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SOLO 37% ITALIANI ALLENA LE FUNZIONI CEREBRALI

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Stressati e stanchi, abituati ‘a correre’ e affrontare mille impegni quotidiani. L’unico rimedio è fare una pausa: la soluzione potrebbe essere concedersi una piccola sessione di mindfulness, in italiano “consapevolezza”. Negli Stati Uniti può già contare su oltre 20 milioni di appassionati, ma anche da noi sono sempre più numerosi a sperimentare questa tecnica di meditazione che insegna a liberarci dalle abitudini che ci condizionano e che, secondo uno studio dell’Università di Waterloo, in meno di mezz’ora riattiva il cervello e l’energia. Una proposta allettante soprattutto per quelli che, a poco più di un mese dalla pausa estiva, si sentono indeboliti, come se non fossero mai andati in vacanza.

Secondo il recente sondaggio di SWG per Novartis, solo il 37% degli italiani si dedica a esercizi che aiutano a mantenere allenate le funzioni cerebrali, mentre il 70% ignora che le tecniche di rilassamento come la mindfulness possano essere utili a preservare le capacità cognitive, cambiando il modo in cui il cervello elabora le informazioni e gestisce gli effetti dello stress e dell’ansia.

Proprio a questa “consapevolezza” è dedicata la nuova release di Brainzone.it, la piattaforma web di Novartis dedicata alla sensibilizzazione sull’importanza della cura del cervello e sulle patologie neurologiche, giunto quest’anno alla sua quarta edizione con tantissime novità. 

Con gli audio tool per il rilassamento guidato, indicati per chi è in continuo movimento, sarà possibile favorire il rilassamento mentale, semplicemente indossando un paio di cuffiette.

Un’altra grande novità è la sezione “Brain Challenge”, il test per tenere in allenamento il cervello. Con questo test di auto-assessment sarà possibile verificare quanto ciascuno si prende cura della propria materia grigia, ricevendo anche consigli di neuro empowerment personalizzati. Tutto ciò sarà disponibile in una nuova sezione del sito ricca di quiz che stimoleranno le abilità di analisi e deduzione con rompicapi irresistibili, dilemmi logici, schemi e strutture da decifrare.

“Le buone capacità mentali possono essere mantenute o migliorate grazie alla cura e all’esercizio della mente – dichiara Nicola De Pisapia, ricercatore al Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive all’Università di Trento e tra i fondatori di Neocogita -. Numerose sono le attività che possiamo fare per prenderci cura del nostro cervello e del suo buon funzionamento: imparare a conoscere quello che ci fa bene e avere a disposizione gli strumenti giusti è fondamentale per permetterci di dare il meglio di noi stessi e di preservare un organo così importante.”

Per rispondere a queste esigenze, Brainzone quest’anno ha lanciato il progetto “Brain Wellness”, uno spazio on-line dove stimolare e potenziare le proprie funzionalità cognitive utili nella vita di tutti i giorni. Un vero e proprio percorso di training mentale, sviluppato da un team di esperti, al termine del quale ognuno riceverà la valutazione sui propri progressi e i suggerimenti per poter mantenere attiva la funzione cerebrale e mentale ad ogni età.

Dal portale l’utente potrà accedere ad aree dedicate, pensate proprio per chi ha voglia di divertirsi e tenersi in allenamento, per poi ripetere il test misurando i propri progressi e tenendo sotto controllo i risultati.

“Novartis, azienda che ha scritto pagine importanti nella storia di alcune malattie neurologiche tra cui la sclerosi multipla, oggi, vuole continuare a contribuire alla creazione di una cultura del benessere del cervello. Siamo fieri di aver reso possibile un’ulteriore implementazione del progetto Brainzone, che già da quattro anni ci vede coinvolti, grazie a nuovi contenuti scientifici validati da un team multidisciplinare di esperti – sottolinea Alessandra Dorigo, Head Business Franchise Neuroscience di Novartis -. Per continuare a rafforzare l’identità del progetto, e con la nascita di questa nuova “area protetta” per il cervello, in questa nuova edizione Brainzone si candida a diventare ambassador scientifico della Brain Wellness”.

