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Angelini Pharma, dall’Ue 1,5 mln per progetto di transizione ecologica

ROMA (ITALPRESS) – Angelini Pharma, società del gruppo privato Angelini Industries, ha annunciato il lancio di LIFE-GREENAPI, un’iniziativa di transizione ecologica dello stabilimento di Aprilia che consentirà di produrre principi attivi in modo sempre più efficiente, ecologico e innovativo. Il progetto ha anche ottenuto un finanziamento di 1,5 milioni di euro da parte del Programma LIFE, lo strumento della Commissione europea per i finanziamenti a favore dell’ambiente e delle azioni di contrasto al cambiamento climatico.
Con LIFE-GREENAPI, Angelini Pharma riprogetterà i suoi principali processi produttivi di principi attivi farmaceutici (API) con la tecnologia della chimica a flusso. Si prevede che questo cambiamento introdurrà una serie di benefici ambientali, tra cui la riduzione degli sprechi e della produzione di rifiuti, un maggiore efficientamento energetico, idrico e un migliorato profilo di sicurezza, nonchè vantaggi economici. Il progetto fa parte di una più ampia strategia di sostenibilità aziendale che Angelini Pharma sta portando avanti per affrontare l’impatto ambientale dei suoi prodotti durante il loro intero ciclo di vita.
“Recenti ricerche indicano che l’industria farmaceutica produce una quantità di emissioni molto più elevata rispetto ad altri settori con una forte disomogeneità nelle pratiche a favore dell’ambiente”, ha affermato Enrico Giaquinto, Chief Industrial Operations Officer di Angelini Pharma. “Il nostro settore deve adottare un cambiamento radicale nel suo approccio alla sostenibilità se vuole adempiere alla responsabilità sociale condivisa di limitare il proprio impatto sul clima – ha aggiunto -. LIFE-GREENAPI rappresenta un’iniziativa fondamentale nell’ambito della strategia di transizione ecologica di Angelini Pharma, e credo fermamente che possa ispirare e incoraggiare tutto il settore farmaceutico europeo a includere pienamente la sostenibilità ambientale nei propri processi produttivi”.
Della durata di tre anni, l’iniziativa sarà condotta in collaborazione con l’Istituto di Scienze Ambientali dell’Università di Leiden (Paesi Bassi), che monitorerà l’impatto ambientale del programma attraverso un Life Cycle Assessment (LCA, valutazione dei cicli vitali) e un approccio basato sull’analisi del rischio. Il Life Cycle Assessment è un metodo utilizzato per valutare l’impatto ambientale associato a tutte le fasi del ciclo di vita di un determinato prodotto, processo o servizio commerciale. LIFE-GREENAPI rappresenterà il primo LCA condotto da Angelini Pharma.
“Il Life Cycle Assessment è una metodologia chiave per la “sostenibilità by design”, un tema importante nel Green Deal dell’Unione Europea. Applicheremo il LCA in LIFE-GREENAPI per valutare le innovazioni di Angelini Pharma nei processi produttivi di Fine Chemicals e i relativi benefici ambientali. Rimanendo a stretto contatto con l’azienda, lavoreremo a uno studio continuo e iterativo del sistema, dal laboratorio alla fase pre-commerciale”, ha dichiarato Stefano Cucurachi, Professore associato di ecologia industriale presso l’Università di Leiden. “Questo progetto offre un’opportunità unica per promuovere un impatto ambientale positivo e per migliorare la sostenibilità di un settore cruciale dell’economia europea” ha proseguito.
“I requisiti fissati nel Green Deal, il piano d’azione della Commissione europea per trasformare l’UE in un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva – con l’ambizione di raggiungere zero emissioni nette entro il 2050 – ci hanno spinto a integrare i principi della chimica e dell’ingegneria verde nei nostri processi produttivi”, ha detto Leonardo Moro, Direttore dello stabilimento Fine Chemicals di Angelini Pharma.
“Per raggiungere questo obiettivo, stiamo integrando l’ottimizzazione delle risorse e delle emissioni e il parziale reshoring dell’approvvigionamento dei principi attivi farmaceutici, delle materie prime e della produzione di semi-lavorati. Questi passaggi ci consentono di migliorare radicalmente la resilienza della nostra supply-chain, ottimizzando al contempo l’impronta ambientale dei nostri prodotti”.

– foto: Agenzia Fotogramma –

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Un set al Policlinico di Palermo, si gira docuserie “Il Viaggio del Campione”

PALERMO (ITALPRESS) – Il Dipartimento di Medicina di Laboratorio del Policlinico di Palermo trasformato in un set per raccontare il viaggio di una provetta di sangue per una diagnosi precoce di infarto del miocardio, e l’alto grado di complessità e innovazione che sta dietro al risultato di un test.
