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Malattie del fegato in aumento, alcol allarme sociale

ROMA (ITALPRESS) – Il fegato è la ghiandola più voluminosa del corpo umano: pesa 1-1.5 kg, è connesso all’apparato digerente e svolge funzioni essenziali per il metabolismo, la difesa dell’organismo e l’eliminazione delle sostanze tossiche. Tra i suoi compiti principali c’è la produzione di bile, fondamentale per la digestione degli alimenti e l’assorbimento delle vitamine che si sciolgono nei grassi. Il fegato svolge un ruolo chiave nella produzione e inattivazione degli ormoni che regolano la funzione di molti organi, e rappresenta inoltre una sorta di cassaforte energetica. Al suo interno si trova infatti un’importante riserva di glicogeno, il nostro principale carburante. La salute del fegato è fondamentale per la salute dell’organismo, ma è minacciata da alcune malattie causate da virus, sostanze chimiche e soprattutto dall’alcol e disturbi metabolici, un insieme di cause in grado di provocare infiammazione acuta e cronica con potenziale esito in cirrosi e tumori. Negli ultimi anni l’alcol ha generato un vero e proprio allarme sociale, in quanto nove milioni di italiani lo consumano in eccesso. Sono questi alcuni dei temi trattati dal professor Massimo Colombo, uno dei più famosi epatologi italiani, con nel curriculum la direzione del dipartimento di gastroenterologia del Policlinico di Milano, la direzione del centro per la ricerca transazionale in epatologia di Humanitas e del Liver Centre del San Raffaele, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Il fegato grasso è il problema che sta affliggendo la sanità mondiale, il 25% della popolazione adulta nel mondo è portatore di questa malattia – ha esordito – Si tratta delle cellule epatiche perse e trasformate in grasso, causato da eccesso di calorie accoppiato a sedentarietà, dalla predisposizione genetica, dall’alcol e dalle malattie concomitanti. Il problema è che nel 5% dei casi tende a diventare cirrosi e nei più sfortunati anche il tumore primitivo del fegato”. Una delle cause delle malattie del fegato, come in molti sanno, è l’alcol: “In Italia 9 milioni di persone bevono in eccesso. Non è tanto il classico bere sociale – ha spiegato Colombo – ma quello che succede ai giovani, che stanno seguendo la moda anglosassone del bere smodato addensato in poche ore. Dopo alcuni anni di questo comportamento il fegato si ammala in modo cronico e una semplice bevuta può divenire una epatite severa alcolica, malattia che può essere mortale in un terzo dei casi. La gestione del paziente che abusa di alcol è multidisciplinare”, ha ricordato il professore.
“E’ una malattia sistemica, non esiste una dose tollerata, l’OMS dice che nessuna dose di alcol è innocente. 20 grammi al giorno per la donna, 40 grammi per gli uomini rappresentano l’avvicinarsi al problema medico”, ha spiegato. E sulla predisposizione genetica: “Esiste una eterogeneità genetica, vuol dire che popolazioni diverse reagiscono diversamente verso l’alcol per quanto riguarda la malattia del fegato – ha sottolineato – La donna è vulnerata maggiormente, statisticamente le popolazioni orientali non reggevano l’alcol, quelle del nord bevono molto di più. Loro bevono eccessivamente e non fanno nemmeno sorveglianza per cirrosi e cancro del fegato, muoiono prima di epatite fulminante”.
Esistono diversi tipi di epatite, come ricorda Colombo: “Noi siamo fieri di quanto abbiamo fatto per contrastare l’epatite virale B, abbiamo introdotto da primi nel continente la vaccinazione obbligatoria, ne gira ancora nascosta nella popolazione ma è imbrigliata da farmaci potenti – ha riconosciuto – Abbiamo curato circa 270.000 persone di epatite C, ma siamo in ritardo sulla tabella di marcia dell’OMS, purtroppo non siamo nella zona verde, che comprende chi ce la farà a stare al passo entro il 2030”.
“L’epatite C ora si prende coi tatuaggi, mi spiace dirlo. L’epatite virale E è conosciuta molto poco dalle persone, per noi è la causa numero uno al mondo di infezioni epatiche, sono 30 milioni all’anno nel mondo, decine di migliaia in Italia – ha aggiunto Colombo – Raramente uccide, ma è molto raramente cronicizzata. In Italia la si prende consumando la carne di maiale e di cinghiale non cotta, in Oriente con le fonti idriche inquinate, e lì c’è un vaccino riconosciuto dalla Cina ma non da noi. In Italia, diventando il nostro un paese ricco ed evoluto con un’igiene in crescita, l’epatite A viene contratta solo in età adulta con comportamenti discutibili, c’è un vaccino sicuro e potente e le regioni lo mettono a disposizione gratuitamente quando si ha già una malattia cronica di fegato o venendo a contatto con zone pericolose a livello di viaggi”. Un fattore di rischio è legato anche ai flussi migratori e agli scarsi screening nei territori di provenienza dei migranti: “Abbiamo sei milioni di persone nate in realtà geografiche diverse dalla nostra, ma essendo italiani sono identificati da noi. I flussi migratori illegali, invece, complicano le cose – ha spiegato – Le cure per l’epatite C sono costose, questi individui transitano per poco tempo da noi e non puoi così ‘catturarlì e curarli”.
Infine, uno sguardo ai sintomi di una malattia del fegato: “La stragrande maggioranza degli individui con una malattia cronica metabolica non ha alcun segno specifico, vengono identificate per caso – ha concluso Colombo – Le infezioni acute possono essere invece sintomatiche, i segni caratteristici sono la colorazione gialla della pelle degli occhi, il prurito, la stanchezza, il fegato un pò ingrandito”.

