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TUMORE AL SENO TRIPLO-NEGATIVO, NUOVA ARMA TERAPEUTICA

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Roche ha annunciato il parere positivo espresso dal Comitato Europeo per i Medicinali a Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) per l’approvazione dell’immunoterapico atezolizumab, in associazione alla chemioterapia, come trattamento di prima linea per le donne con tumore al seno triplo-negativo localmente avanzato non resecabile o metastatico (mTNBC), positivo al biomarcatore PD-L1 non precedentemente trattate con chemioterapia per la malattia in fase avanzata. “Il carcinoma mammario metastatico triplo-negativo, PD-L1 positivo rappresenta una delle tipologie di tumore della mammella più aggressive e difficili da trattare – afferma Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Mammaria e Toracica dell’Istituto Nazionale dei Tumori, Fondazione Pascale di Napoli -. I risultati positivi dello studio IMpassion130, dimostrano per la prima volta che l’utilizzo di una immunoterapia come atezolizumab in associazione alla chemioterapia possa generare un vantaggio terapeutico in termini di controllo della malattia e di sopravvivenza. Si tratta di un risultato particolarmente importante perché riguarda una popolazione di pazienti per la quale non si avevano a disposizione, ad oggi, delle armi terapeutiche mirate e che apre la strada all’utilizzo dell’immunoterapia nel tumore della mammella”.

“Il raggiungimento di questo ulteriore step approvativo segna una nuova svolta nel trattamento del tumore al seno metastatico triplo-negativo, una forma particolarmente aggressiva in cui esiste ancora un forte bisogno clinico insoddisfatto – afferma Sandra Horning, Chief Medical Officer Roche -. Ci auguriamo che le donne affette da questa tipologia di tumore in Europa possano presto beneficiare di questa nuova opzione terapeutica”.

La raccomandazione del CHMP si basa sui dati dello studio di Fase III IMpassion130 il quale ha dimostrato che atezolizumab, in associazione al chemioterapico nab-paclitaxel, è in grado di ridurre significativamente (38%) il rischio di peggioramento della malattia o di morte (PFS) rispetto al solo nab-paclitaxel nelle pazienti positive all’espressione del biomarcatore PD-L1 sulle cellule immunitarie (IC) infiltranti il tumore. 

La valutazione del biomarcatore PD-L1 sulle cellule immunitarie infiltranti il tumore è essenziale per identificare i pazienti con TNBC che possono beneficiare di questa associazione con atezolizumab. Lo stato di espressione di PD-L1 nello studio IMpassion130 è stato valutato con il kit di immunoistochimica VENTANA SP142.

Il tumore al seno triplo negativo metastatico (mTNBC) rappresenta la forma di tumore della mammella più difficile da curare. Le cellule di questo tumore infatti non presentano sulla loro superficie nessuno dei tre classici bersagli contro cui sono dirette le cure attualmente più efficaci (ER, PgR, HER2). Proprio per questa ragione le opzioni di trattamento del mTNBC sono ancora fortemente limitate, non esiste uno standard di cura comunemente accettato e la prognosi è estremamente scarsa. 

Il carcinoma mammario è il tumore più comune tra le donne, con oltre 2 milioni di casi diagnosticati ogni anno in tutto il mondo. Il TNBC rappresenta il 15% di tutti i tumori al seno ed è più diffuso tra le donne sotto i 50 anni, rispetto ad altre forme di carcinoma mammario. 

DA ASSOGENERICI ALLARME SUI PREZZI DEI FARMACI

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Un comparto che opera con costanza a livello internazionale, soprattutto in Europa, ma che necessita di una riorganizzazione dello scenario nazionale. È quanto emerge dal primo rapporto dell’osservatorio sul “Sistema dei farmaci generici in Italia”, realizzato da Nomisma per Assogenerici. Il rapporto – spiega l’Associazione nazionale delle industrie dei farmaci generici e biosimilari – presenta l’immagine di un comparto capace di produrre un impatto sull’economia del Paese pari a 8 miliardi, ma segnato dall’aumento dei costi di produzione che, tra il 2010 e il 2016, sono cresciuti del 69%, superando di 2 punti il trend positivo dei ricavi (+67%), complice principalmente la crescita delle materie prime (+4,2%). Da questo punto di vista, risulta significativo l’andamento del margine operativo lordo:  -45% nel quinquennio in esame, -25% nell’ultimo anno.