I laboratori del “Paolo Giaccone” sono protagonisti del primo episodio della docuserie “Il Viaggio del Campione” (https://youtu.be/VzyIrA3jLS0), iniziativa di Roche Diagnostics patrocinata da Confindustria dispositivi medici, che mette in risalto l’importanza della Medicina di laboratorio e della diagnostica in vitro per la salute dei cittadini.
Il video girato presso il Dipartimento di Medicina di Laboratorio, ritenuto tra le prime strutture sul territorio nazionale per le strumentazioni, per i servizi erogati, per i settori specialistici presenti, per la qualità delle prestazioni sanitarie, descrive il percorso della provetta di sangue per l’esecuzione del test della Troponina ad alta sensibilità, analisi fondamentale per identificare tempestivamente l’infarto acuto del miocardio.
“Il ruolo della Medicina di Laboratorio è, e lo sarà sempre più, centrale, necessaria e indispensabile in tutte le fasi del percorso assistenziale, – sottolinea il professore Marcello Ciaccio, Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Palermo e Direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio del Policlinico – dalla predizione e prevenzione, alla diagnosi ed alla diagnosi differenziale, alla prognosi, al monitoraggio di malattia e terapia e permette in molte patologie, come ad esempio nelle Sindromi Coronariche Acute tramite il dosaggio della Troponina, di fare una diagnosi precoce e di instaurare la terapia tempestivamente, permettendo spesso di salvare la vita al Paziente”.
Presso l’Unità di Medicina di Laboratorio del Policlinico Universitario di Palermo sono attivi settori specialisti – Neurochimica Clinica, Patologie Autoimmuni, Coagulazione, Proteine, Medicina Molecolare – dove vengono eseguite, con le strumentazioni di ultima generazione e, quindi, le più performanti, le indagini di primo, secondo e terzo livello permettendo una valutazione delle patologie sino a livello genetico-molecolare.
“In particolare, – continua Ciaccio – il Settore di Neurochimica Clinica si occupa della diagnostica delle Malattie Neurodegenerative, a cominciare dall’Alzheimer, e per la completezza dei biomarcatori che vengono valutati, è tra i pochi centri presenti sul territorio nazionale, circa 15”.
L’innovazione nella Medicina di Laboratorio ha importanti ricadute sia per la salute del paziente che per la sostenibilità del sistema sanitario.
“La Medicina di Laboratorio – spiega ancora il Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia – consente, infatti, di fare prevenzione e quindi far sì che un soggetto non vada incontro alla malattia, ma anche di predire se una persona, nel corso della vita, può sviluppare una specifica patologia. Questo è fondamentale perchè in tal modo non ci si ammala, e dunque non si iniziano terapie che, oltre a essere in alcuni casi molto costose, possono dare effetti collaterali importanti. I test disponibili ci consentono di fare prevenzione soprattutto nelle malattie a più larga incidenza, come le cardiovascolari o le neoplasie. Un profilo lipidico ci permette di capire se un soggetto è a rischio di sviluppare un evento trombotico, oppure la possibilità di esaminare le mutazioni genetiche ci consente di capire se esiste il pericolo di sviluppare una particolare neoplasia, e quindi di avviare il paziente in percorsi di prevenzione e monitoraggio in modo che non si ammali, o comunque di fare una diagnosi precoce con alte possibilità di guarigione”.
foto Ufficio Stampa Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo
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Presentato il primo rapporto sul valore dell’associazionismo della salute

ROMA (ITALPRESS) – Rendicontare in modo analitico e trasparente il valore economico e sociale generato dalle Associazioni Pazienti in ambito salute e sperimentare una nuova opportunità di collaborazione per evidenziare quanto le Organizzazioni possano essere più efficaci quando costruiscono reti, questi gli obiettivi del primo Rapporto sulla “Valorizzazione della Rete dei Volontari Alleati per la Salute”, presentato oggi a Milano. L’analisi raccoglie i dati di Europa Donna Italia, Movimento che tutela i diritti alla prevenzione e alla cura del tumore al seno, AIL Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi, Mielomi, AISC Associazione Italiana Scompensati Cardiaci, Apmarr Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare in collaborazione con Novartis e grazie al supporto tecnico-metodologico di PwC Italia
Nel corso del 2021, le cinque associazioni e la loro rete di 19.630 volontari hanno dedicato alle attività di sensibilizzazione, prevenzione, supporto ai pazienti e cura oltre 1 milione di ore del loro tempo, raggiungendo oltre 58 mila persone che sono state assistite in varie modalità tramite servizi erogati sul territorio. Su questa base, è stato possibile stimare il valore economico da loro generato e spesso non percepito, superiore ai 20 milioni di euro1. Grazie al loro lavoro, sono state 70.000 le visite gratuite effettuate da specialisti e 15.000 i colloqui gratuiti realizzati da psicologi.