– foto tratta da video Medicina Top –
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Covid, in una settimana nuovi casi +14%

ROMA (ITALPRESS) – Nella settimana dal 30 novembre al 6 dicembre 2023 si registrano 59.498 nuovi casi positivi al Covid-19, in aumento del 14% rispetto alla settimana precedente, quando erano stati 52.177. I morti sono stati 307, +5,5% rispetto alla settimana precedente, quando erano stati 291.
I tamponi effettuati sono stati 284.806, +2,5% rispetto alla settimana precedente (277.938). Il tasso di positività è del 20,9%, in rialzo del 2,1% rispetto alla settimana precedente (18,8%). Lo rende noto il ministero della Salute.
Il tasso di occupazione in area medica relativo al 6 dicembre 2023 è pari al 10,7% (6.668 ricoverati), rispetto al 9,2% (5.741 ricoverati) del 29 novembre 2023.
Il tasso di occupazione in terapia intensiva relativo al 6 dicembre 2023 è pari al 2,5% (219 ricoverati), rispetto all’1,9% (170 ricoverati) del 29 novembre 2023.
“Gli indicatori sono in lieve crescita, sia per quanto riguarda il numero di nuovi positivi che per l’impatto sulle strutture ospedaliere che resta tuttavia sotto controllo e non determina condizioni di criticità. Le Regioni, che ringrazio per la loro pronta disponibilità, stanno organizzando in tutta Italia open day e altre misure organizzative per facilitare l’accesso dei cittadini alla vaccinazione senza alcuna prenotazione. Questa sinergia Ministero-Regioni è la strada virtuosa per proteggere i fragili, che in questa fase sono le persone che maggiormente rischiano di sviluppare forme gravi della malattia”, afferma il direttore generale della Prevenzione Sanitaria del ministero della Salute, Francesco Vaia.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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Leucemia linfoblastica acuta, in Italia la terapia Car-T di Gilead