“Dal 2010, la continua pressione verso il basso dei prezzi dei farmaci generici ha costantemente eroso la marginalità lorda delle imprese del comparto. Il pericolo è che si sia toccato un ‘livello critico’ dei prezzi, al di sotto del quale la sostenibilità economica di molte imprese potrebbe risultare a rischio”, ha spiegato il presidente Assogenerici Enrique Häusermann, al quale sono state affidate le conclusioni dei lavori. “Per Aifa, ribadisco un concetto non scontato: tutti coloro che lavorano nel segmento sono interessati ad avere un’industria in salute, innovativa e competitiva anche a livello internazionale”, ha detto Luca Li Bassi, direttore generale Aifa, nel corso della tavola rotonda.

Tra il 2009 e il 2016 il settore farmaceutico ha incrementato costantemente le proprie esportazioni, passando dall’esportare il 55% della produzione nazionale nel 2009 all’86% nell’arco di otto anni, come sottolineato da Lucio Poma, responsabile scientifico area industria e innovazione di Nomisma. Dallo studio, osserva Nomisma, emergono segnali di disagio  dalle dinamiche dei meccanismi di gara, che presiedono a tutte le forniture ospedaliere. Fra il 2016 e il 2018, l’incidenza in volume dei generici sulla farmaceutica ospedaliera è cresciuta di quattro punti percentuali (dal 23,4% al 27,3%), ma la quota in valore è aumentata solo dello 0,3%. Nello stesso arco di tempo risulta decisamente in aumento anche la percentuale dei lotti non aggiudicati (dal 21,5% del 2010 al 24,4% del 2018). «Ribadisco la nostra disponibilità a intraprendere percorsi di mutuo vantaggio, con il fine di garantire il miglior accesso possibile alle cure per i pazienti», ha detto Armando Bartolazzi, sottosegretario al ministero della Salute. 

«Ci sono grosse opportunità di sviluppo, ad esempio, nella possibilità di rivedere l’organizzazione della produzione dei farmaci, cercando di ottimizzare alcuni passaggi della produzione per più realtà industriali. Un’altra grande opportunità potrebbe derivare da un impatto, da parte vostra, sui cosiddetti farmaci innovativi, che al momento hanno prezzi troppi elevati. Se riuscirete a sostituirli con farmaci biosimilari, il governo sarà sicuramente disposto a darvi una mano. Abbiamo davanti sfide che impongono al settore farmaceutico di modularsi diversamente. Il vostro business è anche il nostro business; più lavoriamo in sintonia e più il sistema sanitario nazionale risparmia fondi», ha aggiunto Bartolazzi nel suo discorso di chiusura. «Non possiamo pensare che i margini si riducano, altrimenti non si può investire in ricerca, innovazione tecnologica e nella creazione di nuovi posti di lavoro», ha concluso Enrique Häusermann, presidente di Assogenerici.

MAL DI TESTA, UNA PATOLOGIA MA POCHI LO SANNO

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Colpisce l’11,6% della popolazione, ma è tre volte più frequente tra le donne (il 15,8% contro il 5% dei maschi). Il 69,9% dei pazienti non riesce a fare nulla durante l’attacco, il 58% vive nella costante paura dell’insorgenza dei sintomi. Ma solo il 36,7% la considera una vera e propria patologia. L’emicrania è una patologia che tende a essere sottovalutata e spesso rimane non diagnosticata e non trattata. Il 41,1% dei pazienti ha aspettato più di un anno prima di rivolgersi al medico dopo il primo episodio e il 36,7% ammette di aver derubricato il proprio mal di testa come un disturbo che è normale avere di tanto in tanto, il 28,7% lo ha considerato un problema passeggero e l’8% un lieve fastidio. Il 49,6% conferma che il ritardo nel rivolgersi al medico è dovuto alla iniziale capacità di tenere sotto controllo il disturbo attraverso l’assunzione di farmaci da banco. È quanto emerge dalla ricerca “Vivere con l’emicrania”, realizzata dal Censis con la sponsorizzazione di Eli Lilly, Novartis e Teva.