Le cinque associazioni hanno raccolto fondi per oltre 56 milioni di euro tramite diversi canali, tra cui donazioni, bandi pubblici e privati, 5X1000 e sponsorizzazioni. Per evidenziare la capacità di rinnovamento del Terzo settore italiano anche nella modalità di analisi del proprio operato e consolidare i valori quali fiducia, professionalità e solidarietàI’, e la loro capacità di produrre risultati concreti, Europa Donna Italia si è fatta promotrice di questa iniziativa che ha raccolto il consenso del network Alleati per la salute.
“Le associazioni di volontariato legate alla salute hanno un ruolo importante nel nostro Paese, e questo rapporto lo evidenzia con enfasi grazie ai dati presentati oggi.
L’idea alla base di questo progetto è quella di condividere e mettere a sistema le varie expertise delle singole associazioni per rilevare il reale supporto del volontariato sia verso i pazienti sia verso le Istituzioni e continuare in un’ottica di sempre migliori soluzioni per la salute in Italia”, spiega la Presidente di Europa Donna Italia, Rosanna d’Antona. Sono stati 223 i principali eventi di comunicazione organizzati dalle 5 Associazioni sul territorio nazionale che hanno utilizzato anche i propri canali social – che contano quasi 300 mila followers – per poter veicolare le informazioni, per esempio su campagne e attività di screening, al fine di raggiungere anche il target dei più giovani.
Il Rapporto è stato predisposto tenendo in considerazione le Linee guida e standard per la redazione del Bilancio Sociale degli Enti del Terzo Settore previsti dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che hanno fornito un quadro metodologico e normativo per definire gli obiettivi, le metriche e i criteri di rendicontazione delle attività svolte dalle Organizzazioni coinvolte. Le cinque associazioni coinvolte nel rapporto fanno parte della rete Alleati per la salute composta da circa 70 associazioni pazienti, un’alleanza strategica che Novartis ha avviato da oltre 15 anni con l’obiettivo di sviluppare insieme soluzioni che abbiano valore e impatto sul miglioramento della vita dei pazienti cronici e sul sistema salute oltre che individuare temi d’interesse trasversali del mondo advocacy.
“Come Novartis siamo da sempre consapevoli del valore delle associazioni pazienti per il sistema Paese, attori fondamentali che offrono una prospettiva essenziale per i processi decisionali nel campo della salute – afferma Valentino Confalone, Country President e Amministratore delegato di Novartis Italia -. A nostro avviso, esiste in questo contesto un ulteriore spazio di miglioramento attraverso una maggiore inclusione del punto di vista delle associazioni pazienti come componenti formalmente riconosciute. Questo è il motivo che ci ha spinto a supportare questa iniziativa che evidenzia l’essenziale valore economico e sociale dell’associazionismo e del volontariato in ambito salute”. Conclude Valentino Confalone: “Ci auguriamo che questo progetto sia una ulteriore conferma del valore di queste realtà sia dal punto di vista della comprensione dei bisogni dei pazienti che delle risorse che possono essere investite a livello territoriale”.

– foto Agenzia Fotogramma –
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Emergenza obesità in Italia, sempre più bambini coinvolti

PALERMO (ITALPRESS) – In Italia le persone in eccesso di peso sono più di 25 milioni, 6 milioni sono obese. Un trend in preoccupante ascesa, che coinvolge sempre di più i bambini, specie dopo la pandemia. “Sono dati allarmanti – dice in un’intervista all’Italpress il professor Silvio Buscemi, ordinario di Nutrizione clinica all’Università di Palermo e presidente eletto della Società italiana dell’Obesità per il triennio 2025/2027 -. Nel mondo ci sono circa 700 milioni di persone obese. E’ il risultato di un impatto sfavorevole che il cambiamento dei tempi, delle organizzazioni, dei sistemi di vita hanno avuto sulla nostra salute. L’obesità è ormai una malattia riconosciuta sempre più, non è solo una questione estetica, ma un serissimo problema di salute che, agganciato a tante altre realtà cliniche, come il diabete, le malattie cardiovascolari, i tumori, la sindrome delle apnee ostruttive, si associano a una qualità di vita compromessa, danneggiata, e pertanto richiede una grande attenzione”.