 

NEL MONDO 36 MILIONI DI CIECHI

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“Guarda che è importante”: è il messaggio che verrà lanciato all’inizio delle partite di Serie A in occasione dell’8ª giornata di campionato di calcio (dal 5 al 7 ottobre) – con un lungo striscione in campo – per sostenere la Giornata Mondiale della Vista dell’11 ottobre, promossa dall’Agenzia Internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus e l’Organizzazione Mondiale della Sanità. 

Quest’anno ci si rivolge a coloro che non sono mai andati dall’oculista. Insieme alla Società Oftalmologica Italiana (SOI) verrà, quindi, lanciato l’ambizioso obiettivo di offrire 15.000 visite gratuite per chi non ha mai fatto prevenzione, messe a disposizione dagli oculisti italiani nel mese di ottobre. Nei 7.000 studi oculistici e anche in 11.000 negozi d’ottica verranno distribuiti oltre mezzo milione di opuscoli informativi sull’importanza della prevenzione, oltre alla presenza nelle piazze.

Secondo l’OMS nel mondo ci sono 217 milioni d’ipovedenti e 36 milioni di ciechi (per un totale di 253 milioni di disabili visivi). Ben 1,2 miliardi di persone hanno bisogno d’occhiali e, tra l’altro, la miopia è in forte aumento nel mondo. Per questo è importante che tutti possano accedere a un’assistenza oftalmica e a cure adeguate, migliorando tra l’altro i propri comportamenti. 

La prevenzione dei disturbi oculari passa attraverso abitudini corrette, come quella di andare periodicamente dall’oculista. Soprattutto da bambini la visione prolungata da vicino potrebbe favorire la progressione della miopia. Studi scientifici recenti hanno rivalutato lo stile di vita sano sin da piccoli, compresa l’importanza dell’esposizione quotidiana alla luce naturale.

La IAPB Italia onlus offre da anni un’informazione a 360 gradi al fine di educare la popolazione a controlli oculistici periodici per una diagnosi precoce, per favorire l’accesso alle cure tempestive e garantire agli ipovedenti le opportunità offerte dalla riabilitazione visiva.

La Giornata Mondiale della Vista sarà un momento focale per riaffermare l’importanza di un bene tanto prezioso quanto spesso dato per scontato. Tra le attività organizzate a Roma, il prossimo 11 ottobre si terrà il convegno su “Innovazioni tecnologiche e salute visiva”, per sottolineare gli effetti che la rivoluzione digitale può avere sulla nostra vista.

 

NUOVA MALATTIA GENETICA SCOPERTA AL “BAMBINO GESÙ”

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Una nuova malattia genetica del neurosviluppo è stata scoperta dai clinici e dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata e l’Università di Amburgo. Si tratta di una patologia ultra-rara, finora orfana di diagnosi, cui sono noti solo 3 casi al mondo, 2 dei quali seguiti dall’Ospedale della Santa Sede. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista scientifica American Journal of Human Genetics. Alla malattia è stato dato il nome FHEIG, che rappresenta l’acronimo delle sue purtroppo gravi manifestazioni evidenti: Facial dismorfism, Hypertrichosis, Epilepsy, Intellectual disability/developmental delay and Gingival overgrowth (dismorfismo facciale, ipertricosi, epilessia, deficit intellettivo/ritardo dello sviluppo e ipertofia gengivale).

All’origine della sindrome di FHEIG – hanno scoperto i ricercatori – ci sono alcune mutazioni del gene KCNK4, che è stato possibile individuare grazie alle moderne tecnologie di sequenziamento del DNAutilizzate nei laboratori di genomica del Bambino Gesù della sede di San Paolo Fuori le Mura.

Il gene KCNK4 porta le informazioni per la sintesi di una specifica proteina chiamata TRAAK, un canale del potassio. Il canale permette il flusso del potassio attraverso la membrana cellulare. Un’attività fondamentale per diverse funzioni della cellula, tra cui la trasmissione dei segnali elettrici cellulari decisivi per lo sviluppo e la funzione delle cellule nervose. 

“Gli approcci tradizionali sono inefficaci per caratterizzare le basi molecolari della maggioranza delle malattie genetiche – spiega Marco Tartaglia, responsabile dell’area di ricerca genetica e malattie rare del Bambino Gesù -. Questo perché si tratta di malattie rarissime, spesso di casi sporadici, non di grandi famiglie che possono quindi essere sufficientemente ricche di informazioni per individuare la mutazione attraverso approcci tradizionali”.

