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Salute

SANITÀ, AIOP “COGLIERE OPPORTUNITÀ INNOVAZIONE”

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“L’innovazione tecnologica in atto anche nel settore sanitario ci pone di fronte a uno scenario che deve contemplare sia le opportunità, ma anche i rischi a essa correlati che vanno gestiti affinché non diventino criticità”. Così Barbara Cittadini, presidente dell’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop), intervenendo a un seminario organizzato dalla società di consulenza Willis Towers Watson presso Areu Lombardia – Teaching Center. 

“Sono tre gli aspetti da tenere in considerazione quando si parla di innovazioni tecnologiche nel nostro settore – ha precisato  Cittadini – il primo è conoscerle e restare costantemente aggiornati per metterle a disposizione degli utenti e dei professionisti; il secondo aspetto riguarda la formazione del personale che implementa queste risorse tecnologiche come ad esempio la gestione dei dati, l’intelligenza artificiale e la robotica, infatti è importante che i professionisti siano formati per ridurre i rischi derivanti dal loro utilizzo; il terzo aspetto è il costo di questo processo, ossia la valutazione dell’equilibrio finanziario delle prestazioni che non deve andare a discapito della qualità delle cure del sistema”.

“Noi, infatti, siamo componenti del Sistema sanitario nazionale e non stabiliamo volumi e tariffe, inoltre, come riporta l’articolo uno della legge Gelli, devono essere valutati tutti gli aspetti strutturali tecnologici e organizzativi per ridurre i rischi per il paziente. Ritengo che sia fondamentale cogliere le grandi opportunità che l’innovazione tecnolgica porta nel sistema sanitario – ha concluso Cittadini – ma è importante valutare questi tre aspetti tra loro correlati e che non sono ascrivibili alle scelte della singola struttura, ma sono di sistema. La nostra mission infatti è quella di tutelare il paziente dando una risposta di salute puntuale, efficace, efficiente e sicura al paziente”.

 

ENEA, ARRIVA MAGLIETTA SMART CHE FA IL CHECK UP

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Una maglietta “intelligente” che acquisisce frequenza cardiaca e dati respiratori, grazie a una nuova applicazione tecnologica sviluppata da ENEA e Università Campus Bio-Medico di Roma. Realizzata in tessuto elasticizzato con sensori in fibra ottica, faciliterà sia le indagini cliniche che la valutazione delle prestazioni sportive.

“Abbiamo utilizzati sensori in fibra ottica già in commercio e li abbiamo incapsulati all’interno di particolari materiali polimerici”, spiega il ricercatore dell’ENEA Michele Caponero.

“Questi sensori, incorporati nelle magliette, risultano particolarmente utili in medicina sportiva, in quanto lasciano il paziente molto più libero nel movimento di quanto non avvenga con i metodi tradizionali, che prevedono l’utilizzo di un numero elevato di cinghie sul corpo”, aggiunge Caponero.

“Testata su ciclisti in allenamento simulato, la maglietta ci ha permesso di monitorare i parametri degli atleti, in particolare i volumi compartimentali e la frequenza respiratoria, che possono risultare utili per ottimizzare il training e migliorare le prestazioni”, spiega il professore Emiliano Schena dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

“Queste magliette offrono vantaggi significativi anche per le indagini cliniche – sottolinea l’Enea -; ad esempio durante le risonanze magnetiche consentono di monitorare alcuni parametri legati agli atti respiratori, laddove i sensori tradizionali di tipo elettrico risultano disturbati dall’intenso campo magnetico necessario per eseguire l’esame, senza nulla togliere al comfort del paziente, che deve limitarsi a indossare una maglia”.

“Monitorare la frequenza respiratoria sotto risonanza può essere importante, per esempio, per chi soffre di ansia o attacchi di panico. Se il paziente ha crisi di questo tipo durante la procedura, la maglietta le rileva precocemente, favorendo l’intervento del medico. Inoltre, la nostra idea è quella di usare queste magliette per rimuovere dalle immagini della risonanza gli artefatti da movimento dovuti alla respirazione del paziente, che peggiorano la qualità delle immagini”, spiega Daniela Lo Presti, che ha seguito il progetto inizialmente come tesista presso ENEA e attualmente come dottoranda  presso l’Università Campus Bio-Medico.