Secondo Buscemi di obesità si parla un pò troppo poco “come patologia, come malattia”, ma “è indubbio che sia un’emergenza che dobbiamo sicuramente affrontare e farlo nel miglior modo possibile. Idealmente dovremmo ripensare molto spesso alle nostre città, al nostro sistema di vita, di muoverci, di nutrirci. E’ una malattia, una malattia che va prevenuta e curata”.
Nei casi in cui l’obesità non si riesca a fronteggiare con la sola dieta, “abbiamo delle possibilità diverse, e in primo luogo di tipo farmacologico – sottolinea -. Per questa patologia si stanno liberando prospettive, molteplici trattamenti che si stanno dimostrando molto molto efficaci. Questi si affiancano anche alla chirurgia dell’obesità che, ad oggi, era considerato il trattamento più efficace nei casi in cui ve ne fosse indicazione. Abbiamo la possibilità di seguire molteplici vie, un panorama di scelte che ci consentirà di adattare a ogni paziente la sua cura più adatta”.
Preoccupa l’obesità infantile. “Che colpisca di più gli adulti è qualcosa su cui dovremmo ricrederci. Abbiamo vari dati che ci dicono che l’obesità infantile è notevolmente rappresentata. Negli ultimissimi anni – osserva Buscemi – c’era stato un trend che ci lasciava ben sperare, ma con il Covid si sono fatti passi indietro. L’obesità infantile è un problema importante perchè i bambini obesi di oggi saranno quasi certamente gli obesi di domani. Ma abbiamo riscontrato nei bambini anche un’elevata frequenza di fegato grosso, di ipertensione e, negli adolescenti, il diabete dell’adulto. E’ una grave emergenza che deve vederci in primo luogo attrezzati a prevenirla. Non solo noi medici, ma il sistema amministrativo, politico, sociale: famiglie e scuole. E anche lì, si è aperta una voragine”. Buscemi evidenzia che “abbiamo fatto delle attività nelle scuole ma, quando vediamo i genitori di questi bambini, vediamo spesso adulti devastati da questa ondata di obesità, che non sono in grado di gestire il problema”.
Per il professor Buscemi “deve stabilirsi un’alleanza tra le famiglie e la scuola, dobbiamo parlarne e discuterne. Spesso quando facciamo formazione riusciamo ad avere risultati”. Alla presidenza della Sio “punterò molto su questo, sul promuovere la salute, la ricerca e la cultura su un argomento, senza volersi sostituire a nessuno. C’è una maggiore attenzione al problema e anche in Sicilia stiamo cercando di organizzarci al meglio, siamo tra le regioni più virtuose. E’ fondamentale che si metta insieme una rete organizzativa che dia una risposta alle persone che hanno necessità”.

– foto Italpress –
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Alzheimer e neuroscienze tra le maggiori priorità sanitarie del Paese

ROMA (ITALPRESS) – Le malattie neurodegenerative e in particolare la malattia di Alzheimer rappresentano una delle più grandi sfide in ambito sanitario e medico in un Paese come l’Italia, il secondo più longevo al mondo, e si qualificano come un vero e proprio problema di salute pubblica, in crescita esponenziale, con un forte impatto per il sistema sanitario, sociale ed economico nazionale. Con queste premesse, si è tenuto oggi il convegno “Alzheimer e neuroscienze: una priorità per il Paese”, presso Palazzo Montecitorio a Roma, su iniziativa della deputata Annarita Patriarca, co-promotrice dell’Intergruppo Parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer.
In Italia, si stimano oggi circa 1.200.000 casi di demenza, con un aumento di quasi 150 mila diagnosi ogni anno e con un tasso di crescita destinato a crescere significativamente a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. Inoltre, la malattia di Alzheimer, che conta 700.000 casi in Italia, si attesta come terza causa di morte tra gli over 65 in Europa occidentale a seguito di complicanze legate allo sviluppo della malattia e una delle principali cause di disabilità nella popolazione over 60 a livello mondiale. Da un punto di vista economico, in Italia i costi legati alla malattia di Alzheimer sono stimati in 15,6 miliardi di euro, di cui l’80% sono sostenuti direttamente dalle famiglie dei pazienti.
Questi dati impongono la necessità urgente di promuovere una forte sinergia tra i principali attori coinvolti: clinici, pazienti, istituzioni e industria. E’ necessario favorire una migliore presa in carico del paziente, a partire dalla diagnosi precoce della malattia, seguita da un approccio personalizzato e il rafforzamento di una rete integrata di assistenza sanitaria presente sul territorio, che faciliti l’accesso alle prestazioni, alla continuità assistenziale, e allo sviluppo di percorsi clinici e di ricerca comuni.