Grazie alla collaborazione delle Società scientifiche che si occupano di emicrania e cefalea a grappolo e delle Associazioni dei pazienti è stato possibile interpellare un campione di 695 pazienti dai 18 ai 65 anni con diagnosi di emicrania. È stato realizzato anche un focus sui pazienti colpiti da cefalea a grappolo, una forma infrequente di cefalea primaria particolarmente dolorosa.

L’emicrania cronica (più di 14 giornate di emicrania al mese) viene riscontrata soprattutto tra i più anziani (il 42,2% dei pazienti 55-65enni) e tra le donne (il 36,3% contro il 29,9% degli uomini).

TUMORI, CURE SEMPRE PIÙ EFFICACI

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Aumenta in Italia la percentuale di sopravvivenza a tumori che fino a qualche anno fa non davano scampo. Questo grazie alla ricerca e alle nuove terapie immunoterapiche che per certe neoplasie si sono rivelate decisive. A parlare di “dati confortanti” è Livio Blasi, da poco più di un mese nuovo presidente del Collegio italiano dei primari oncologi (Cipomo). In un’intervista all’Agenzia ITALPRESS, Blasi – direttore dell’Oncologia medica dell’ospedale Civico di Palermo – sottolinea i progressi della medicina per la sopravvivenza dei pazienti di determinate forme di cancro.

“Per quello della mammella – spiega – ci avviciniamo al 90% dei pazienti guariti. Lo stesso vale per le nuove molecole immunoterapiche per il melanoma, per il cancro del polmone, per il carcinoma della vescica e del rene che ci hanno dato sopravvivenze maggiori in patologie che fino a qualche anno fa erano mortali. Abbiamo una certa curabilità di queste neoplasie”.

Per esempio per il melanoma, afferma il presidente del Cipomo, “il 40% dei pazienti colpiti, con l’immunoterapia, a 5 anni, sopravvive e di conseguenza li possiamo ritenere guariti. Lo stesso vale per il polmone, una malattia che aveva una sopravvivenza media di circa 12 mesi, oggi l’abbiamo portata a superare i 24-36 mesi. Puntiamo alla personalizzazione delle terapie tramite la biologia molecolare, che ci fa identificare quei target su cui noi costruiamo dei farmaci ad hoc per inibire la crescita neoplastica”.

 

NASCE LA PRIMA BIOBANCA NAZIONALE SULLA SLA

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Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha inaugurato al Policlinico Gemelli la prima Biobanca nazionale sulla Sla, la Sclerosi Laterale Amiotrofica. L’apertura della biobanca è stata possibile grazie all’impegno della Fondazione Gemelli e di Aisla, l’associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, e di XBiogem, affiancati dal sostegno economico del gruppo Selex, che ha contribuito con una donazione di 300.000 euro. Per la prima volta in Italia, spiegano Gemelli e Aisla, i ricercatori impegnati nella lotta alla Sclerosi Laterale Amiotrofica, patologia oggi inguaribile per oltre 6000 italiani, potranno contare sulla prima biobanca per la conservazione dei tessuti biologici necessari alla ricerca. 

Uno degli aspetti innovativi è l’apertura della banca a tutti gli scienziati del mondo, come sottolineato da Conte nel suo discorso. “È un progetto che irradia anche un modo nuovo di affrontare la cura di questi pazienti. Il paziente è al centro, non è abbandonato a se stesso”, ha detto. 

 

“C’è bisogno di intelligenza, competenza professionale, ma anche di sensibilità d’animo e generosità umana. Questo è il senso di questo centro: persone che con amore si dedicano al paziente. Noi accademici – ha aggiunto Conte – siamo generalmente gelosi custodi delle nostre conoscenze, qui invece c’è un numero elevatissimo di campioni che saranno a disposizione di tutti i ricercatori. È un segnale importante”. 

La Biobanca è una struttura situata all’interno del Gemelli di Roma e sarà gestita da XBiogem, (Biorep Gemelli Biobank), società nata dalla collaborazione tra Policlinico Gemelli e BioRep, il centro di risorse biologiche del Gruppo Sapio. Comprende 10 contenitori per la crioconservazione a vapore d’azoto a temperature comprese tra -20°C e i -190°C. I contenitori possono conservare fino a 380.000 campioni biologici di persone con SLA, tra tessuti e campioni di sangue. 

