Home Salute Pagina 80

Salute

All’IRCCS Galeazzi-Sant’Ambrogio asportato ameloblastoma di 1,4 kg

MILANO (ITALPRESS) – Un chilo e quattrocento grammi è il peso della massa tumorale, un ameloblastoma, rimossa dal volto di Angelo, un uomo di 38 anni, dall’èquipe del professor Alessandro Baj, responsabile dell’UOC di Chirurgia Maxillo-facciale dell’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano (Gruppo San Donato), che ne ha ricostruito la mandibola impiegando una porzione di osso del perone del paziente stesso.
L’ameloblastoma – una neoplasia benigna dell’osso mascellare non metastatica ma molto aggressiva localmente e che origina dalle cellule atte alla produzione dello smalto dentale – aveva compromesso in maniera significativa la vita di Angelo che faticava ormai a deglutire, ad alimentarsi e a respirare. Il tumore, scoperto oltre 20 anni fa, nel tempo è cresciuto intaccando completamente la bocca, la mandibola e il cavo orale, rendendo assolutamente indispensabile l’intervento chirurgico.
“Siamo di fronte a una neoplasia primitiva dell’osso, le cui cause sono da ricercare nella genetica. Il tessuto di origine è quello dello smalto dei denti, che va incontro a un’aberrazione durante il suo sviluppo, al quale segue un errore di trascrizione nel Dna che i sistemi di correzione del nostro organismo non riescono ad affrontare”, afferma Alessandro Baj, che è anche professore associato di Chirurgia maxillo-facciale del Dipartimento di scienze Biomediche, chirurgiche e odontoiatriche dell’Università degli Studi di Milano e Direttore della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale della medesima Università.
Prima di intervenire chirurgicamente è stata necessaria un’accurata pianificazione: il paziente è stato sottoposto a una Tac per ricavare immagini poi elaborate da uno specifico software in grado di riprodurre tridimensionalmente lo scheletro della testa. E’ stato poi simulato l’intervento virtualmente e, grazie all’ausilio delle migliori tecnologie software e di stampa 3D, è stato possibile progettare “su misura” tutti le componenti – come placche, guide e viti – necessarie in sala operatoria, soprattutto per quanto concerne la resezione dell’osso mandibolare, la modellazione del perone e dei tessuti da impiegare per la ricostruzione del volto.
In un’unica seduta operatoria, della durata di 8 ore, il professor Baj con la sua èquipe ha rimosso, mediante un doppio accesso da bocca e collo, la massa tumorale e la mandibola, parallelamente si è proceduto con l’espianto del perone – con l’arteria peroniera e le vene – che è stato modellato al fine di riprodurre, anche grazie all’ausilio di mezzi di fissazione, l’esatta curvatura della mandibola. Si tratta quindi di un trapianto autologo, di un tessuto che viene poi rivascolarizzato con tecniche microvascolari, che permettono pertanto al tessuto trapiantato di essere subito percorso dal sangue.
“Si tratta di un intervento impegnativo e complesso, date anche le notevoli dimensioni della massa, ma che presenta una bassa possibilità di complicanze soprattutto in pazienti giovani, come in questo caso”, aggiunge il professor Baj.
“Il tasso di successo è molto alto – spiega -, tuttavia è possibile avere una recidiva, pertanto il follow up post-operatorio sarà di 5 anni, esattamente come accade per alcuni tumori maligni”.
In un secondo tempo Angelo verrà sottoposto a un nuovo intervento che prevede l’impianto dei denti, il ripristino della funzionalità di labbro e bocca, poichè il tumore aveva intaccato anche la muscolatura del volto, nonchè il miglioramento dell’aspetto della cicatrice sul collo e la rimozione della pelle in eccesso. Il paziente può tornare da subito a una vita attiva, senza alcun bisogno di riabilitazione.
“Il viso è il nostro biglietto da visita, il primo elemento che le persone notano e ricordano di noi. Quindi per me era importante che il mio paziente tornasse a riconoscersi guardandosi allo specchio, che si ritrovasse in quell’immagine che per anni è stata deturpata e che gli ha provocato tanta sofferenza nel corpo, ma anche nella mente”, conclude lo specialista.

– Foto Uffico stampa IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio –

(ITALPRESS).

