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Lotta alla meningite, per l’Italia luci e ombre

VERONA (ITALPRESS) – Mamma e papà si informano dal pediatra, o comunque fanno riferimento ad un medico, per le scelte vaccinali. Succede per nove persone su dieci. In chiave informativa, si affidano molto meno al “dottor Google” e alla “vox populi”, rispetto agli abitanti di altri paesi europei. Ma a fronte di questi dati incoraggianti, rimane un problema di fondo che è condiviso in tutta Europa e non solo: esiste una scarsa consapevolezza sulla meningite da meningococco e sui sintomi che caratterizzano le fasi iniziali della patologia, spesso rapidissima ad evolvere in poche ore. Pur se l’Italia appare all’avanguardia, è un quadro in chiaroscuro quello che emerge dal sondaggio condotto da Ipsos su oltre 4.000 genitori in USA, Brasile, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito e Italia. I risultati del sondaggio vengono resi noti in occasione della Giornata mondiale della meningite, il 5 ottobre 2023. E’ una giornata che mira ad aumentare la consapevolezza e la comprensione globale della meningite, sottolineando al contempo l’importanza di attuare la Road Map globale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) per sconfiggere la meningite entro il 2030.
Ogni anno a circa 2,5 milioni di persone viene diagnosticata la meningite. In particolare, la malattia meningococcica invasiva descrive due principali malattie causate dal batterio Neisseria meningitidis o meningococco: meningite e setticemia. La meningite è motivo di particolare preoccupazione e si stima che ogni anno venga diagnosticata a 1,2 milioni di persone. Fino a una persona su sei che contrae questo tipo di meningite muore, con circa 135.000 decessi all’anno. Dei genitori intervistati in tutta la survey, meno della metà (48%) ha detto di sapere che la meningite può portare alla morte e quasi un terzo (28%) ha affermato di non avere alcuna conoscenza della patologia. La meningite può essere una patologia difficile da diagnosticare perchè i segni e i sintomi sono spesso simili a quelli di altre malattie. Almeno un sopravvissuto a malattia meningococcica invasiva su cinque può presentare gravi effetti a lungo termine come cicatrici cutanee, amputazione/i degli arti, perdita dell’udito, della vista, della memoria e danni cerebrali.
Ogni anno in Italia oltre 1000 persone contraggono la meningite e circa una persona ogni due viene colpita da meningite meningococcica. In particolare, i sierogruppi B e C sono particolarmente diffusi nel nostro Paese. Secondo i dati epidemiologici dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), la meningite meningococcica provoca il decesso nell’8-14% dei pazienti colpiti. In assenza di cure adeguate, il tasso di mortalità sale addirittura al 50%. Quanto al sierotipo B, oltre ad essere particolarmente aggressivo con altissima letalità, è responsabile da solo di circa l’80% dei casi in età pediatrica, con una massima incidenza soprattutto nel primo anno di vita, tra il 4° e l’8° mese. Questi i dati dell’ISS e del Comitato Nazionale Contro la Meningite.
Dall’indagine IPSOS emergono alcuni dati apparentemente contrastanti, che rivelano come sia importante continuare a sensibilizzare sui rischi legati a questa patologia e sulle modalità di prevenzione vaccinale. Nove genitori su 10 in Italia seguono il pediatra per le scelte vaccinali e si affidano alle sue indicazioni. Per questo, l’88% degli intervistati considera la vaccinazione “cosa buona e giusta” per i suoi bambini. L’attenzione alle indicazioni degli esperti si conferma anche quando si analizzano le fonti più autorevoli per le decisioni di mamma e papà sulla salute: i professionisti sanitari, come detto, sono la voce più ascoltata. Rispetto ad altri Paesi, solo il 29% dei genitori si affida ad internet. Siamo invece a 1 su 2 nel Regno Unito e al 43% in Germania, mentre in Francia la percentuale di chi si affida al web cala al 21% e poco più di 3 su 10 chiedono informazioni ai familiari. Il rapporto privilegiato con il pediatra diventa anche la chiave per comprendere come mai il 79% degli italiani intervistati riconosce la malattia e ne percepisce la gravità. E’ la percentuale più elevata in Europa. In Spagna si viaggia poco sopra il 70% e in Francia si scende al 64%. Infine, più di 8 italiani su 10 (81% del totale degli intervistati) sa che esiste un vaccino ed è disponibile. Ma attenzione. Uno su due non sa che ci sono vaccini specifici per i diversi ceppi, anche perchè la conoscenza sui vari tipi di meningococco è davvero ridotta. Quasi uno su tre riconosce esistenza di A B e C ma solo circa uno su cinque sa che esistono W e Y. E questo, ovviamente, incide anche sulla percezione dell’importanza di vaccini specifici per questi batteri.