Nonostante la rivoluzione tecnologica che ha investito la genetica, la diagnosi è ancora un miraggio per molti pazienti e per le loro famiglie.

A partire dal 2015, nell’ambito del programma “Vite Coraggiose” supportato dalla Fondazione Bambino Gesù, sono stati arruolati quasi 600 pazienti, selezionati nell’ambito di 50 sessioni multidisciplinari di teleconsulenza, che hanno coinvolto numerosi centri di genetica clinica distribuiti sul territorio nazionale. Il progetto ha permesso di identificare 20 nuovi geni-malattia e 14 malattie genetiche in precedenza non conosciute.

“Per molte di queste malattie rare non sappiamo quale sia il meccanismo patogenetico – continua Tartaglia -. Questo spiega il perché tante malattie si stiano scoprendo solo oggi con le nuove tecnologie. Il sequenziamento di nuova generazione ci permette infatti di leggere l’intero genoma e ci consente di identificare quelle varianti che potrebbero essere causa di malattia senza che venga fatta alcuna ipotesi a priori”.

Le malattie rare costituiscono un gruppo eterogeneo di condizioni cliniche che in circa due terzi dei casi interessano l’età pediatrica e nella maggior parte hanno una causa genetica. Il loro numero complessivo (circa 8.000) configura un problema sanitario di dimensioni sociali (verosimilmente oltre 700.000 persone affette in Italia). L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù accoglie ogni anno oltre 13.000 pazienti affetti da queste condizioni.

 

74% DEI GIOVANI TRA I 18 E I 21 ANNI CONSUMA ALCOL

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Nel mondo 1 persona su 3 consuma regolarmente bevande alcoliche (pari a 2,4 miliardi di persone, delle quali 1 miliardo e mezzo uomini e 900 milioni donne): questo il risultato di un recente studio, pubblicato sulla rivista scientifica Lancet, che ha esaminato 694 studi sul consumo di alcol nel mondo e valutato i rischi per la salute associati al consumo di bevande alcoliche in 195 nazioni. Dallo studio emerge che il consumo di una bevanda alcolica al giorno (10 g di alcol) aumenta dello 0,5% il rischio di sviluppare problemi di salute e del 7% in chi ne consuma due.

Gli esperti dell’Osservatorio nutrizionale Grana Padano hanno intervistato 6250 adulti italiani indagando l’abitudine all’utilizzo di alcolici, soprattutto nei ragazzi maggiorenni con età inferiore ai 21 anni. Dallo studio dell’Osservatorio è emerso che il 74% degli intervistati utilizza alcolici e, mediamente, consuma circa 10,2 g di alcol al giorno (14,2 g gli uomini e 6,3 g le donne).

Il 26% degli intervistati ha l’abitudine di consumare un aperitivo la settimana e di solito l’alcol è accompagnato da un buffet (21%). L’abitudine all’aperitivo è prevalentemente dei giovani, infatti, il 45% degli intervistati sotto i 21 anni riferisce di farlo almeno 1 volta a settimana, e il 62% dei giovani riferisce di recarsi al bar o al pub dopo cena una volta a settimana.

Se si considera l’utilizzo di vino, il 30% degli intervistati dichiara di berne quotidianamente circa un bicchiere e il 20% dei ragazzi inizia a utilizzarlo prima dei 21 anni. La quantità di vino che bevono gli adulti intervistati corrisponde al consumo di riferimento standard dei LARN, lontana quindi da implicazioni sulla salute. Però, il campione dello studio mette in evidenza che l’utilizzo dell’alcol nel nostro Paese è precoce, si stima che i due terzi dei “bevitori” adulti inizi a utilizzare alcolici prima dei 21 anni e a rischio sono prevalentemente i maschi.