Tumore alla prostata, sempre più risposte dalla chirurgia robotica

ROMA (ITALPRESS) – L’urgenza e la difficoltà a urinare sono i sintomi più comuni di qualcosa che non va alla prostata. La ghiandola dell’apparato genitale maschile in un uomo adulto pesa circa 20 grammi e in condizioni normali ha una forma simile a una castagna, con la base in alto attaccata alla superficie inferiore della vescica e l’apice rivolto verso il basso. Soprattutto col passare degli anni, però, la prostata può essere colpita da diverse patologie. L’ipertrofia o iperplasia prostatica benigna è una malattia caratterizzata dall’ingrossamento della prostata: l’aumento di volume di questa ghiandola è legato all’incremento del numero delle cellule e alla formazione di noduli. Un’altra malattia frequente è il tumore della prostata, la cui incidenza aumenta con l’età. Tra i tumori diagnosticati dopo i 50 anni, infatti, rappresenta circa il 20% dei casi e se individuato in tempo, tuttavia, può essere trattato in modo efficace e con una prognosi molto buona. Sono questi alcuni dei temi trattati dal professor Francesco Montorsi, primario dell’Unità di urologia del San Raffaele di Milano e professore ordinario dell’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“La prostata è un organo importante perchè serve per produrre il liquido seminale e di conseguenza ci permette di fare i figli, senza di essa non potremmo diventare papà, per questo va tenuta in conto per tutta la vita – ha esordito il professore – Quando siamo ragazzini, la prostata è piccola e non dà fastidio nell’urinare, a partire dai 40 anni può diventare più grande. Quando si è giovani ce ne si occupa solo se si hanno dei disturbi, capita che ci si alzi di notte, o si avverta bruciore, e allora bisogna essere visti dallo specialista di riferimento che è l’urologo. La prevenzione è importantissima a seconda della fascia di età – ha spiegato Montorsi – Di fatto, i primi temi si iniziano a porre dopo i 40 anni, quando bisogna ricordarsi che questa ghiandola può ammalarsi anche di tumore. Per chi sa di casi di questo tipo in famiglia, è bene farsi visitare e fare le analisi del sangue che permettono di dire se c’è un segnale di allarme oppure no”.
Montorsi ha spiegato nel dettaglio quali sono i disturbi e di conseguenza quali sono le cure connesse ai problemi alla prostata: “Il paziente che viene a farsi vedere chiede aiuto perchè disturbato, perchè si alza di notte o perchè il getto di urina non è buono – ha raccontato – Esistono cure di tipo farmacologico, bisogna scegliere lo specialista competente. Ci sono farmaci che hanno un’azione di tipo antinfiammatoria nei riguardi della prostata, altrimenti il rischio è di alzarsi tante volte durante la notte. C’è chi arriva a dirmi che si alza fino a 4-5 volte durante la notte”. Non tutti i problemi alla prostata vengono curati per mezzo dell’intervento chirurgico, che però diventa spesso necessario in causa di tumore: “Bisogna distinguere tra la prostata ingrandita con una caratteristica benigna che dà problemi e non è corretta da patologia mediche, oppure i casi per cui si usano tecniche endoscopiche che svuotano la prostata e riducono le dimensioni. Quando viene fatto l’intervento, il paziente è molto contento e dal punto di vista delle prestazioni sessuali non cambia molto, non c’è però più l’eiaculazione, ma la sensibilità rimane uguale – ha aggiunto Montorsi – Ci sono tecniche minimamente invasive che servono in caso di disturbi non troppo gravosi, che servono a mantenere l’eiaculazione”.
“Dopo l’operazione – spiega – è bene lavorare anche con i fisioterapisti del piano pelvico. Oggigiorno a tre mesi di distanza, solo in rarissimi casi ci sono disturbi per i pazienti. Per quanto riguarda la sfera sessuale, se il paziente sta bene le possibilità di riprendere normalmente sono molto alte, ma bisogna spiegare che anche se non ci sarà eiaculazione, l’orgasmo sarà identico a prima”.
“Nel caso di una diagnosi di tumore alla prostata, alcuni di questi casi possono essere solo sorvegliati con esami a cadenzialità identificate, altre condizioni vanno invece affrontate in modo chirurgico – ha spiegato il professore – In linea di principio, intervento chirurgico e radioterapia danno risultati simili, bisogna spiegare ai pazienti pro e contro e coinvolgerli. Per il tumore alla prostata c’è la chirurgia robotica. A parte il fatto di non dover fare più tagli, si lavora con dieci ingrandimenti e una precisione che prima non si poteva avere, con meno danni collaterali. Dopo l’intervento, sono sempre di più i pazienti che riprendono la loro vita. Gli interventi vecchio stile vengono fatti solo dove le nuove tecniche non sono ancora a disposizione”.
Infine, una smentita sulla leggenda metropolitana per cui trascorrere molto tempo in sella a una bici può provocare un maggiore rischio di problemi alla prostata: “Quando i pazienti me lo chiedono dico loro la verità. Seguo tuttora tre vincitori del Giro d’Italia ancora in attività e hanno prostate normali. Bisogna ricordarsi però di mettersi i calzoncini con una buona protezione e ognuno deve essere medico di se stesso – ha concluso – Se il paziente si è protetto per bene ma sente comunque dei fastidi, allora può essere un segnale che si tratta di un soggetto un pochino a rischio, ma questo non vale in generale per chi va in bici”.