“Questi dati confermano che c’è ancora strada da fare per sensibilizzare le persone sul rischio legato alla meningite da meningococco ed alla conseguente malattia invasiva, oltre che sulla possibilità di prevenire l’infezione attraverso la vaccinazione, sulla base delle indicazioni del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale – commenta Sara De Grazia, Medical Head Vaccini GSK Italia. In occasione della Giornata Mondiale dedicata alla meningite è importante riportare l’attenzione su questa malattia che, oltre a poter essere mortale, può lasciare sequele pesanti e invalidanti su chi sviluppa i quadri più gravi”.
Il centro GSK di Siena dedicato alla ricerca e sviluppo, insieme al sito produttivo della vicina località di Rosia, “rappresentano da oltre cento anni un’eccellenza nel panorama della vaccinologia internazionale – si legge in una nota -. Congiuntamente, i due siti costituiscono un’unica entità che copre tutte le fasi della messa a punto di un vaccino e, negli anni, hanno sviluppato progetti strategici con un particolare focus sui vaccini batterici. Impiegano complessivamente oltre 2500 collaboratori provenienti da tutto il mondo, con più di 60 milioni di euro investiti in media ogni anno in impianti, macchinari e nuove tecnologie”.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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Stabilimento Pfizer di Ascoli riceve certificazione su parità di genere

ROMA (ITALPRESS) – Lo stabilimento produttivo di Pfizer ad Ascoli Piceno è stato certificato come luogo di lavoro attento alla parità di genere. Tale riconoscimento, conseguito attraverso l’attività di audit di RINA – multinazionale di certificazione attiva in più di 70 paesi -, “è un’ulteriore conferma alle scelte del sito farmaceutico, sempre più aperto all’equità e all’inclusione, finalizzate a favorire il benessere aziendale e a contribuire alla diffusione della cultura del rispetto e della non discriminazione nella società in cui l’azienda opera”, si legge in una nota.
L’ottenimento della certificazione in accordo alla prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 è il risultato di una serie di attività che hanno coinvolto i principali processi aziendali correlati al percorso delle risorse umane in azienda e di un attento processo di audit, sia interno sia esterno, volto a verificare la corretta e completa applicazione dei requisiti previsti dalla norma.
“Questa certificazione conferma l’impegno dello stabilimento produttivo Pfizer di Ascoli Piceno come organizzazione attenta alle persone – afferma Nicola Battuello, Executive Vice President Certification di RINA -. Siamo pertanto orgogliosi di poter riconoscere l’impegno di Pfizer nel promuovere e diffondere una cultura e una leadership capace di superare ogni stereotipo legato a genere, identità o espressione a tutela dei valori di diversità, equità e inclusione che a oggi sono tra i principi cardine di ogni azienda sostenibile”.
“Siamo particolarmente orgogliosi di questo riconoscimento che avviene all’interno di un luogo di lavoro considerato tradizionalmente maschile, come quello della produzione farmaceutica”, afferma Rossella Bruni, Direttore e Amministratore Delegato dello stabilimento, dove oggi lavorano 322 donne su 803 dipendenti, il che vale a dire il 40% della forza lavoro, di cui 40 ricoprono livelli apicali. “Ciò ci incoraggia ad andare avanti su questa strada, che si è aperta già da diversi anni con la nostra completa adesione ai programmi di Diversity Equity & Inclusion e di Female Talent di Casa Madre”, non a caso, il raggiungimento della Parity Opportunity è un obbiettivo di Pfizer a livello mondiale nell’ambito dei goal ESG (Enviroment Social Governance). “Siamo convinti, e i dati ci danno ragione, che laddove a tutti sia data la possibilità di crescere ed esprimere il proprio potenziale, rifiutando qualsiasi forma di discriminazione di genere, non solo migliora il clima interno, ma ottimizza i risultati di performance dell’intera organizzazione”.