Nella realizzazione della maglietta smart, ENEA si è occupata dell’aspetto tecnologico del sensore e del cablaggio, mentre l’Università Campus Bio-Medico ha ottimizzato il posizionamento dei sensori per misurare al meglio i parametri fisiologici.

Il progetto, che è stato autofinanziato dai due partner, prevede anche una serie di altre possibili applicazioni della tecnologia in fibra ottica. “Possiamo usare questi sensori per il monitoraggio della temperatura nelle procedure di ablazione laser per la rimozione dei tumori, in modo da salvaguardare i tessuti sani. Inoltre, stiamo investigando la possibilità di utilizzare questa tecnologia per monitorare il livello di umidità nell’aria erogata dal ventilatore polmonare prima che questa raggiunga le vie aeree del paziente”, aggiunge Daniela Lo Presti. “Avvolgendo i sensori in un materiale idroscopico, questi diventano sensibili alle variazioni di umidità e in questo modo possono essere utilizzati per testare la qualità dell’aria erogata durante ventilazione artificiale”, conclude Caponero.

 

Mantenersi in forma durante la gravidanza è possibile

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Mantenersi in forma durante la gravidanza è possibile o potrebbe essere causa di danni per il nascituro? Va assolutamente sfatato il mito secondo il quale durante il periodo della gravidanza la donna non sia in grado di affrontare alcuno sforzo. Importanti ricerche, tra cui quella condotta dall’azienda MyProtein, hanno infatti rivelato come in realtà l’attività fisica durante la gravidanza sia un toccasana, sia per il benessere fisico che psicologico della futura mamma.

Dal punto di vista fisico i vantaggi comprendono un recupero più veloce della forma fisica in seguito al parto e la riduzione della necessità di ricorrere a degli interventi di tipo chirurgico, mentre dal punto di vista psichico l’attività fisica in gravidanza aiuta a migliorare l’umore e la qualità del sonno. Notevoli sono anche i benefici più strettamente legati allo stato di salute, come ad esempio la riduzione del rischio di sviluppare il diabete gestazionale e un maggior controllo sugli sbalzi di pressione.

Le discipline praticabili pur avendo il pancione sono tra le più disparate: yoga, pilates, danza classica e moderna, pole dance e persino aerial fitness; ovviamente nulla a livello agonistico. Il mantenimento della linea in gravidanza può essere sostenuto sia da un valido regime alimentare che da una scelta oculata di integratori proteici ed alimentari utili a rafforzare i benefici della dieta e dell’attività fisica. I supplementi offerti da MyProtein contengono tutte le vitamine e gli elementi essenziali per affrontare al meglio il periodo della gravidanza: acido folico, niacina, riboflavina, tiamina e vitamine del gruppo A, B, C, D ed E, tra cui la preziosa vitamina B12 contro l’affaticamento e lo stress.

Per acquistare questi supplementi si può usufruire di una vasta gamma di codici sconto per MyProtein, così da ottenere vantaggiose riduzioni percentuali o monetarie sul totale dell’acquisto. Per usare il codice sconto è sufficiente inserire la sequenza alfanumerica del coupon nell’apposito box del carrello prima di concludere il proprio ordine. Ma dove possiamo trovare questi sconti per MyProtein? Possiamo prelevarli da questa pagina dove troverete i codici sconto MyProtein già ordinati per il migliore.

La cosa più importante quando si decide di fare attività fisica in gravidanza è attenersi ad una serie di semplici accorgimenti. Uno di questi, ad esempio, è rivolgersi al ginecologo e solo in un secondo momento individuare un istruttore di fitness in grado di seguire la futura mamma durante tutto il percorso.