– foto Italpress –
(ITALPRESS).

RSV, la prevenzione al centro. Necessario un cambio di paradigma

MILANO (ITALPRESS) – La prevenzione del virus respiratorio sinciziale (RSV) è una priorità di sanità pubblica globale, come segnalato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), perchè il suo grave peso impatta su tutta la popolazione pediatrica. L’RSV rappresenta, infatti, la causa più comune di infezioni delle basse vie respiratorie, come bronchiolite e polmonite, ed è anche una delle principali cause di assistenza medica ambulatoriale e ospedaliera nei neonati. La gestione e la prevenzione dell’RSV è ad oggi un bisogno medico non soddisfatto poichè non sono disponibili terapie farmacologiche sicure ed efficaci contro l’infezione da RSV e le forme di prevenzione disponibili sono indicate e ristrette ai soli bambini nati gravemente prematuri e ai bambini nati con patologie che determinano compromissione o deficit cardio-respiratorio.
Ad essere maggiormente a rischio, però, sono tutti i neonati e bambini nel loro primo anno di vita e alla loro prima stagione di RSV: 9 bambini ospedalizzati o visitati in ambulatorio per RSV su 10, infatti, sono bambini nati sani e nati a termine, come dimostrato da numerosi studi italiani ed internazionali.
Data l’ultima stagione epidemica di RSV, che ha visto un rapido e notevole aumento dei casi rispetto al passato e una conseguente ed importante occupazione delle terapie intensive neonatali, è cresciuta nella comunità della sanità pubblica la consapevolezza rispetto alla necessità di un nuovo approccio alla prevenzione dell’RSV che contempli l’anticorpo monoclonale come strumento di profilassi per tutti i bambini.
L’evento “Un cambio di paradigma nella prevenzione del Virus Respiratorio Sinciziale nella prima infanzia” cui Sanofi ha fornito il supporto incondizionato, promosso dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) – e dalla Società Italiana di Neonatologia (SIN), ha permesso un attivo confronto tra gli attori chiave del sistema – istituzioni nazionali e regionali e società scientifiche – e, sulla scorta delle nuove evidenze clinico-epidemiologiche ed economico-sanitarie, ha sottolineato l’urgenza di attuare al più presto una strategia di prevenzione allargata, con attribuzione dei costi, anche per gli anticorpi monoclonali, al budget prevenzione. Un cambio di paradigma, quindi, che permetta di passare da una focalizzazione su una specifica popolazione target alla protezione di tutti i neonati e bambini. L’evento è stato, quindi l’occasione per una presa di posizione e un impegno effettivo da parte delle istituzioni per il raggiungimento di quest’obiettivo.
‘Sanofi è orgogliosa di poter mettere a disposizione anche in Italia una soluzione concreta ad un bisogno di sanità pubblica per cui non esisteva risposta – afferma Mario Merlo, General Manager Vaccines Sanofi Italia -. Sfidare i confini della scienza per migliorare la vita delle persone è il nostro scopo. L’obiettivo che ci spinge ad innovare costantemente per non accontentarci mai. Sono stati necessari decenni di ricerca e sviluppo per ottenere uno strumento di prevenzione nuovo in grado di fornire protezione contro la malattia da RSV a tutti i neonati e i bambini. Anche la comunità scientifica italiana ha riconosciuto come questo possa potenzialmente rivoluzionare l’approccio preventivo e l’impatto clinico e sanitario di questo insidioso virus stagionalè.
Il Board del “Calendario per la Vita”, composto dalle Società Scientifiche di Pediatria (SIP), di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), Neonatologia (SIN) e della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), ha riconosciuto la sicurezza ed efficacia di nirsevimab e il suo impiego come nuovo strumento di prevenzione a disposizione della sanità pubblica. Il Board ha auspicato che nirsevimab venga incluso nel Calendario del Piano Nazionale di Immunizzazione, proprio per il suo potenziale grande impatto in termini di possibilità preventiva universale che risponde ad un bisogno medico finora insoddisfatto.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (European Centre for Disease Prevention and Control – ECDC) hanno raccomandato ai NITAG nazionali (National Immunization Technical Advisory Group) di allargare, sulla base delle evidenze scientifiche, il concetto di immunizzazione a nuove soluzioni preventive, come quelle rappresentate dagli anticorpi monoclonali, per malattie infettive che hanno un importante impatto in termini di Sanità Pubblica.
