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) di Monterotondo, coordinato da Fabio Mammano e co-finanziato dalla Fondazione Telethon, ha permesso di individuare un anticorpo monoclonale, denominato abEC1.1, che legandosi ad una proteina chiamata connessina 30 (Cx30), è in grado di ripristinarne il normale funzionamento in presenza di mutazioni che causano la sindrome di Clouston.
I risultati della ricerca svolta in collaborazione con il Dipartimento di fisica e astronomia “G. Galilei” dell’Università di Padova e lo Shanghai Institute for Advanced Immunochemical Studies della ShanghaiTech University (Siais), sono pubblicati su EBioMedicine, del gruppo Lancet.
“La sindrome di Clouston è causata da mutazioni del gene GJB6 che fornisce le istruzioni per produrre la connessina 30 (Cx30), una proteina che si trova in diversi tessuti in tutto il corpo, inclusa la pelle, specialmente sul palmo delle mani e della pianta dei piedi, follicoli piliferi e letti ungueali, e svolge un ruolo nella crescita e nello sviluppo di questi tessuti”, spiega Fabio Mammano. “Le mutazioni del gene GJB6 che causano la sindrome cambiano i blocchi costitutivi di singole proteine, gli aminoacidi, nella Cx30. Sebbene gli effetti di queste mutazioni non siano completamente compresi, portano ad anomalie nella crescita, divisione e maturazione delle cellule nei follicoli piliferi, unghie e pelle”.
Il lavoro è stato possibile grazie alla disponibilità dell’unico modello animale di questa malattia umana presso l’infrastruttura di ricerca Infrafrontier/Impc di Monterotondo, coordinata dal Cnr, della quale Fabio Mammano è delegato nazionale.
La sindrome di Clouston, conosciuta anche come displasia ectodermica idrotica, è una malattia ereditaria caratterizzata da anomalie dei capelli (alopecia), delle unghie (distrofia ungueale) e della pelle (ipercheratosi palmoplantare); aree della pelle, in particolare sopra le articolazioni, che sono di colore più scuro rispetto alla pelle circostante (iperpigmentazione); e punte delle dita allargate e arrotondate (clubbing). Attraverso questo studio i ricercatori hanno potuto esaminare l’efficacia di un potente anticorpo che agisce sulla connessina.
“Al momento non esiste un trattamento per la malattia ma gli studi condotti dal Cnr-Ibbc con l’anticorpo monoclonale abEC1.1 indicano che il trattamento, sia topico che sistemico, è in grado di ripristinare la normale omeostasi nei tessuti della pelle affetti dalle mutazioni di Cx30 che causano la sindrome di Clouston”, conclude il ricercatore Cnr-Ibbc.
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Salute, un anticorpo monoclonale per contrastare sindrome di Clouston
Coronavirus, ricoveri ancora in calo
ROMA (ITALPRESS) – Al 15 giugno il totale delle persone che hanno contratto il coronavirus che causa il Covid-19 è di 237.290, con un incremento rispetto al 14 giugno di 303 nuovi casi. Il numero totale di attualmente positivi è di 25.909, con una decrescita di 365 assistiti rispetto al 14 giugno.
Tra gli attualmente positivi, 207 sono in cura presso le terapie intensive, con una decrescita di 2 pazienti rispetto al 14 giugno.
3.489 persone sono ricoverate con sintomi, con un decremento di 105 pazienti rispetto al 14 giugno.
22.213 persone, pari all’86% degli attualmente positivi, sono in isolamento senza sintomi o con sintomi lievi.
Rispetto al 14 giugno i deceduti sono 26 e portano il totale a 34.371. Il numero complessivo dei dimessi e guariti sale invece a 177.010, con un incremento di 640 persone rispetto al 14 giugno.
Nel dettaglio, i casi attualmente positivi sono 15.976 in Lombardia, 2.604 in Piemonte, 1.500 in Emilia-Romagna, 755 in Veneto, 489 in Toscana, 246 in Liguria, 1.292 nel Lazio, 617 nelle Marche, 289 in Campania, 410 in Puglia, 66 nella Provincia autonoma di Trento, 805 in Sicilia, 99 in Friuli Venezia Giulia, 486 in Abruzzo, 94 nella Provincia autonoma di Bolzano, 18 in Umbria, 33 in Sardegna, 12 in Valle d’Aosta, 37 in Calabria, 70 in Molise e 11 in Basilicata.