“L’Intergruppo Parlamentare per le Neuroscienze e l’Alzheimer è nato dal riconoscimento della presenza di necessità non soddisfatte di pazienti e familiari che si trovano ad affrontare una malattia neurodegenerativa – dichiara Annarita Patriarca -. E’ fondamentale che avvenga una forte presa di coscienza da parte delle Istituzioni circa la necessità di considerare queste patologie come un problema primario di sanità pubblica, affrontando i temi più critici in modo strutturale. Ci concentreremo quindi sull’interlocuzione con le istituzioni nazionali e regionali, il mondo accademico e scientifico, al fine di promuovere soluzioni normative e regolatorie per garantire una diagnosi precoce e accurata, un’assistenza efficace e integrata dei pazienti affetti da Alzheimer e da altre patologie neurodegenerative e neuroimmunologiche, e per supportare la ricerca nell’ambito delle Neuroscienze in Italia”.
Sul fronte della ricerca, è necessaria una collaborazione fattiva tra pubblico e privato, attraverso un finanziamento adeguato da parte dello Stato per favorire l’innovazione in ambito sanitario e il potenziamento degli investimenti nelle neuroscienze. Oggi possiamo infatti contare sull’arrivo di terapie e tecnologie innovative, la cui disponibilità rende necessaria la diffusione una corretta cultura della prevenzione e della diagnosi precoce, oltre ad associare nuovi modelli di cura a quelli già esistenti, creando strumenti di sanità pubblica in grado di renderne i benefici accessibili a tutti nel modo più efficace.
“Dobbiamo lavorare affinchè il nostro Servizio Sanitario Nazionale sia pronto a garantire nel prossimo futuro l’accesso alle migliori innovazioni terapeutiche in arrivo, attraverso una pronta diagnosi, una presa in carico efficace del paziente e un nuovo sistema di accesso precoce alle cure – dichiara Stefano Benigni, capogruppo Forza Italia in Commissione XII -. A questo proposito è necessario un cambio di prospettiva sulla patologia che preveda una dimensione sanitaria, di programmazione ed investimenti, sfruttando anche le opportunità che ci mette a disposizione il programma Next Generation EU. Ad esempio, allacciando le nuove strutture previste dal PNRR alle attuali reti di gestione delle persone affette da demenza e rafforzando la prossimità delle cure garantendo un forte coordinamento tra specialisti e medici di famiglia, che sono spesso sono i primi a dover riconoscere i “campanelli di allarme” dell’insorgenza delle demenze e indirizzare i pazienti verso lo specialista di riferimento”.
L’evento, che ha ottenuto il patrocinio dell’Associazione di Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la salute e la prevenzione, è stato organizzato con il supporto non condizionato di Eli Lilly, Biogen e Roche, e con la partecipazione di Amylyx ed Eisai.

– foto f04/Italpress –

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Il rettore Priolo in visita a Humanitas Istituto Clinico Catanese

MISTERBIANCO (CATANIA) (ITALPRESS) – Visita istituzionale del rettore dell’Università di Catania, Francesco Priolo, a Humanitas Istituto Clinico Catanese. Ad accoglierlo l’amministratore delegato Giuseppe Sciacca ed il direttore scientifico dell’Istituto Alessandro Repici. Presente anche il rettore uscente di Humanitas University Marco Montorsi.
La visita si inserisce nell’alveo delle attività previste dalla convenzione siglata tra Humanitas e Unict ad ottobre dello scorso anno e che ha visto la creazione dell’Unità Operativa di Oncologia Medica Universitaria, guidata da Paolo Vigneri. Presenti, insieme con il rettore Francesco Priolo, il presidente della Scuola di Medicina, Pietro Castellino, il direttore del dipartimento di Chirurgia generale e specialità medico-chirurgiche (ChirMed), Alessandro Cappellani, e il referente Unict per la convenzione con Humanitas, Pierfrancesco Veroux.
Nel corso di questi mesi, i medici specializzandi in oncologia hanno svolto le proprie attività all’interno di un Centro dotato delle più moderne tecnologie diagnostiche e terapeutiche in cui si investe costantemente nella formazione dei professionisti e nella ricerca scientifica, al fine di garantire ai pazienti le cure più innovative e personalizzate possibili.