– Foto ufficio stampa Pfizer –

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Il dolore non ha età, ma gli adulti sottovalutano la sofferenza dei bambini

ROMA (ITALPRESS) – Il dolore non ha età. Eppure, 8 italiani su 10 ignorano che i bambini possono provare lo stesso dolore dei grandi e più di 1 su 4 pensa addirittura che la sofferenza sia un’esclusiva degli adulti. E’ il cosiddetto “bias della bua” messo in luce da un’indagine demoscopica condotta da AstraRicerche per Zambon Italia. Così, mentre gli italiani sottovalutano il dolore dei bambini, quasi 4 adulti su 10 lamentano un dolore costante – almeno 1 volta a settimana – e si tratta in circa 7 casi su 10 di un malessere talmente forte da impedire di svolgere le più semplici attività quotidiane come lavorare (45%), pensare (38%) e muoversi (34%). I pediatri italiani lanciano dunque l’appello per riconoscere e gestire in maniera consapevole il dolore dei più piccoli, rivolgendosi agli esperti e intervenendo in caso di bisogno con soluzioni adeguate all’età.
“Pensare che i bambini non provino dolore è una falsa percezione molto diffusa. Infatti, l’esperienza ci mostra che purtroppo anche i più piccoli possono stare male, tanto quanto i più grandi. E’ un dolore da non sottovalutare da un lato perchè i bambini possono avere difficoltà a spiegare l’entità e la tipologia del proprio malessere, dall’altro perchè gli adulti, colti di sorpresa, possono farsi prendere dal panico e agire in modo irrazionale. In questo senso – afferma Gianvincenzo Zuccotti, Prorettore ai rapporti con le istituzioni sanitarie dell’Università Statale di Milano e direttore del Dipartimento di Pediatria dell’Ospedale dei bambini – Buzzi – è positivo il fatto che, in caso di dolore pediatrico, la prima mossa degli italiani sia quella di consultare il pediatra, ma allo stesso tempo, se la situazione lo richiede, è opportuno poter intervenire con farmaci specifici adatti all’età”.
Stanchezza e poco sonno (37%), troppo tempo davanti a tv e schermi (25%), infortuni durante l’attività fisica (24%) sono considerate le principali cause del dolore dei bambini. Inoltre, gli italiani guardano con sospetto anche smartphone (23%) e social media (18%), che considerano fonte di dolore quasi esclusivamente per i più piccoli: infatti, solo pochi adulti (rispettivamente il 10% e l’8%) li collegano alla propria sofferenza. Ma come reagiscono gli italiani di fronte alla sofferenza dei bambini? Il sentimento prevalente è il dispiacere (40%), ma non di rado prendono il sopravvento anche ansia e preoccupazione (38%). “Quando il dolore colpisce gli adulti si ricorre subito a un farmaco antidolorifico per ottenere un rapido sollievo e raramente si consulta il proprio medico; mentre quando il dolore investe i più piccoli la prima mossa è senza dubbio chiamare o chattare con il pediatra: lo fa circa 1 su 3 quando il bambino è fra 6 e gli 11 anni. E’ una scelta confortante, perchè il pediatra è in grado di aiutare l’adulto ad individuare la possibile causa del malessere, suggerendo come intervenire a seconda del singolo caso” commenta Zuccotti.
Parlando di dolore negli adulti sembra esserci un “bersaglio” privilegiato: è donna, ha tra i 35 e 44 anni, convive con il partner e con il mal di schiena in una città medio-piccola. E se il mal di schiena è il malessere più frequente nel nostro Paese – con il 37% dei connazionali che è costretto ad affrontarlo settimanalmente – è il mal di testa quello che ha un maggiore impatto sulla quotidianità e impedisce di svolgere anche le più normali attività (31%). Stress (39%) e mancanza di sonno (34%) sono considerati i principali responsabili dei dolori degli italiani, ma a incidere potrebbe essere anche il troppo tempo trascorso davanti agli schermi di pc e tablet (26%).
Lancinante, tagliente e intenso come una “pugnalata”. Il dolore è vissuto così da quasi 4 italiani su 10, in particolare quando si prova mal di testa, male ai denti e male alla schiena. E’ un’esperienza negativa a tutto tondo: da un lato colpisce la mente, provocando nervosismo (46%), stress e tensione (40%), dall’altro si ripercuote sul fisico, alimentando stanchezza e debolezza (45%). Si tratta dunque di un impatto notevole che però gli altri spesso minimizzano e non riconoscono come davvero invalidante (37%).
