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Fornari “Merck investe su sostenibilità e welfare aziendale”

ROMA (ITALPRESS) – “Merck è la più antica farmaceutica del mondo, è nata oltre 350 anni fa in Germania e opera attualmente in 66 paesi, con oltre 64 mila dipendenti e un fatturato complessivo di oltre 22 miliardi di euro, con 2 miliardi investiti in ricerca e sviluppo. In Italia presenti con tutta la filiera, ricerca, produzione commercializzazione, ma anche nel mondo dell’elettronica”. Lo ha detto in un’intervista all’Italpress Federico Fornari, Chief financial officer di Merck, nota multinazionale di origine tedesca operante nel campo della farmaceutica: “Siamo presenti in diverse aree terapeutiche, nell’area dell’infertilità, nella neurologia con prodotti importanti contro la sclerosi multipla e nell’area dell’oncologia – ha spiegato – La maggior parte dei nostri prodotti sono biotecnologici e molti di questi vengono prodotti dallo stabilimento di Bari, su cui abbiamo investito parecchio negli ultimi anni”.
Merck è stata premiata al CEO forLife tra le aziende che hanno stabilito nuovi standard di eccellenza sulla sostenibilità: “E’ un network molto importante e ci ricorda quanto sia utile parlarsi tra aziende che hanno intrapreso un progetto di benessere della sostenibilità – ha ricordato Fornari – Raccogliamo idee nuove e speriamo di darne qualcuna in questi incontri, crediamo molto in questo tema. Abbiamo fatto sforzi molto rilevanti, 320 milioni in Italia negli ultimi sei anni, in gran parte per il rinnovo delle linee produttive, questo è stato possibile anche attraverso dei sostegni come Industria 4.0, con cui abbiamo introdotto la trigenerazione nei nostri siti e diminuito in modo consistente le nostre emissioni di C02”. Infine, per quanto riguarda il welfare aziendale: “Diversamente dalla mia generazione, i giovani della generazione Z hanno sensibilità diverse e le aziende devono tenerne conto. Il motivo per cui si lavora è un elemento molto importante, e poi c’è anche il tema del work life balance, che noi intendiamo semplicemente come provare a lavorare meglio, non a vedersi meno in ufficio, ma con più flessibilità, e sono cose su cui Merck ragiona”, ha aggiunto.
“Abbiamo iniziato lo smart working sin da prima del Covid e lo manteniamo, abbiamo anche introdotto il friday for planet, che restringe il numero dei giorni in cui si può andare in ufficio, abbiamo chiuso gli uffici il venerdì e c’è una riduzione significativa degli spostamenti in auto e del riscaldamento o raffreddamento degli ambienti – ha concluso – Quello della produttività non è un tema semplice da valutare con questo tipo di iniziative, ma noi pensiamo che il benessere abbia un vantaggio sulla voglia delle persone di collaborare e raggiungere risultati”.

– foto Italpress –
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Covid, Schifani si vaccina al Policlinico di Palermo e lancia appello

PALERMO (ITALPRESS) – “Vaccinarsi per prevenire complicazioni e mantenere nel tempo un adeguato livello di risposta immunitaria”.
E’ l’appello lanciato dal presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, che al Policlinico di Palermo ha ricevuto la dose di richiamo contro il Covid.
“La Regione Siciliana – evidenzia Schifani – ha messo a disposizione già da tempo i vaccini per combattere le nuove varianti del Covid. Raccomando in particolare agli anziani, alle persone fragili e a chi è affetto da altre patologie di tornare a vaccinarsi per tutelare se stessi e gli altri”.
Il commissario del Policlinico Maurizio Montalbano sottolinea come, soprattutto per l’influenza, stiano aumentando le vaccinazioni “mentre per il Covid si va abbastanza a rilento.
C’è una discrepanza dei dati tra la vaccinazione influenzale e quella per il covid. Sono un fautore della vaccinazione, ritengo sia una cosa assolutamente da fare”. L’assessore regionale alla salute, Giovanna Volo, ritiene “importantissimo continuare a vaccinarsi, soprattutto per le categorie fragili e over 65. I vaccini sono sempre più perfezionati e di estrema garanzia”. La Regione ha coivolto nella campagna di vaccinazione “i medici di medicina generale e le farmacie che possono anche somministrare sia l’antifluenzale che il vaccino anti-Covid. Abbiamo creato una diffusione a tappeto delle sedi dov’è possibile ricevere il vaccino”, aggiunge Volo.
“Sappiamo quanto è importante la prevenzione, riteniamo essenziale procedere alla vaccinazione ed è per questo che stiamo lavorando innalzando la soglia di attenzione”, afferma Salvatore Iacolino, dirigente generale del Dipartimento Pianificazione strategica dell’Assessorato regionale alla Salute.
“Il covid ormai si è un pò standardizzato, stagionalizzato, ogni anno lo vediamo circolare e muta. Bisogna aumentare la nostra immunità vaccinandoci ogni anno con il vaccino aggiornato”, afferma Claudio Costantino, referente dell’ambulatorio vaccinale del Policlinico.
