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Alessandro Chiesi nuovo presidente del Gruppo Chiesi Farmaceutici

PARMA (ITALPRESS) – Chiesi Farmaceutici annuncia la nomina di Alessandro Chiesi a presidente del Gruppo. Maria Paola Chiesi assume al contempo la vicepresidenza.
Alessandro Chiesi è nato a Parma 56 anni fa, è sposato, ha 5 figli. Ha iniziato il suo percorso in azienda quasi trent’anni fa, lavorando prima nel settore delle fusioni e acquisizioni (M&A) e poi, con responsabilità crescenti, nella supervisione delle attività commerciali europee e globali ed ha sviluppato un team di successo e appassionato, capace di costruire un business sostenibile e una presenza di fiducia per i nostri pazienti.
Sposata, tre figli, Maria Paola Chiesi è entrata in azienda nel 1995. Ha dato una dimensione internazionale al marketing e ha delineato il percorso di pianificazione strategica del Gruppo. Nel 2015 ha creato e ha assunto la guida del dipartimento di Shared Value & Sustainability, che monitora e misura gli impatti dell’azienda su ambiente e società e attua piani di miglioramento.
A questa funzione si devono la modifica dello statuto di Chiesi, diventata Società Benefit, e l’ottenimento della certificazione B Corp. Maria Paola è anche Presidente della Fondazione Chiesi.
“Raccogliamo il testimone con rispetto e gratitudine e con la consapevolezza dei grandi risultati raggiunti – ha commentato Alessandro Chiesi -. Con Maria Paola sentiamo forte la responsabilità di continuare a seminare su questo terreno fertile, impegnandoci, insieme al Board e a tutto il Gruppo Chiesi, ad anticipare i cambiamenti in un settore, quello della salute, in rapida evoluzione e accompagnando l’azienda verso una nuova fase di espansione a livello globale”.
Chiesi, gruppo biofarmaceutico certificato B Corp fortemente orientato alla ricerca, è oggi presente in 31 Paesi con un fatturato pari a 2 miliardi e 749 milioni di euro.
“E’ con viva emozione che oggi affidiamo ad Alessandro e Maria Paola la Presidenza e la Vicepresidenza del Gruppo – ha aggiunto Alberto Chiesi -. Sono stati decenni in cui abbiamo lavorato con risultati eccellenti, portando Chiesi ad essere una realtà competitiva a livello mondiale. Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito al raggiungimento di questi successi auspicando, con mio fratello Paolo, che questa nomina – insieme al recente ingresso del nuovo CEO, Giuseppe Accogli – aggiunga ulteriore linfa al nostro Gruppo per dare così inizio ad un nuovo entusiasmante percorso”.

– foto ufficio stampa Chiesi Farmaceutici –
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Giovanni Alongi migliore angiologo d’Italia, vince il “MioDottore Award”

MESSINA (ITALPRESS) – Il medico Giovanni Alongi è il migliore angiologo d’Italia secondo la piattaforma web e social più grande e autorevole in ambito medico, che ogni anno assegna un premio allo specialista più apprezzato e votato sia dai pazienti che dai colleghi della medesima specializzazione. Alongi ha raccolto oltre 700 recensioni positive, il numero più alto nel suo campo: è la terza volta che riceve questo riconoscimento, già ottenuto nel 2020 e 2022.
Il “MioDottore Awards 2023” è giunto alla VI edizione e ha l’obiettivo di mettere in luce non solo la qualità professionale dell’operato dei medici recensiti ma anche l’empatia, la disponibilità, la dedizione e l’umanità nella prestazione delle cure. Tutto questo viene trasferito nei giudizi favorevoli sul network che sono visibili a tutti.
