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Da Sanofi Brindisi 100 tonnellate di disinfettante a P.Civile e Cri

MILANO (ITALPRESS) – Per tutta la durata dell’emergenza sanitaria lo stabilimento pugliese di Sanofi ha proseguito senza sosta la propria attivita’ di produzione di principi attivi farmaceutici mettendo al centro la sicurezza dei propri collaboratori e in primo piano la continuita’ terapeutica di milioni di pazienti in tutto il mondo. Puntando su competenze e capacita’ industriale, lo stabilimento ha poi riconvertito alcune sue linee per produrre una tipologia di soluzione disinfettante, specifica per le mani e mettere a disposizione un prodotto per la sanificazione di ambienti e strade. La produzione, avviata nel mese di marzo, e’ tutt’ora in corso e continuera’ fino alla fine dell’emergenza sanitaria. Ad oggi sono circa 100 le tonnellate di soluzione disinfettante fornite al Comitato Generale di Crisi dei Vigili del Fuoco e distribuite su tutto il territorio nazionale a supporto delle attivita’ della Protezione Civile e della Croce Rossa italiana.
“Siamo orgogliosi dell’impegno preso e del contributo concreto che abbiamo saputo dare al Paese – ha dichiarato Giovanni Morelli, direttore dello stabilimento -. In tutte queste settimane, vedere partire i camion per le aree piu’ colpite da questa terribile emergenza ci ha ripagato dei sacrifici che tutti noi e le nostre famiglie abbiamo fatto per mantenere la nostra attivita’ produttiva, nonostante le difficolta’ e le preoccupazioni”. “Quanto abbiamo fatto – ha aggiunto – rientra in un’iniziativa piu’ articolata messa in campo da Sanofi in Italia per l’emergenza sanitaria in corso e dimostra come ognuno, a tutti i livelli, abbia saputo mettere le proprie competenze in campo per fare la differenza”.
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Test sierologici sul posto di lavoro, i nodi della privacy

ROMA (ITALPRESS) – Il datore di lavoro puo’ effettuare direttamente test sierologici per il Covid-19 ai propri dipendenti? Quali aspetti bisogna considerare nel promuovere screening sierologici nei confronti di lavoratori appartenenti a categorie a rischio come, ad esempio, gli operatori sanitari e le forze dell’ordine?
A queste domande rispondono due Faq appena pubblicate sul sito del Garante www.garanteprivacy.it. Le Faq forniscono indicazioni per un corretto trattamento dei dati personali da parte di pubbliche amministrazioni e imprese private e chiariscono i presupposti per l’effettuazione dei test sierologici per il Covid-19 sul posto di lavoro.
Il Garante ha specificato, in particolare, che, nell’ambito del sistema di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro o di protocolli di sicurezza anti-contagio, il datore di lavoro puo’ richiedere ai propri dipendenti di effettuare test sierologici solo se disposto dal medico competente o da altro professionista sanitario in base alle norme relative all’emergenza epidemiologica. Solo il medico del lavoro infatti, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, puo’ stabilire la necessita’ di particolari esami clinici e biologici.
E sempre il medico competente puo’ suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, quando li ritenga utili al fine del contenimento della diffusione del virus, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorita’ sanitarie, anche riguardo alla loro affidabilita’ e appropriatezza.
Nelle Faq l’Autorita’ precisa anche che le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore non possono essere trattate dal datore di lavoro (ad esempio, mediante la consultazione dei referti o degli esiti degli esami). Il datore di lavoro deve, invece, trattare i dati relativi al giudizio di idoneita’ del lavoratore alla mansione svolta e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente puo’ stabilire. Le visite e gli accertamenti, anche ai fini della valutazione della riammissione al lavoro del dipendente, devono essere posti in essere dal medico competente o da altro personale sanitario, e, comunque, nel rispetto delle disposizioni generali che vietano al datore di lavoro di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti.
Il Garante ha chiarito infine che la partecipazione agli screening sierologici promossi dai Dipartimenti di prevenzione regionali nei confronti di particolari categorie di lavoratori a rischio di contagio, come operatori sanitari e forze dell’ordine, puo’ avvenire solo su base volontaria. I risultati possono essere utilizzati dalla struttura sanitaria che ha effettuato il test per finalita’ di diagnosi e cura dell’interessato e per disporre le misure di contenimento epidemiologico previste dalla normativa d’urgenza in vigore (ad esempio l’isolamento domiciliare).
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In Europa 3 mln affetti da artrite reumatoide, arriva nuovo trattamento