-foto Agenzia Fotogramma –
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“Un albero per la salute”, progetto per ospedali più green

ROMA (ITALPRESS) – Il cambiamento climatico rappresenta un problema ed una sfida importante per il nostro tempo. L’aumento della temperatura globale è correlata con l’aumento dei gas serra nell’atmosfera ed in particolare con emissioni di CO2 che nell’ultimo ventennio sono aumentate in maniera significativa. Il cambiamento dei cicli delle precipitazioni e delle temperature interessano anche i boschi, le superfici agricole, le regioni montane così come le piante, gli animali e le persone che vi vivono.
E nello specifico il settore sanitario è responsabile di circa il 5% delle emissioni globali di CO2 che sono in costante crescita. Per questo gli ospedali anche attraverso processi di digitalizzazione e di implementazione tecnologica, ma non solo, sempre maggiori nella Sanità, non possono prescindere da opportune strategie tese a perseguire gli obiettivi di sostenibilità della salute collettiva secondo la visione olistica One Health.
Su queste basi nasce il progetto “Un Albero per la Salute” lanciato oggi a Roma, presso “l’Ospedale Isola Tiberina – Gemelli Isola”, dalla Fadoi (Federazione dei medici internisti ospedalieri) e dall’Arma dei Carabinieri del Raggruppamento Biodiversità.
Il progetto nazionale ha previsto la donazione e la messa a dimora in 31 Ospedali Italiani di giovani alberi da parte dei Carabinieri Raggruppamento Biodiversità e rientra nell’ambito del progetto “Un albero per il futuro” dei Carabinieri della Biodiversità realizzato in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente. Ogni pianta potrà essere geolocalizzata fotografando uno speciale cartellino e sarà possibile seguirne la crescita su un sito web, apprezzando anche il risparmio di anidride carbonica (CO2). La durata complessiva del progetto sarà di 3 anni.
“Ho accolto con grande piacere l’invito a partecipare all’inaugurazione di questo progetto che dimostra quanto stia crescendo la consapevolezza che non c’è alternativa all’approccio One Health. L’idea di una sola salute, del legame indissolubile tra salute umana, salute animale ed ecosistema, ha origini remote, sebbene siano state le epidemie degli anni duemila a dare forza a quest’approccio, diventato una priorità delle Nazioni Unite nel 2008. Una priorità a cui oggi stiamo dando ascolto e seguito grazie anche a quest’iniziativa”, ha detto il Ministro della Salute, Orazio Schillaci intervenendo all’evento.
“Ritengo che la messa a dimora di giovani alberi che parte oggi dall’Ospedale Fatebenefratelli, e che coinvolgerà 30 ospedali su tutto il territorio nazionale, contribuisca a rafforzare il messaggio di un Servizio sanitario che è pronto a rispondere alle sfide presenti e future. Voglio, inoltre, esprimere il mio apprezzamento alla FADOI per aver voluto sottolineare la finalità di educazione sanitaria del progetto “Un Albero per la salute” un’occasione di sensibilizzazione che va incontro ai bisogni informativi e alle aspettative degli italiani”.
“Questa consapevolezza dell’importanza del contributo di tutti per salvaguardare la salute collettiva – ha specificato Schillaci – è, d’altronde, alla base di questo progetto che nasce dalla sinergia dei Dirigenti Ospedalieri Internisti e dei Carabinieri del Raggruppamento Biodiversità”.
“In questo scenario, grazie ai fondi complementari al PNRR il Ministero sta portando avanti il progetto Salute, ambiente, biodiversità e clima. Si tratta di un Programma altamente innovativo che renderà strutturale la sinergia, a livello nazionale e regionale, tra i servizi di prevenzione del Servizio Sanitario Nazionale con quelli che fanno parte della rete di tutela ambientale. Un Progetto che porta l’Italia ad essere tra le Prime Nazioni ad aver istituito questa sinergia in un’ottica One Health”, ha concluso.
“Il connubio tra sanità e ambiente è ineludibile e vincente perchè un ambiente di qualità garantisce una migliore salute ai cittadini”, ha affermato il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Teo Luzi.