“In Humanitas, la ricerca e l’innovazione sono al centro delle nostre attività – afferma Giuseppe Sciacca, Amministratore Delegato di Humanitas Istituto Clinico Catanese – Sosteniamo attivamente la ricerca scientifica, favorendo la collaborazione tra i nostri ricercatori e i docenti universitari. Crediamo fermamente che solo attraverso uno scambio costante di conoscenze e competenze possiamo affrontare le sfide dei nostri tempi e trovare soluzioni innovative per migliorare la salute e il benessere delle persone. Anche per queste ragioni, offriamo agli studenti opportunità di stage e di formazione pratica, al fine di arricchire la loro esperienza e prepararli al meglio per la loro futura carriera nel settore sanitario. Vogliamo essere un punto di riferimento per i giovani che desiderano intraprendere un percorso nel campo sanitario, offrendo loro un ambiente stimolante e le risorse necessarie per sviluppare al meglio le proprie competenze”.
“La nostra presenza oggi – dichiara il Rettore dell’Università di Catania Francesco Priolo – rappresenta la volontà di rafforzare ulteriormente la collaborazione che si è avviata con Humanitas Istituto Clinico Catanese e con Humanitas University a partire dal protocollo che abbiamo firmato nello scorso autunno e che, allo stato attuale, ha già permesso di realizzare delle attività cliniche, di formazione e di ricerca con il coordinamento del prof. Paolo Vigneri, e di proseguire sulla strada dei tirocini per gli allievi delle scuole di specializzazione mediche. In ambito regionale, la sinergia che abbiamo creato insieme a mio avviso rappresenta un modello virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato: pur con competenze e missioni diverse, Unict e Humanitas giocano la stessa partita, contribuendo allo sviluppo del territorio. Lo sperimenteremo presto, a livello di formazione, con l’istituzione del corso di laurea in Medicine and Surgery in Unict lavorando inoltre fianco a fianco in seno al progetto ‘ANTHEM’ (AdvaNced Technologies for Human-centrEd Medicine) finalizzato allo sviluppo di tecnologie per migliorare la diagnosi e la terapia delle malattie croniche, già finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca grazie ai fondi erogati nell’ambito del PNC – Piano nazionale complementare”.
La collaborazione tra Humanitas University e l’Università di Catania è fondamentale per consolidare il contributo fornito dagli Atenei al territorio nazionale e per avere un ruolo sempre più da protagonisti nell’attrarre talenti, guardando al tutto il bacino del Mediterraneo.
Humanitas Istituto Clinico Catanese è un ospedale altamente specializzato nella cura delle malattie oncologiche, che offre anche servizi neurochirurgici, ortopedici e di riabilitazione, con una media di 47.000 pazienti all’anno. Dal 2014 ha ricevuto l’accreditamento da parte di Joint Commission International e rientra quindi in una rete di ospedali di qualità a livello mondiale, che si concentra non solo sulle attività cliniche, ma anche sull’assistenza e i servizi offerti. A questo si aggiunge la certificazione Eusoma Breast Centre, recentemente confermata, che valuta in modo specifico il percorso terapeutico integrato e personalizzato per la diagnosi e la cura del tumore al seno, affidato a un team di specialisti. Questo riconoscimento trova ulteriori conferme nei recenti dati dell’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), secondo i quali Humanitas Istituto Clinico Catanese è posizionato come il primo centro nel Meridione e tra i primi 10 ospedali in Italia per l’eccellenza nei percorsi diagnostico-terapeutici dedicati in particolare al cancro al seno.
foto ufficio stampa Humanitas Istituto Clinico Catanese
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Valvole cardiache, prima protesi mitralica senza incisione chirurgica

ROZZANO (MILANO) (ITALPRESS) – Nuove prospettive per il trattamento dell’insufficienza valvolare mitralica grazie alla chirurgia mininvasiva: per la prima volta in Europa, è stata impiantata una nuova protesi mitralica percutanea. I primi interventi all’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, in collaborazione con un team internazionale israeliano-americano, nel contesto di uno studio internazionale che coinvolge Mayo Clinic e Ohio Health negli Stati Uniti.
In sala Antonio Colombo, senior consultant in Humanitas, Bernhard Reimers, responsabile della Cardiologia Clinica, Interventistica e UCC in Humanitas, Antonio Mangieri e Damiano Regazzoli, cardiologi interventisti di Humanitas. Sono state essenziali altre expertise del Dipartimento Cardiovascolare diretto dal prof. Gianluigi Condorelli: l’èquipe di Diagnostica Ecocardiografica Clinica diretta da Renato Bragato, e le Unità Operative di Cardiochirurgia e Chirurgia Vascolare dirette rispettivamente da Lucia Torracca e da Efrem Civilini.