“Un riconoscimento che mi inorgoglisce, perchè ho sempre messo al primo posto il rapporto medico/paziente – spiega Alongi – oltre all’aggiornamento professionale, oggi fondamentale per stare al passo con le nuove frontiere terapeutiche. Nel mio settore specifico, le patologie venose (safene, vene varicose, ulcere ecc..) sono tutte croniche, dunque conquistare la fiducia è essenziale per il successo della cura. Ringrazio i colleghi angiologi e chirurghi vascolari per la stima dimostrata nel votare per me”. Alongi, agrigentino di nascita e messinese d’adozione, ha 36 anni ma già una carriera ricca di traguardi: fondatore dei centri “Angiocor”, presenti al momento a Palermo, Messina e Agrigento che accolgono anche pazienti da altre Regioni, grazie ad un protocollo specifico che consente di “saltare” la prima visita specialistica attraverso una prevalutazione diagnostica da remoto e accelerare i tempi di trattamento. In questi ambulatori viene eseguito in esclusiva il metodo Angiocor che consente di dire addio alla tradizionale chirurgia di vene safene e varicose, evitando anestesia, sala operatoria e complicanze e privilegiando approcci non invasivi. La notevole richiesta di tali trattamenti a volte può causare attese di alcuni mesi. Negli ultimi due congressi mondiali di flebologia, a Dubai e Istanbul, Alongi aveva presentato una delle varie tecniche all’avanguardia utilizzate: “Varixio”, primo e unico apparecchio che produce in maniera automatica una “mousse” di altissima qualità e stabilità per il trattamento ecoguidato delle vene safene e vene varicose. Uno strumento che sarà illustrato al prossimo meeting internazionale di Miami, in programma a settembre: la stessa metodica è usata dai proctologi dei centri Angiocor per gestire le emorroidi in modo non invasivo. MioDottore quest’anno ha premiato complessivamente 43 medici italiani, uno per ogni specialità.
-foto ufficio stampa –
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Cardiochirurgia pediatrica Palermo, nuova unità Civico con il San Donato

PALERMO (ITALPRESS) – Al via le attività del nuovo reparto di cardiochirurgia pediatrica dell’Arnas Civico di Palermo. La nuova unità è stata realizzata ed è gestita in collaborazione con il Gruppo San Donato di Milano.
«Un progetto di eccellenza – dice il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani -, una realtà che ritorna dopo tanti anni nel capoluogo siciliano. Non ci saranno più viaggi della speranza per i piccoli pazienti siciliani e questo è un grande passo in avanti. Diamo sicurezza anche alle famiglie dei bambini in cura, che potranno affrontare le situazioni più complicate sapendo di essere assistiti al meglio e con attorno le persone care. Tutto questo si collega anche al grande progetto del Polo pediatrico di Palermo: a breve partiranno i finanziamenti».
«Siamo onorati – aggiunge Kamel Ghribi, presidente dell’Ircss Policlinico San Donato e vicepresidente del Gruppo San Donato – di prendere parte a questo grande progetto che consente dopo tanti anni la riapertura del reparto di cardiochirurgia pediatrica del Civico. Questo denota che quando le eccellenze del pubblico e del privato si incontrano non possono che nascere iniziative virtuose, volte a migliorare l’assistenza sanitaria e soprattutto la qualità di vita dei malati e delle loro famiglie».
Il 4 e il 5 luglio sono già stati effettuati i primi due interventi nella nuova struttura: la chiusura di un difetto interatriale in un paziente congenito adulto e una correzione in toracotomia di anello vascolare su un bambino di tre anni.
«Entrambi i pazienti – spiega l’assessore regionale alla Salute Giovanna Volo – sono siciliani ed erano in lista d’attesa per essere operati al Policlinico San Donato di Milano. Siamo certi che, in un più ampio disegno temporale, la cardiochirurgia pediatrica di Palermo diventerà sempre più autonoma e sarà caratterizzata dagli altissimi livelli che hanno caratterizzato la storia di questo reparto».
«Siamo molto felici di quello che abbiamo creato – afferma Alessandro Giamberti, responsabile dell’unità di Cardiochirurgia pediatrica dell’Irccs Policlinico San Donato e direttore del reparto del Civico di Palermo. – Il nostro obiettivo è garantire la continuità della qualità e dell’eccellenza dei professionisti che lavorano nell’èquipe. Da questo momento, e per i prossimi anni, il Policlinico San Donato e l’Arnass Civico sono due realtà gemelle».
«Una sinergia concreta, un collegamento funzionale che sta dando risultati importantissimi – è il commento del direttore generale dell’Arnas Civico Roberto Colletti. – Proseguiremo su questa strada, cercando di costruire un gruppo sempre più affiatato e con una formazione e competenze eccellenti».
