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FNOMCEO “INSERIRE CIRCONCISIONE NEI LEA”

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“La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri chiede che la circoncisione rituale sia inserita subito nei Livelli essenziali di assistenza e aderisce all’appello lanciato ieri dal collega Foad Aodi per una legge nazionale che autorizzi le strutture pubbliche e private ad effettuare le circoncisioni in ambiente protetto e a costi accessibili, per garantire a tutti il diritto alla salute e evitare i canali clandestini”. Queste le parole di Filippo Anelli, presidente della stessa Fnomceo, che rilancia quanto proposto da Foad Aodi, fondatore dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma e Coordinatore Area rapporti con i Comuni e Affari Esteri  e Area riabilitazione dell’Omceo.

Il nuovo appello arriva dopo la morte di un bambino a Scandiano (Reggio Emilia), a seguito di una circoncisione eseguita in casa, la seconda in pochi mesi dopo quella, avvenuta lo scorso dicembre a Monterotondo (Roma) di un piccolo di due anni. Già in quel caso la Fnomceo e l’Amsi avevano chiesto che la circoncisione fosse inserita nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, cioè nelle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione.

 

Sono, secondo i dati elaborati dall’Amsi in collaborazione con l’Area rapporti con i Comuni e Affari Esteri e Area riabilitazione dell’Ordine dei Medici di Roma, 11mila le circoncisioni rituali fatte effettuare da cittadini di origine straniera e che vivono in Italia: di queste, 5000 nel nostro paese, le restanti nei paesi d’origine. Delle 5000 eseguite in Italia, il 35% sono praticate nei circuiti clandestini, in casa o comunque in ambienti non protetti, e non da medici.

“Attualmente una circoncisione nelle strutture private costa dai 2000 ai 4000 euro – spiega Foad Aodi -. Per questo molte famiglie scelgono il circuito clandestino oppure si recano, approfittando delle festività, nei loro paesi, dove è una pratica diffusa ed eseguita dietro una piccola offerta. In alcune Regioni le famiglie possono accedere alla pratica attraverso il Servizio Sanitario nazionale, con un ticket che va dai 250 ai 400 euro. Ma c’è un altro aspetto che favorisce la clandestinità: la maggior parte delle strutture intervengono solo dopo i quattro anni, alcune dopo i dodici, per problemi legati all’anestesia mentre, per motivi religiosi, il 99% chiede di potervi accedere quando il bambino ha pochi mesi”.

 

SALUTE MASCHILE, MIGLIORE QUALITÀ VITA CON TERAPIE UNIFORMI

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Un risparmio di 1,5 milioni di euro in 5 anni per il Sistema Sanitario Nazionale è quanto si avrebbe rendendo accessibili le tecnologie innovative per il problema dell’incontinenza urinaria, che rappresenta una grave complicanza funzionale per i pazienti operati di tumore della prostata. Inoltre, un accesso più uniforme alle nuove terapie migliorerebbe la qualità della vita dei pazienti. Questo è quanto emerge durante il workshop “Salute al maschile: qualità della vita dopo le cure”, promosso dal network Presa – Prevenzione e Salute, che si è svolto oggi a Roma, con l’obiettivo di fare il punto sulla medicina di genere con particolare riferimento alla salute maschile nell’ambito dell’oncologia, dell’urologia e dei trattamenti innovativi. “L’utilizzo di device altamente innovativi come lo sfintere artificiale AM800 per la cura dell’incontinenza urinaria maschile grave, post prostatectomica radicale per tumore prostatico, oltre che a migliorare la salute del paziente, costituisce una scelta vantaggiosa dal punto di vista economico”, afferma Francesco Saverio Mennini, Research Director EETHA del Ceis, Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata e Kingston University di Londra, che ha reso noti alcuni dati dello studio “HTA e valutazione delle tecnologie sanitarie per l’incontinenza urinaria”.