«Da subito è stato riscontrato un miglioramento della funzionalità cardiaca dei pazienti – spiega Bernhard Reimers – confermato al follow-up a distanza di 3 mesi. Lo studio andrà avanti con l’obiettivo di rendere questa tecnica disponibile a quelle persone che, per le condizioni del loro cuore, non possono sostenere altri tipi di interventi».
Risultati resi possibili da un metodo che prevede la collaborazione di diverse expertise: «dalla prima valutazione di ciascun paziente fino alla realizzazione di ogni intervento è fondamentale un approccio multidisciplinare – continua Lucia Torracca, responsabile della Cardiochirurgia di Humanitas -. Questa nuova tecnica consentirà di ampliare le possibilità terapeutiche a nostra disposizione, dalla chirurgia classica alla mininvasiva fino alla percutanea, per selezionare, di volta in volta, quella più appropriata alle esigenze di ogni persona».
«La cura del cuore – aggiunge Antonio Colombo – prosegue all’insegna della personalizzazione e mininvasività delle procedure, sempre più calibrate sulle necessità e le condizioni di ogni paziente».
La mitrale è la valvola posta tra l’atrio sinistro e il ventricolo sinistro del cuore e regola il passaggio del sangue ossigenato proveniente dai polmoni. Si ha insufficienza mitralica quando un difetto di chiusura della valvola fa sì che parte del sangue refluisca nell’atrio anzichè andare in aorta. Provoca sintomi quali dispnea (mancanza del respiro), gonfiori e affaticamento. L’incidenza nella popolazione italiana è di circa l’1.7% e aumenta nelle persone anziane.
La valvola mitrale può essere riparata o sostituita chirurgicamente, ma nei pazienti ad alto rischio sono state sviluppate delle tecniche mininvasive che permettono la riparazione, qualora la valvola abbia un’anatomia non complessa, o la sostituzione, nel caso in cui la valvola sia molto compromessa. Le valvole che attualmente sono disponibili per sostituzione percutanea richiedono tuttavia un’incisione all’apice del cuore.
«Questa procedura può comportare dei rischi, e la valvola può creare un’ostruzione dinamica all’uscita del sangue dal cuore, motivo per cui circa il 70% dei candidati all’impianto di valvole transapicali viene poi valutato non idoneo – spiega Antonio Mangieri, cardiologo interventista di Humanitas -. Con la nuova protesi mitralica percutanea, invece, si minimizza il rischio di ostruzione del ventricolo e si riducono i tempi chirurgici e del recupero post-operatorio dal momento che la procedura viene eseguita attraverso un’incisione di solo un centimetro all’altezza dell’inguine che consente al paziente una mobilizzazione precoce rispetto ad un taglio all’apice del cuore”.
L’intervento dura 3 ore circa e si svolge in sala di emodinamica in anestesia totale. Il paziente resta poi in Terapia Intensiva per 24 ore, sveglio, per il monitoraggio. Le dimissioni avvengono dopo circa 3 giorni e sono previsti controlli a 1, 3, 6 mesi dopo l’intervento.
Per stabilire quale tipo di intervento proporre a ciascun paziente si effettua una valutazione con TC del cuore ed ecocardiogramma transtoracico e transesofageo. In seguito, i risultati vengono discussi nel team multidisciplinare in modo da garantire ad ogni persona il percorso più adeguato.
Humanitas, Mayo Clinic, Ohio Health tra Ricerca e innovazione I risultati ottenuti durante gli interventi sono stati pubblicati su JACC Cardiovascular Interventions e presentati dal dott. Antonio Mangieri all’EuroPCR, il congresso internazionale di Cardiologia interventistica tenutosi a maggio a Parigi.
«L’approccio all’insufficienza mitralica attraverso l’impianto di queste nuove valvole rientra in un programma di trattamento percutaneo delle valvulopatie della Cardiologia interventistica dell’ospedale – conclude Gianluigi Condorelli, direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas e docente Humanitas University – e colloca l’ospedale tra le realtà più innovative in questo campo, sia a livello nazionale che internazionale».