L’èquipe medica è composta da: quattro cardiochirurghi, undici anestesisti/rianimatori, cinque perfusionisti, due cardiologi, 47 infermieri, 15 operatori socio-sanitari.
La nuova unità, interamente ristrutturata in armonia con le normative più recenti in materia, si trova al secondo piano del padiglione 12 dell’ospedale Civico di Palermo, già in precedenza destinato all’attività di cardiochirurgia pediatrica. I posti letto disponibili sono diciotto: undici per pazienti pediatrici e pazienti adulti che presentino patologie cardiache dalla nascita, tre neonatali e cinque di terapia intensiva.
Il complesso operatorio ha a disposizione due sale operatorie, dotate di tutte le apparecchiature più recenti, e una terza sala è in corso di ristrutturazione e sarà pronta a breve. All’interno della nuova unità operativa, tra i macchinari specialistici, ci sono anche due strumenti per la circolazione extracorporea e due apparecchi Ecmo (Ossigenatore extracorporeo a membrana) di ultima generazione. Sono disponibili, inoltre, due angiografi, mentre una terza sala angiografica è in corso di definizione.
-foto ufficio stampa Regione Siciliana-
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Arresto cardiaco, defibrillazione tempestiva unico intervento efficace

MILANO (ITALPRESS) – Un arresto cardiaco improvviso può colpire chiunque e ovunque, bambini a scuola, ragazzi mentre fanno sport, adulti in ufficio o a casa. E’ di fatto una epidemia silenziosa che causa 60.000 morti ogni anno nel nostro Paese, ma di cui si parla poco. Eppure, con una rianimazione cardiopolmonare immediata grazie all’apporto dei defribrillatori automatici o semiautomatici esterni (DAE), svolta nei primi 3-5 minuti dall’arresto, si potrebbe salvare il 50-70% delle persone colpite, ovvero da 30.000 a 42.000 vite umane. Queste alte percentuali si potrebbero raggiungere facilmente in quanto il 70% degli arresti cardiaci si verifica in ambienti pubblici e in presenza di altre persone che potrebbero intervenire.
“La defibrillazione precoce rappresenta l’unico intervento efficace in caso di arresto cardiaco improvviso – afferma Stefano Sironi, Direttore Struttura Formazione AREU (Agenzia Regionale Lombarda Emergenza Urgenza – e l’intervento tempestivo di rianimazione cardiopolmonare (RCP) accresce significativamente le possibilità di sopravvivenza del paziente. La prima scarica con il defibrillatore, per evitare danni cerebrali causati da ipossia dovuta alla mancanza di respiro, dovrebbe essere somministrata entro 3 minuti. La Regione Lombardia è tra le Regioni italiane con il maggior numero di defibrillatori sul territorio e di operatori laici formati e certificati, pronti all’utilizzo. La presenza di defibrillatori in hotel, condomini, scuole, metro, farmacie, stazioni, piazze, centri sportivi e aziende ha permesso di creare una rete capillare di cardioprotezione nel caso in cui si verifichi un arresto cardiaco”. “Ad oggi – sottolinea – nell’intera Regione sono censiti e ufficialmente segnalati ad AREU 17.494 defibrillatori, la maggior parte dei quali di pubblico accesso (PAD – Pubblic Access Defibrillation). Gli operatori delle Centrali Operative del Soccorso Sanitario forniscono indicazioni sulla localizzazione del defibrillatore più vicino, grazie alla mappatura disponibile, aiutando inoltre i testimoni dell’arresto cardiaco presenti ad iniziare le manovre di rianimazione e ad utilizzare il defibrillatore, in attesa dei soccorsi istituzionali di base e avanzati. Dal 2016 al giugno 2023, sono stati formati in Lombardia 307.270 operatori BLSD laici, per un totale di 47.356 Corsi, con circa 3550 istruttori di circa 520 Centri di Formazione riconosciuti e accreditati da AREU”.