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Sanità, rinnovato il protocollo tra Emilia-Romagna e San Marino

SAN MARINO (ITALPRESS) – Collaborazione tecnico-scientifica e amministrativa, scambio e fornitura di prestazioni ospedaliere e ambulatoriali. La Regione Emilia-Romagna e la Repubblica di San Marino rinnovano l’accordo in ambito sanitario con il Protocollo operativo, firmato oggi a San Marino a Palazzo Begni dall’assessore alle Politiche per la salute Raffaele Donini e dal Segretario di Stato per la Sanità e la Sicurezza Sociale Mariella Mularoni.
L’intesa si inserisce nella consolidata collaborazione tra la Regione e la Repubblica di San Marino grazie ad accordi stipulati in diversi ambiti, tra cui quelli sanitario, socio-sanitario e di collaborazione scientifica e didattica, come previsto e richiamato dall’Accordo di Cooperazione Economica del 2013.
“Emilia-Romagna e Repubblica di San Marino – commenta Donini – condividono il valore di una sanità universalistica e la collaborazione che oggi rinnoviamo intende offrire maggiori possibilità di cura per i cittadini dei due territori in un sistema di reciprocità mettendo a disposizione strutture d’eccellenza dei rispettivi sistemi sanitari”.
“Un onore ed un privilegio per la Repubblica di San Marino continuare ad avvalersi della proficua e sinergica collaborazione con la Regione Emilia Romagna in ambito sanitario e non solo, che consente di potenziare la qualità e l’efficacia dell’assistenza sanitaria, la centralità del servizio sanitario pubblico per rispondere ai bisogni dei cittadini e alle loro necessità” – dichiara il Segretario di Stato Mularoni.
“Questo accordo, molto atteso, aggiunge un altro tassello alle cooperazioni internazionali dell’ISS in ambito sanitario e socio-sanitario – afferma il Direttore Generale ISS Bevere -. Questo protocollo operativo abbraccia molteplici attività cliniche a beneficio degli assistiti sammarinesi e dei territori limitrofi. Tra gli aspetti inseriti in questo accordo anche la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico. La rilevanza del protocollo di intesa è suggellata dalla presenza a San Marino dell’assessore regionale e dalle altre autorità sanitarie emiliano romagnole che ringrazio per l’impegno profuso e anche per questa occasione d’incontro”.
La firma è avvenuta nell’ambito di un cordiale incontro con l’assessore Donini in Repubblica, che ha visto, per la parte italiana, la presenza anche del Direttore Generale dell’Ausl di Bologna, Paolo Bordon, del Direttore Generale dell’Ausl della Romagna Tiziano Carradori e del Direttore dell’assistenza ospedaliera Regione Emilia Romagna Mattia Altini, mentre per San Marino, ad affiancare il Segretario di Stato per la Sanità, anche il Direttore Generale dell’Istituto per la Sicurezza Sociale, Francesco Bevere.
Dopo la firma dell’intesa, gli ospiti sono stati ricevuti in Udienza Pubblica dai Capitani Reggenti Filippo Tamagnini e Gaetano Troina.
Il cittadino al centro, il diritto alla salute, la garanzia della maggiore prossimità di erogazione dei servizi compatibile con quella dei migliori livelli di qualità e competenza clinica. Sono alcuni dei principi previsti dall’intesa.
Il protocollo, che può contare sulla contiguità geografica dei territori, sulla sovrapponibilità epidemiologica delle patologie e l’omogeneità del modello professionale, definisce una serie di scambi di servizi, come ad esempio ricoveri, visite e prestazioni ambulatoriali, anche quelle di seconda opinione per una conferma su una diagnosi o un trattamento. Previsti inoltre scambi nel settore di sangue, emoderivati e medicina trasfusionale e supporto in campo amministrativo, in particolare per il servizio farmaceutico. E ancora, saranno attivati percorsi condivisi di politica sanitaria, socio-sanitaria e sociale. Oltre ai servizi e alle prestazioni, un ruolo rilevante verrà riservato alle forme di collaborazione tra professionisti.
L’obiettivo è creare sinergie che possano far crescere la qualità dei servizi e dell’offerta sia per i cittadini emiliano-romagnoli che per quelli della Repubblica di San Marino.
Nelle prossime settimane il Protocollo sarà ratificato dall’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna per poi entrare in vigore.