“L’utilizzo dell’alcool è un fattore di rischio per moltissime patologie – ha spiegato Michela Barichella, Presidente di Brain and Malnutrition Association e membro del Comitato scientifico Osservatorio nutrizionale Grana Padano – e può compromettere la ‘maturazione’ del cervello, soprattutto in quelle aree coinvolte nel controllo degli impulsi. In adolescenza la maturazione del cervello non è completa, vi sono aree come quella limbica che matura dopo i 20 anni. Ecco perché in alcuni Paesi, per esempio negli Stati Uniti, si pone il divieto di utilizzo degli alcolici sotto i 21 anni”.

 I danni dell’alcol non sono solo per il cervello, ma per tanti altri organi: è un fattore di rischio per molti tumori (fegato, cavo orale, gola, ecc.), l’organo maggiormente colpito è il fegato, ma risente dell’effetto tossico dell’alcol anche l’apparato cardiovascolare e gastrointestinale. Inoltre, chi abusa di alcol è più soggetto a ipertensione, ictus e cardiopatie. L’alcolismo causa malnutrizione, ma anche alterazioni della sessualità, diminuzione della libido, infertilità e impotenza, obesità.

 

LISTE D’ATTESA, AIOP “BUONA INIZIATIVA DEL GOVERNO”

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“Registriamo favorevolmente una scelta che dimostra la sensibilità del Governo rispetto a un tema di attualità e nei confronti del quale c’è una grande aspettativa da parte degli italiani. Siamo a disposizione per individuare azioni sinergiche, rapide ed efficaci nell’interesse del Paese. L’azione del Governo per ridurre le liste d’attesa è una scelta appropriata e siamo pronti a dare il nostro contributo, mettendo a disposizione tutta la rete delle nostre strutture, affinché l’obiettivo possa essere raggiunto in tempi rapidi e con prestazioni e servizi efficienti e efficaci”.
Così Barbara Cittadini, presidente nazionale Aiop, commenta quanto contenuto nella bozza di legge di bilancio attualmente in circolazione. La bozza prevede 50 milioni all’anno per tre anni da destinare alla riduzione delle liste d’attesa.

“Siamo, fin da subito, disponibili a lavorare con il ministero e le Regioni per individuare le modalità per rendere un servizio di qualità al Paese. L’obiettivo – ha aggiunto – è comune: la tutela della salute e del benessere degli italiani per il raggiungimento del quale, tutti, strutture pubbliche e private accreditate, devono lavorare in piena sinergia”.

IDENTIFICATO ENZIMA CHIAVE RIPROGRAMMAZIONE CELLULARE

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Riprogrammazione cellulare: è stato individuato l’enzima chiave che permette il “cambio di identità” delle cellule, trasformando i fibroblasti (cellule della cute) in neuroni. Un passo avanti, grazie allo studio del ruolo di questo enzima, anche nella conoscenza della genesi della Distonia. 

Il processo con cui si definisce l’identità cellulare, grazie al quale cioè le cellule acquisiscono la loro forma e funzione, è non solo un tema di basilare importanza in biologia ma anche il focus centrale della medicina rigenerativa, che punta a rimpiazzare tessuti malati partendo da altre cellule dello stesso paziente. Negli ultimi quindici anni, numerose scoperte in questo campo hanno cambiato il paradigma di riferimento. Oggi sappiamo che basta orchestrare l’attività di pochi geni, chiamati fattori di trascrizione, i quali agiscono a loro volta come interruttori sul coordinamento di molti altri geni, per riportare ad esempio una cellula della cute allo stadio staminale embrionale oppure convertirla direttamente in neurone.

Proprio quest’ultima applicazione, descritta per la prima volta nel 2010, ha aperto la possibilità di riprogrammare (o più precisamente transdifferenziare) i fibroblasti, cioè le cellule di supporto della pelle, in neuroni, funzionali e comparabili a quelli in vivo, il tutto in appena 2 settimane e senza neanche passare dallo stadio di staminale. 

Il meccanismo che presiede questo radicale cambio di identità è rimasto fino ad oggi ignoto: pur conoscendo i fattori necessari a innescare il processo, non si conosceva il modo con cui questo potesse poi effettivamente dipanarsi così da trasformare appunto una cellula della pelle in un neurone maturo. 

Durante il transdifferenziamento è infatti necessario un massiccio rimodellamento epigenetico, in quanto fibroblasti e neuroni, derivando originariamente da strati differenti dell’embrione, mantengono configurazioni della cromatina completamente diverse.