 

In termini di spesa lo studio di impatto sul budget evidenzia come, grazie all’utilizzo di tale sfintere artificiale, considerato ‘Gold Standard’ a livello internazionale, si determina una riduzione dei costi complessivi pari a 1,5 milioni di euro dopo 5 anni. “Tale risultato – aggiunge Mennini – migliora la qualità di vita dei pazienti rispetto alla terapia conservativa attualmente utilizzata, grazie alla riduzione degli eventi avversi e con il raggiungimento dello stato di continenza totale”. I dati analizzati fanno emergere l’esigenza di valutare attentamente, nell’ottica sia dei pazienti che del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), il ricorso a tecnologie già presenti sul mercato con comprovata efficacia al fine di renderle accessibili al paziente. Tuttavia, riguardo la salute degli uomini, il tumore della prostata rappresenta una patologia dal forte impatto sociale, anche per le principali complicanze che spesso si sviluppano nei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale, come l’incontinenza urinaria e la disfunzione erettile.

 

“Oggi, per quanto riguarda i tumori della prostata, la diagnosi è sempre più precoce e, nella maggior parte dei casi, il paziente guarisce riportando, però, gravi complicanze funzionali. Per questo, è necessario istituire una rete regionale di centri di riferimento per il trattamento dell’incontinenza urinaria che rendano le cure più omogenee da nord a sud Italia. L’obiettivo è la razionale distribuzione dei presidi chirurgici più complessi per migliorare, di fatto, la qualità della vita dei pazienti”, afferma Roberto Carone, Direttore della Struttura Complessa di Neuro-Urologia e del Dipartimento delle Mielolesioni, Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino.

 

15% DELLE ITALIANE NON HA MAI FATTO MAMMOGRAFIA

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L’87% delle donne di età compresa tra i 30 e i 65 anni ha effettuato almeno un esame specialistico di prevenzione oncologica negli ultimi tre anni, il 71% delle quali rivolgendosi al servizio sanitario nazionale. E’ quanto emerge dall’Osservatorio Prevenzione e Salute curato da Nomisma in collaborazione con Unisalute, presentato a Milano. Il 79% delle 1.300 donne intervistate si è sottoposta a mammografia almeno una volta nell’ultimo triennio, ma resta una quota del 15% che mai l’ha effettuata nella vita. In generale si registra un alto ricorso alle strutture pubbliche (81%), per lo più a seguito della ricezione della lettera di invito allo screening (68%). Anche il Pap Test, esame per la prevenzione di tumori alla cervice uterina, è stato eseguito almeno una volta negli ultimi tre anni da un’ampia fascia della popolazione (76%); resta il fatto che l’11% delle donne tra i 30 e i 65 anni non si è mai sottoposta a tale esame. In questo caso, rispetto alla mammografia, si riduce la percentuale delle donne che scelgono di effettuare il test nel pubblico (64%) rispetto al privato (36%).

 

“Sanità pubblica e privata non devono essere viste in contrapposizione – ha commentato Fiammetta Fabris, amministratore delegato di Unisalute, la prima assicurazione sanitaria in Italia con circa 8 milioni di clienti gestiti -. L’offerta di prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale resta il perno fondamentale nel nostro sistema anche per quanto riguarda la prevenzione, a cui si affianca però anche quella privata che, anche alla luce dei mutamenti sociali ed economici in corso, deve essere sempre più vista come supporto e integrazione e il cui accesso dovrebbe essere supportato e facilitato per permettere a tutti i cittadini di poter usufruire della più ampia offerta di prestazioni mediche a costi contenuti”.

 

Secondo l’indagine la soddisfazione complessiva nei confronti degli esami di prevenzione oncologica è positiva, ma rimangono aspetti critici legati ai tempi d’attesa. Per la mammografia, ad esempio, il 50% delle donne chi si rivolge al pubblico deve attendere più di due mesi per effettuare la visita, mentre l’84% di chi si rivolge al privato la effettua entro un mese. Tempi ancora più lunghi per l’ecografia al seno, con il 61% di chi la esegue nel pubblico che deve attendere oltre due mesi, a fronte del 77% di chi si rivolge al privato che ci mette meno di un mese per farla. Ruolo determinante per la preferenza della prestazione è la scelta del medico: una donna su quattro ha effettuato esami specialisti di prevenzione oncologica in una struttura privata per avere un medico di fiducia al proprio fianco. Le donne con uno stile di vita più sano mostrano un maggior ricorso ad esami specialistici (90%). Per quanto riguarda i tempi di attesa delle diagnosi, infine, l’86% delle donne ritiene che possano essere migliorati. Solo il 20% delle donne tre i 30 e i 65 anni dichiara di possedere una polizza malattia, ma il 48% dichiara di voler valutare di dedicare una somma mensile per avere una copertura sanitaria integrativa.