 

“Nel nostro ospedale ricerca scientifica e cura si legano inscindibilmente con alta specializzazione e tecnologie innovative a disposizione di tutti i malati – ha detto Giovanni Raimondi, presidente di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs -. La Biobanca è un nuovo importante tassello di questo mosaico di struttura d’avanguardia, la cui realizzazione è un esempio di fruttuosa sinergia tra industria, strutture ospedaliere e associazionismo per il raggiungimento di risultati nella ricerca di cure contro la SLA. Siamo onorati che il presidente del Consiglio abbia voluto, con la sua partecipazione a questa giornata inaugurale, esprimerci sostegno e incoraggiamento”. 

L’ex calciatore Massimo Mauro, oggi presidente di Aisla, ha sottolineato come si tratti di un progetto che “aiuterà i ricercatori a offrire finalmente nuove terapie ed avere una freccia in più per sconfiggere la Sla”. 

SANITÀ PRIVATA, RESTA NODO DEROGA TETTI SPESA

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“Confermiamo l’obiettivo di arrivare, in maniera condivisa e in tempi ragionevoli, al doveroso aggiornamento contrattuale dei professionisti che operano nella componente di diritto privato del Servizio sanitario nazionale.” È quanto affermato da Aiop (Associazione Italiana Ospedalità Privata) e Aris (Associazione Religiosa Istituti Socio-sanitari) in occasione dell’incontro con l’assessore Sergio Venturi, coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni. Aiop e Aris hanno anche accolto con favore l’avvio di un confronto congiunto voluto dalla Conferenza delle Regioni. Le strutture sanitarie della componente di diritto privato del SSN operano in un sistema regolato da terzi, con volumi di attività e tariffe che, oltre a variare da regione a regione con differenziali fino al 30%, sono datate e costruite in base a meccanismi che non tengono in considerazione le reali componenti di costo delle prestazioni che le strutture erogano ai cittadini per conto del SSN, mettendo a rischio la sostenibilità dell’intero settore.

 

Obiettivo prioritario di Aiop e di Aris, le cui strutture sanitarie associate contribuiscono in maniera determinante all’offerta sanitaria del Paese, è quello di garantire il rinnovo del contratto nei confronti degli oltre 100mila lavoratori che ogni giorno, con grande professionalità, consentono agli italiani di avere una risposta alla propria domanda di salute, e alle aziende di garantire al SSN servizi e prestazioni efficaci e di qualità. Aiop e Aris, in pieno spirito di collaborazione, hanno sottolineato di essere pronti al confronto per raggiungere l’obiettivo, comune a tutti, di un rinnovo contrattuale che valorizzi le competenze dei professionisti della componente di diritto privato del SSN – che hanno pari dignità rispetto ai colleghi del comparto pubblico – e salvaguardi le esigenze di efficienza e produttività delle strutture sanitarie.

 

È stato rilevato, tuttavia, che la sostenibilità del settore è garantita dalla congruità di tariffe definite dalle Regioni, per questo motivo Aiop e Aris ritengono che l’aggiornamento del contratto, comportando costi aggiuntivi, debba anche esser fondato sulle relative coperture, così come previste per il comparto pubblico. Nel corso dell’incontro è stato anche evidenziato come, negli ultimi anni, le strutture della componente di diritto privato del SSN hanno subìto l’imposizione di un tetto di spesa regionale (D.L. 95 del 2012), che, nella migliore delle ipotesi, cristallizza i budget al 2011 abbattuti di un ulteriore 2% (in alcuni casi anche al 2007). Considerato tutto questo, Aiop e Aris ritengono indispensabile che la deroga al D.L. 95 del 2012, che era stata prefigurata nella Legge di bilancio 2019, trovi la sua concreta attuazione all’interno del Patto per la salute.