Il laboratorio di Giuseppe Testa, professore di Biologia molecolare alla Statale e Direttore del Laboratorio di Epigenetica delle cellule staminali in IEO, ha ora identificato questo meccanismo, scoprendo l’enzima della cromatina che partecipa a questa trasformazione cellulare. Si tratta di KMT2B, un enzima noto da tempo, ma che non era mai stato associato prima a questo processo e che ha il ruolo di modificare le proteine della cromatina attorno a cui il DNA è avvolto come in un gomitolo, contribuendo così all’attivazione dei geni. 

Nell’articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell Reports – e scelto come issue highlight – Giulia Barbagiovanni e il professor Testa, assieme agli altri membri dell’equipe, dimostrano infatti che in assenza di KMT2B i fibroblasti non riescono a generare neuroni maturi e divengono invece principalmente cellule muscolari.  KMT2B è dunque fondamentale tanto per permettere la conversione di identità epigenetica quanto per incanalarla verso la linea neuronale invece che in quella muscolare.

Oltre ad ampliare le nostre conoscenze sul processo di transdifferenziamento e di specificazione neuronale, lo studio della attività di KMT2B durante il processo di riprogrammazione ha consentito ai ricercatori di evidenziarne caratteristiche di particolare interesse per un’applicazione orientata al paziente.

Da circa un anno si sa infatti che mutazioni in KMT2B sono alla base della distonia, una patologia a carico del sistema nervoso caratterizzata da gravi disturbi motori. I ricercatori hanno quindi voluto verificare se i geni controllati da KMT2B durante il processo di riprogrammazione potessero essere a loro volta implicati nell’eziologia di questa malattia: attraverso l’analisi delle sequenze genomiche di centinaia di pazienti con distonia, sono stati scoperti tre geni bersaglio di KMT2B le cui mutazioni li rendono candidati molto promettenti come nuove varianti geniche causanti la distonia, aprendo così la validazione epidemiologica per successivi studi sulla malattia.

 

RETINOPATIA, SCREENING ANNUALE SOLO PER IL 25% DEI DIABETICI

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Oggi in Italia la retinopatia diabetica (RD) interessa oltre un milione di persone; un trend in crescita dovuto sia alla diagnosi tardiva di diabete tipo 2 (quando le complicanze, tra cui la retinopatia, sono già manifeste), sia alle difficoltà organizzative di eseguire uno screening specifico per questa problematica. L’esame del fondo oculare andrebbe eseguito al momento della diagnosi di diabete T2 e, in caso di esito negativo, una volta ogni due anni; nel diabete T1 cinque anni dopo la diagnosi e successivamente una volta all’anno. Malgrado le linee guida, secondo i dati dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) solo il 25% dei soggetti diabetici viene sottoposto allo screening annuale per la retinopatia. Ad aumentare questa percentuale potrebbe contribuire la retinografia, esame che, rispetto al fundus oculi, presenta alcuni vantaggi: può essere eseguito da un operatore addestrato (non necessariamente un medico) e non richiede la dilatazione della pupilla.

“Evidenze internazionali e studi condotti in Italia hanno dimostrato la piena efficacia di programmi di prevenzione secondaria attraverso la telemedicina, dotando le strutture di base di un retinografo e ricorrendo alla tele refertazione differita da parte dell’oftalmologo – spiega Domenico Mannino, Presidente AMD -. In questo modo, oltre a un sensibile contenimento dei costi, si possono garantire il raggiungimento e il monitoraggio della quasi totalità della popolazione diabetica, sicuramente raddoppiando, se non triplicando i numeri attuali relativi ai pazienti che si sottopongono a screening per la RD. Scopo di questo evento, caratterizzato dall’approccio multidisciplinare, è proprio quello di mettere a confronto esperti diabetologi ed oftalmologi sulla gestione della retinopatia diabetica, dalla diagnosi al trattamento”.