 

FARMACI, SPESA SSN NEL 2018 -4.1%

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La spesa farmaceutica netta del Servizio Sanitrio Nazionale ha fatto registrare anche nel 2018 un calo, pari a -4,1% rispetto al 2017. Prosegue quindi il trend di riduzione della spesa per farmaci erogati dalle farmacie nel normale regime convenzionale. Lo rende noto Federfarma.

Nel 2018, tale calo è stato determinato da una diminuzione del -0,7% del numero delle ricette SSN e da una più consistente riduzione del valore medio della ricetta (netto -3,4%; lordo -2,7),conseguente alla diminuzione del prezzo medio dei farmaci prescritti in regime convenzionale (-2,7%).

Dai dati IQVIA risulta che a tale calo di spesa e di consumi nell’ambito della spesa convenzionata corrisponde, anche nel 2018 un rilevante incremento della spesa (+13,7%) e del numero di confezioni (+13,2%) di farmaci erogati in distribuzione per conto (DPC). Questo aumento sensibile si colloca all’interno di un incremento della spesa complessiva per farmaci acquistati direttamente dalle strutture pubbliche che nel 2018 è stato pari al +4%.

 

Nel 2018 le ricette sono state oltre 576 milioni, pari in media a 9,51 ricette per ciascun cittadino. Le confezioni di medicinali erogate a carico del SSN sono state oltre 1.106 milioni (-0,7% rispetto al 2017). Ogni cittadino italiano ha ritirato in farmacia in media 18,3 confezioni di medicinali a carico del SSN, di prezzo medio pari a 9,14 euro (-2,7% rispetto al 2017).

“Le farmacie – spiega Federfarma – continuano a dare un rilevante contributo al contenimento della spesa – oltre che con la diffusione degli equivalenti e la fornitura gratuita di tutti i dati sui farmaci SSN – con lo sconto per fasce di prezzo, che ha prodotto nel 2018 un risparmio di circa 322 milioni di euro, ai quali vanno sommati circa 65 milioni di euro derivanti dalla quota dello 0,64% di cosiddetto pay-back, posto a carico delle farmacie a partire dal 1° marzo 2007 e sempre prorogato, volto a compensare la mancata riduzione del 5% del prezzo di una serie di medicinali. A tali pesanti oneri si è aggiunta, dal 31 luglio 2010, la trattenuta dell’1,82% sulla spesa farmaceutica, aumentata, da luglio 2012, al 2,25%”.

 

Tale trattenuta aggiuntiva ha comportato, per le farmacie, un onere quantificabile nel 2018 in oltre 182 milioni di euro. Complessivamente, quindi, il contributo diretto delle farmacie al contenimento della spesa, nel 2018, è stato di circa 569 milioni di euro.

È bene ricordare che lo sconto a carico delle farmacie ha un carattere progressivo in quanto aumenta all’aumentare del prezzo del farmaco, facendo sì che i margini reali della farmacia siano regressivi rispetto al prezzo. Le farmacie rurali sussidiate e le piccole farmacie a basso fatturato SSN (i cui limiti sono stati aggiornati dalla legge 172/2017 a decorrere dal 1° gennaio 2018) godono di una riduzione dello sconto dovuto al SSN, mentre dal 1° gennaio 2019 sono esenti dagli sconti le farmacie con fatturato annuo SSN inferiore a 150.000 euro.

 

AIOP, A GENOVA WORKSHOP SU SANITÀ INTEGRATIVA

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Valorizzare il significato dell’assistenza sanitaria integrativa nell’ambito di un Sistema sanitario che è e che deve rimanere universalistico. È l’obiettivo del workshop “Affrontare i problemi del presente per migliorare il futuro della Sanità Integrativa”, organizzato da Aiop – Associazione Italiana Ospedalità Privata a Genova.