ROMA (ITALPRESS) – Gilead Sciences annuncia la rimborsabilità da parte di AIFA di brexucabtagene autoleucel per il trattamento di pazienti adulti di età pari o superiore a 26 anni con leucemia linfoblastica acuta a precursori di cellule B recidivante o refrattaria. Brexucabtagene autoleucel (brexu-cel) è una terapia cellulare con recettore antigenico chimerico delle cellule T (Car-T, Chimeric Antigen Receptor T-cell) che utilizza il sistema immunitario del paziente per combattere alcuni tipi di tumori ematologici.
L’autorizzazione si basa sui dati del trial clinico ZUMA-3, studio multicentrico, di fase II, a braccio singolo volto a valutare il profilo di efficacia e sicurezza di brexucabtagene autoleucel nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta recidivante o refrattaria da precursori delle cellule B nella popolazione adulta.
“La leucemia linfoblastica acuta recidivante o refrattaria è una patologia rara, aggressiva e a prognosi estremamente infausta, per la quale, ad oggi, non sono disponibili terapie adeguate – ha detto Alessandro Rambaldi, Direttore del Programma Trapianto di Midollo Osseo e Unità di Ematologia Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Ospedale di Bergamo, Direttore e Professore ordinario di Ematologia all’Università Statale di Milano -. Il bisogno terapeutico per questa patologia è pertanto considerato importante. Ad un follow up mediano di 26.8 mesi, in Zuma 3, brexu-cel ha raggiunto un tasso di remissione completa (CR) o remissione completa con recupero ematologico incompleto (CRi) del 71%, con un tasso di CR del 56% nei 55 pazienti trattati nello studio di fase II. La durata mediana della remissione è stata pari a 14.6 mesi e la sopravvivenza mediana è stata pari a 25.4 mesi. Tra i pazienti che hanno ottenuto una CR, la sopravvivenza mediana non è stata raggiunta”.
“Brexu-cel rappresenta quindi una terapia che, con un’unica somministrazione, ha dimostrato un beneficio clinico significativo e duraturo nel tempo in pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta a precursori di cellule B recidivante o refrattaria”, ha aggiunto.
L’aggiornamento dello studio ZUMA-3, corrispondente ad un follow up a 3 anni (mFU 38,8 mesi), presentato lo scorso febbraio al congresso “5th European CAR-T cell meeting 2023”, oltre a fornire un periodo di follow up maggiore rispetto all’analisi precedente, ne conferma l’efficacia. In particolare, la sopravvivenza mediana è stata di 26 mesi per tutti i pazienti trattati e 38.9 mesi tra i pazienti in CR+CRi (n=39). Il tasso di sopravvivenza globale a 36 mesi è stato pari al 47.1%.
“Un aumento dei tassi di remissione e una durata della risposta clinicamente significativa, rappresentano un beneficio clinico importante in una popolazione con esiti scarsi e bassi tassi di sopravvivenza come i pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta recidivante o refrattaria, che, rimane una popolazione con un elevato unmet medical need”, ha concluso il professor Rambaldi.
La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è una neoplasia ematologica rara caratterizzata dalla proliferazione e dall’accumulo anormali di linfoblasti; rappresenta circa il 20% di tutte le leucemie negli adulti. La LLA presenta una distribuzione bimodale per età e viene diagnosticata più comunemente in pazienti di età inferiore ai 20 anni; le diagnosi in pazienti di età superiore ai 20 anni rappresentano circa il 45% dei casi di LLA, con un’età media dei pazienti diagnosticati tra i 15 e i 69 anni pari a circa 38 anni.
La LLA è una forma aggressiva di leucemia: i tassi di guarigione osservati nei pazienti adulti con malattia recidivante o refrattaria (LLA r/r) al trattamento di prima linea sono solo del 20-40% e, in seguito a recidiva, è improbabile che la maggior parte dei pazienti sopravviva a un anno.

– fonte foto pixabay.com –

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Pma nei Lea, Salutequità “Stop disomogeneità regionali e liste d’attesa”