“L’Italia – ha precisato – è un grande paese da un punto di vista sanitario anche se a volte ne parliamo male. Dedichiamo a questo una buona fetta di bilancio e un buon ambiente fa risparmiare anche in termini di risorse per la sanità”.
“Come Fadoi – spiega il Presidente Fadoi Francesco Dentali – abbiamo nel nostro Statuto tra gli scopi Istituzionali quello del miglioramento e la definizione dei percorsi assistenziali e delle iniziative di educazione sanitaria. L’educazione sanitaria non ha solo una finalità comunicativa, informativa ma consiste nell’intervenire precocemente sui comportamenti, abitudini, azioni riguardanti le condizioni sociali, economiche ed ambientali che hanno un impatto sulla salute del singolo e della comunità. Ed è proprio in quest’ottica come Fadoi riteniamo fondamentale sviluppare una maggiore consapevolezza dell’approccio olistico One Health secondo cui la salute delle persone e salute dell’ecosistema sono legate indissolubilmente e si influenzano reciprocamente. E proprio da queste basi che nasce il progetto ‘Un Albero per la Salutè che con soddisfazione porteremo avanti insieme all’Arma dei Carabinieri Raggruppamento Biodiversità”.
“I cambiamenti climatici, il riscaldamento globale, la perdita di biodiversità, l’antibiotico-resistenza e l’inquinamento atmosferico, che rappresenta il principale fattore di rischio ambientale per la salute, confermano la necessità di guardare al domani con una visione One Health, implementando un approccio integrato, inclusivo e multidisciplinare per tutelare la salute degli ecosistemi e di tutti gli esseri viventi. L’idea del progetto va proprio in questo senso e ha l’obiettivo di creare un bosco diffuso davanti agli ospedali italiani”, sottolinea il Presidente della Fondazione Fadoi, Dario Manfellotto.
“La salute dell’ambiente e la salute delle persone sono strettamente interconnesse. Come Ospedale – afferma Daniele Piacentini, Direttore Generale dell’Ospedale Isola Tiberina – vogliamo contribuire a diffondere una maggiore sensibilità sull’importanza di prendersi cura del nostro ambiente come parte integrante del prendersi cura di noi. In questo senso, uno degli obiettivi del piano di rilancio che stiamo realizzando è di ridefinire i percorsi di assistenza e cura dei pazienti come parte del percorso terapeutico, anche tenendo conto degli spazi destinati ad accoglierli”.
La FADOI è la Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti che nasce nel 1995 con l’intento di promuovere lo sviluppo delle conoscenze medico-scientifiche e della ricerca clinica nell’ambito della Medicina Interna. La FADOI come da suo Statuto ha tra gli scopi Istituzionali il miglioramento e la definizione dei percorsi assistenziali e delle iniziative di educazione sanitaria. L’educazione sanitaria non ha solo una finalità comunicativa, informativa ma consiste nell’intervenire precocemente sui comportamenti, abitudini, azioni riguardanti le condizioni sociali, economiche ed ambientali che hanno un impatto sulla salute del singolo e della comunità. In quest’ottica la FADOI ritiene fondamentale sviluppare una maggiore consapevolezza dell’approccio olistico One Health secondo cui la salute delle persone e salute dell’ecosistema sono legate indissolubilmente e si influenzano reciprocamente.
Il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri opera a tutela della qualità della vita e di un uso sostenibile degli ecosistemi del nostro Paese con la consapevolezza di quanto tutto ciò sia fondamentale per l’uomo e per gli altri esseri viventi. L’Arma dei Carabinieri ha il compito e la mission anche dell’educazione ambientale. Dalla consapevolezza e dalla importanza dei problemi ambientali sempre piu? pressanti per la società e per il mondo, nasce la collaborazione e la condivisione trasversale tra attori istituzionali e sociali del Paese finalizzate alla risoluzione delle delicate problematiche generate.
L’Ospedale Isola Tiberina – Gemelli Isola con la nuova gestione, resa possibile dal 1° settembre 2022 grazie alla Fondazione per la Sanità Cattolica, istituita per volontà del Santo Padre Francesco nell’ottobre dello scorso anno, alla Fondazione Leonardo Del Vecchio, che insieme hanno dato vita alla SIT, Sanità Isola Tiberina, ha consentito di avviare un progetto di rilancio dell’Ospedale, gestito dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS attraverso la società benefit Gemelli Isola. L’Ospedale punta ad essere in un polo di riferimento per la sanità, un risultato che sarà frutto dell’integrazione della tradizione del Fatebenefratelli con il know how della Fondazione Policlinico Gemelli. Innovazione e tradizione sono le due linee di indirizzo di questa operazione che si inserisce nel solco della storia secolare dell’Ospedale.