Negli ultimi anni la sanità integrativa ha vissuto una crescita accelerata: gli italiani che usufruiscono di forme integrative sono più che raddoppiati, passando dai circa 6 milioni del 2010 ai quasi 13 milioni del 2018, con un incremento di spesa del 30% circa.

Quello della assistenza sanitaria integrativa è un mondo complesso e articolato, che vede la presenza di molteplici attori: da chi è chiamato a interpretare una domanda collettiva; a chi intermedia i rischi, a chi gestisce le pratiche e negozia gli accordi, a chi, infine, produce ed eroga le prestazioni. I differenti attori interagiscono tra loro in maniera diversificata, configurando circuiti “attese-risorse-prestazioni” molto variegati.

Il workshop riunirà i principali interlocutori del sistema per promuovere un confronto costruttivo sul ruolo che l’assistenza sanitaria integrativa potrebbe sviluppare nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale.

L’Aiop, Associazione Italiana Ospedalità Privata, oltre a rappresentare la maggior parte degli ospedali di diritto privato del Servizio sanitario nazionale, è rappresentativa, anche, di strutture sanitarie che erogano prestazioni nel settore della sanità integrativa.

L’evento sarà aperto da Ettore Sansavini, Presidente Aiop Liguria e vedrà la partecipazione di Giovanni Toti, Presidente della Regione Liguria, Sonia Viale, vice Presidente e Assessore alla sanità della Regione Liguria, del Presidente Nazionale di Aiop, Barbara Cittadini, dei Rappresentanti dei principali player del mercato assistenziale-assicurativo e dei Presidenti nazionali delle principali organizzazioni rappresentative degli erogatori di prestazioni sanitarie.

“Il dibattito, incentrato sulla legittimazione e sul ruolo della sanità integrativa, si focalizza sulle funzioni duplicative, ovvero su quelle prestazioni in teoria già coperte dal SSN, rispetto a quelle non incluse nei LEA” – dichiara Mario del Vecchio, docente dell’Università Bocconi e responsabile dell’Osservatorio consumi privati in sanità. “Il tema è mal posto per almeno due motivi. Il primo è che gli effetti sul SSN di un consumo privato possono risultare complessivamente positivi per tutta la collettività. Il secondo è che alla base dell’incremento dei consumi privati, non c’è tanto la crisi del SSN, quanto la ricerca di condizioni di fruizione di servizi sanitari che difficilmente possono essere assicurati dal Servizio pubblico”.

I cittadini rinunciano ad altri consumi perché vogliono vedere soddisfatte le loro attese in termini di prestazioni sanitarie e di tutela della salute in genere. In questa prospettiva, la filiera della sanità integrativa deve essere in grado di minimizzare i costi di transazione.

“É fondamentale per l’affidabilità e la credibilità del sistema – sostiene Francesco Berti Riboli, Coordinatore della Commissione nazionale Aiop Sanità integrativa – che gli attori coinvolti lavorino per rendere i processi della sanità integrativa fluidi, trasparenti ed efficienti. E ciò è possibile con la standardizzazione di molti di questi processi, utilizzando piattaforme adeguate e ‘neutrali’, nomenclatori comuni, affinché la legittima differenziazione delle offerte assistenziali non si trasformi in una babele di linguaggi che appesantisce i processi, rendendoli inefficienti e onerosi”.

La scelta di organizzare l’evento a Genova non è stata casuale. “La presenza di Aiop a Genova – dichiara Barbara Cittadini, Presidente nazionale Aiop – testimonia la nostra vicinanza a questa città, ai genovesi e all’intero sistema produttivo di un territorio che ha vissuto un dramma di incommensurabile entità. In una stagione nella quale il nostro SSN si trova ad affrontare criticità, che necessitano indifferibili scelte strutturali, questo incontro su un tema così importante come quello della sanità integrativa dimostra l’attenzione che l’ospedalità privata ha nei confronti degli interessi reali e prioritari dei cittadini e dei territori del nostro Paese, soprattutto nei confronti di quelli che hanno subito eventi che mai si vorrebbe vivere. Parlare oggi di Sanità integrativa non significa dibattere di prestazioni che riguardano pochi privilegiati ma di un complemento e completamento di un SSN, che necessita che vengano assunte, senza ulteriori indugi, determinazioni finalizzate a preservare e custodire il suo assetto universalistico”.