ROMA (ITALPRESS) – In Europa quasi 3 milioni di persone, di cui circa 400.000 in Italia, convivono con l’artrite reumatoide. La maggior parte di queste soffre per il dolore, l’affaticamento, la rigidita’ articolare mattutina e le riacutizzazioni di malattia.
Sono numerose le realta’ italiane in cui si e’ deciso di creare servizi dedicati ai pazienti affetti da malattie reumatiche per affrontare al meglio la patologia in tutti i suoi aspetti.
“Dobbiamo aumentare le diagnosi e gli interventi terapeutici precoci. E’ fondamentale indirizzare tempestivamente il paziente allo specialista reumatologo per effettuare diagnosi ed iniziare la terapia quanto piu’ precocemente possibile, preferibilmente presso centri di riferimento come la Sezione Reumatologia dell’Unita’ di Reumatologia dell’Ospedale Civico di Palermo, che garantiscono competenze, un approccio multidisciplinare e continuita’ assistenziale. Oggi possiamo modificare sensibilmente l’evoluzione e il decorso dell’artrite reumatoide”, afferma il responsabile dell’Unita’ Giovanni Pistone.
La Commissione Europea ha recentemente approvato upadacitinib, un nuovo trattamento per l’artrite reumatoide attiva di grado da moderato a severo. Appartiene a una nuova classe (i cosiddetti JAK-inibitori), e si somministra una volta al giorno per via orale. In un’elevata percentuale di pazienti porta alla remissione clinica e il suo arrivo in Italia e’ atteso nei prossimi mesi.
“Accogliamo con entusiasmo il parere favorevole della Commissione Europea. Come e’ stato osservato nel corso di uno dei piu’ vasti programmi di sperimentazione clinica sull’artrite reumatoide, upadacitinib ha dimostrato di migliorare in modo significativo i segni e i sintomi della malattia”, commenta Pistone.
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Ismett raggiunge quota 200 trapianti di rene da vivente

PALERMO (ITALPRESS) – Ismett taglia il traguardo dei 200 trapianti di rene da donatore vivente su paziente adulto, una meta raggiunta proprio durante l’emergenza Covid-19. Il centro palermitano e’ uno dei soli tre centri italiani, con Padova e Bari, che ha al momento attivo il programma di donazione e trapianto di rene da vivente. “Per poter continuare il programma di trapiano da vivente – sottolinea Salvatore Piazza, responsabile del programma di trapianto di rene – sono stati rivisti tutti i protocolli ed aumentato i livelli di sicurezza per garantire al massimo pazienti e donatori”.
L’Ismett oggi e’ al quarto posto in Italia per volume di trapianti di rene da vivente sui 34 centri autorizzati. La paziente numero 200 e’ una giovane donna siciliana, della provincia di Enna. A donare il rene la madre che, con la sua scelta, ha consentito alla figlia di tornare ad una buona qualita’ della vita senza dover affrontare le sedute di dialisi. Sia la mamma donatrice, che la figlia ricevente sono state dimesse dopo appena 7 giorni dalla data dell’intervento.
“Le condizioni di entrambe le pazienti, donatrice e ricevente – sottolinea Salvatore Gruttadauria, direttore della Chirurgia addominale di Ismett – sono molto buone. La giovane paziente e’ stata riferita al nostro centro in tempo e questo, insieme alla donazione della madre, ha consentito di eseguire un trapianto pre-emptive, ovvero eseguito prima dell’inizio della dialisi”.
Il prelievo del rene da destinare al trapianto e’ stato eseguito per via laparoscopica, una tecnica di chirurgia mini-invasiva sempre piu’ utilizzata presso Ismett che riduce i rischi per il donatore ed i tempi di ospedalizzazione.
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Accordo Arcuri-distributori, le mascherine tornano in farmacia