-foto ufficio stampa Carabinieri –
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Ridere fa bene alla salute, Massimo Boldi “Un toccasana se si sta male”

ROMA (ITALPRESS) – Ridere fa bene, lo sappiamo, ma non abbastanza. Sì, perchè una risata non solo è utile per ridurre lo stress, far lavorare al meglio il sistema immunitario e ovviamente per l’umore. Le ultime ricerche, hanno misurato infatti effetti simili a quelli dei farmaci. All’ultimo congresso della società europea di cardiologia è stato presentato uno studio condotto in Brasile, che mette a confronto due gruppi di persone affette da patologie alle coronarie. Dopo tre mesi, nel gruppo che aveva assistito a uno spettacolo comico una volta a settimana, la capacità cardiaca è risultata migliore del 10% rispetto al gruppo a cui era stato somministrato un documentario a settimana.
Quelli della risata e del buonumore sono i temi trattati da Massimo Boldi, noto attore comico, produttore cinematografico, musicista e conduttore televisivo, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress: “Ridere è una cosa importante, soprattutto quando qualcuno è in depressione o ha dei problemi – ha esordito – In tanti mi dicono grazie per averli fatti divertire nei momenti più importanti della loro vita. Questa è una grande soddisfazione – ha aggiunto – C’è persino un revival dei miei film datati, coi ragazzi che li rivedono di continuo e sanno le battute a memoria. Credo di aver interpretato il ruolo di un bambino e sono rimasto tale, mentalmente è proprio così, alla mia età faccio ancora quello che farebbe un ragazzino di dieci anni. C’è un pò di follia in me probabilmente, e questo non dico che sia il mio segreto, ma è come son fatto io, come riesco poi soprattutto a trasmettere la comicità o eventualmente anche il dramma perchè ho fatto anche dei film drammatici, a chiunque, dai grandi ai piccini – ha spiegato Boldi – Nei film che ho fatto io c’è sempre il momento molto comico che è la follia pura. Poi è chiaro che se gli autori ti scrivono delle battute divertenti hai un vantaggio in più”.
Anche per un attore comico affermato come Boldi c’è stato da fare i conti a lungo con l’ansia da prestazione: “C’è eccome, se devo essere sincero confesso che all’inizio della mia carriera non accettavo bene la popolarità e il successo – ha rivelato – La mia povera moglie Marisa faticava a farmi salire sul palcoscenico, perchè stavo male e continuavo a chiamare i medici per farmi un controllo al cuore, la mia gag del batticuore è nata da lì. Poi pian piano con l’età ho cominciato ad accettare il tutto, a rispondere sì alla domanda ‘ma veramente è toccato a me essere famoso?’ C’è questa situazione in cui uno si chiede se ce la farà o meno”. Infine, un messaggio importante sul rapporto con la medicina: “Il mio rapporto coi medici è sempre stato ottimo, ho sempre cercato di seguirli – ha concluso – Si crea sempre tra me e il medico una certa simpatia e tanta fiducia, questo è importante”.
-foto Agenzia Fotogramma-
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Nel 48% dei casi il dolore porta a isolamento e solitudine

MILANO (ITALPRESS) – Nove italiani su 10 hanno sofferto di una qualche forma di dolore nel corso dell’ultimo anno e la metà (46%) di loro si sente stigmatizzata. Nel 48% dei casi il dolore porta ad isolamento e solitudine e in un terzo questa solitudine è classificabile come grave.
I dati emersi dalla nuova edizione del Haleon Pain Index (HPI), una ricerca globale condotta su oltre 18mila persone in 18 paesi, tra cui l’Italia, mostrano in modo evidente l’influenza negativa del dolore sulla vita di chi ne soffre e quanto il contesto sociale si dimostri meno tollerante nei loro confronti. Come se il senso di solidarietà frutto dell’esperienza Covid-19 fosse ormai svanito.