 

NEL 2017 IN ITALIA SPESI 204 MILIARDI PER LA SALUTE

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Nel solo 2017 la spesa per la salute in Italia è stata di 204 miliardi di euro, di cui 154 miliardi per spesa sanitaria, 41 miliardi e 800 milioni di spesa sociale di interesse sanitario e 7 miliardi e 225 milioni di spesa fiscale mentre per il 2025 il fabbisogno di spesa sanitari potrebbe raggiungere i 230 miliardi, con una spesa pro capite di 3800 euro, con un incremento, entro il 2025 di 28 miliardi, di cui 12 miliardi di spesa pubblica e 16 miliardi di spesa privata. Questi sono alcuni dei numeri contenuti nel 4* rapporto Gimbe sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale presentato questa mattina a Roma dal presidente della fondazione, Nino Cartabellotta, nella sala Capitolare del Chiostro del convento di Santa Maria sopra Minerva. Il rapporto, suddiviso in cinque capitoli, analizza in dettaglio i numeri del 2017 della spesa sanitaria pubblica, che ha toccato la cifra di 113 miliardi, quella privata arrivata a poco meno di 41 miliardi, di cui 36 miliardi circa a carico delle famiglie e 5,8 miliardi di spesa intermediata, e di tutte quelle spese collegate come quelle sociali, che vanno dalle pensioni di invalidità alle spese a carico delle famiglie, e quelle fiscali, derivanti dalle deduzioni.

I problemi principali sollevati dal rapporto riguardano una riforma dei Lea, il definanzimento della sanità da parte dello Stato: “Nel periodo 2010-2019 – ha ricordato  Nino Cartabellotta – sono stati sottratti al SSN circa 37 miliardi di euro e l’incremento complessivo del fabbisogno sanitario nazionale è stato di 8,8 miliardi, con una media annua dello 0,9% insufficiente anche solo a pareggiare l’inflazione (+ 1,07%)”; una lotta agli sprechi visto che le stime sull’impatto sulla spesa sanitaria pubblica 2017: 21,59 miliardi erosi da sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate 6,48 miliardi, frodi e abusi 4,75 miliardi, acquisti a costi eccessivi, 2,16 miliardi, sotto-utilizzo di servizi e prestazioni efficaci e appropriate 3,24 miliardi, inefficienze amministrative 2,37 miliardi e inadeguato coordinamento dell’assistenza 2,59 miliardi. Accanto a queste problematiche “patologie”, due “fattori ambientali” peggiorano ulteriormente lo stato di salute del SSN: la non sempre leale collaborazione tra Governo e Regioni, oggi ulteriormente perturbata dalle istanze di regionalismo differenziato, e le irrealistiche aspettative di cittadini e pazienti che da un lato condizionano la domanda di servizi e prestazioni, anche se inutili, dall’altro non accennano a cambiare stili di vita inadeguati che aumentano il rischio di numerose malattie.

 

Con questa diagnosi il futuro del sistema sanitario nazionale nel 2025 non può che essere infausto: secondo le stime del Rapporto GIMBE per riallineare il SSN a standard degli altri paesi europei e offrire ai cittadini italiani un servizio sanitario di qualità, equo e universalistico sarà necessaria nel 2025 una spesa sanitaria di 230 miliardi di euro. Il rilancio del SSN richiede la convergenza di tutte le forze politiche e un programma di azioni coraggiose e coerenti: dal consistente aumento del finanziamento pubblico alla ridefinizione del perimetro dei LEA, dalla rivalutazione delle agevolazioni fiscali per i fondi sanitari al ripensamento delle modalità con le quali viene erogata la spesa sociale di interesse sanitario al fine di pervenire ad un fabbisogno socio-sanitario nazionale. 

 

SESSO E CONTRACCEZIONE, ITALIANI ANCORA POCO INFORMATI

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Gli italiani fanno più sesso rispetto a venti anni fa, ma sono poco informati sui metodi contraccettivi che usano meno rispetto a una volta. È in sintesi quanto emerge dal «Rapporto Censis-Bayer» sui nuovi comportamenti sessuali degli italiani tra i 18 e i 40 anni. I dati sono stati presentati questa mattina alla Triennale di Milano nell’ambito del Festival dell’Amore, insieme alla nuova campagna informativa #dilloatuasorella promossa da Bayer con La Pina.

«A vent’anni di distanza dall’ultima grande ricerca sulla sessualità degli italiani, abbiamo realizzato con Censis un’indagine per capire come si sia modificata la nostra società nel corso del tempo – ha detto Giovanni Fenu, country division head Pharmaceuticals di Bayer in Italia – in questi anni la situazione si è evoluta, però emerge un bisogno fortissimo di informazione e di presa di coscienza sul tema della contraccezione». Secondo i dati che emergono dall’indagine, sono 12,2 milioni gli italiani che hanno una vita sessuale attiva, mentre 1,6 milioni non hanno mai avuto rapporti sessuali. Tuttavia solo il 21,6 per cento degli intervistati ha detto di aver sempre usato i contraccettivi, il 15 per cento non ne ha fatto uso perché cercava una gravidanza, mentre il 63,3 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver avuto almeno un rapporto sessuale completo non protetto.