-foto ufficio stampa Repubblica San Marino –
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Passione pilates, la ginnastica per tutte le età

ROMA (ITALPRESS) – Il pilates è un tipo di ginnastica praticata da milioni di persone in tutto il mondo che richiama nel nome il suo fondatore, Joseph Hubertus Pilates. Nato in Germania nel 1883, Pilates fu internato insieme a milioni di stranieri nei campi di prigionia britannici istituiti durante la Prima Guerra Mondiale, e proprio nel campo di Knockaloe nell’isola di Man, Pilates racconta di aver iniziato a ideare il suo metodo, prendendo spunto innanzitutto dai movimenti, e in primo luogo dagli allungamenti, che vedeva compiere ai gatti. Nasce così la Contrology, nome con cui inizialmente fu chiamato il sistema di esercizi che Pilates codificherà di continuo fino alla sua morte nel 1967, con l’obiettivo di rendere le persone più forti, resistenti e consapevoli di se stesse. Corpo e mente, insieme. Sono questi alcuni dei temi trattati da Anna Maria Cova, pioniera del pilates in Italia – nonchè prima ad averlo introdotto nel nostro paese a livello scientifico – oltre che ex ballerina classica formata alla Scala, fisioterapista e creatrice del metodo Covatech, intervistata da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Attualmente il pilates è una tecnica di ginnastica, riconosciuta ovunque a livello internazionale – ha esordito – Una cosa importante da dire è che il pilates è una tecnica che può essere sia a corpo libero che con l’uso vari attrezzi. Ed è dunque trasversale, ho ragazzi di quindici anni come di novant’anni. Il pilates è anche una meditazione dinamica, si è concentrati su di sè. Non si fa mai una volta la stessa lezione, è una tecnica che non è noiosa – ha spiegato – Io in trent’anni non ho mai fatto una lezione uguale all’altra. In questa attività si possono anche dare esercizi da fare nel quotidiano. Alla fine è un modo di essere”. Il pilates può anche essere un valido aiuto per chi fa riabilitazione: “Ho fatto la tesi sulle applicazioni riabilitative del pilates, se la persona che insegna pilates è anche un fisioterapista può utilizzarlo a livello riabilitativo – ha sottolineato Cova – E c’è da dire che ho creato proprio una branca di pilates terapeutico destinato solo ai fisioterapisti”.
Cova, che ha anche scritto un libro sul pilates, ha parlato dei vantaggi di questa tecnica: “Al giorno d’oggi vuol dire avere una o due ore alla settimana e vedere i risultati nell’immediato – ha aggiunto – Pilates ha creato degli attrezzi particolari, nel giro di un’oretta o due alla settimana c’è l’allenamento, l’elasticità, si prevengono problemi di lombalgia e articolari. Col pilates si può prevenire, è una ginnastica di tipo posturale”. “Per iniziare a fare pilates, bisogna chiedersi di che cosa si ha bisogno – ha precisato Cova – E’ una tecnica che è per la persona, non è la persona che si adegua alla tecnica. Tutti gli insegnanti sanno stilare un’anamnesi necessaria – ha concluso – Poi da lì ci sono degli step che sono le lezioni iniziali che servono per approfondire il non detto”.

– foto tratta da video Medicina Top –
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Il Policlinico di Palermo potenzia il reparto di Oncologia

PALERMO (ITALPRESS) – I primi quattro posti letto di degenza ordinaria sono stati attivati, altri otto puntano a essere aggiunti entro fine 2024: il reparto di Oncologia del Policlinico di Palermo arricchisce la propria offerta nei confronti della città, con una serie di benefici che coinvolgeranno non solo i pazienti, ma anche i giovani medici. Importanti vantaggi arriveranno anche in termini di ricerca nella lotta al cancro e di percorsi assistenziali: in tal senso, un ulteriore spaccato arriverà dalla presentazione dei dati del registro tumori, che si terrà lunedì 18 dicembre a Palazzo Steri.
“L’attivazione dei posti letto di degenza a Oncologia rappresenta un significativo potenziamento rappresenta un significativo potenziamento delle nostre capacità di trattamento e assistenza ai pazienti affetti da patologie oncologiche – afferma il commissario dell’Azienda ospedaliera universitaria Maurizio Montalbano, tra i principali promotori dell’iniziativa, – Continueremo a investire nelle risorse e nelle tecnologie necessarie per fornire un’assistenza di alta qualità e rimanere al passo con gli sviluppi più recenti nella ricerca e nella pratica medica”.
Per Antonio Russo, direttore dell’Unità operativa complessa di Oncologia medica, saranno tre le opportunità fruibili dall’attivazione dei nuovi posti letto: “Garantiranno un’ottimizzazione delle cure, in quanto potremo avere un approccio interdisciplinare nei confronti dei pazienti con cure più avanzate. Inoltre la formazione coinvolgerà non solo gli studenti, ma anche gli specializzandi: per il loro percorso è indispensabile aver accesso alla degenza e attraverso l’attivazione dei posti letto potranno farlo. Infine, per quanto riguarda la ricerca, attraverso i ricoveri potremo ipotizzare studi di tipo retrospettivo e prospettico, ma anche di tipo clinico con la sperimentazione di farmaci”.
Secondo Francesco Vitale, direttore del dipartimento di Oncologia e Sanità pubblica, i nuovi posti letto costituiscono un punto sia di partenza che di arrivo: “Si tratta di un completamento dell’offerta che il nostro dipartimento fornisce alla cittadinanza e alle altre aziende ospedaliere: avere un registro tumori e un’unità di Oncologia con posti letto significa dare consistenza al carattere di assistenza, ricerca e didattica del nostro dipartimento”.