La quinta edizione dell’HPI promossa da Haleon, azienda leader mondiale nel settore del Consumer Healthcare, delinea infatti una società post-pandemica dalla memoria corta e poco comprensiva nei confronti del dolore, se non addirittura con atteggiamenti giudicanti: il 46% di coloro che vivono una forma di dolore fisico si ritiene stigmatizzato e un quarto (il 26%) teme di essere giudicato per la propria condizione.
Dalla prima edizione del 2014, il HPI evidenzia come l’impatto sociale ed emotivo del dolore sia cresciuto di quasi il 25%, con lo stigma e l’isolamento sociale derivanti dal dolore quotidiano in aumento in tutto il mondo.
In generale il dolore ha ripercussioni significative su quasi tutti gli aspetti della vita delle persone ed influisce sui rapporti con familiari ed amici al punto che un italiano su 2 riferisce di trascorrere regolarmente del tempo in solitudine in caso di episodi di dolore, solitudine classificata come grave per 1 italiano su 3, ed il 64% di essere meno socievole. Un fenomeno, quello della solitudine e dell’isolamento sociale, sollevato recentemente (primavera 2023) dall’OMS e dal National Center for Chronic Disease Prevention and Health Promotion per i suoi effetti devastanti sulla salute pubblica.
Linda Papadopoulos, psicologa e autrice, ha commentato: “Il dolore quotidiano è un problema di salute che può essere ignorato con facilità, rifiutato o banalizzato. Molte persone non si rendono conto che i suoi effetti possono essere peggiori dei sintomi stessi; il risultato che deriva dalla mancanza di empatia con gli altri e dall’essere trattati in modo diverso determinano solitudine e un impatto sulla salute mentale non trascurabile ed in via di peggioramento. Come società, abbiamo il dovere di intervenire laddove si continua prepotentemente a manifestare una sorta di indurimento verso un tema così rilevante di salute con ripercussioni di natura sociale ed economica”.
L’Haleon Pain Index ha scoperto che a livello globale, gli italiani sono tra le persone che soffrono meno di altri il dolore come tabù: se nel mondo il 39% degli intervistati dichiara che il dolore è un tabù, in Italia coloro che sono d’accordo con questa affermazione sono poco meno di 1 su 3. Sebbene il dato sia inferiore a quello globale, si tratta comunque di un dato elevato che spinge a soffrire in silenzio per non essere giudicati (26%).
Sono soprattutto i più giovani ad evidenziare questo problema: il 39% della Gen Z ritiene che subire episodi di dolore equivale a vivere un tabù e quindi preferiscono non parlarne, rispetto al 33% dei Boomers ed il 70% si è sentita discriminata o non creduta rispetto al 39% degli adulti (59-77 anni).
Dato preoccupante che riguarda anche coloro che già sperimentano pregiudizi, discriminazione ed esclusione sociale sono sempre più vittime di questo inasprimento culturale.
Il 51% delle donne italiane si è sentita discriminata o non creeduta rispetto al 44% degli uomini.
Simile discriminazione si registra se ad essere preso in considerazione è l’orientamento sessuale: il 62% delle persone LGBQ+ rispetto al 46% degli eterosessuali.
Gli intervistati hanno concordato sulla necessità di una visione più personalizzata e compassionevole del dolore. Più di due terzi (69%) delle persone hanno affermato che una maggiore empatia per affrontare i pregiudizi e l’esclusione farebbe davvero la differenza nella loro esperienza del dolore.
Dalla ricerca emerge infine il desiderio di un ruolo attivo nella gestione del dolore da parte di medici e farmacisti, riconosciuti come figure di supporto che necessitano però di una migliore formazione (il 71% degli intervistati lo ritiene necessario per i medici, il 61% per i farmacisti) che li aiuti soprattutto a riconoscere l’estrema individualità del dolore.
-foto ufficio stampa Haleon –
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Medicines for Europe “Subito una legge per la sicurezza dei farmaci”

ROMA (ITALPRESS) – «Lavorare subito ad una legge europea sulla sicurezza dei medicinali che, insieme alla revisione della legislazione farmaceutica dell’UE, favorisca un accesso equo e una fornitura più sicura di medicinali fuori brevetto a milioni di pazienti che ne hanno bisogno». E’ l’appello di Medicines for Europe – l’associazione europea delle industrie produttrici di farmaci generici equivalenti, biosimilari e value added medicines – in vista del Consiglio Ue del 6 ottobre e dell’imminente comunicazione della Commissione Ue sulla disponibilità dei medicinali.