ROMA (ITALPRESS) – Non basta l’incertezza economica e lavorativa a rendere l’Italia il paese con il più basso tasso di natalità in Europa: un ruolo non indifferente è legato all’infertilità che l’Organizzazione mondiale della Sanità definisce “una patologia del sistema riproduttivo maschile o femminile definita dal mancato raggiungimento di una gravidanza dopo 12 mesi o più di rapporti sessuali regolari non protetti” e che in Italia, secondo ISS, riguarderebbe il 15% delle coppie.
La buona notizia in questo senso è che l’Italia, stando al Progress report OMS “Action Plan for Sexual and Reproductive Health”, è tra il 72% di Stati membri dell’Ue che nel 2022 ha politiche o linee guida nazionali sull’infertilità negli uomini e nelle donne. Ma la cattiva notizia è che non fa parte di quel numero di Stati, meno di uno su 3 (31% ovvero solo 12 Stati membri), che offre il supporto finanziario per gli alti costi della fecondazione assistita a tutte le donne che ne hanno bisogno.
Le cose però potrebbero cambiare perchè nel ventesimo compleanno della legge 40/2004, la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), entrata nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) nel 2017, potrà contare sulla definizione di tariffe e dal 2024 dovrebbe essere accessibile alle coppie che ne hanno bisogno.
Ma per raggiungere questo traguardo ci sono nodi da risolvere e Salutequità li ha analizzati attraverso il suo Osservatorio dedicando un focus proprio alla PMA.
“Dal primo gennaio entrano in vigore i nuovi LEA grazie al decreto tariffe e il SSN garantisce l’accesso alle prestazioni necessarie alle coppie per curare l’infertilità, ricomprendendo fecondazione assistita omologa e eterologa – ha detto Tonino Aceti, presidente di Salutequità -. E’ verosimile che aumenterà appropriatamente la domanda, finora frenata, in particolare al sud del Paese, da difficoltà prevalentemente economiche. Un appuntamento al quale il SSN non può farsi trovare impreparato. Per partire col piede giusto è necessario agire sulle note disomogeneità in termini di offerta del SSN attualmente presenti; lavorare sull’appropriatezza dei percorsi di prevenzione, diagnosi e cura dell’infertilità; misurare le liste d’attesa per gestirle, governarle e offrire trasparenza alle coppie. In caso contrario le coppie non avranno più necessità di chiedere l’autorizzazione alla ASL di appartenenza e potranno recarsi in centri fuori regione, ma rischiamo ancora una volta di lasciare indietro quelle che non possono permetterselò.
La Relazione al Parlamento di novembre mostra una ripresa tra il 2020 e il 2021 delle attività di PMA dopo il calo causato dal covid-19, che si è tradotta nell’aumento numero di cicli erogati, nell’incremento in termini assoluti del numero di bambini nati vivi grazie a tecniche di PMA e nella loro incidenza rispetto al totale delle nascite (4,15% nel 2021, 2,79% nel 2020 e 3,37% nel 2019). Nel 2021 sono state trattate 86.090 coppie (di cui 75.856 con tecniche di secondo e terzo livello), per un totale di 108.067 cicli iniziati (+27.968 cicli rispetto al 2020) di cui 46.903 nel privato (35.459 nei centri pubblici, 25.705 nei privati convenzionati); e di 21.695 gravidanze (+7.233 rispetto al 2020). I bambini nati grazie alla PMA nel 2021 sono stati 5320 in più rispetto al 2020, per un totale di 16.625: 15.330 sono nati da procedure di secondo e terzo livello (la fecondazione avviene in vitro, cioè all’esterno dell’apparato riproduttivo femminile); poco meno di un terzo, 5.021, con gameti donati.
I problemi di iniquità sul territorio nazionale sono ribaditi anche dalla recente Relazione al Parlamento, che con le stesse parole di quella dello scorso anno, sottolinea che “Rimane la diversa distribuzione dei centri pubblici e privati convenzionati, più presenti nel Nord del Paese… Inoltre, un consistente numero di centri PMA di II e III Livello presenti sul territorio nazionale svolge un numero ridotto di procedure nell’arco dell’anno…Sarebbe auspicabile che i centri PMA fossero in grado di svolgere volumi di attività congrui in modo da garantire qualità, sicurezza e appropriatezza delle procedure nelle tecniche di PMA e che fossero equamente distribuiti su tutto il territorio nazionale per offrire il miglior livello di prestazione possibile…’.
Ad erogare gli oltre 108mila cicli di PMA nel 2021 sono stati i 340 centri attivi in Italia: 221 privati, 100 pubblici e 19 privati convenzionati. La metà dei centri italiani (50,3%) è concentrata in 4 regioni: Lombardia (55 centri pari al 16,2% del totale); Campania (45 centri pari al 13,2%), Veneto (36 centri ovvero il 10,6%) e Lazio (35 centri pari all’10,3%). E, come emerge dalla relazione al parlamento, “la presenza di centri pubblici è maggiore in alcune regioni del Nord (Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia) e del Centro (Marche); i centri privati sono in numero maggiore in quasi tutte le regioni del Sud e solo in alcune del Nord (Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna) e del Centro (Lazio); i 17 centri privati convenzionati sono quasi esclusivamente presenti in Lombardia (9) ed in Toscana (5)”.