Benché nel periodo della gravidanza sia possibile praticare una gran varietà di discipline fisiche, va ricordato che in seguito alle 28 settimane di gestazione le dimensioni e il peso del pancione possono rappresentare un ostacolo alla pratica di attività fisica di una certa intensità. In questo caso sarà opportuno il passaggio ad una forma di attività più soft, sempre dietro consiglio combinato di ginecologo ed istruttore. E per quanto riguarda la frequenza di allenamento? Durante la gravidanza la frequenza di allenamento non cambia: al fine di ottenere dei buoni risultati sarà infatti sufficiente allenarsi dalle due alle tre volte alla settimana.

Contributo di Eleonora Casula

UN’APP CALCOLA RISCHIO DI ICTUS E INFARTO

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Calcolare il rischio di ictus e di infarto per ridurlo presto e bene attraverso l’utilizzo di una semplice “app”, chiamata RISKOMETER, ideata dall’Università di Auckland, Nuova Zelanda e patrocinata da World Stroke Organization (WSO), International Association of Neurology & Epidemiology (IANE) e European Stroke Organization (ESO). Tradotta in diverse lingue, in Italia è disponibile sia per Apple che per Android, grazie ad ALT- Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari. 

La app è un “calcolatore del rischio”, permette cioe’ di misurare il rischio di andare incontro alle due malattie da trombosi piu’ probabili ma anche piu’ facilmente evitabili: infarto e ictus cerebrale. 

“La app funziona in modo semplice e intuitivo – sottolinea la presidente di ALT, Lidia Rota Vender -: registra le abitudini dell’utente e segue i cambiamenti durante l’anno. Fornisce quindi non solo una misura del rischio ma informazioni fondamentali sulla predisposizione, sui sintomi precoci, aumentando la motivazione necessaria per modificare i fattori di rischio modificabili. Non possiamo cambiare la nostra predisposizione genetica ma abbiamo il dovere e il diritto di sapere quale impatto alcune abitudini hanno concretamente sulla probabilita’ di essere colpiti o meglio di evitare due malattie cosi gravi e devastanti, cosi diffuse e cosi evitabili se le conosciamo e non le sottovalutiamo. Le malattie cardio e cerebrovascolari da trombosi, infarto e ictus cerebrale in primis, sono il nostro incontro piu’ probabile dai 50 anni in avanti, insieme alle altre malattie causate da Trombosi delle arterie e delle vene. Le malattie da trombosi sono la prima causa di morte e di grave invalidita’ nel nostro Paese, colpiscono il doppio dei tumori, ma possono essere evitate almeno in 1 caso su 3”.

L’app Stroke Riskometer insegna a riconoscere tempestivamente i sintomi dell’ictus che non devono essere sottovalutati nel momento in cui si presentano: riconoscere i sintomi dell’ictus e chiamare il 118 senza perdere tempo può salvare la vita di chiunque, delle persone care intorno a noi ed evitare le conseguenze devastanti in termini di disabilità E il tempo è cervello: quanto piu’ tempestivamente riconosciamo questi sintomi tanto meno gravi saranno le conseguenze dell’ictus e dell’infarto 

“I dati raccolti attraverso l’app – sottolinea Paola Santalucia, specialista in cardiologia e in neurologia, e vice-presidente di ALT – permetteranno a chi la utilizzerà, previo consenso e in forma anonima, di partecipare a una ricerca mondiale che coinvolge 160 Paesi, finalizzata a comprendere sempre più a fondo i fattori di rischio che causano ictus e infarto. Ad oggi hanno scaricato e continuano a scaricare la app decine di migliaia di persone in tanti Paesi del mondo e diverse migliaia in Italia. L’impegno di ALT nella creazione della versione italiana dello Stroke Riskometer e nella diffusione di questo strumento è un’azione concreta di prevenzione che contribuisce a salvare non solo la vita e la qualita’ della vita di molti, ma anche a realizzare un risparmio economico per le famiglie colpite e per il Paese: la popolazione mondiale invecchia e un numero sempre maggiore di persone potrebbe essere colpito da ictus e infarto. Le conseguenze sono drammatiche cosi come le ripercussioni sulla spesa sanitaria di tutti i Governi per le cure, la riabilitazione e la perdita del lavoro e di vita attiva di chi sara’colpito. Evitare un ictus o un infarto significa risparmiare anche il capitale invisibile, quel valore che ognuno di noi ha per la propria famiglia, per la cultura, per l’umanita’ intera”.