Da qui è scaturito un grande interesse della sanità pubblica nei confronti di questo potenziale cambio di paradigma in termini di governance di prevenzione. Altri Paesi europei, come la Francia e la Spagna, infatti, hanno implementato una strategia di immunizzazione che include gli anticorpi monoclonali nel calendario finanziata dal budget della prevenzione, affinchè tutti i bambini nella loro prima stagione RSV possano essere ugualmente protetti.
‘Da mesi collaboriamo con tutti gli attori del mondo scientifico e sanitario affinchè si possano creare le condizioni necessarie per sfruttare il potenziale offerto da questo nuovo strumento di prevenzione e se ne favorisca l’accesso sul territorio a beneficio della salute nella prevenzione in tutti i bambini nel primo anno di vità, aggiunge Merlo.
Peraltro, secondo uno studio di prossima pubblicazione dell’EeHta Ceis, estendere la strategia di profilassi consentirebbe di ridurre gli eventi sanitari correlati ad RSV, evitando i relativi costi (tanto diretti sanitari che indiretti). Secondo lo studio, infatti, una strategia di prevenzione estesa a tutti i neonati e bambini che vanno incontro alla loro prima stagione di RSV, assumendo una copertura pari al 60% dell’intera coorte di nascita, determinerebbe una riduzione ogni anno di circa il 46% di eventi sanitari selezionati, ovvero oltre 100.000 minori richieste di prestazione tra visite mediche ambulatoriali, accessi al pronto soccorso e ospedalizzazioni causati dall’infezione acuta da RSV.
Il tutto, accompagnato da un’importante riduzione della mortalità, pari a -39%. Alla riduzione di eventi sanitari corrisponderebbe anche un notevole vantaggio economico, quantificato in una riduzione di spesa totale pari ogni anno a oltre 30 milioni di euro (45%) rispetto alla situazione attuale.
In Italia, nell’ultima stagione 2022/2023, più del 50% delle sindromi simil-influenzali nei bambini di età <2 anni è stato causato da RSV. Inoltre, nelle ultime stagioni di RSV, si è registrato un tasso ancora più elevato anche per i ricoveri pediatrici causati da RSV, rispetto agli anni di pandemia o pre-pandemia. In particolare, nel 2021 il 73.5% delle ospedalizzazioni per bronchiolite erano causate da RSV e la maggior parte degli ospedali (64%) ha dovuto aumentare i posti letto per trovare spazio ai tanti casi inattesi di bronchiolite da RSV.
La stagione dell’RSV va solitamente di pari passo con la stagione influenzale. E così anche in Italia, dove la circolazione dell’RSV inizia solitamente tra ottobre-novembre, registra il suo picco tra dicembre-febbraio, e si conclude tra marzo-aprile, per una durata complessiva solitamente di circa 5 mesi.
Come confermato da recenti studi italiani, considerando una coorte di 400.000 bambini nel primo anno di vita, ogni stagione l’RSV determina il seguente l’impatto in termini di assistenza sanitaria: 20%, cioè 80.000 bambini, richiede assistenza medica ambulatoriale; 6%, cioè 24.000 bambini, accede in pronto soccorso
4%, cioè 16.000, viene ricoverato in ospedale, di cui 3.200 in terapia intensiva.
Il tutto concentrato nei 5 mesi di stagionalità dell’RSV, determinando così frequenti rallentamenti nell’erogazione dei servizi ambulatoriali e ospedalieri di routine.
A livello globale, ogni anno i costi sanitari diretti nei bambini di età 0-5 anni sono di circa 4,82 miliardi di euro, di cui il 55% è rappresentato dai costi dovuti alle ospedalizzazioni mentre il 45% è dovuto ai costi delle cure territoriali.
In Italia, nell’attuale contesto di prevenzione ristretta ai soli bambini ad alto rischio, il sopracitato modello di prossima pubblicazione stima costi sanitari diretti di assistenza medica per cause legate all’RSV pari a circa 67 milioni di euro ogni anno, di cui quasi il 60% riconducibile ai ricoveri ospedalieri. A questi costi va aggiunto l’impegno economico sostenuto per l’attuale profilassi, limitata a meno di 10.000 neonati, e pari ad oltre 40 milioni di euro nelle ultime stagioni.
Nirsevimab è un anticorpo a lunga durata d’azione destinato a tutti i neonati per la protezione contro la malattia da RSV nella prima stagione con una singola dose, è stato sviluppato congiuntamente da Sanofi e AstraZeneca. Nirsevimab consiste in una singola somministrazione, siringa preriempita e dosaggio fisso, con protezione rapida. Nirsevimab è stato sviluppato per offrire ai neonati e ai bambini una protezione diretta contro l’RSV attraverso un anticorpo che aiuti a prevenire le infezioni del tratto respiratorio inferiore causate dall’RSV, che sono oggetto di assistenza medica. Gli anticorpi monoclonali non richiedono l’attivazione del sistema immunitario e contribuiscono a offrire una protezione tempestiva, rapida e diretta contro la malattia.