Il numero di cicli effettuati su pazienti per milione di abitanti nell’anno 2021, sono un altro parametro importante per capire l’offerta regionale. Secondo la stima della società scientifica europea di riferimento, ESHRE, il fabbisogno di cicli è stimabile in almeno 1500 cicli per milione di abitanti. Stando a questo parametro, guardano la media Italia 2021, l’offerta risulterebbe adeguata perchè pari a 1529 cicli per milione di abitanti (standard di adeguatezza >1.500). Tuttavia, trattandosi di media nazionale le variabilità territoriali non mancano. Le Regioni che non raggiungono lo standard sono 14. Sono al di sotto dei mille cicli molte regioni del sud/isole (Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Liguria); fanno registrare i valori più bassi Marche (180), Molise (355), Sardegna (543).
Superano i 1000 cicli, ma non raggiungono i 1500: Veneto (1113), Piemonte (1198), Friuli Venezia Giulia (1155) e PA Trento (1398). Oltre lo standard (1500 per milione di abitanti), Valle d’Aosta (4429), PA Bolzano (3380), Toscana (2961), Lombardia (2221), Lazio (2139), Campania (1559).
Anche i centri di PMA sono diversi tra loro in termini di volumi: solo 18 hanno svolto almeno 1.000 cicli e sono in Lombardia (5), Toscana e Lazio (3), Piemonte, Emilia Romagna e Campania (2), in Sicilia (1).
Quelli più piccoli sono 61, erogano tra i 100 ed i 200 cicli, e si trovano soprattutto in Campania (12), Lazio (9), Veneto e Sicilia (8). Guardando all’offerta dei centri del SSN, il 42,3% di quelli pubblici ha dimensioni medie ed eroga fra i 200 ed i 500 cicli. L’82,4% dei centri privati convenzionati ha eseguito almeno 500 cicli, con il 41,2% che ne ha fatti più di 1.000.
Oltre un ciclo su 6 (62,1%) di tutti i cicli iniziati di fecondazione omologa di II e III livello è a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): circa uno su tre (33,9%) nei centri pubblici e oltre uno su quattro (28,2%) nei privati convenzionati. Situazione capovolta per i cicli di fecondazione eterologa, per i quali circa i due terzi (72,6%) si svolge nei centri privati.
E nella PMA un altro fenomeno è quello della mobilità transfrontaliera. Le motivazioni che spingono i pazienti a rivolgersi all’estero sono varie e complesse, ma per semplificare la letteratura li riconduce a 4 categorie di motivazioni: accesso; costi; regolazione normativa; privacy.
In queste motivazioni c’è anche la volontà di evitare i lunghi tempi di attesa, una realtà nei Paesi in cui le cure dell’infertilità sono incluse nel SSN. Secondo dati SIRU, Società italiana Riproduzione Umana, oltre 13mila coppie italiane si sono spostate per poter diventare genitori e si sono rivolti a strutture in Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Danimarca e Belgio. In particolare, a migrare sono le coppie interessate alla fecondazione eterologa, cioè la tecnica di PMA che utilizza gameti, ovuli o spermatozoi, prelevati da donatore esterno alla coppia.
E’ verosimile ipotizzare che a fronte dell’inserimento nei LEA della PMA, la domanda sia destinata mente ad aumentare, ma, dati alla mano, sembra difficile, in assenza di azioni concrete, farci trovare pronti dal 1° gennaio a dare risposte adeguate in termini quantitativi e a garantire equità di accesso alle coppie.
L’aumento di domanda appropriata da parte delle coppie prevedibile, se non accompagnato da un adeguamento della risposta nei diversi territori regionali, potrebbe portare a barriere nell’accesso dovute ad un aumento delle liste d’attesa e/o della mobilità, con disparità legate a residenza, fattori socioeconomici, etc. E’ importante sottolineare che l’adeguamento dell’offerta non si basa sulla sola numerosità dei centri, ma anche sul dimensionamento del personale e sull’adeguamento delle dotazioni strumentali.
E’ indispensabile agire anche sull’appropriatezza e sulla definizione di percorsi di tutela della salute riproduttiva e di presa in carico dell’infertilità. A partire dalle linee guida è importante definire i percorsi di prevenzione, diagnosi e cura coinvolgendo tutti i professionisti e i servizi a vario titolo coinvolti.
L’incertezza del costo per la fecondazione eterologa, che varierà tra le Regioni anche in forza degli accordi regionali per l’importazione dei gameti, potrebbe continuare a spingere le coppie alla mobilità nazionale, verso le regioni che chiederanno un contributo inferiore. Il Ministero della salute ha stimato un costo fino a 1500 euro.
Prevedere il monitoraggio dei tempi di attesa e renderli pubblici e consultabili da parte delle coppie, mutuando anche da positive esperienze regionali in atto.