L’ictus è causato da una squadra di complici, che noi abbiamo il dovere di conoscere e neutralizzare uno per uno, perché si potenziano a vicenda per causare un evento cardiaco o cerebrale. Molti dei componenti di questa squadra sono noti, eliminabili o neutralizzabili e che ben conosciamo: fumo, alimentazione sbilanciata per quantità o qualità, pigrizia, stress, diabete, pressione alta, livelli di colesterolo nel sangue troppo alti e abuso di droghe. 

Lo Stroke Riskometer calcola l’impatto di questi fattori nel loro insieme e fornisce i consigli “salvavita”: è sufficiente cliccare sulle informazioni relative a ciascun fattore di rischio incluse nell’applicazione. 

La versione “Pro” dell’app contiene inoltre una serie di video nei quali esperti internazionali forniscono spiegazioni sui sintomi, sui fattori di rischio e sui provvedimenti necessari per evitare l’ictus cerebrale.

 

DISTURBI ALIMENTARI, ARRIVA “CODICE LILLA”

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“Codice lilla” è un percorso specifico per aiutare gli operatori sanitari ad accogliere i pazienti affetti da disturbi alimentari in pronto soccorso e avviarne da subito il giusto cammino terapeutico. Ma prevede anche raccomandazioni specifiche ai familiari per renderli consapevoli delle forme di disagio, soprattutto iniziale e a volte nascosto, dei loro parenti, che può sfociare in gravi problemi sanitari. I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono ormai uno dei più frequenti fenomeni sanitari, in particolare tra gli adolescenti e i giovani adulti. Anche per questo, per la potenziale gravità degli sviluppi che può avere una patologia non diagnosticata per tempo o non adeguatamente seguita e curata, un Tavolo di lavoro specifico coordinato dal ministero della Salute ha elaborato le “Raccomandazioni per interventi in Pronto Soccorso per un Codice Lilla” e le “Raccomandazioni per i familiari”.

La redazione dei documenti è stata fortemente sollecitata sia dalle associazioni dei familiari sia dagli operatori sanitari, che necessitano di strumenti pratici in una tematica in cui ancora oggi esiste una estrema disomogeneità di cura e trattamento sull’intero territorio nazionale. Il documento “Interventi per l’accoglienza, il triage, la valutazione ed il trattamento del paziente con disturbi della nutrizione e dell’alimentazione – Raccomandazioni in pronto soccorso per un Codice Lilla” è stato redatto con taglio operativo per gli operatori del settore sanitario che si trovano, in Pronto Soccorso, a dover svolgere funzioni di triage, accoglienza, valutazione e trattamento di pazienti con DA. Le “Raccomandazioni per i familiari”, invece, intendono aiutare i familiari di pazienti affetti da DA, fornendo loro delle prime risposte su come riconoscere i sintomi dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e aiutandoli a comprenderne la natura e a fornire un supporto pratico, soprattutto per la gestione dei pasti.

 

AUTISMO, ENTRO UN ANNO E MEZZO NUOVE LINEE GUIDA

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Formulare diagnosi accurate nei bambini e negli adulti, riconoscere i casi e indirizzarli al trattamento, indicare terapie personalizzate a seconda delle caratteristiche individuali della persona, creare una rete di sostegno e assistenza, favorire l’interazione tra medico, paziente e familiari, rendere omogenea tra le regioni la qualità delle cure: sono questi gli obiettivi principali delle nuove Linee Guida sul disturbo dello spettro autistico che saranno redatte dall’Istituto Superiore di Sanità attraverso il Sistema Nazionale delle Linee Guida. 