“Se io oggi sono qui e posso raccontare la mia storia – dichiara Chiara Fornasari, 26 anni, allenatrice di pallavolo per hobby e futura consulente del lavoro – è perchè nella struttura dove giocavo a beach volley il 9 giugno del 2021 c’era un defibrillatore perfettamente funzionante a portata di mano e quindi io ho ricevuto la prima scarica entro 3 minuti da quando sono caduta al suolo. Devo tutto anche ai miei amici che hanno immediatamente chiamato il 118 che con una videochiamata ha indirizzato l’intervento e al responsabile del centro che ha portato immediatamente il defibrillatore. Mi sono poi risvegliata all’Ospedale Maggiore e da lì è iniziata la mia rinascita. Ho dovuto lavorare tanto soprattutto sulla mia memoria ma sono riuscita poi a terminare gli esami e a laurearmi lo scorso anno. Un ritorno alla vita piena che devo solo alla cardioprotezione”.
Poichè raramente i soccorsi avanzati (112 – 118) arrivano nei tempi necessari, diventa fondamentale l’intervento delle persone vicino alla vittima di ACI. Da qui la necessità di ampliare la disponibilità di defibrillatori automatici o semiautomatici esterni nei luoghi pubblici, promuovere la cultura della cardioprotezione e mettere la popolazione nelle condizioni di somministrare la RCP prima dell’arrivo delle squadre di emergenza.
“Con l’approvazione dei decreti attuativi della legge 116/21 – precisa Marco Squicciarini, Medico Coordinatore attività di formazione di rianimazione cardiopolmonare con defibrillatore (BLSD) del Ministero della Salute – cambierà in modo fondamentale l’approccio alla cardioprotezione. Poichè sappiamo con certezza che i danni cerebrali diventano irreversibili dopo 4 minuti dall’arresto cardiaco se nessuno interviene, ogni ufficio pubblico che sia scuola o anagrafe, ogni grande azienda, ogni impianto sportivo, non solo deve garantire DAE monitorati e connessi con verifica costante dello stato di funzionamento, ma assicurarsi che in caso di arresto cardiaco ci siano persone in grado di intervenire in “tempi certi”, e che anche il giorno di ferragosto o Natale… ogni persona, ogni bambino, possa avere le opportunità di essere salvato in egual modo. Un esempio tangibile in tal senso è il progetto realizzato dal Ministero della Salute con il posizionamento di 3 DAE per ogni piano dell’edificio ministeriale e con la formazione la certificazione BLSD 118 di oltre 200 dipendenti, a protezione del valore della vita umana al passo con i tempi in cui viviamo”.
Come ogni esperto sottolinea, un punto chiave è poter contare su defibrillatori teleconnessi, che permettono un monitoraggio costante delle loro prestazioni. In questa direzione si muove Emd112, azienda toscana leader nel settore, impegnata quotidianamente a diffondere una più vasta cultura della cardioprotezione. Ecco perchè annovera importanti progetti di cardioprotezione che vanno dalle sedi istituzionali come quelle di diverse università, fra le quali La Sapienza di Roma e la città metropolitana di Firenze, al settore privato con la collaborazione con gli aereoporti di Malpensa e Linate, Italo Treno o Luxottica, solo per citarne alcuni.
“Il nostro obiettivo prioritario – conclude Simone Madiai CEO Emd112 – è salvare quante più vite possibile. Per questo motivo, dopo le iniziative con importanti realtà con le quali condividiamo etica e valori, come Trenta Ore Per La Vita e Associazione Italiana Cuore e Rianimazione “Lorenzo Greco Onlus”, abbiamo deciso di donare 5 defibrillatori teleconnessi a scuole dove vi siano bambini cardiopatici a Milano, Bologna, Firenze, Roma e Napoli, e in queste scuole grazie alla collaborazione con Squicciarini Rescue, sia il corpo docente che tutti i genitori saranno formati e informati sull’importanza della cardioprotezione”.