Di tale potenziamento beneficerà anche il dipartimento di Chirurgia, come sottolinea la direttrice Adriana Cordova: “Il dipartimento di Oncologia è un punto fermo del Policlinico: implementare i posti letto sarà fondamentale per quelle terapie che finora abbiamo praticato con percorsi meno agevoli per i pazienti, che adesso avranno posti letto dedicati e appositi medici. I gruppi multidisciplinari, come quello della Chirurgia ricostruttiva di cui faccio parte, avranno punti di incontro che gioveranno al percorso del paziente oncologico”.

– foto ufficio stampa Policlinico Palermo –
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Sanità, dieci leve per l’equità di accesso proposte da Salutequità

ROMA (ITALPRESS) – Il Servizio Sanitario Nazionale si basa su tre principi: universalità dell’assistenza, equità d’accesso ai servizi, solidarietà anche di carattere fiscale per finanziare il sistema.
Ma le cose ancora non vanno come dovrebbero e Salutequità, laboratorio italiano per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali, lo ha sottolineato dalla sua nascita in piena pandemia, evidenziando più volte, nei suoi Report, le criticità del sistema e le possibili soluzioni.
Ad esempio se per il prossimo anno è vero che potremo contare su 134 miliardi di finanziamento per il SSN, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio però, nell’analisi della Legge di Bilancio in corso di approvazione, ha già avvertito che “per il 2024 non si può escludere che l’insieme delle misure implichi una maggiore spesa superiore all’incremento del finanziamento”. Esistono inoltre differenze regionali di finanziamento della sanità. Nel 2021 il finanziamento effettivo pro-capite medio è stato pari a 2.072,8. Agli estremi l’Emilia-Romagna con 2.227,6 e la Regione Calabria con 1.925,7 (Fonte: 18°Rapporto Sanità, Crea Sanità). E i determinanti sociali della Salute come livello di istruzione, reddito e occupazione pesano nel riparto del Fondo Sanitario Nazionale solo per lo 0,75%. A fronte di 134 MLD di euro di finanziamento del SSN per il 2024, il monitoraggio e la valutazione della garanzia dei LEA da parte delle Regioni viene effettuato con soli 22 indicatori “core” previsti dal Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) dei Lea. Anche la capacità di spesa per investimenti è molto differenziata: gli investimenti pro capite degli enti sanitari nel 2021 passa dai 72 euro del Trentino-Alto Adige, ai 18 della Campania, ai 13 euro della Calabria. Nonostante ciò, sono 10,4 MLD di euro le risorse non ancora utilizzate per la sottoscrizione degli accordi previsti dall’art. 20 della L. 67/1988, anche in questo caso con profonde differenze tra le Regioni.
E mancano all’appello circa 20-30.000 medici (soprattutto medici di medicina generale e alcuni specialisti in determinate specialità) e 65.000 infermieri, tra cui gran parte anche dei 20.000 infermieri di famiglia e comunità per l’attuazione della riforma del territorio (DM 77/2022) prevista dal PNRR, come dichiarato dalla Corte dei conti a fine 2022. Molto diversa, comunque, la distribuzione degli organici nelle Regioni italiane. Per i medici si va dai 2,64 della Valle d’Aosta per mille abitanti, 2,56 della Sardegna, 2,34 della Toscana e della Liguria agli 1,50 del Lazio, 1,51 della Lombardia, 1,63 del Veneto e 1,64 del Molise. Per gli infermieri si va dai 6,94 per mille abitanti del Friuli-Venezia Giulia, 6,70 della Liguria, 6,34 dell’Emilia-Romagna e di Bolzano ai 3,33 della Campania, 3,65 della Sicilia, 3,83 della Calabria e 3.93 del Lazio.
Il risultato è che nel 2022 è saltata circa 1 prestazione di specialistica ambulatoriale su 10 rispetto al 2019. Quasi 3,4 milioni di prime visite in meno (-15,5%) e oltre 5,5 milioni di visite di controllo in meno (17%). Inoltre, nel 2021 persi 1 milione e 200 mila ricoveri rispetto al 2019. Anche la rinuncia alle cure ha visto un’impennata negli anni della pandemia arrivando all’11% del 2021, quasi il doppio rispetto al 2019. Nel 2022 la rinuncia alle cure si attesta a circa il 7%, con una diffusione lungo tutta la penisola e per tutte le fasce di popolazione più e meno ricche.
L’accesso all’innovazione anche diventa un percorso ad ostacoli. Secondo i dati prodotti da IQVIA, l’Italia impiega 429 giorni per garantire la disponibilità dei farmaci ai pazienti dal momento l’autorizzazione europea. Se la media europea è pari a 511 giorni, alcuni Paesi come Svizzera, Danimarca e Germania hanno tempi di accesso più ridotti rispetto all’Italia: 191 giorni, 176 e 133. Nel 2022 il tempo medio della sola procedura italiana di autorizzazione e rimborso è stato pari a 206 giorni per le nuove entità chimiche (non generiche) e 49,6 giorni per i farmaci generici. A questa tempistica vanno aggiunti oltre 60 giorni per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
E poi non è finita. In sette Regioni i pazienti devono aspettare anche i tempi di inserimento nei Prontuari Terapeutici vincolanti che ritardano ulteriormente l’accesso ai farmaci.