Le principali novità riguarderanno l’introduzione del tema della diagnosi e l’estensione delle raccomandazioni all’età adulta. L’ISS coordinerà infatti l’elaborazione di due distinte linee guida, una per i bambini e gli adolescenti e una per gli adulti), che saranno sviluppate nel corso di un anno e mezzo. Le raccomandazioni saranno rese pubbliche non appena formulate dal panel, insieme alle evidenze scientifiche prodotte dai centri di revisione sistematica su un sito web dedicato, liberamente accessibile e consultabile.

“Evidenza scientifica e rigore metodologico guideranno lo sviluppo delle nuove Linee Guida dell’Istituto – afferma Maria Luisa Scattoni, coordinatrice del Comitato Tecnico-Scientifico -. Nel documento, che mira a definire le strategie diagnostico terapeutiche raccomandate per la diagnosi e il trattamento del disturbo dello spettro autistico, sono previste per la prima volta raccomandazioni anche per gli adulti. Le Linee Guida, che contiamo di completare entro un anno e mezzo, verranno elaborate attraverso un metodo scientifico rigoroso e trasparente adottato dalle più autorevoli agenzie di salute internazionali”.

Le raccomandazioni saranno prodotte dal Sistema nazionale Linea Guida del Centro Nazionale Eccellenza clinica, qualità e sicurezza delle cure: “Adottiamo i migliori standard metodologici per la creazione di Linee Guida su un argomento di alta complessità e impatto sociale – chiarisce Primiamo Iannone direttore del Centro -. Confidiamo perciò nella credibilità e autorevolezza delle raccomandazioni prodotte”.

Le nuove Linee Guida, insisteranno sulla tempestività del trattamento e dovranno tenere conto della complessità del disturbo e dell’importanza dell’interazione con la famiglia considerandola parte integrante del percorso di cura: “Un percorso diagnostico deve essere effettuato nell’ottica di un’immediata presa in carico – aggiunge infine Holger Schunemann, coordinatore ed esperto metodologo per le due LG -; scopo finale della linea guida è quello di supportare i professionisti sanitari nella definizione del percorso diagnostico terapeutico più appropriato, condividendo tale scelta con le persone nello spettro e i loro familiari o caregivers”.

 

ENTRO IL 2030 2 MILIONI MALATI ALZHEIMER, +300%

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Ricordi che cominciano a sbiadire, dai nomi dei familiari al posto in cui si vive e al come ci si arriva, confusione con tempi e luoghi, richiesta delle stesse informazioni più volte: questi tra i primi sintomi con cui si manifesta l’Alzheimer, il mostro silenzioso che affligge oltre 600mila italiani e i loro familiari. Per sconfiggere la malattia ci si affida alla ricerca e a diagnosi precoci sempre più precise, ma la lotta per ridare dignità ai malati e aiutarli a riconquistare la propria quotidianità, oggi passa anche dalla tecnologia e dai social, a partire dai chatbot, “assistenti virtuali” che si avvalgono dell’intelligenza artificiale a supporto delle persone affette da demenze. Di questi temi si è discusso al Ministero della Salute, in occasione della conferenza stampa “Alzheimer, non perdiamolo di vista”, organizzata da Italia Longeva, la Rete nazionale di ricerca sull’invecchiamento e la longevità attiva del Ministero della Salute, sostenitore del progetto “Chat Yourself”, il primo chatbot per i malati prodromici di Alzheimer (@chatyourselfitalia).

“Per l’Italia, Paese più vecchio al mondo con il Giappone, le demenze rappresentano un problema medico-sociale ogni giorno più grande – ha dichiarato Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva -. Ciò vale in particolar modo per l’Alzheimer, senza dubbio la forma di demenza più prepotente e violenta, sia sotto il profilo epidemiologico, sia per l’impatto sulla qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari. Questa patologia oggi interessa quasi il 5% degli over-65, ma secondo le proiezioni elaborate dall’ISTAT per Italia Longeva, nel 2030 la percentuale si triplicherà e saranno colpiti dalla malattia ben oltre 2 milioni di pazienti, in prevalenza donne. In attesa di cure efficaci contro l’Alzheimer, una strada percorribile nelle prime fasi dopo la diagnosi è quella di sfruttare le risorse della tecnologia. Chat Yourself è nato con questo obiettivo: contenere il danno provocato dalla malattia, affiancando all’impegno dei propri cari un aiuto concreto a ricordare”, ha concluso Bernabei.