– foto xh7/Italpress –
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Tumori cronici sangue, una guida per interazioni con medici e familiari

MILANO (ITALPRESS) – Cosa guarda, cosa ricorda e cosa prova chi convive con un tumore cronico del sangue? Gli occhi si soffermano sul volto e sui gesti del medico il 56% più della media, mentre resta impressa a lungo nella memoria la disponibilità dell’ematologo a chiarire anche i concetti più difficili. A generare invece intensi picchi emotivi, rilevati dal battito cardiaco e dalla sudorazione cutanea, è la capacità dei famigliari di distrarre il paziente dal pensiero fisso della malattia. A metterlo in luce è la prima analisi neurometrica sulle interazioni che i pazienti con Neoplasie Mieloproliferative Croniche e Leucemia Mieloide Cronica vivono con i loro medici, famigliari e amici. Proprio dai risultati dello studio – condotto dal centro di ricerca Behavior and Brain Lab dell’Università IULM di Milano – nasce “Connessioni di Vita. La guida per le interazioni che fanno bene”, promossa da Novartis, in collaborazione con AIPAMM, nell’ambito della campagna di informazione e sensibilizzazione MIELO-Spieghi. Un vademecum di utilità sociale per costruire relazioni positive e di qualità: infatti i piccoli gesti, le parole e le interazioni che gli oltre 40.000 pazienti italiani stabiliscono con i medici e con i loro cari hanno un impatto diretto sul loro benessere mentale e sono così in grado di fare la differenza nel percorso di malattia di un tumore del sangue dall’andamento cronico.
“E’ la prima applicazione delle tecniche neurometriche nell’ambito dei tumori cronici del sangue. Abbiamo potuto osservare – spiega Vincenzo Russo, Professore di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing, Università IULM, coordinatore del Centro di Ricerca “Behavior and Brain Lab” dell’Università IULM – l’attivazione delle differenti aree del cervello durante comuni interazioni con medici e caregiver, misurare il battito cardiaco e la sudorazione delle mani per capire l’intensità emotiva, esaminare il movimento degli occhi per comprendere a cosa prestano maggiormente attenzione. Ciò ci ha permesso di andare oltre quello che i pazienti dicono, scoprire cosa provano, ricordano e guardano”.
I pazienti tendono a osservare il volto e i gesti dell’ematologo il 56% in più rispetto alla media, così come la sua capacità di dimostrare attenzione e vicinanza: per il 63% delle persone è proprio questo l’elemento che più influisce sul gradimento del medico. “Per noi clinici è importante supportare il paziente non solo dal punto di vista scientifico, ma anche attraverso atteggiamenti e parole che possono aiutare l’altro a sentirsi più tranquillo e sicuro. I risultati di questa analisi neurometrica – afferma Elisabetta Abruzzese, Ematologia Ospedale S. Eugenio, ASL Roma2 – ci indicano, ad esempio, come usare un linguaggio semplice e accogliere tutti i loro dubbi migliori il coinvolgimento emotivo nei nostri assistiti”.
Se 1 paziente su 2 lamenta un comportamento iperprotettivo dei propri cari, 3 su 4 dichiarano di apprezzare quando famigliari e amici li coinvolgono in attività quotidiane: un atteggiamento di reciprocità che determina picchi emotivi positivi. “Un tumore cronico del sangue accompagna la persona per tutto il corso della vita e quindi a volte diventa un vero pensiero fisso. Ecco perchè il benessere mentale di noi pazienti migliora, come confermano i risultati di questa analisi neurometrica, quando chi ci è vicino prova e riesce a distrarci. Inoltre, anche piccoli gesti e frasi di stima, così come la capacità di fare squadra, fanno registrare alti tassi di coinvolgimento emotivo”, commenta Antonella Barone, Presidente AIPAMM.
La storia dei tumori del sangue è radicalmente cambiata grazie ai progressi della ricerca scientifica. Novartis da oltre vent’anni è pioniera nell’area dell’ematologia e ha sviluppato terapie mirate e cellulari che hanno permesso di migliorare e prolungare la vita dei pazienti. “E’ emblematico come oggi si possa parlare di cronicità nell’ambito dei tumori del sangue. Di conseguenza, i bisogni dei pazienti sono cambiati. E’ per questo che, accanto allo sviluppo di trattamenti innovativi, il nostro impegno in ematologia si concretizza in iniziative per aiutare i pazienti a gestire in modo attivo e consapevole la malattia. Proprio con questo obiettivo è nata Connessioni di Vita, la prima guida che vuole migliorare le interazioni quotidiane di chi convive con un tumore cronico del sangue”, conclude Chiara Gnocchi, Country Communication & Patient Engagement Head Novartis Italia.