– fonte foto a uso gratuito da pexels.com –
(ITALPRESS).

Telemedicina, Engineering e Almaviva costituiscono Pnt Italia

ROMA (ITALPRESS) – Dopo l’aggiudicazione della concessione AGENAS per la progettazione, realizzazione e gestione della Piattaforma Nazionale di Telemedicina, Engineering, leader nella digitalizzazione dei processi per aziende e PA, ed Almaviva, gruppo italiano di innovazione digitale, hanno costituito la società di progetto PNT Italia, che rappresenta il primo, importante passo per la realizzazione del Piano Telemedicina previsto dal PNRR.
Già operativa, PNT Italia è società a responsabilità limitata ed è costituita per il 60% da Engineering, Gruppo con una profonda esperienza nelle tecnologie a supporto del sistema sanitario italiano e avanzate competenze nella Telemedicina, e per il 40% da Almaviva, società che da decenni affianca il Ministero della Salute e importanti Amministrazioni Regionali con radicate competenze di dominio e tecnologiche in ambito eHealth.
La struttura societaria è la seguente: Dario Buttitta, Executive Vice President PA & Healthcare di Engineering, è Presidente; Antonio Amati, Direttore Generale della Divisione IT di Almaviva, è Amministratore Delegato, Giuseppe Sajeva, Director of PNT Special Projects di Engineering, è Direttore Tecnico.
La durata della concessione AGENAS per la realizzazione e gestione della Piattaforma Nazionale di Telemedicina è di 10 anni ed è organizzata in tre fasi: la fase di “Start Up”, in corso, si concluderà entro novembre 2023 con il collaudo e l’attivazione della Piattaforma; seguirà una fase di “Avvio e Consolidamento” della durata di 2 anni, che finirà entro novembre 2025; da dicembre 2025 verrà avviata la fase di “Gestione a regime” fino al termine della concessione, in cui la Piattaforma continuerà a incrementare i suoi servizi, in linea con le evoluzioni della Sanità Digitale.
La Piattaforma Nazionale di Telemedicina (PNT) è la soluzione Cloud Native per la governance e il monitoraggio dei processi di Telemedicina attuati a livello regionale che, raccordandosi con gli ecosistemi digitali specifici di ogni Regione, ne valorizza gli investimenti già attuati o programmati nel panorama dei contesti locali. Una volta avviata, la PNT consentirà l’efficientamento e l’omogeneizzazione di nomenclature, tassonomie, codifiche a livello nazionale, favorendo una maggiore integrazione tra i servizi sanitari regionali e migliorando la qualità e l’accesso alle cure per le persone su tutto il territorio nazionale in linea con gli obiettivi indicati dal PNRR in ambito Sanità Digitale.
Grazie a un’impostazione architetturale coerente con i principi di affidabilità, flessibilità, robustezza, riuso, indicati da AgID, la Piattaforma pone al centro la sicurezza dei dati dei cittadini in un’ottica di accessibilità, inclusione, efficienza e risparmio.
La Piattaforma Nazionale di Telemedicina viene realizzata garantendo un forte orientamento all’integrazione e all’interoperabilità con i sistemi dispiegati a livello nazionale e, al tempo stesso, mantenendo una spiccata indipendenza, scalabilità e facilità di integrazione con gli attuali e futuri ecosistemi digitali sia regionali che nazionali coinvolti.
-foto ufficio stampa Engineering-
(ITALPRESS).