L’Alzheimer comporta un lento e progressivo decadimento delle funzioni cognitive, dovuto all’azione di due proteine, la Beta-amiloide e la proteina Tau, che si accumulano nel cervello causandone la morte cellulare.

“Evidenze scientifiche ci dicono che l’attacco ai neuroni ed ai circuiti nervosi inizia almeno 15-20 anni prima della comparsa dei ‘tipici’ disturbi della memoria. Questo perché nel nostro cervello c’è un numero enorme di cellule, circuiti e sinapsi “di riserva” in grado di sostituire quelli danneggiati o distrutti dalla malattia, fino a quando non si arriva a una soglia limite, superata la quale il meccanismo degenerativo diventa inarrestabile – ha spiegato Paolo Maria Rossini, Direttore Area Neuroscienze, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS-Università Cattolica, Roma -. il limite dei trattamenti terapeutici sin qui tentati è stato proprio quello di essere somministrati in presenza di una sintomatologia già conclamata corrispondente ad una fase di malattia in cui le riserve plastiche del cervello sono esaurite. In sostanza, come voler curare il cancro in un paziente plurimetastatico. Per questo motivo, gli sforzi della ricerca sono sempre più tesi a individuare le cratteristiche prodromiche, precocissime e spesso visibili solo con l’ausilio di esami strumentali, così da intervenire il prima possibile con trattamenti specifici e supporti tecnologici”.

L’Italia è in prima fila in questa attività di ricerca con il progetto ‘Interceptor’, che ha l’obiettivo di intercettare con precisione i soggetti che svilupperanno la patologia di Alzheimer.

“L’Alzheimer non colpisce solo il malato ma l’intero nucleo familiare, e soprattutto il caregiver che se ne prende cura ogni giorno, spesso per anni, sottoposto allo stress, alla stanchezza, e alla sofferenza di vedere il proprio caro perdere sempre più la propria storia, i propri affetti, il proprio stile di vita – ha ricordato Patrizia Spadin, Presidente AIMA-Associazione Italiana Malattia di Alzheimer -. E i social network possono essere degli straordinari alleati perché consentono di vivere la malattia in una dimensione collettiva e partecipata, che aiuta ad avere una maggiore consapevolezza del problema. Speriamo molto nella sensibilità anche di chi oggi non ne è toccato ma che potrebbe esserlo domani”, ha concluso Spadin.

Una proposta concreta di utilizzo sociale dell’innovazione tecnologica arriva da Chat Yourself, la ‘memoria di riserva’ a portata di smartphone in qualunque momento della giornata. Sviluppato su Messenger, già oggi utilizzato anche dai senior, Chat Yourself è in grado di memorizzare tutte le informazioni relative alla vita di una persona, restituendole su richiesta all’utente, che ha anche la possibilità di impostare notifiche personalizzate (ad esempio per ricordare di prendere i medicinali). Il chatbot, nato da un’idea di Y&R, con il supporto tecnico di Nextopera e di Facebook e perfezionato grazie ad un team di geriatri, neurologi e psicologi per rispondere in maniera più efficace alle esigenze dei pazienti, è disponibile e accessibile a tutti gratuitamente sulla pagina Facebook di Chat Yourself (@chatyourselfitalia). Come afferma Marco Ruggeri, General Manager di Y&R Roma, “la creatività, unita alla conoscenza dei nuovi media e con l’ausilio della tecnologia, supera i confini del convenzionale per generare valore, nel suo ambito specifico e nella società”.

 

INSONNIA 1,5 VOLTE PIÙ COMUNE NELLE DONNE

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“Difficoltà ad addormentarsi, sonno agitato, risvegli notturni e sveglia anticipata sono chiari segnali di disturbi del sonno, indicatori importanti che impattano sulla salute fisica e psichica e sulla stabilità della coppia – spiega Francesca Merzagora, Presidente Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere -. Per oltre il 90% degli italiani tra i 45 e i 65 anni dormire bene è molto importante e alla base del benessere, ma solo per 1 su 10 è facile”.