– foto ufficio stampa Novartis –

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Sanità, Iacolino “Sulle scadenze del Pnrr Sicilia in regola”

PALERMO (ITALPRESS) – Abbattimento delle liste d’attesa, piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, inserimento di nuovi medici all’interno di ospedali e pronto soccorso, garanzie per chi abita nei centri minori e nelle piccole isole, ulteriore riduzione dei cosiddetti “viaggi della speranza”. Dare un nuovo volto alla sanità siciliana è l’obiettivo di Salvatore Iacolino, da circa due mesi dirigente generale del Dipartimento Pianificazione strategica dell’assessorato regionale alla Salute. “Stiamo lavorando intensamente su un aggiornamento del piano delle liste d’attesa per concorrere in maniera responsabile al loro abbattimento graduale – spiega il manager in un’intervista all’Italpress -. Ci sono risorse che il ministero ha messo a disposizione: abbiamo 29 milioni di euro che si cumulano a 11 milioni non utilizzati l’anno passato. Stiamo lavorando per bonificare le liste d’attesa, incrementando allo stesso tempo l’offerta assistenziale ordinaria e garantire una tempestività di risorse che dovrebbero assicurare una risposta appropriata e tempestiva”.
Sulle liste d’attesa “entro metà luglio”, spiega Iacolino, “proporremo una delibera di Giunta di Governo con un riparto di risorse: saranno coinvolti anche gli operatori economici privati”. Sarà cruciale spendere bene i fondi del Pnrr. “Ci sono 800 milioni di euro affidati alla Regione siciliana per realizzare le case di comunità, gli ospedali di comunità, le centrali operative territoriali, e allo stesso tempo rendere gli ospedali sicuri, adeguati alle norme antisismiche – evidenzia Iacolino -. Sulle scadenze indicate dal ministero siamo in regola. Quest’attività dovrebbe garantire un’offerta assistenziale e territoriale migliore rispetto al passato, e al contempo ridurre i ricoveri ospedalieri inappropriati”.
Per Iacolino “c’è una necessità assoluta di rivedere il sistema complessivamente inteso dell’assistenza sanitaria, l’obiettivo è questo. La norma che al momento detta le linee guida essenziali è del 2009, va riformata e ridefinita la rete ospedaliera, ma al contempo non bisogna sguarnire le comunità montane e periferiche”.
Quest’ultimo, in particolare, “è un tema molto delicato. Le isole minori sono parimenti importanti: ho incontrato il sindaco di Lipari, a breve farò lo stesso con quello di Pantelleria. L’obiettivo del Governo presieduto da Renato Schifani è garantire, anche nei piccoli presidi, compresi quindi Lampedusa, Ustica, Favignana, un’assistenza di tipo territoriale adeguata con il 118, le ambulanze, e allo stesso tempo un sistema di telemedicina che garantisca con risorse adeguate una possibilità di risposta assistenziale”
L’obiettivo è dunque “rimodulare la legge regionale numero 5”, “non un obiettivo di facile attuazione perchè dovrà incontrare anche la volontà del legislatore, ma su questo stiamo lavorando”. Così come “stiamo lavorando sull’area di emergenza che è l’altro tema vero, sentito in tutti gli ospedali della nostra Isola”, evidenzia.
“Già al Policlinico di Palermo – osserva Iacolino, ex commissario straordinario dell’azienda ospedaliera universitaria – abbiamo attrezzato una splendida area di emergenza, allo stesso tempo abbiamo l’emergenza delle emergenze, ovvero i pronto soccorso: in quasi tutti gli ospedali c’è un dimezzamento delle risorse umane disponibili, nel tempo il numero chiuso a Medicina e le borse di studio limitate hanno ridotto il flusso di medici giovani”. Per Iacolino “è un tema di medici, più che di risorse finanziarie, c’è un’avvertita carenza in particolare in alcune aree: anestesia e rianimazione, pediatria, pronto soccorso. E’ un altro tema su cui intervenire, anche in alcuni casi attraverso forme di collaborazione tra aziende, o anche attraverso operatori economici privati. La legge lo consente”.
I “viaggi della speranza” si sono ridotti “ma c’è ancora molto da lavorare. Abbiamo una serie di realtà con cui abbiamo rapporti convenzionati, come Maugeri, Giglio, e abbiamo anche vette d’eccellenza. C’è un programma di acquisto per garantire attrezzature elettromedicali moderne”.