– foto ufficio stampa Salutequità –
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Prevenire il deterioramento cognitivo, una sfida possibile

MONZA (ITALPRESS) – Con il progressivo invecchiamento della popolazione generale ci troviamo di fronte ad un preoccupante scenario di incremento – nel futuro vicino – della prevalenza dei disturbi cognitivi e delle demenze a carattere neurodegenerativo. Per questo motivo la European Academy of Neurology ha recentemente varato una iniziativa globale per promuovere la salute cerebrale (Brain Health), con l’obiettivo della prevenzione della demenza.
Partendo da queste considerazioni, presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori – Università degli Studi di Milano-Bicocca è in fase di avvio l’attività di un nuovo ambulatorio dedicato al decadimento cognitivo soggettivo (SCD). Il decadimento cognitivo soggettivo è una condizione, molto frequente dopo i 55-60 anni, in cui il soggetto ha la sensazione che le proprie performance cognitive (spesso nell’ambito della memoria, ma non solo) siano peggiorate rispetto ad uno stato precedente, mentre i test neuropsicologici non evidenziano differenze significative rispetto a quanto atteso per età e scolarità. E’ fondamentalmente una condizione in cui il soggetto è sano, ma che può rappresentare un campanello d’allarme, potendo essere in alcuni casi la spia di un processo patologico per cui i test di cui disponiamo non sono ancora abbastanza sensibili.
L’accesso a tale ambulatorio sarà possibile unicamente a seguito di una prima valutazione da parte dell’ambulatorio UVA (Unità Valutativa Alzheimer) del Centro per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) già da lungo tempo operativo presso la Clinica Neurologica del San Gerardo.
Nell’ambito di questo nuovo servizio la visita si svolge partendo da un’anamnesi accurata volta a caratterizzare precisamente il disturbo e stimare i fattori di rischio per decadimento cognitivo. Viene quindi stimata, laddove possibile, la percentuale di rischio di sviluppare demenza, e vengono infine proposti interventi preventivi personalizzati volti a ridurre questo rischio, o prescritti nuovi accertamenti qualora indicato. Qualora venga riscontrato un decadimento cognitivo oggettivo, per quanto lieve (mild cognitive impairment o MCI), alla persona viene offerta la possibilità di proseguire il percorso nell’ambulatorio UVA.
L’ambulatorio come gli altri settori della UO di Neurologia è anche coinvolto in attività di ricerca promosse da Università ed IRCCS. Tra queste è in corso un’importante progettualità nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Infatti, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha finanziato l’ampio Progetto Age-It (Ageing Well in an Ageing Society), coinvolgente 27 centri di ricerca italiani. Nell’ambito di tale progetto, l’Università di Milano-Bicocca coordina, col Prof. Carlo Ferrarese, una complessa attività (studio IN-TEMPO) che mira alla prevenzione del declino cognitivo mediante interventi multidimensionali (dieta, esercizio fisico, stimolazione cognitiva, stretto controllo dei fattori di rischio vascolari), in linea con analoghi studi internazionali.
In questo contesto generale nascono altri studi coordinati da Milano-Bicocca come lo studio CAPE, che valuta le potenzialità di nuove metodiche di Risonanza Magnetica per l’analisi del flusso ematico cerebrale, paragonate all’analisi del metabolismo cerebrale effettuata mediante PET, con l’obiettivo di validare nuove metodiche di diagnosi precoce di malattie neurodegenerative e di studiare la progressione biologica di questi disordini. Lo studio CogniChess ha invece l’obiettivo di valutare se imparare giochi da tavolo tradizionali in gruppo (scacchi e go, un gioco molto popolare in estremo oriente) può migliorare le prestazioni cognitive di soggetti SCD o MCI, oltre che avere benefici su depressione e qualità di vita.
-foto ufficio stampa Università di Milano-Bicocca –
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Acceso l’albero di Natale dell’ospedale San Raffaele di Milano

MILANO (ITALPRESS) – Si è svolta la tradizionale cerimonia di accensione dell’albero di Natale dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. All’evento e allo scambio di auguri hanno preso parte il presidente del Senato, Ignazio La Russa, i vertici del Gruppo San Donato con la famiglia Rotelli e Kamel Ghribi, vicepresidente del Gruppo San Donato e presidente di GKSD Investment Holding. A concludere l’evento l’esibizione del cantante Mr. Rain.