Tra questi ultimi il 22,5 per cento ha detto che non aveva a disposizione un contraccettivo, il 18,1 per cento lo ha fatto perché ha deciso di correre il rischio mentre il 17,9 per cento non pensava ci fossero probabilità di una gravidanza, in altri casi perché la persona con cui era ha detto che andava bene così (15 per cento donne che sale al 22 per cento negli uomini). Nello studio Censis del 2002 le motivazioni erano differenti: la quota maggiore del campione non usava contraccettivi perché riteneva che potessero rovinare la spontaneità del rapporto (24,7%) o ridurre il piacere (20%), il 14,6 per cento non li conosceva e il 15,5 per cento li riteneva dannosi per la salute. «Si tratta di dati preoccupanti se consideriamo che chi risponde è adulto e dovrebbe quindi essere responsabile – ha commentato la dottoressa Roberta Rossi, sessuologa e presidente della Federazione italiana di sessuologia scientifica – per questo continua a essere importante che donne e uomini si prendano cura della propria salute sessuale. Iniziative come quelle di Bayer che promuovono il benessere delle donne attraverso la conoscenza e la consapevolezza sono una necessità sempre più evidente in una società in cui c’è ancora troppa disinformazione».

 

Per quanto riguarda la conoscenza dei metodi contraccettivi: il profilattico è il più conosciuto (dal 92,8%), seguito dalla pillola (dall’86,5%, dato che sale al 90,7% tra le donne). Mentre se si tiene conto dell’affidabilità, l’83,2 per cento delle donne ritiene la pillola il metodo più affidabile, l’80,2 per cento pensa sia il profilattico mentre il 47,2 per cento considera l’anello anticoncezionale il metodo più sicuro. In materia di contraccezione, per il 69,5 per cento delle persone il principale influencer è il partner e per le donne il riferimento del medico specialista è quasi importante quanto l’influenza del compagno (per il 53,9%). Per la Dottoressa Manuela Farris, specialista in Ginecologia e Ostetricia e membro della Società italiana di contraccezione (Sic) «il ginecologo è una delle figure di riferimento per le donne, dovrebbe saper fare anche da psicologo in modo da conquistare la loro fiducia e consigliare il metodo contraccettivo più adatto alle loro necessità». Oggi, infatti grazie alla ricerca scientifica, la contraccezione femminile offre numerose soluzioni su misura per le diverse esigenze.

 

«La ricerca in questo campo è fondamentale per il benessere della donna e per la salute in generale – ha continuato Fenu – Bayern (che nel 2018 ha investito 5,2 miliardi di euro in ricerca e sviluppo) da più di 80 anni è al fianco delle donne e affinché la ricerca porti i suoi frutti è importantissimo ascoltarle per capire come evolvono i loro bisogni. Ad esempio nel settore degli anticoncezionali femminili c’è stato un enorme progresso e la contraccezione oggi offre un bouquet di soluzioni molto diverse tra loro, ad esempio la classica pillola si è evoluta, oggi i dosaggi sono sempre più bassi, con l’uso di estrogeno naturale e non più solo su base sintetica, con progestinici molto diversi, poi ci sono i device intrauterini che assicurano una copertura a tre o cinque anni piuttosto che cerotti e tanti altri metodi». Per rendere fruibili i dati dell’indagine e diffonderli il più possibile, Bayer ha promosso la campagna informativa #dilloatuasorella che arricchisce, rielabora e contestualizza la ricerca trasformandola, grazie all’ironia de La Pina, in contenuti ingaggianti. Una serie di video-pillole sarà postata sul canale Instagram My Contraception Italia in cui La Pina dà voce a un puppet con le sue sembianze, raccontando al pubblico i dati più importanti emersi dal Rapporto Censis-Bayer e invitandolo ad approfondire ogni dubbio sul sito Sceglitu della Società Italiana Ginecologia e Ostetricia (Sigo).