Bullismo problema di salute pubblica, ne è vittima un giovane su due

ROMA (ITALPRESS) – Da una parte un bullo, o un gruppo di bulli, dall’altra parte una vittima, solitamente un ragazzo o una ragazza ritenuti diversi per etnia, religione, caratteristiche psicofisiche e orientamento sessuale. In mezzo una serie di comportamenti intimidatori, violenza fisica o verbale, che minano il senso di sicurezza e di autostima di chi li subisce, creando un grave disagio nel presente e gravi conseguenze per il futuro. Il bullismo, e la versione declinata nel mondo digitale, il cyberbullismo, oggi sono considerati dei problemi di salute pubblica, perchè determinano disturbi di ansia e umore, autolesionismo, deficit dell’attenzione e maggior rischio di sviluppare dipendenze da alcol e droghe. Secondo una rilevazione del 2022 promossa dal Ministero della Salute, infine, gli atti di bullismo subiti a scuola sono più frequenti tra gli 11 e i 13 anni e tra le ragazze: successivamente, l’incidenza tende a ridursi e si passa dal 19% circa al 9% circa. Sono questi alcuni dei temi trattati da Luca Bernardo, direttore del dipartimento di pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano e già coordinatore del centro nazionale sul cyberbullismo, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Un adolescente o un ragazzo su due sono stati vittime di bullismo o cyberbullismo, sono due facce della stessa medaglia e l’aggressività post-Covid la fa da padrona – ha esordito – La chiusura a casa per diverso tempo e l’utilizzo del web ha portato molti ragazzi, circa il 60%, a temere gli attacchi di cyberbullismo. Se io prendo in giro qualcuno perchè la sua squadra ha perso, o per i suoi capelli, questo può essere uno scherzo vicendevole. Se invece è unilaterale e reiterato, ripetuto tutti i giorni e su diversi aspetti, allora è bullismo – ha precisato Bernardo – Nei primi tempi il ragazzo di solito per vergogna, nonostante abbia subito un’umiliazione, nasconde il fatto e non racconta nulla per difendersi. Ma così peggiora il suo registro scolastico, non vuole trovarsi a scuola o in luoghi dello sport perchè teme che lì i bulli possano colpirlo ancora”.
Diventa dunque delicato per i genitori, prima ancora di affrontarli, venire a conoscenza di episodi di bullismo subiti dai propri figli: “I genitori devono comprendere i segnali. Non è detto che il ragazzo o bambino racconti di aver subito bullismo – ha spiegato il professore – Allora bisogna capirlo attraverso i cambiamenti di vita che ha, non voler improvvisamente andare a scuola o a una festa. Si capisce che qualcosa non va, se ne parla con loro e poi col dirigente scolastico della scuola, iniziando con dei passaggi in cui in classe si parla di quanto successo. E poi c’è il terzo soggetto, lo specialista, che sia un pediatra o adoloscentelogo o psicologo a seconda del danno subito – ha aggiunto – Il mio consiglio ai genitori è di non essere mai amici del proprio figlio, è la cosa più sbagliata. Dovete dargli amore familiare, ma comprendere che serve un aiuto, quello del terzo soggetto, lo specialista”.
E non è facile, ovviamente, per il giovane che ha subito bullismo venirne del tutto fuori: “E’ importantissimo che non decada l’autostima del ragazzo. Bisogna che in casa se ne parli, ahimè più del 47% di ragazzi o preadolescenti hanno subito bullismo e cyberbullismo, con tutto quello che ne consegue a livello di disagio, autolesionismo e altre cose – ha ricordato Bernardo – Bisogna parlarne, il problema deve venire fuori, il ragazzo deve dire cosa è successo. I ragazzi che vedono episodi di bullismo, inoltre, dovrebbero intervenire come cintura di sicurezza, a difesa e non contro. Occorre recuperare autostima nel giovane, non diventando aggressivi, ma facendo un percorso con gli specialisti, la famiglia e gli insegnanti, parlando di questi temi e fortificando il ragazzo a livello psicologico”.
Non sempre, infine, lo Stato ha predisposto gli strumenti migliori per fronteggiare questa piaga: “Lo sportello psicologico fatto da uno psicologo a scuola non sempre può essere specializzato in questi temi, serve uno specialista di area – ha rivendicato – Il problema vero dello sportello è: quanti ragazzi sono così tranquilli da bussare a una porta in cui non c’è quella riservatezza di luogo rispetto agli episodi di bullismo? E’ un’ancora, sì, ma vanno coinvolti all’esterno famiglie ed esperti – ha concluso – E dobbiamo ricordare che in Italia, pur parlandone costantemente, non c’è ancora un programma nazionale fatto da specialisti contro il bullismo”.