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Leucemia linfatica cronica, il trattamento a durata definita è realtà
ROMA (ITALPRESS) – AbbVie, un’azienda biofarmaceutica globale guidata dalla ricerca, annuncia che la terapia chemo-free a durata fissa con venetoclax più rituximab mantiene la sua superiorità rispetto ai regimi standard nei pazienti con leucemia linfatica cronica recidivante/refrattaria. Lo evidenziano i dati a 4 anni dello studio clinico MURANO2 che confermano l’efficacia del meccanismo d’azione in grado di attivare la morte programmata delle cellule tumorali (apoptosi). Il nuovo protocollo recentemente rimborsato dall’Aifa, che ha il potenziale di trasformare gli standard di cura per i pazienti con tumori del sangue, è stato presentato oggi nel corso della conferenza in live streaming “Leucemia linfatica cronica: verso una nuova terapia definita nel tempo” organizzata da AbbVie. Si tratta del primo regime terapeutico somministrato per un periodo fisso e senza chemioterapia approvato in Italia, con il potenziale per generare risparmi per il Sistema sanitario nazionale. “Un’analisi di costo-terapia realizzata di recente in Italia ha dimostrato che una terapia con durata definita di 24 mesi genera una spesa inferiore per il SSN di circa 31 milioni di euro rispetto ad una terapia cronica” sottolinea il Professore Antonio Cuneo, Direttore della sezione di Ematologia dell’AOU Arcispedale Sant’Anna di Ferrara. “Nello specifico, l’analisi ha calcolato la minor spesa di una terapia con durata definita rispetto ad una terapia cronica per il trattamento di 1.000 pazienti nell’arco di 37 mesi”. L’aggiornamento dei dati dello studio Murano a 48 mesi di follow-up ha permesso di confermare l’efficacia sostenuta della combinazione venetoclax più rituximab con durata fissa del trattamento: il 64% dei pazienti aveva raggiunto la negatività della MRD e l’87% di questi pazienti era rimasto libero dalla progressione della malattia due anni dopo il trattamento. La MRD, malattia minima residua non rilevabile, è la presenza di meno di una cellula di LLC in 10.000 globuli bianchi rimasti nel sangue o nel midollo osseo. Di fatto, in seguito al trattamento, la malattia risulta talmente residuale da non essere rilevabile con gli strumenti diagnostici oggi disponibili. “Venclyxto è un farmaco – il primo della sua classe – che inibisce selettivamente la funzione della proteina BCL-2, che svolge un ruolo cruciale nel processo di apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata” dichiara Annalisa Iezzi, Direttore Medico, AbbVie Italia. “Nell’analisi quadriennale dello studio MURANO, il trattamento con la combinazione venetoclax ha comportato una riduzione dell’81% del rischio di progressione o morte rispetto allo standard di cura. AbbVie si sta impegnando in particolare nel trattamento di alcune delle malattie tumorali più diffuse e difficili da trattare e a migliorare l’accesso dei pazienti a queste nuove soluzioni terapeutiche più sostenibili”.
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Coronavirus, si alza l’età media dei morti
ROMA (ITALPRESS) – L’età media dei deceduti positivi al Covid-19 è andata progressivamente crescendo da marzo a giugno, al punto che se si prendono i dati prima del 4 maggio e dopo questa data si passa da 79,8 A 82,5 anni. Lo ha rilevato uno studio dell’Istituto Superiore di sanità, secondo cui il fenomeno potrebbe essere dovuto a una serie di fattori legati all’assistenza sanitaria, da una migliore capacità di trattamento dell’infezione ad una migliore organizzazione nel contrasto dell’epidemia.
L’età media dei casi diagnosticati più recentemente si è abbassata di almeno 6-7 anni rispetto al periodo precedente e questo anche aiuta a spiegare una riduzione del rischio di morte. Nell’analisi sono stati presi in considerazione circa 30mila decessi avvenuti prima del 4 maggio e più di 3mila dopo questa data. Per le donne l’età media è passata da 83.1 a 85.1 anni, mentre per gli uomini da 77.6 a 79.1.
“L’età media della popolazione deceduta per COVID-19 va progressivamente aumentando dopo la metà di marzo – concludono gli autori -. Questo può essere legato a diversi fenomeni: migliore capacità di trattamento dell’infezione, migliore organizzazione sanitaria per contrastare l’epidemia soprattutto in una fase senza un sovraccarico delle strutture sanitarie dedicate alle persone con Covid-19, e anche all’esecuzione di un maggior numero di tamponi che nei mesi più recenti sono stati eseguiti anche in pazienti molto anziani e complessi (per esempio in RSA), in cui non sono stati eseguiti nelle prime fasi dell’epidemia (mese di marzo). Questo può aver determinato un aumento dell’età media dei deceduti diagnosticati”.