Iacolino rivela che “il 25 luglio sarò al ministero a Roma per il riparto delle risorse finanziarie per il 2023 in favore della Sicilia. C’è il tema dei medici che mancano, su cui stiamo provando a intervenire, e poi c’è un tema di revisione complessiva dei manager. C’è una selezione in corso, confidiamo per ottobre di definire una nuova compagine di governo per ciascuna delle 18 aziende. E’ fondamentale – conclude – le riforme si fanno col concorso responsabile dei direttori generali che verranno individuati”.
– foto Italpress –
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Tumore al seno, i test genomici rafforzano i percorsi di cura

PALERMO (ITALPRESS) – Predire l’aggressività di un tumore e stimare il vantaggio di aggiungere la chemioterapia alla terapia ormonale. E’ l’obiettivo dei test genomici per il tumore al seno, che non sostituiscono l’esame istologico ma rappresentano uno strumento in più a disposizione dell’oncologo. In Sicilia sono oltre 200 gli esami prescritti finora, circa il 30% del totale di quelli assegnati dal fondo ministeriale, ed Europa Donna Italia punta molto sull’Isola nel suo progetto per la diffusione dei test.
“L’impegno di Europa Donna Italia e in particolare della delegazione Sicilia è stato importante per l’equità di accesso alle cure”, ha sottolineato in un’intervista all’Italpress Carmela Amato, delegata Europa Donna Italia in Sicilia, ricordando di aver potuto “ragionare insieme ai responsabili delle Breast Unit, con il team multidisciplinare, i responsabili delle anatomie patologiche insieme alle istituzioni” quando a Caltanissetta c’è stato un “tavolo di lavoro” in cui “abbiamo potuto approfondire i risultati di un impegno nazionale e regionale perchè le donne – ha detto – possano avere, indipendentemente dalla loro sede di origine, equità di accesso alle cure con i test genomici con i quali si può selezionare il caso specifico da sottoporre ed evitare gli effetti negativi al resto delle donne per cui non è necessaria la chemioterapia”.
In Sicilia lo scorso anno i test genomici sono stati 215. “Nel 2022 – ha spiegato Francesca Catalano, coordinatrice della Commissione regionale di Senologia -, la regione siciliana si attesta con 3.800 casi di tumore mammario operato all’interno delle 17 Breast Unit della regione. In realtà – ha proseguito – il ministero aveva stanziato un fondo immaginando 700 test genomici per il tumore mammario. Nel 2022 la Sicilia ha prodotto 215 test genomici, abbastanza lontani da quello che aveva immaginato il Ministero della Salute stanziando i fondi. Abbiamo avuto una riunione con i responsabili della Breast, gli oncologi e gli anatomopatologi – ha affermato Catalano -, ma ci siamo resi conto che forse questo numero è stato sovrastimato da parte del ministero perchè considerato sul numero totale dei casi operati. In realtà ci siamo resi conto che avremmo potuto raggiungere un numero pari a 400-450 test genomici e sarebbe stato quello corretto”.
Nel percorso di cura delle pazienti, i test genomici producono importanti benefici. “I vantaggi sono notevoli”, ha detto Vincenzo Adamo, coordinatore della Rete Oncologica Siciliana. “Il vantaggio – ha evidenziato – è quello di poter fare, anche e soprattutto per un certo tipo di tumore alla mammella, la cosiddetta medicina di precisione. La profilazione genomica ci permette oggi di identificare sottotipi che possono essere trattati con un certo tipo di terapia rispetto a un altro. Una delle caratteristiche più importanti, con i test che abbiamo a disposizione – ha aggiunto -, è verificare se la paziente operata ha necessità di fare ormonoterapia da sola oppure ormonoterapia con chemioterapia”.
I test sono ormai disponibili per tutte le pazienti. “Tutte le donne, indipendentemente da dove si trovano, hanno possibilità di accesso ai test genomici”, ha affermato Filippo Fraggetta, presidente della Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia Diagnostica. “Le regioni – ha aggiunto – hanno fatto un percorso che è ben standardizzato perchè tutte le donne con questo tumore di tipo intermedio che necessita di questi test possano sottoporsi” a tali esami.