A scattare la più recente fotografia sui disturbi del sonno dopo l’età fertile è Onda, attraverso un’indagine, condotta da Elma Research su un campione di 150 uomini e 150 donne tra i 45 e i 65 anni, presentata all’apertura del 2° Congresso nazionale dell’Osservatorio “La donna e la coppia dopo l’età fertile – La salute che cambia: prevenzione, stili di vita, fragilità”.

I dati rivelano che 4 intervistati su 5 soffrono o hanno sofferto di disturbi del sonno e la metà del campione ritiene necessarie e salutari almeno 8 ore di riposo per notte anche se, di fatto, l’83% ammette di dormire al massimo 7 ore, con il 16% che ne dorme al massimo 5. Tra le diverse cause che impediscono un buon sonno, quelle più considerate sono lo stress mentale e i traumi (88%), stile di vita e alimentazione non adeguati (79%) nonché stanchezza fisica (76%), ma anche malattie (56%) e menopausa e invecchiamento (42%). Si ritiene che i disturbi del sonno portino a molte conseguenze: psichiche per il 98% degli intervistati, in primis nervosismo e irritabilità, ma anche cattivo umore, assenza di lucidità e difficoltà di concentrazione e apprendimento; fisiche, soprattutto stanchezza e mancanza di energie per l’83% e nel 41% dei casi anche conseguenze relazionali con tendenza ad isolarsi, problemi nella comunicazione e dialogo nella coppia e calo del desiderio sessuale.

“Dall’indagine emerge anche che la parte femminile del campione valorizza maggiormente l’importanza del sonno e più degli uomini ritiene che sia alla base del benessere della persona”, afferma Luigi Ferini Strambi, Primario di Neurologia-Centro del Sonno, IRCCS San Raffaele Turro e Università Vita-Salute San Raffaele, Milano.

Secondo l’indagine, in generale le donne temono di più l’insorgenza di questi disturbi e di fatto ne soffrono più degli uomini: l’87% delle intervistate lamenta di avere questo problema rispetto al 67% del campione maschile. “Quanto affermato dalle donne è in effetti in linea con i dati scientifici secondo i quali l’insonnia è 1,5 volte più comune nelle donne rispetto agli uomini e questo valore tende ad aumentare dopo i 65 anni – prosegue Ferini Strambi -. Questo dato è in parte spiegato da una più marcata riduzione della secrezione di melatonina, ormone che regola il ciclo sonno-veglia, nelle donne rispetto agli uomini con l’avanzare degli anni”.

“Anche la riduzione di progesterone, che ha un effetto sedativo e riduce i microrisvegli intrasonno, in menopausa può spiegare l’aumentata prevalenza di insonnia in questa fascia d’età. Inoltre, è noto che la depressione sia uno dei più importanti fattori scatenanti dell’insonnia cronica; non stupisce quindi che l’insonnia tenda a cronicizzare più frequentemente nella donna che è colpita dalla depressione in maniera doppia rispetto agli uomini”, sottolinea.

“Oltre ad avere importanti conseguenze sul piano psichico e di mancanza di energie – commenta Stefano Genovese, Responsabile di Diabetologia, Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Centro Cardiologico Monzino IRCCS, Milano -, l’alterazione dell’orologio biologico del nostro corpo per deprivazione di sonno anche parziale, ma ripetuta nel tempo o la compromissione della qualità del sonno, aumenta la probabilità di alcune malattie e questo è molto evidente per patologie metaboliche come il diabete di tipo 2 e l’obesità. Vari studi hanno dimostrato che chi dorme meno di 6-7 ore per notte ha un più elevato rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e di andare incontro ad un eccessivo aumento di peso, infatti il sonno influenza il modo in cui il nostro corpo processa il glucosio e dormire poco è associato ad alterazioni di alcuni ormoni che regolano l’appetito e che influenzano l’apporto calorico”.