Anche la telemedicina è ancora a macchia di leopardo. Nel periodo 2019-2021 il Ministero della Salute ha mappato la presenza di 369 esperienze di telemedicina, con differenze regionali che vanno dalle 66 esperienze della Lombardia alle 3 del Friuli-Venezia Giulia. Il PNRR stanzia diverse risorse per la digitalizzazione della sanità, a partire dal miliardo di euro previsto per la telemedicina. Nonostante la sua importanza, la telemedicina non è ancora inserita formalmente nel Lea e questo potrebbe creare un problema di sostenibilità.
“Rilanciare e ammodernare il SSN è possibile sin d’ora, attivando una serie di leve e mettendo in campo una serie di azioni urgenti che per troppo tempo sono state rinviate – dichiara Tonino Aceti, presidente Salutequità – La leva del finanziamento, della programmazione e della valutazione, per esempio, potrebbero essere usate molto meglio da parte del livello nazionale, come pure il livello regionale dovrebbe impegnarsi di più per convergere sui grandi obiettivi strategici nazionali. Va riletto il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, per garantire quell’equità di accesso che serve alle persone e quindi arrivare a processi decisionali non solo partecipati, ma anche tempestivi e soprattutto che siano poi realmente messi a terra per produrre i cambiamenti necessari. Per questo Salutequità, nel suo primo Summit ha voluto contribuire a mettere in fila, a fronte delle maggiori criticità del sistema, le leve per il cambiamento e la loro soluzione”.
Un decalogo di argomenti e relative proposte illustrato dal presidente di Salutequità, Tonino Aceti, e discusso oggi dai maggiori stakeholder sanitari del paese nel primo Summit di Salutequità. “Partendo dalle condizioni finanziarie, politiche, istituzionali e sociali che caratterizzano l’attuale contesto del nostro Servizio Sanitario Nazionale, Salutequità intende proporre dieci leve per incrementare il livello di equità di accesso alle cure delle comunità in tutto il Paese”, ha spiegato Aceti.
Queste le dieci leve per l’equità: maggiore Equità nel riparto tra le Regioni delle risorse del SSN; rilancio della Programmazione sanitaria nazionale, integrata con il sociale, e condivisa con le Regioni; rafforzamento del “controllo di gestione” delle politiche sanitarie per la loro applicazione omogenea ovunque; più alto livello di garanzia ed equità di accesso ai Lea; contrasto alle liste di attesa; programma strategico e pluriennale di interventi per valorizzazione, sviluppo e attrattività del personale del SSN; prevenzione e presa in carico delle cronicità; digitale per l’equità di accesso alle cure; maggiore tempestività ed uniformità di accesso all’assistenza farmaceutica; riduzione del divario infrastrutturale.
-foto ufficio stampa Salutequità –
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Tumore ai polmoni, ripresa più rapida grazie alla chirurgia robotica

ROMA (ITALPRESS) – Ogni anno si registrano circa 41.000 nuove diagnosi di tumore al polmone e 34.000 decessi. Mentre la gran parte dei tumori ha andamenti di mortalità in calo, quello al polmone è in controtendenza, infatti la mortalità cresce del 5% e soprattutto tra le donne. La prima causa di malattia è il fumo associato a circa un tumore su tre e l’abitudine è appunto in aumento tra le donne. L’immunoterapia, le terapie a bersaglio molecolare e la chirurgia robotica sono importanti armi per contrastare il tumore al polmone, in particolare la chirurgia robotica permette di eseguire interventi che abbinano una piccola invasività a una grande precisione, consentendo il miglior recupero al paziente. Sono questi alcuni dei temi trattati da Giulia Veronesi, direttrice del programma strategico di chirurgia robotica toracica presso l’Ospedale San Raffaele e professoressa presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, intervistata da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“La chirurgia robotica è l’evoluzione della toracoscopia – ha esordito – Permette di intervenire sull’asportazione dei polmoni o parti di essi con un approccio meno invasivo e una precisione di movimento molto evoluta, rendendo molto più semplice la chirurgia mini invasiva. Togliamo anche un polmone con una semplice incisione di tre centimetri – ha sottolineato Veronesi – Non ci sono più i tagli della parete toracica, ma tutto è effettuato con un approccio poco traumatico e una ripresa molto rapida col paziente dimesso con poco dolore rispetto alla chirurgia tradizionale”. La professoressa ha spiegato nei dettagli come funziona la chirurgia robotica e in che modo viene applicata all’oncologia polmonare: “Vediamo i dettagli anatomici del campo operatorio in tre dimensioni, il chirurgo lavora al computer con joystick e pedali, con le due mani controlla quattro braccia robotiche – ha spiegato – C’è un cambiamento di impostazione. Chi approccia a questo tipo di chirurgia inizialmente ha uno shock, la paura è che se c’è un sanguinamento non si è subito lì a controllarlo, in verità ci sono azioni che si possono controllare anche a distanza. Si ha tutta una procedura più sofisticata e anche più precisa. Si mantiene la concentrazione essendo in una postazione”.