«Come evidenziato nel rapporto “Resilient EU2030”, recentemente pubblicato dalla presidenza spagnola del Consiglio dell’UE – si sottolinea in un comunicato – l’obiettivo del Consiglio europeo del 6 ottobre è rafforzare le catene di approvvigionamento, la capacità produttiva e, in definitiva, aprire la strada all’autonomia strategica nel settore di farmaci senza brevetto e API (principi attivi)».
L’industria dei medicinali generici equivalenti e biosimilari, che fornisce il 70% dei medicinali dispensati ai pazienti in Europa, coprendo oltre l’80% delle aree terapeutiche, è partner naturale degli obiettivi identificati a livello europeo e pienamente sostenuti dai capi di Stato dell’UE con la richiesta avanzata a maggio di una legge ad hoc sui farmaci critici.
«La discussione al Consiglio europeo non potrebbe essere più tempestiva», il commento della presidente di Medicines for Europe, Elisabeth Stampa, che riassume così le strategie da adottare in Europa per arrivare a bersaglio: “riforma del mercato e del sistema di acquisto delle gare che valorizzi la sicurezza dell’approvvigionamento di medicinali, per prevenire il consolidamento ed evitare la dipendenza da altri territori; investimenti provenienti da fondi UE e aiuti di Stato in nuovi processi di produzione più ecologici e sicuri per farmaci essenziali e API; digitalizzazione del sistema normativo mettendo a sistema le banche dati nuove e quelle esistenti, come il sistema di serializzazione dell’UE, per migliorare la capacità di prevedere le carenze e gestire in modo solidale quelle che si verificano negli Stati membri; chiaro sistema di proprietà intellettuale che incoraggi il lancio senza ritardi dei farmaci generici e che ne impedisca la delocalizzazione forzata dello sviluppo e della produzione; maggiore cooperazione con i principali partner produttivi internazionali come Stati Uniti, India e altri”.

– foto: Agenzia Fotogramma –

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All’Istituto di Cura Città di Pavia i nuovi ambulatori di Psicologia

PAVIA (ITALPRESS) – Presso l’Istituto di Cura Città di Pavia (Gruppo San Donato), sono attivi i nuovi ambulatori di psicologia, un polo clinico in connessione con l’Università
Vita-Salute San Raffaele e l’IRCCS Ospedale San Raffaele. Un team altamente specializzato di professionisti sarà a disposizione per offrire supporto ai pazienti, tramite un percorso di cura personalizzato, per affrontare le diverse problematiche e i disagi psicologici che possono interessare la persona nelle varie fasi della vita adulta. Gli psicologi attuano diversi approcci terapeutici, dai più tradizionali a quelli più innovativi,
basati sull’uso della tecnologia, offrendo ai pazienti gli strumenti utili per dare risposta a un’ampia gamma di necessità psicologiche, tra le quali stress, pressioni ambientali, traumi,
problematiche relazionali, dipendenze affettive, relazioni tossiche, difficoltà emotive, cambiamenti, autostima e immagine di sè.
Il primo colloquio conoscitivo, volto a inquadrare le problematiche da approfondire e a individuare la strategia terapeutica più idonea da adottare, si svolge in presenza. Per gli incontri successivi, il paziente potrà scegliere, in base ai suoi impegni personali, la modalità più adatta, in presenza oppure in “videovisita” da remoto, comodamente da casa o
dall’ufficio. “L’apertura dei nuovi ambulatori di Psicologia rappresenta un’importante collaborazione con l’Università
Vita-Salute San Raffaele di Milano. La filosofia del servizio si basa su un approccio olistico alla persona, in cui aspetti problematici, caratteristiche di personalità e risorse psicologiche vengono indirizzate alla costruzione di un profilo caratteristico finalizzato all’ottimizzazione della tecnica psicologica più indicata per ogni singola persona. In quest’ottica, l’ausilio delle piattaforme di telemedicina del Gruppo San Donato, è elemento particolarmente innovativo, che avvicina ancora di più la nostra attività al paziente e
alle sue necessità”, ha dichiarato il professor Andrea Fossati, preside della Facoltà di Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e responsabile degli ambulatori di psicologia.

– foto: ufficio stampa Gruppo San Donato –

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