– foto Italpress –
(ITALPRESS).

ConoscerelaPKU.it, online campagna che raccoglie le storie dei pazienti

ROMA (ITALPRESS) – Nella Giornata Internazionale della Fenilchetonuria (PKU) parte una nuova campagna di attivazione per i pazienti per raccogliere le loro storie, dare visibilità alle loro esigenze e difficoltà, informare sulla gestione della malattia e sulla qualità di vita. Attraverso il nuovo portale conoscerelapku.it, online dal 3 luglio, promosso anche sui Social Media, si andranno a stimolare i pazienti per condividere le proprie testimonianze su cosa significa essere una persona con PKU o prendersi cura di una persona con PKU, così da aumentare la consapevolezza dei pazienti, caregiver, medici e opinione pubblica sulle diverse realtà di questa condizione cronica.
La campagna è un progetto di BioMarin, azienda farmaceutica biotecnologica che sviluppa e commercializza farmaci per pazienti affetti da malattie genetiche gravi rare e ultra rare, con il supporto di sette Associazioni italiane di pazienti: Aismme, Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie Aps; A.ME.GE.P. Domenico Campanella ODV, AMMeC, Associazione Malattie Metaboliche Congenite ODV, APS L’APE Associazione PKU Campania, Cometa A.S.M.M.E., Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie ODV, Cometa Emilia-Romagna ODV, e IRIS, Associazione Siciliana Malattie Ereditarie Metaboliche Rare ODV.
La Fenilchetonuria (PKU) limita la capacità dell’organismo di metabolizzare gli alimenti proteici, in particolare quelli contenenti la fenilalanina (Phe), che, se accumulata, può portare nel tempo a effetti tossici che influiscono sulle capacità neurologiche arrivando a causare ritardo neurocognitivo, disturbi motori (tremori, mancanza di coordinazione), disturbi del comportamento e dell’umore (iperattività, aggressività, ansia).
Gestire la PKU non è semplice, come ha rilevato l’indagine realizzata da IXE recentemente, su un campione di 241 rispondenti, tra pazienti e caregiver. Seguire la dieta è difficile a causa della tentazione di mangiare cibi proibiti, dell’impegno di tempo per la preparazione dei pasti ipoproteici e della complessa organizzazione nelle occasioni sociali (ad esempio, durante una cena fuori casa): la conseguenza è che solo il 20% dei pazienti adulti riesce a seguire la rigida dieta a basso contenuto proteico prescritta per controllare la malattia. I pazienti hanno difficoltà anche nel dover spiegare la propria condizione agli altri e, quando si trovano a farlo, spesso non lo fanno in modo approfondito, come dichiara il 43%. Inoltre, solo il 25% dei pazienti e dei caregiver dichiara di essere informato sull’esistenza di trattamenti farmacologici, che possono facilitare la gestione della malattia.
“Cosa significa vivere con la PKU? Quali sfide e difficoltà devono affrontare, ogni giorno, pazienti e caregiver? Dietro ogni storia sappiamo che ci sono coraggio, forza e determinazione. Condividere le proprie esperienze è importante per avere consapevolezza di sè e del proprio percorso, ma anche per supportare e incoraggiare gli altri, ispirandoli e dando loro la forza per superare sfide e ostacoli quotidiani – sottolinea Maria Tommasi, Direttore Medico di BioMarin Italia -. Essere vicini ai pazienti con PKU significa dare loro voce e rafforzare a livello pubblico la consapevolezza di ciò che si può e si deve fare per migliorare la loro qualità di vita. Grazie alla ricerca scientifica si è compiuto un importante passo avanti nel trattamento della malattia, ma occorre informare adeguatamente tutti coloro che ne hanno bisogno e ne possono beneficiare”.
Per partecipare alla campagna, i pazienti potranno presentare la propria storia scegliendo se in formato testuale, audio o video; in seguito, tutte le storie raccolte verranno rielaborate in forma scritta e pubblicate sul sito Conoscere la PKU a partire dal mese di ottobre 2023. www.conoscerelapku.it