13 MILIONI DI ITALIANI SCELGONO SANITÀ INTEGRATIVA

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L’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) ha riunito a Genova i principali interlocutori del sistema per promuovere un confronto sul ruolo che l’assistenza sanitaria integrativa potrebbe sviluppare nell’ambito del sistema pubblico. 

“Il Sistema sanitario nazionale è un bene che andrebbe preservato e custodito ma già da tempo registra criticità che purtroppo non sono uguali in tutte le regioni del Paese – ha detto Barbara Cittadini, presidente Aiop nel corso del workshop  -. E’ come se avessimo 21 paesi, per questo dobbiamo provare a fare una sintesi per dare una risposta efficiente ed efficace ai cittadini. La sanità integrativa, che prima era una realtà che riguardava pochi privilegiati, oggi coinvolge ampie fasce della popolazione e sta diventando un compimento e un completamento del Sistema sanitario nazionale”. Negli ultimi anni, gli italiani che hanno scelto di usufruire di forme integrative sono più che raddoppiati, passando dai circa sei milioni del 2010 ai quasi 13 milioni del 2018, con un incremento di spesa del 30% circa. 

“Sul totale, 8 milioni sono lavoratori dipendenti e 2 milioni sono i familiari – ha detto Ettore Sansavini, presidente Aiop Liguria – a cui bisogna aggiungere un numero crescente di pensionati, per un totale di 323 fondi integrativi. L’esperienza di altri Stati ha dimostrato che è un sistema che necessita di ‘stampelle’ che sono quelle dei fondi, del privato, delle assicurazioni. Per questo dobbiamo aiutare il nostro sistema puntellandolo, integrandolo e fornendo una risposta alla gente che vuole sempre più sanità e benessere”. 

Come evidenziato da Mario Del Vecchio, knowledge leader OCPS Bocconi “in Italia la sanità pubblica spende circa 1.860 euro a cittadino che equivale a poco meno del sette per cento del Pil, gli inglesi, spendono un punto di più, i tedeschi il doppio, ossia 3.600 euro, mentre i francesi 3.100 euro, gli spagnoli un po’ meno e solo i greci spendono la metà di noi, ossia 800 euro. In tutto ciò bisogna considerare che dal 2010, il Servizio sanitario nazionale ha perso il sei per cento del personale e in alcune regioni, tipicamente quelle del Sud, fino al 15%”. 

Per Del Vecchio, tre sono le sfide da vincere. “La prima è la legittimazione del settore e la sua collocazione in un sistema a copertura universale pubblica; la seconda è definire le promesse e le attese che genera nei consumatori, la terza sfida è quella dell’efficienza della filiera”. Il workshop, che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Sonia Viale, vice presidente e assessore alla sanità della Regione Liguria, dei rappresentanti dei principali player del mercato assistenziale-assicurativo e dei presidenti nazionali delle principali organizzazioni rappresentative degli erogatori di prestazioni sanitarie, si è concluso con l’obiettivo di istituire un Osservatorio permanente permanente sui consumi della sanità integrativa. 

“Aiop, insieme all’Associazione religiosa istituti socio-sanitari (Aris) e alla Federazione nazionale delle associazioni regionali o interregionali delle istituzioni sanitarie ambulatoriali private (Feder Anisap), ha invocato l’opportunità di un percorso da condividere con tutti gli erogatori di prestazioni e i provider di prodotti di sanità integrativa”, ha detto Francesco Berti Riboli, coordinatore commissione sanità integrativa Aiop.

 

“L’Osservatorio dovrebbe occuparsi di due aspetti fondamentali, stabilire le regole del gioco, ossia come accedere a una prestazione sanitaria, cosa pagare e cosa no, definire il perimetro della prestazione, i tempi di accettazione dell’esigenza assicurativa assistenziale e quelli di pagamento e, alla base, prevedere un linguaggio comune, un nomenclatore delle prestazioni sanitarie che vengono erogate”. 