E al contrario di quanto si possa pensare, si tratta di un tipo di chirurgia non così costosa rispetto a quella tradizionale: “I costi sono stati un limite importante, ma con la concorrenza si stanno abbattendo. In più ci sono meno costi per le degenze e per i farmaci e meno personale infermieristico che deve stare sul paziente”. “Il tumore del polmone è silente, dà segni di sè quando è avanzato o dà metastasi – ha aggiunto parlando dei sintomi – A volte si può riscontrare con tosse o affanno, ma è chiaro che tutti i fumatori hanno questi sintomi. Più raramente abbiamo sintomi neurologici di malattia avanzata”. E uno dei punti dolenti in Italia è rappresentato dall’assenza di screening sistematici che rendono ancor più complesso intercettare in tempo i malati oncologici a livello polmonare: “Si discute moltissimo con le istituzioni sull’apertura dello screening polmonare a tutta la popolazione. In Italia il numero dei fumatori tra uomini e donne si attesta al 23% e quelli che sono candidabili a uno screening sono circa 2 milioni, con un impatto importante e una riduzione potenziale della mortalità per tumori polmonari intorno al 30%”, ha ribadito Veronesi.
“Siamo un pò in ritardo rispetto al resto d’Europa, gli Stati Uniti hanno iniziato molto prima, hanno lo screening dal 2012. Tutte le linee guida dicono che va fatto, i politici sono d’accordo e penso che nell’arco di un paio di anni sarà fatto”. La chiosa è sulle cause principali dei tumori ai polmoni e come ampiamente prevedibile il fumo è al primo posto: “L’80% dei tumori dei polmoni nelle donne e il 90% negli uomini è dovuto al fumo di sigaretta sia attivo che passivo – ha ricordato – L’inquinamento atmosferico invece contribuisce intorno al 7%, c’è una grossa differenza, e poi sommando le due cose si aggiunge rischio a rischio. Per quanto riguarda la sigaretta elettronica, togliendo le sostanze da combustione del tabacco si elimina la cancerogenesi, rimane il tema di dipendenza da nicotina – ha concluso – Nei giovani è una vera e propria epidemia, la nicotina fa molto male”.

– foto tratta da video Medicina Top –
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Malattie rare, in un position paper sfide e prospettive future della GPP

ROMA (ITALPRESS) – “Vorrei che ognuno riuscisse a ottenere una diagnosi precoce e, soprattutto, che la medicina si rinnovasse in modo tale da sconfiggere la malattia”. Questi gli auspici di Floriana, una donna che ha impiegato moltissimi anni per sapere con esattezza il nome della sua patologia: la Psoriasi Pustolosa Generalizzata (GPP). Si tratta di una malattia rara, che è ben distinta dalla più comune psoriasi a placche, e potenzialmente fatale.
La prevalenza della GPP in Italia è 1-3 casi per milione di abitanti, dunque circa 150 pazienti stimati sul territorio nazionale con un’incidenza di circa 50 nuovi casi l’anno: persone, soprattutto donne, che però in larga parte non sono correttamente identificate, forse per mancanza di una diagnosi appropriata a causa di sintomi spesso confondibili con altre forme di psoriasi. Una malattia che ha un esordio improvviso e acuto, detto “flare”, un termine che – in maniera appropriata – richiama una fiammata, un’infiammazione rapida e generalizzata, accompagnata da forte prurito e dolore, e che trasmette bene anche la paura del paziente e l’urgenza di trovare aiuto.
Le recenti scoperte dei meccanismi patogenetici sottostanti hanno permesso una maggiore diffusione in termini di conoscenze e anche lo sviluppo di un farmaco specifico e indicato per la fase di flare della GPP, spesolimab. Questi passi, in termini di conoscenza e sviluppo terapeutico, pongono ancora di più l’attenzione su molti aspetti tra cui: la necessità di ricevere una diagnosi corretta e tempestiva, l’importanza di un approccio multidisciplinare e del ruolo cardine del dermatologo, il riconoscimento da parte delle singole Regioni di centri ospedalieri di riferimento.
“L’auspicio di Floriana piano piano comincia ad avverarsi, ma le sfide da affrontare, soprattutto sul piano dell’organizzazione di percorsi efficaci e uniformi sul territorio, sono ancora molte: manca il riconoscimento ufficiale di malattia rara, manca un registro, non tutte le regioni hanno identificato i centri di comprovata expertise e si attendono anche dei PDTA che includano il supporto psicologico”, ha affermato il direttore di Osservatorio Malattie Rare, Ilaria Ciancaleoni Bartoli, presentando oggi, in un convegno dedicato a questa rara malattia, non solo il cortometraggio con protagonista Floriana, ma anche un position paper realizzato a seguito di un board costituito da esperti e associazioni di pazienti intitolato proprio “GPP: sfide organizzative e prospettive future”.
Il position paper, che nel corso del convegno ha rappresentato un’opportunità di dialogo con le istituzioni nazionali e regionali e uno strumento di informazione dell’opinione pubblica, è stato realizzato, così come l’intero progetto, con il patrocinio di SIDeMaST – Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse, ADIPSO – Associazione per la Difesa degli Psoriasici, ADOI – Associazione Dermatologi-Venereologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica e APIAFCO – Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza, e con il contributo non condizionante di Boehringer Ingelheim.