“Il mancato screening della retinopatia diabetica e la sua inadeguata gestione, in assenza di un’adeguata risposta organizzativa, condurrà a un aumento dei casi di riduzione della capacità visiva fino alla perdita della vista – illustra Riccardo Candido, Consigliere nazionale AMD -. Prima ancora di arrivare a questo esito estremo, la RD è già una problematica molto invalidante, che impatta sulla quotidianità del paziente, con conseguente crescita dei costi diretti, dovuti alla gestione della patologia e indiretti, dovuti alle giornate lavorative perse o al pensionamento precoce. Si stima che nel periodo 2015-2030 questa malattia produrrà un aggravio di costi pari a 4,2 miliardi di euro. Sul fronte del trattamento, alcuni dati sperimentali e clinici mostrano che i farmaci appartenenti alla classe dei DPP4-inibitori avrebbero un effetto protettivo, sia in termini di prevenzione della patologia che in termini di rallentamento della sua progressione, legato non solo alla riduzione della glicemia, ma anche all’azione che questi farmaci hanno a livello dei vasi retinici”.

“La retinopatia diabetica è la più importante complicanza oculare del diabete mellito e almeno un terzo dei diabetici presenta RD più o meno grave – evidenzia Franco Tuccinardi, Direttore UOC Diabetologia Ospedale di Formia -. Gli studi epidemiologici ci dicono che le complicanze della retina rappresentano la più comune causa di cecità negli adulti in età lavorativa. La prevenzione di questo problema, quindi, è cruciale e può essere perseguita grazie a un buon controllo della glicemia, ma soprattutto attraverso lo screening: nei Paesi che lo hanno attuato in modo sistematico, infatti, la cecità dovuta a RD si è ridotta drasticamente. Uno strumento molto utile, in tal senso, è il retinografo che, sfruttando la registrazione digitale dell’immagine ottenuta senza midriasi (dilatazione della pupilla), ne consente la trasmissione e la refertazione a distanza”.

 

ORTOPEDICI: “FRAGILITÀ SCHELETRICA EPIDEMIA SILENZIOSA”

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“Le instabilità articolari” e “Le Aging Fractures” saranno i due principali argomenti affrontati nel corso del 103° Congresso Nazionale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) che si terrà a Bari dal 9 al 12 novembre. L’evento, che torna nel capoluogo pugliese dopo 34 anni, rappresenta un’occasione unica di confronto tra le varie scuole di ortopedia e si   si avvarrà del contributo di circa 3.000 ortopedici e traumatologi nazionali ed internazionali. 

Le instabilità articolari sono un capitolo di grande importanza ed oggi, grazie al miglioramento delle tecniche, all’approccio multidisciplinare e al “timing” di trattamento, è possibile recuperarne la funzione in situazioni che, in passato, avrebbero probabilmente richiesto interventi più invasivi. 

Altro tema sul quale si concentrerà l’attenzione degli ortopedici sarà quello delle Aging Fractures, (fratture da fragilità dei pazienti anziani) che rappresentano spesso la conseguenza di una fragilità scheletrica secondaria in genere all’osteoporosi.

L’incremento dell’incidenza di questa malattia viene definita come “epidemia silenziosa” perché spesso resta come una patologia sotto diagnosticata e senza un adeguato trattamento farmacologico finalizzato alla prevenzione delle fratture da fragilità.

“Nell’epoca in cui internet offre possibilità di aggiornamento in tempo reale – spiegano i presidenti del Congresso, Biagio Moretti e Vincenzo Caiaffa – l’importanza di un congresso come questo è data dalla possibilità di partecipare a incontri scientifici di livello e condividere con professionisti di tutto il mondo esperienze umane e professionali per rispondere ad alcuni dei dubbi che quotidianamente si presentano agli occhi di chi lavora”.

Il Congresso prevede l’Efort Forum: importante luogo di confronto tra i migliori esperti in Europa dedicato alle Complications Shoulder Instability, il tema porterà soluzioni d’avanguardia nel trattamento della spalla. Sono previsti numerosi simposi da cui emergeranno interessanti novità e due tavole rotonde.

Nella prima, sabato 10, un panel di specialisti farà chiarezza su quali siano i comportamenti a cui attenersi per avere un corretto rapporto informativo tra medici e pazienti; nella seconda, domenica 11, la tavola rotonda medico-legale sul tema: “Il buono, il brutto, il cattivo: corrotti e corruttori”, punterà l’attenzione sulla trasparenza e le relazioni tra ortopedici e aziende produttrici di protesi e dispositivi medici.