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Covid, in aumento nuovi casi e ricoveri

ROMA (ITALPRESS) – Nella settimana 23-29 novembre, secondo i dati
del bollettino settimanale Covid-19 del ministero della Salute, si registrano 52.177 nuovi casi positivi con una variazione di +16,1% rispetto alla settimana precedente. Sono 291 i deceduti, con una variazione di +23,8% rispetto alla settimana precedente (235), mentre 277.938 i tamponi effettuati, con una variazione di +9% rispetto alla settimana precedente. Il tasso di positività è del 18,8% con una variazione di +1,1% rispetto alla settimana precedente (17,6%). Il tasso di occupazione in area medica relativo al 29 novembre è pari al 9,2% (5.741 ricoverati), rispetto a 7,7% (4.811 ricoverati) del 22 novembre. Il tasso di occupazione in terapia intensiva relativo al 29 novembre è pari al 1,9% (170 ricoverati), rispetto a 1,5% (137 ricoverati) del 22 novembre. “I dati confermano sostanzialmente l’andamento previsto rispetto alla stagionalità. Rinnoviamo l’appello alle Regioni ad intensificare gli sforzi organizzativi e a predisporre Open Day nei quali offrire libero accesso senza prenotazione per le vaccinazioni”, sottolinea il direttore generale della Prevenzione Sanitaria del ministero della Salute, Francesco Vaia.
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– Foto: Agenzia Fotogramma –

Liste d’attesa, Aiop “Accordo in Sicilia per diritto alla salute”

PALERMO (ITALPRESS) – “La conclusione dell’accordo tra il Governo della Regione Siciliana e le strutture di diritto privato del Servizio sanitario regionale per la riduzione delle liste d’attesa è decisiva per garantire il diritto alla salute di tutti i siciliani e le siciliane e dimostra le straordinarie potenzialità di una stabile e virtuosa sinergia tra le due componenti del Servizio sanitario”. Così Barbara Cittadini, Presidente Nazionale AIOP in merito all’accordo siglato tra la Regione Siciliana e la componente di diritto privato del SSR per ridurre le liste d’attesa sui ricoveri e interventi già programmati e non ancora effettuati.
“L’accordo – precisa Barbara Cittadini – fa seguito al Piano presentato a luglio, rispetto al quale avevamo già apprezzato l’innovatività e la lungimiranza, e mette a disposizione 8,6 milioni di euro che consentiranno il recupero nelle 17 prestazioni oggetto di monitoraggio del PNGLA indicate dal Ministero della Salute, allargando, allargando l’area di intervento e includendo le prestazioni critiche indicate nella classe di priorità 1 allegate al d.a. 334/2022. Il piano elaborato con l’Assessorato alla salute e, in particolare, con il Direttore della Pianificazione strategica dell’assessorato alla salute, Salvatore Iacolino, assume, pertanto, notevole rilevanza nel merito e nel metodo: le modalità trasparenti e inclusive di coinvolgimento di tutti gli attori evidenziano una grande capacità politico-strategica dell’attuale governance regionale nel gestire problemi a lungo trascurati, unita alla ferma volontà di voler risolvere il drammatico problema dei tempi di attesa”.
“Ringrazio, da siciliana, il Presidente della Regione Renato Schifani e l’Assessorato per il lavoro condiviso e auspico che il confronto e la collaborazione sul piano istituzionale assurga a modello replicabile su tutto il territorio nazionale per dare una risposta tempestiva, efficace ed efficiente alla domanda di salute della popolazione, grazie alle misure previste dal Governo centrale, sia nel 2023 che per il 2024, per la riduzione delle liste d’attesa”, conclude la Presidente Cittadini.
– foto ufficio stampa Aiop –
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