“L’adeguata informazione e la maggiore consapevolezza sono la punta dell’iceberg da cui partire per iniziare a fornire ai pazienti con malattie rare e alle loro famiglie le risposte di cui hanno bisogno – ha detto Chiara Paglino, Medical Director di Boehringer Ingelheim Italia -. Per questo credo che il convegno di oggi, promosso da OMaR, costituisca un pragmatico esempio di come si debba lavorare insieme per individuare azioni specifiche di breve e medio termine che possano migliorare l’esperienza assistenziale e terapeutica del paziente con GPP. In questo scenario, la collaborazione tra tutti gli attori del sistema salute rappresenta un fattore chiave per affrontare le principali sfide di questa patologia rara e fornire soluzioni ai pazienti e alle loro famigliè.
Il dibattito della giornata, tralasciando le tematiche strettamente scientifiche, si è dunque concentrato soprattutto sui modelli organizzativi e sulle “sfide di sistema” da vincere per poter venire incontro ai bisogni dei pazienti e dei clinici che vorrebbero offrir loro la migliore presa in carico ad oggi possibile.
“La GPP è senza dubbio una malattia rara, tanto da avere un Codice Orpha (247353), ma attualmente in Italia non è considerata come tale ed è invece inserita tra le malattie croniche – ha spiegato la professoressa Maria Concetta Fargnoli, vicepresidente SIDeMaST – Società Italiana di Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse – Non si tratta di un dettaglio: mancando questo riconoscimento fino ad oggi è mancato un Registro epidemiologico, le Regioni non hanno designato i centri di riferimento, non sono stati fatti i PDTA, come spesso avviene per le malattie rare, e tutto ciò sarebbe estremamente utile. Nell’attesa che prima o poi vi sia questo formale riconoscimento occorre che ci diamo ugualmente da fare. Come SIDeMaST ci stiamo attivando proprio in tal senso: abbiamo organizzato una Unit di Ricerca Clinica affinchè vengano creati Registri di patologia, uno dei quali sulla psoriasi con una sottocategoria dedicata alla GPP, così da raccogliere informazioni epidemiologiche e volgere un’adeguata attività di valutazione, sorveglianza, prevenzione e programmazione sanitaria e assistenzialè. E’ altresì necessario stabilire quale debba essere il corretto percorso del paziente, che spesso nel momento della prima manifestazione si reca semplicemente nel più vicino Pronto Soccorso e che qui deve essere subito indirizzato al dermatologo e di conseguenza a un centro esperto – ha aggiunto -. Per questo stiamo scrivendo una review della letteratura sulla GPP ed una expert opinion che sottometteremo a breve per la pubblicazionè.
‘Nell’immediato – ha proseguito Antonio Costanzo, Professore Ordinario di Dermatologia, Humanitas University di Milano e Direttore U.O. Dermatologia, IRCCS Humanitas Research Hospital di Milano – occorre che le Regioni chiariscano se hanno, e quali sono, i centri di maggiore expertise, così da poter costruire una ‘rete della GPP’ che sia un punto sicuro di riferimento per i pazienti. Il paziente che andrà o verrà inviato in quei centri potrà essere sicuro di poter avere velocemente una diagnosi corretta e ricevere i trattamenti più appropriati ed efficaci, perchè ancora oggi purtroppo non è sempre così. Ora che abbiamo una terapia da usare immediatamente al presentarsi della fase acuta, e capace in poco tempo di spengere il ‘flarè, non possiamo permetterci di sbagliare diagnosi nè di perdere tempo, per il paziente GPP il tempo può essere un fattore fondamentale. Occorre tenere bene a mente che questa patologia può anche avere un esito fatale poichè può comportare una serie di complicazioni come infezioni batteriche secondarie, necrosi tubulare renale, danno epatico e insufficienza cardiorespiratoria che, se non trattate, possono mettere a rischio la vita dei pazienti, soprattutto quelli in età più avanzata”.
“Durante gli attacchi acuti il paziente è critico e può avere necessità di ricovero immediato, la maggior parte arriva passando per il Pronto Soccorso – ha precisato Luca Bianchi, Professore Ordinario, Dermatologia e Venereologia, Università di Roma Tor Vergata e Direttore U.O.S.D.Dermatologia, Fondazione PTV – Policlinico Tor Vergata di Roma – Per questo è necessario che vi sia una rete riconosciuta di centri esperti a cui inviare il paziente, così che abbia il giusto trattamento, evitando invece il rischio di dosi eccessive di cortisone. Se si usa velocemente la terapia specifica quello che vediamo è un ‘effetto Lazzarò che fa passare la fase acuta in poche ore, ma per arrivare a questo servono centri preparati e percorsi chiari: ad oggi purtroppo c’è ancora difformità sul territorio nazionale”.