Il numero di decessi, hanno rilevato gli esperti del dipartimento di Malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento e di quello di malattie Infettive, va progressivamente riducendosi dalla fine di marzo fino ai primi giorni di giugno. “Questo dato – spiega l’ISS – riflette il basso numero dei diagnosticati dopo tale data, inoltre, nell’ultimo mese le regioni sono verosimilmente riuscite a diagnosticare casi meno gravi rispetto alla fase precedente e questo anche si riflette una apparente riduzione della letalità”.
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Fnopi “Infermiere famiglia occasione per decollo assistenza territorio”
ROMA (ITALPRESS) – “Il potenziamento e l’innovazione dell’assistenza sul territorio soprattutto grazie all’investimento sui servizi infermieristici distrettuali, con i 9.600 infermieri che entreranno nel 2020, e l’introduzione strutturale dell’infermiere di famiglia e comunità, è davvero il valore aggiunto che i deputati hanno dato con i loro emendamenti segnalati al decreto Rilancio”.
Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), sottolinea l’importanza che già alla Camera, dove la Commissione Affari sociali deve oggi esprimere il suo parere rispetto alle misure sanitarie del decreto, si aprano le porte al nuovo modello di assistenza sul territorio, finora assolutamente carente, multidisciplinare e che disegni un ruolo di rilievo, autonomia, professionalità e collaborazione tra le professioni realmente accanto ai cittadini. Infermieri in testa.
“Ora – sottolinea – i parlamentari sono alla prova: hanno davvero un’occasione da non perdere per dare il via a un nuovo modello di assistenza che corregga gli errori del passato e apra le porte a una prossimità con i cittadini richiesta da questi a gran voce e soprattutto necessaria, come ha anche dimostrato l’emergenza della pandemia, ma anche a prescindere da questa, per assistere davvero i più fragili senza che nessuno sia mai lasciato solo con i suoi bisogni di salute, in tutte le aree del Paese anche quelle ‘disagiatè”.
“Le richieste della FNOPI su questo specifico tema sono state praticamente tutte raccolte e portate avanti dai deputati di maggioranza e opposizione, a dimostrazione della fondatezza delle politiche professionali della nostra Federazione, – spiega Mangiacavalli – e di questo li ringraziamo. E’ evidente che la conversione in Legge del Decreto Rilancio sarà considerata dagli oltre 450mila infermieri del nostro Paese un vero e proprio banco di prova della politica. Una prova che dal nostro punto di vista sarà superata solo se saranno messi al centro i reali bisogni dei cittadini e il bisogno di innovazione e sostenibilità del Ssn”.
Da qui parte, inoltre, un percorso che sicuramente può puntare a traguardi professionali più alti come quello delle specializzazioni e di un’area dedicata all’assistenza infermieristica.
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Coronavirus, i nuovi casi in Italia sono 338
ROMA (ITALPRESS) – Il totale delle persone che hanno contratto il virus ad oggi è di 236.989, con un incremento rispetto a ieri di 338 nuovi casi.
Il numero totale di attualmente positivi è di 26.274, con una decrescita di 1.211 assistiti rispetto a ieri.
Tra gli attualmente positivi, 209 sono in cura presso le terapie intensive, con una decrescita di 11 pazienti rispetto a ieri.
3.594 persone sono ricoverate con sintomi, con un decremento di 153 pazienti rispetto a ieri.
22.471 persone, pari all’86% degli attualmente positivi, sono in isolamento senza sintomi o con sintomi lievi.
Rispetto a ieri i deceduti sono 44 e portano il totale a 34.345. Il numero complessivo dei dimessi e guariti sale invece a 176.370, con un incremento di 1.505 persone rispetto a ieri.
Nel dettaglio, i casi attualmente positivi sono 15.989 in Lombardia, 2.648 in Piemonte, 1.637 in Emilia-Romagna, 772 in Veneto, 499 in Toscana, 243 in Liguria, 1.322 nel Lazio, 626 nelle Marche, 319 in Campania, 418 in Puglia, 66 nella Provincia autonoma di Trento, 837 in Sicilia, 103 in Friuli Venezia Giulia, 511 in Abruzzo, 95 nella Provincia autonoma di Bolzano, 20 in Umbria, 33 in Sardegna, 7 in Valle d’Aosta, 44 in Calabria, 74 in Molise e 11 in Basilicata.