Le basi dell’Osservatorio potrebbero già essere poste a breve e Genova potrebbe avere un ruolo di rilievo. “Entro maggio abbiamo ipotizzato una prima assemblea costituente – ha specificato Riboli – Genova potrebbe essere la candidata ideale, anche per la sua tipicità sanitaria e per le aperture che arrivano dal Governo regionale verso i privati, aperture che, ricordo, non danneggiano il pubblico, anzi tendono a migliorare la qualità dell’offerta in grado di soddisfare la domanda che viene proposta dai cittadini”.

 

ALLARME MEDICI, MAGGIORE CARENZA IN LAZIO, MOLISE E LOMBARDIA

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E’ allarme medici e odontoiatri in Italia. Meno numerosi, più vecchi e con un trend in preoccupante aumento; sono del tutto insufficienti gli accessi ai corsi di laurea in medicina e alle scuole di specializzazione per compensare questa continua diminuzione di camici bianchi. Dalle proiezioni effettuate dai ricercatori dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane, che opera all’interno di Vithali, spin off dell’Università Cattolica presso la sede di Roma, dei 56 mila medici che il Servizio Sanitario Nazionale perderà nei prossimi 15 anni saranno rimpiazzati solo il 75%, cioè 42 mila. Un dato che si avvererà considerato l’attuale numero di posti per i corsi di laurea in medicina e chirurgia e delle scuole di specializzazione messi a bando ogni anno. Lazio, Molise e Lombardia sono le Regioni attualmente con le minori dotazioni di medici.

“Questo scenario, determinatosi nel corso di anni in cui non è stata fatta una programmazione adeguata da parte delle autorità competenti, rischia di compromettere le basi portanti del SSN – afferma il professor Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane -. In un mondo in cui la carenza di medici e di personale sanitario sta diventando drammatica, l’Italia aggiunge la miopia di finanziare la formazione di un numero importante di giovani medici e di ‘regalarli’ poi a Paesi in grado di accoglierli a braccia aperte”.

Sempre secondo le proiezioni dell’Osservatorio, per rimpiazzare i 56 mila medici in 15 anni saranno necessarie 13 mila e 500 immatricolazioni ai corsi di laurea in medicina e 11 mila posti di specializzazione. “Ma le Università dovranno essere attrezzate per formare circa 5 mila studenti in più ogni anno”, commenta Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio.

 

“La dinamica della spesa sanitaria, a livello nazionale, nel corso degli ultimi 15 anni, è stata caratterizzata da un evidente rallentamento della crescita osservata dopo la prima metà degli anni ‘90 – spiega Solipaca – La contrazione della spesa si è accentuata con l’introduzione dei Piani di Rientro, attivati per arginare il crescente aumento del deficit delle Regioni. Tra le voci di bilancio maggiormente colpite dagli interventi la spesa per personale dipendente del SSN, scesa nel 2016 al 30,6% del totale della spesa sanitaria pubblica”. “Tale riduzione è stata ottenuta attraverso una forte contrazione del numero del personale dipendente, testimoniato dal turnover osservato negli ultimi anni che in alcune Regioni è arrivato al 25%, cioè su 100 pensionati ci sono state solo 25 nuove assunzioni”, aggiunge Solipaca.

I dati riferiti al quadriennio 2013-2016, pubblicati dal Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato, mostrano come il tasso di compensazione del turnover, al netto delle procedure di stabilizzazione, sia in tutti e 4 gli anni presi a riferimento, inferiore a 100, il che significa che sostanzialmente l’organico del SSN ha subito una contrazione. 

 

In particolare, nel 2016 si registra un tasso di compensazione del turnover nazionale del 97,2%, ma nel 2015 si è attestato al 76,3% e nel 2014 all’80,5%. L’ultimo triennio segue a un trend storico, tra il 2008 e il 2012, in cui si è osservato un tasso di compensazione costantemente in riduzione, dal 97,2% del 2008 è sceso fino al 68,9% nel 2012.

Tale dinamica ha interessato anche i medici e gli odontoiatri del SSN il cui numero si è ridotto in modo costante tra il 2013 e il 2016, passando da 108.271 unità nel 2013 a 105.093 unità nel 2016 (-2,9%). Il medesimo trend si riscontra in maniera più accentuata se si rapporta il numero di medici e odontoiatri del SSN alla popolazione; infatti, in questo caso la riduzione del numero di unità è del 4,3%.