A spiegare il ruolo delle Breast Unit, Francesco Caruso, direttore del Dipartimento Oncologico e Direttore Clinico Breast Centre, Humanitas Catania. “L’attuazione del test genomico predittivo per la scelta dell’impiego della chemioterapia – ha detto Caruso – non può che essere demandata ai centri di senologia, ovvero le Breast Unit. Grazie alla presenza al loro interno di più professionisti nell’ambito di più discipline, ovvero la multidisciplinarietà, con cure sempre più appropriate – ha aggiunto -, si ampliano le possibilità di guarigione del carcinoma mammario”.
foto: Agenzia Fotogramma
(ITALPRESS).

De Gennaro “Considerare l’insonnia cronica come malattia invalidante”

ROMA (ITALPRESS) – Secondo le stime più accreditate, in Italia così come in Europa e nel mondo, circa il 10% della popolazione è affetto da insonnia cronica, un disturbo del sonno che si ripercuote sulla qualità della vita di chi ne è colpito.
“Ci sono circa 80 disturbi del sonno, quello con la ‘d’ maiuscola è l’insonnia. E’ necessario imparare a distinguere tra l’insonnia acuta e a breve termine e quella cronica. Se parliamo di malattia, è la seconda, definita come un’insonnia la cui durata è maggiore di tre mesi. L’insonnia si può ridefinire come un disturbo di inizio e mantenimento del sonno, perchè alcuni insonni hanno problemi di addormentamento, altri a mantenere la continuità del sonno, cioè con molti risvegli, infine ci sono gli insonni che hanno problemi di risveglio anticipato, e non sono forme esclusive ma possono verificarsi insieme”, spiega in un’intervista dall’Italpress il professore Luigi De Gennaro, ordinario del dipartimento di Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma e segretario dell’Associazione italiana di medicina del sonno. “L’insonnia non è benevola col sesso e con l’età, perchè è un problema prevalentemente femminile, il rapporto tra uomini e donne è quasi doppio. Non è spalmata similmente in tutto l’arco di vita, è un problema prevalentemente dell’anziano, che in ogni caso ha un aumento della fragilità del sonno”, osserva. Alla base dell’insonnia troviamo altresì tre ordini di fattori: ci sono i fattori predisponenti dell’individuo, tra questi per esempio la genetica, i fattori precipitanti, cioè gli eventi vita che possono determinare un temporaneo e contingente disturbo del sonno, e poi i fattori perpetuanti, i nostri comportamenti e le nostre credenze: “I primi due – sottolinea De Gennaro – sono difficilmente modificabili e trattabili, quello che cronicizza il disturbo sono proprio i fattori perpetuanti e i trattamenti lavorano su questi focalizzandosi sul trattamento dell’insonnia. Un italiano su due affetto da insonnia non fa alcun tipo di percorso diagnostico o di trattamento, così li perdiamo dal radar. Chi fa il percorso diagnostico segue trattamenti di tipo comportamentale, ma che in Italia affrontano uno scarso favore. Per questo c’è la farmacologia che studia nuove molecole che non abbiano i problemi dei sonniferi. Le benzodiazepine hanno un problema: non possono essere usate per più di quattro settimane. Ma se il disturbo è definito tale perchè dura almeno tre mesi, si capisce che questi farmaci non sono appropriati”. Uno dei fattori che rendono più complesse le diagnosi e i trattamenti, è indubbiamente il mancato riconoscimento dell’insonnia come malattia sia per la società che per il legislatore. “Bisogna ridefinire lo status del disturbo: le persone non considerano l’insonnia come una patologia, vale per le persone ma anche per l’attuale legislazione, visto che l’insonnia non è attualmente riconosciuta come tale ma sostanzialmente lo è. Ci stiamo battendo per l’insonnia come patologia cronica e invalidante. Il decisore politico deve riconoscere lo status di malattia, anche per un fattore economico: per costi diretti e indiretti costa parecchio, si stima che una forbice tra l’1 e il 3% del Pil sia conseguenza dell’insonnia. Se non vogliamo farlo per etica o clinica, facciamolo per ragioni economiche”, conclude.
(ITALPRESS).
-foto Italpress-