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Speranza “Accordo per 400 milioni di dosi di vaccino”
“Nei precedenti giorni avevamo sottoscritto un’alleanza per il vaccino con Francia, Germania e Olanda, ora abbiamo stretto un accordo con AstraZeneca, azienda farmaceutica che ha al momento il vaccino più promettente, per 400 milioni di dosi”. Così il ministro della Salute Roberto Speranza nel corso del suo intervento agli Stati generali dell’economia sulla produzione del possibile vaccino anti-Covid 19. “La prima tranche sarà disponibile già in autunno e coinvolgerà realtà italiane come l’IRBM di Pomezia mentre l’infialamento finale avverrà ad Anagni”, ha concluso Speranza.
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Sanità, Cimo-Fesmed “Serve strategia nazionale ben delineata”
ROMA (ITALPRESS) – Ultima chiamata per recuperare il nostro servizio sanitario. Lo sosatiene la federazione dei medici ospedalieri Cimo-Fesmed, secondo cui “il vero problema non è il ricorso o meno al Mes, quanto la necessità urgente, discriminante e univoca di affrontare la situazione con una strategia nazionale ben delineata, in cui partire dalla riorganizzazione del lavoro e delle strutture, non da finanziamenti a pioggia spesso avulsi dal sistema e utili solo ai fini propagandistici. La federazione dei medici ospedalieri – si legge in un comunicato – ha da sempre stigmatizzato l’inadeguatezza del finanziamento del Ssn, ma oggi è fortemente preoccupata che l’utilizzo delle future risorse non siano funzionali ad un sistema che necessita di profondi cambiamenti e che il possibile ricorso al Mes si trasformi nel solito ‘assalto alla diligenzà con sperpero disordinato di fondi pubblici”. Per il presidente Cimo-Fesmed, Guido Quici, “di cattedrali nel deserto siamo fin troppo pieni ed è questo il motivo per il quale il ricorso al Mes preoccupa non poco perchè, alla lunga, potrebbe rilevarsi strumento utile a pochi ma non certo ai cittadini e ai professionisti. Per valutare il rischio, basta osservare come politica e Istituzioni, ben consapevoli dei tagli lineari di questi anni e della fragilità del nostro servizio sanitario nazionale, hanno affrontato questa emergenza sanitaria con interventi non coordinati, affidandosi spesso alle indicazioni dei numerosi virologi, quelli autonomi e quelli di partito, quelli improvvisati e quelli dell’ultima ora. Abbiamo visto il blocco delle attività ordinarie, la trasformazione di settori o padiglioni ospedalieri in aree Covid e, poi, ingenti risorse per allestire, in fretta e furia, posti letto di terapie intensive. Ma non ha alcun senso prevedere una ‘esplosionè delle terapie intensive senza avere medici, o un manipolo di infermieri di quartiere senza ‘quartierè”. Cimo Fesmed, prosegue la nota, “richiama dunque Governo, ministro della Salute e governatori delle Regioni ad avere prima un’idea di quale sarà la sanità del futuro, intesa come serio impegno nella prevenzione e nella tutela della salute dei lavoratori, valorizzando la sanità del territorio finanziando i Lea, il Piano delle cronicità ed implementando un servizio sanitario proattivo e non di attesa; modernizzando le strutture ospedaliere a partire dall’edilizia, fino alle tecnologie proiettate verso l’intelligenza artificiale, rivedendo la governance dei processi a partire dal ruolo dei professionisti”. Quindi “una vera riforma della sanità italiana – sottolinea Quici – deve passare inevitabilmente attraverso una riforma del lavoro e ritengo che negli ultimi 40 anni la professione medica è stata prigioniera della burocrazia e della medicina amministrata, mentre la perdita del diritto ad una propria autonomia e specificità ha portato a un livellamento tra i ruoli con inevitabili conflitti di competenze consentendo alla politica di turno di cavalcare l’una o l’altra professione a seconda delle convenienze”. Per non perdere “l’ultima occasione” di riforma del servizio sanitario, Cimo-Fesme “ritiene urgente uscire dalle gabbie della burocrazia, lavorare affinchè i contratti di lavoro diano non solo valore retributivo ma anche professionale, nell’ottica di una vera autonomia e specificità dei ruoli, e prevedere una nuova governance nella rappresentanza e rappresentatività, che veda assegnati al Ministero della Salute e alle Regioni un ruolo di assoluta centralità nella definizione dei futuri contratti di lavoro sia per la sanità pubblica che convenzionata”.
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