Sull’importanza dei centri è intervenuto anche il senatore Orfeo Mazzella, X Commissione Permanente Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale, che ha ricordato: “Recentemente il sottosegretario alla Salute con delega alle Malattie Rare, Marcello Gemmato, ha annunciato che entro il 31 gennaio 2024 le Regioni, recependo il Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026 e il documento per il ‘Riordino della Rete Nazionale delle Malattie Rarè, dovranno individuare i centri di eccellenza, di riferimento e di coordinamento per le malattie rare. Inoltre, parallelamente a ciò, quest’anno – ha sottolineato – ho presentato un’interrogazione parlamentare, atto ispettivo indirizzato al Ministro della Salute Orazio Schillaci, attraverso la quale è stato chiesto al Ministro se condividesse l’opportunità di integrare patologie rare come la GPP, già classificate con Codice Orpha, nell’elenco delle malattie rare indicato nell’Allegato 7 dei LEA’.
E se il mondo della clinica, come hanno evidenziato anche le istituzioni, sente il bisogno di percorsi chiari, di numeri precisi certificati dai Registri e dell’identificazione di centri esperti, con un approccio multidisciplinare incentrato sulla figura del dermatologo, anche i pazienti hanno dei loro bisogni specifici, che ben si integrano con le richieste dei loro medici.
“La realizzazione di nuove raccomandazioni meglio ancora se Linee Guida per la GPP rappresenta un valido strumento per contribuire a ridurre le forme inappropriate di assistenza, migliorare le prestazioni sanitarie, favorire l’aggiornamento di medici e specialisti e fornire spunti per nuove ricerche nel settore – ha sintetizzato Francesco Cusano, presidente ADOI – Associazione Dermatologi-Venereologi Ospedalieri Italiani e della Sanità Pubblica – E soprattutto, grazie a queste, la gestione sul territorio diverrebbe ottimale, evitando disomogeneità regionali e ritardi nella diagnosi e nell’accesso alla terapia specifica”.
“Quando arriva questa malattia la quotidianità viene stravolta e anche le relazioni sociali risentono del peso della patologia – ha commentato Valeria Corazza, Presidente APIAFCO – Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza, citando come esempio proprio la storia di Floriana raccontata nel breve documentario di OMaR – La GPP incide dal punto di vista psicologico sia sulle persone affette che sui familiari, oltre a imporre limitazioni nel contesto lavorativo, sociale e affettivo. Quindi non solo servono delle Linee Guida ma sarebbe opportuno anche venissero creati dei PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziali) che oltre ad identificare Regione per Regione i centri di expertise e il percorso diagnostico e terapeutico a 360 gradi, includano il supporto psicologico alle persone con GPP: questo aspetto troppo spesso viene sottovalutato e invece ha un costo altissimo sul vissuto della persona e anche per il sistema, poichè si sa che tra i fattori che possono contribuire a scatenare una fase acuta c’è lo stress. Gioca, dunque, un ruolo di primo piano la cura della persona e non solo della patologia, è quanto viene richiesto dai pazienti stessi”. E ha aggiunto legandosi alle riflessioni precedenti: “Prendere in carico il paziente in modo equo sul territorio e in modo interdisciplinare è indispensabile per una rapida diagnosi e gestione della persona, così come è fondamentale che i vari specialisti facciano rete anche con il Medico di Medicina Generale per essere costantemente informati sull’evolvere della patologia”.
La conferma di questo forte impatto sulla qualità di vita del paziente, e del bisogno ancora insoddisfatto di una presa in carico psicologica, arriva anche da alcuni dati presentati da Carlotta Galeone, Ricercatore Epidemiologo-Biostatistico Statistico B-ASC – Università degli Studi di Milano-Bicocca, che ha riportato come, sulla base di un recente progetto Delphi, è emerso che gli ambiti della qualità della vita del paziente con GPP che vengono maggiormente colpiti sono, nell’ordine, psicologico ed emotivo, fisico, relazionale, economico e lavorativo.
Al convegno sono stati invitati anche: Maria Elena Boschi, Intergruppo Parlamentare Malattie Rare e Onco-Ematologiche; Giuseppe Limongelli, Direttore Centro Coordinamento Malattie Rare, Regione Campania e componente del Comitato Nazionale Malattie Rare; Nancy Annunziata Dattola, Specialista in Dermatologia e Venereologia, Clinica Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma; Salvatore Savasta, Direttore Coordinamento Regionale Malattie Rare, Regione Sardegna e componente del Comitato Nazionale Malattie Rare; Mara Maccarone, Presidente ADIPSO – Associazione per la Difesa degli Psoriasici; Marzia Caproni, Direttore S.O.S Immunopatologia Cutanea e Malattie Rare Dermatologiche, P.O. Piero Palagi ASF – Università di Firenze U.O. Dermatologia I – Azienda Sanitaria Firenze, Dipartimento di Chirurgia e Medicina Traslazionale, Università degli Studi di Firenze; Luigi Naldi, Direttore U.C. Dermatologia, Ospedale San Bortolo di Vicenza.
I rappresentanti istituzionali che sono interessati a portare avanti il lavoro avviato con il position paper “GPP: sfide organizzative e prospettive future”, che verrà sempre più definito, possono scrivere all’indirizzo email [email protected].

– foto ufficio stampa Rarelab –
(ITALPRESS).