ROMA (ITALPRESS) – Dopo diverse riunioni, sono state concordate le modalita’ con le quali le farmacie e le parafarmacie italiane torneranno a essere costantemente approvvigionate di mascherine chirurgiche al prezzo massimo fissato dal commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri di 0,50 euro piu’ Iva.
In particolare, le associazioni dei distributori si sono impegnate ad approvvigionare le farmacie con una fornitura di 9 milioni di mascherine nel mese di maggio a partire dal prossimo lunedi’ e di 20 milioni di mascherine la settimana a partire dal mese di giugno. Arcuri si e’ impegnato a continuare a integrare gli approvvigionamenti delle farmacie con 10 milioni di mascherine nel mese di maggio, a partire da domani.
Le parti hanno anche convenuto che i distributori lavoreranno per ricercare ulteriori approvvigionamenti e il Commissario a provvedere ad ulteriori integrazioni, entrambi con l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno di farmacie e parafarmacie nell’interesse dei cittadini che potranno acquistare questi importanti dispositivi al prezzo di 0,50 piu’ Iva.
L’accordo prevede inoltre che il commissario continui a compensare l’eventuale maggior costo che i distributori dovessero sostenere, avendo tutti quale fondamentale obiettivo il garantire ai cittadini l’acquisto delle mascherine chirurgiche al prezzo massimo definito dal commissario. Arcuri, nel ringraziare le associazioni dei distributori, delle farmacie (Federfarma e Assofarm) e delle parafarmacie, ha apprezzato l’impegno e la responsabilita’ dimostrati nella interazione con le Istituzioni: “La chiarezza dell’accordo di questa mattina in cui tutti, responsabilmente, abbiamo assunto gli impegni che dovevamo, ci permette di concorrere alla soluzione di un’altra delle questioni piu’ rilevanti della fase 2 dell’emergenza”, ha sottolineato Arcuri.
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Coronavirus, dimessi e guariti superano il 50% dei casi totali

Al 13 maggio, il totale delle persone che hanno contratto il coronavirus che causa il Covid-19 è 222.104, con un incremento rispetto al 12 maggio di 888 nuovi casi. Lo rende noto la Protezione Civile.
Il numero totale di attualmente positivi è di 78.457, con una decrescita di 2.809 assistiti rispetto al 12 maggio. Tra gli attualmente positivi, 893 sono in cura presso le terapie intensive, con una decrescita di 59 pazienti rispetto al 12 maggio.
12.172 persone sono ricoverate con sintomi, con un decremento di 693 pazienti rispetto al 12 maggio.
65.392 persone, pari all’83% degli attualmente positivi, sono in isolamento senza sintomi o con sintomi lievi.
Rispetto a ieri i deceduti sono 195 e portano il totale a 31.106. Il numero complessivo dei dimessi e guariti sale invece a 112.541, con un incremento di 3.502 persone rispetto al 12 maggio. Dimessi e guariti superano il 50% dei casi totali.
Nel dettaglio, i casi attualmente positivi sono 30.032 in Lombardia, 12.491 in Piemonte, 6.502 in Emilia-Romagna, 5.020 in Veneto, 3.563 in Toscana, 2.718 in Liguria, 4.235 nel Lazio, 3.013 nelle Marche, 1.815 in Campania, 573 nella Provincia autonoma di Trento, 2.322 in Puglia, 1.889 in Sicilia, 779 in Friuli Venezia Giulia, 1.489 in Abruzzo, 413 nella Provincia autonoma di Bolzano, 106 in Umbria, 491 in Sardegna, 93 in Valle d’Aosta, 551 in Calabria, 131 in Basilicata e 231 in Molise.
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In Sicilia 11 nuovi positivi al Covid e un decesso, aumentano i guariti

PALERMO (ITALPRESS) – Dall’inizio dei controlli in Sicilia, i tamponi effettuati sono stati 107.991 (+2.974 rispetto a ieri), su 96.860 persone: di queste sono risultate positive 3.354 (+11), mentre attualmente sono ancora contagiate 1.889 (-22), 1.203 sono guarite (+32) e 262 decedute (+1). E’ quanto emerge dal quadro riepilogativo della situazione nell’Isola, in merito all’emergenza Coronavirus, cosi’ come comunicato dalla Regione Siciliana all’Unita’ di crisi nazionale.
Degli attuali 1.889 positivi, 225 pazienti (-24) sono ricoverati – di cui 13 in terapia intensiva (-2) – mentre 1.664 (+2) sono in isolamento domiciliare.
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Coronavirus, isolati 17 anticorpi neutralizzanti