La dotazione minore di medici si riscontra nel Lazio, Molise e Lombardia le quali hanno 1,3 e 1,4 medici ogni 1.000 abitanti, a livello nazionale si attesta a 1,7 per 1.000. Molise e Lazio sono le regioni che hanno sperimentato la diminuzione più marcata dal 2013, 16,3% e 13,3% rispettivamente. 

 

In generale, la dotazione di medici mediamente più bassa si registra nelle regioni del Mezzogiorno, ad eccezione della Sardegna e della Basilicata che vantano un rapporto medico/popolazione superiore alla media nazionale, rispettivamente 2,7 e 2,1 ogni 1000 abitanti.

La riduzione del personale medico è assai preoccupante in quanto si accompagna a un progressivo invecchiamento. Infatti, nel 2016, quasi il 52% del personale medico ha oltre 55 anni, sale al 61% tra gli uomini, tra le donne si attesta al 38%. Tra i 50 e i 59 anni la quota dei medici si attesta al 41%, tra i 40 e i 49 anni a circa il 23%.

La dinamica temporale osservata dal 2013 al 2016 è molto preoccupante, infatti è aumentata di quasi il 10% la quota di medici ultra sessantenni, la variazione è del 7% al Nord, 8% al Centro e sale fino al 14% nelle regioni del Mezzogiorno. Per contro, tutte le fasce di età più giovani sperimentano una diminuzione del loro peso percentuale, calo generalizzato su tutto il territorio italiano.

 

“La prospettiva futura è allarmante – affermano Ricciardi e Solipaca – in quanto, nel 2016, i medici con più di 55 anni sono oltre 56 mila, quindi nel corso dei prossimi 15 anni, a legislazione vigente e al netto di uscite anticipate legate alla riforma nota come ’quota 100’, ci si attende una uscita per pensionamento di pari entità. Lo scenario appena prospettato – concludono i ricercatori dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane – è aggravato dal fatto che la programmazione degli accessi ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, nonché quelli previsti per le scuole di specializzazione, non ha considerato il fabbisogno di medici che avrebbe dovuto assicurare, come dimostrano le stime che seguono effettuate dall’Osservatorio. Il rientro dal deficit delle Regioni attuato tagliando la spesa per il personale medico da un lato, la cattiva programmazione degli accessi ai corsi di laurea e di specializzazione dall’altro mettono il SSN di fronte a una vera emergenza per il futuro”.

 

PROGETTO ROBOTICA IN PEDIATRIA AL “BAMBINO GESÙ”

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Grazie al contributo della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, anche quest’anno Zètema Progetto Cultura rinnova l’importante collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù attraverso il progetto Robotica in Pediatria, un’opportunità di crescita, svago e divertimento per i giovani ospiti ricoverati.

Fino al 5 giugno sono previsti 8 appuntamenti gratuiti, ogni mercoledì dalle 15.00 alle 17.00 (ad esclusione del 1 maggio), dedicati ai giovani pazienti dello spazio ragazzi Time Out dell’Ospedale Pediatrico, per esplorare il mondo della programmazione robotica attraverso kit, schede programmabili e  robot veri e propri, con il sostegno dei tutor di Technotown, lo spazio di Villa Torlonia dedicato alla creatività e alla scienza promosso dall’Assessorato alla Persona, Scuola e Comunità Solidale di Roma Capitale.

 

Al termine degli incontri, a tutti i partecipanti sarà consegnato “l’attestato di Technotown” e un coupon omaggio per visitare la ludoteca scientifica di Villa Torlonia insieme a un amico. Nel periodo post-degenza, infatti, Technotown prevede per i bambini in visita percorsi interattivi, dinamici e spettacolari, un’occasione ideale per “riappropriarsi” dell’allegria e giocare in un luogo sereno, emozionante e accogliente, rendendo i bambini e i ragazzi ‘attori protagonisti’ dell’esperienza che vivranno.

Il progetto Robotica in Pediatria è nato nel 2011 grazie alla partnership tra la Fondazione Roma – che prosegue ora con la Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale e Zètema Progetto Cultura e la collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.