Humanitas è in prima linea nel miglioramento delle cure in ambito cardiovascolare grazie alle attività multidisciplinari e integrate, tra Ricerca e clinica, del suo Cardio Center che comprende la Cardiochirurgia, un Centro per la Terapia dello Scompenso Cardiaco, l’Elettrofisiologia – dotata di robot di ultima generazione per la cura delle aritmie – e l’Emodinamica, collegata a un’Unità di Cura Coronarica e la Chirurgia Vascolare. All’interno del Centro si svolgono studi osservazionali e interventistici per capire quali sono i protocolli clinici e chirurgici più efficaci per diverse patologie che colpiscono il cuore e i vasi sanguigni. Particolarmente rilevante, oltre alla ricerca in campo cardiochirurgico e valvolare, la ricerca in Elettrofisiologia guidata dal dott. Antonio Frontera – con lo studio di nuove terapie elettriche possibile grazie alla collaborazione con il Politecnico di Milano – e quella in Cardiologia interventistica, con un particolare focus sugli stent e la rivascolarizzazione coronarica.
A integrare gli studi clinici, che garantiscono ai pazienti di Humanitas l’accesso alle cure più avanzate, c’è la Ricerca preclinica e traslazionale: cinque laboratori indagano i meccanismi alla base di alcune tra le malattie cardiovascolari più diffuse. Tra gli obiettivi dei principali progetti di ricerca: comprendere il ruolo del sistema immunitario e dell’infiammazione nello scompenso cardiaco; mettere a punto tecnologie innovative per la consegna mirata di farmaci, basate su nano particelle; identificare i meccanismi epigenetici che mediano l’insorgenza delle malattie vascolari, come l’aterosclerosi, e comprendere il ruolo degli “orologi biologici” – quei geni che si attivano ciclicamente seguendo i ritmi circadiani del giorno e della notte – nell’insorgenza e nella progressione delle patologie cardio-metaboliche.
– foto ufficio stampa IRCCS Istituto Clinico Humanitas –
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Raid e aggressioni al Policlinico di Palermo, Montalbano “Allarme sicurezza”

PALERMO (ITALPRESS) – Furti, danneggiamenti e aggressioni al Policlinico di Palermo. Da fine maggio presso l’Azienda ospedaliera universitaria si susseguono episodi delinquenziali: gli ultimi in ordine di tempo lo scorso fine settimana. Lo rende noto il Commissario del Policlinico, Maurizio Montalbano. “Evidentemente si tratta di soggetti che conoscono bene i luoghi – sottolinea – e sanno come muoversi. Gli episodi registrati negli ultimi mesi pongono un problema di sicurezza pubblica. Ho dato incarico all’ufficio legale di preparare immediatamente un esposto da inviare alla Procura della Repubblica, e stiamo predisponendo una serie di provvedimenti interni e modifiche al sistema di vigilanza. Voglio al contempo sottolineare alla coscienza sociale di tutti che l’ospedale è patrimonio della comunità, dunque piuttosto che da depredare è da salvaguardare”.
Venerdì mattina al pronto soccorso, che non era presidiato dalla polizia, gli agenti della sicurezza interna hanno notato un individuo che si era intrufolato, senza essersi registrato al triage e dunque senza alcun bisogno di assistenza medica, tra gli utenti in attesa. Dopo averlo accompagnato fuori, l’uomo ha minacciato gli agenti con un coltello. Immediatamente è partita la chiamata al 112 e sono intervenuti i carabinieri.
Trascorse 24 ore, sabato notte sono stati presi di mira l’istituto di ginecologia e il centralino. In ginecologia i malviventi, entrati da una porta del seminterrato, hanno forzato gli armadietti negli spogliatoi degli infermieri, senza portare via nulla, quindi si sono spostati presso i vicini locali del centralino, dove vi sono operatori 24 ore su 24, provando a forzare la porta d’ingresso. I centralinisti hanno subito dato l’allarme, segnalando alla ronda di turno di avere visto uno scassinatore allontanarsi verso la ferrovia.
Nelle settimane precedenti, nell’istituto di Anatomia patologica sono stati rubati due computer, contenenti dati sensibili, e attrezzature didattico-sanitarie, e nel seminterrato del plesso di Urologia, presso l’ambulatorio di dialisi, nonostante la presenza di un portiere, è stato rubato un defibrillatore.
Ancora, qualche giorno prima, due ladri si sono introdotti all’interno della UOC di Medicina Trasfusionale, scardinando la porta tra l’area produzione emocomponenti e l’area donatori, e hanno portato via la cassetta dei soldi dei distributori di caffè. Il personale in servizio ha provveduto ad allertare il servizio di vigilanza interna e successivamente sono intervenuti gli agenti di polizia scientifica. Fortunatamente nessun danno è stato arrecato al personale di turno, seppur comprensibilmente scosso dall’accaduto. In questa circostanza gli agenti della vigilanza sono riusciti a fare un identikit dei ladri che hanno fatto in tempo a fuggire.
foto ufficio stampa Policlinico di Palermo
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