SIENA (ITALPRESS) – A circa due mesi dall’avvio del progetto MAbCo19 arrivano i primi risultati della ricerca di Fondazione Toscana Life Sciences (TLS), in collaborazione con l’Ospedale INMI Spallanzani, per lo sviluppo di anticorpi monoclonali umani in risposta all’infezione da SARS-CoV-2, con l’intento di utilizzarli a scopo profilattico/terapeutico e come esca molecolare per la ricerca di antigeni per lo sviluppo di vaccini. I dati sono stati recentemente pubblicati nel preprint “Identification of neutralizing human monoclonal antibodies from Italian Covid-19 convalescent patients” su BioRxiv. Il lavoro, firmato da oltre venti ricercatori, tra i principali a livello nazionale e internazionale delle realta’ Spallanzani, Toscana Life Sciences e VisMederi, mostra gli avanzamenti dell’attivita’ di laboratorio che ha selezionato oltre 1.000 cellule B producendo un numero significativo di anticorpi da testare, tra i quali 17 anticorpi sono risultati estremamente promettenti poiche’ mostrano effetto neutralizzante sul virus vivo.
“In questo momento – precisa Claudia Sala, Senior Scientist del MAD (Monoclonal Antibody Discovery) Lab presso Fondazione TLS – i 17 anticorpi stanno per essere clonati ed espressi in laboratorio in modo da poterne disporre di una quantita’ maggiore per saggi che confermino la loro attivita’ biologica contro il coronavirus SARS-CoV-2. Questa ulteriore fase di controlli e selezione potrebbe durare circa 3 settimane”.
A breve, si concludera’ dunque la selezione degli anticorpi che permettera’ di avere uno o piu’ candidati da proporre per i test clinici sull’uomo in modo da testarne sicurezza ed efficacia. “Prevediamo che questo flusso, antecedente alla fase di testing – precisa Claudia Sala – possa durare nella migliore delle ipotesi circa 6 mesi e comportera’ la produzione dei monoclonali candidati su larga scala, grazie alla collaborazione con un partner dotato della necessaria expertise”.
Per MabCo19, la collaborazione iniziale con lo Spallanzani e’ stata gia’ estesa al Policlinico Universitario di Siena e coinvolgera’ anche altre realta’ ospedaliero-universitarie del territorio toscano, mentre il progetto e’ finanziato in parte con risorse proprie derivanti dal finanziamento della Regione Toscana per il Centro Regionale di Medicina di Precisione e ricevera’ a breve anche un rilevante finanziamento europeo. Grazie anche al contributo della Fondazione MPS, il progetto e’ stato approvato e ricevera’ fondi dall’EU Malaria Fund, con specifiche condizioni in fase di definizione.
“I risultati ottenuti in questa prima fase della ricerca ci pongono in una posizione di primo piano nel panorama internazionale – afferma il direttore scientifico INMI Spallanzani, Giuseppe Ippolito – e confermano la bonta’ della nostra scelta di puntare su una tecnologia con ampio potenziale come quella degli anticorpi monoclonali”.
La Fondazione Toscana Life Sciences si prepara dunque ad altre collaborazioni e sinergie per percorrere la strada di una soluzione “made in Italy” al coronavirus SARS-CoV-2 e lo fa partendo dal territorio e dall’ecosistema innovativo che ha creato negli anni, con realta’ come VisMederi e Achilles Vaccines al suo fianco nel progetto MabCo19. Un Hub integrato delle scienze della vita, quello di TLS, che ruota attorno a partnership pubblico-private e costituitosi anche grazie al supporto strategico di attori istituzionali del territorio come Regione Toscana, Fondazione MPS e Comune di Siena.
“Il nostro obiettivo e’ quello di affiancare a questi importanti avanzamenti della ricerca scientifica un tassello mancante, rappresentato dal progetto di impianto sperimentale per produzioni cGMP – conclude Fabrizio Landi, Presidente Fondazione Toscana Life Sciences – Cio’ permetterebbe, infatti, a TLS di rappresentare il primo caso in Italia di un’intera filiera integrata dedicata a vaccini e biofarmaci come quelli derivati da anticorpi umani, dalla ricerca di base alla produzione”.
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