– foto ufficio stampa GAS Communication –
(ITALPRESS).

Giuseppe Toro eletto presidente di Ail

PALERMO (ITALPRESS) – Giuseppe Toro è stato eletto presidente Nazionale di AIL – Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma dal nuovo Consiglio di Amministrazione eletto dall’Assemblea dei Soci nella seduta di sabato 24 giugno, dopo un anno e mezzo di presidenza in qualità di facente funzioni.
Sono stati eletti vicepresidenti nazionali AIL Rosalba Barbieri, presidente di AIL Novara, e Giuseppe Navoni, presidente di AIL Brescia.
“E’ per me un grande onore assumere la carica di Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma, impegnata da oltre 50 anni in tutta Italia nell’affiancare i pazienti ematologici e le loro famiglie, sostenere la Ricerca Scientifica e favorire il progresso della conoscenza nel campo dei tumori del sangue – dichiara Giuseppe Toro, Presidente Nazionale AIL -. Continuerò con dedizione e senso di responsabilità a onorare l’impegno di guidare AIL nella sua opera quotidiana di vicinanza a pazienti, caregiver e familiari; nel sostegno costante e concreto alla Ricerca Scientifica nel nostro Paese per migliorare la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti ematologici, attraverso finanziamenti e borse di studio; nel rafforzamento dell’alleanza con le Società scientifiche, le Istituzioni e gli Enti che operano in campo ematologico; nel dialogo continuo con le 83 sezioni provinciali di AIL e gli oltre 15.000 volontari che agiscono instancabilmente sul territorio, e con i nostri donatori che sostengono sempre generosamente le nostre attività”.
“Voglio rivolgere un ringraziamento al nuovo Consiglio di Amministrazione AIL – continua Toro – per la rinnovata fiducia che mi è stata accordata, impegnandomi a continuare a promuovere e sostenere la Ricerca Scientifica, assistere i pazienti in tutte le fasi della malattia con servizi adeguati alle loro esigenze, sviluppare la rete di sostegno e assistenza che ha fatto diventare AIL un punto di riferimento per l’Ematologia italiana e per tutti i pazienti, e sensibilizzare l’opinione pubblica alla lotta contro i tumori del sangue, per far sì che siano sempre più curabili”.
Giuseppe Toro è originario di Avola (Siracusa) ma Palermo è la sua città di adozione. “Già dirigente d’azienda, negli anni della sua giovinezza si avvicina al mondo dell’associazionismo per la difesa dei diritti civili e per la crescita del Terzo settore nel Paese e lo sviluppo del volontariato – si legge in una nota dell’Ail -. Si distingue per le lungimiranti iniziative di formazione per rendere i volontari che operano in ambito sanitario sempre più competenti e motivati. Il suo impegno nel non profit si traduce in iniziative e progetti in difesa dei più deboli e per la salvaguardia dell’ambiente”.
Negli anni ’80 è tra i fondatori del Movimento “Una città per l’uomo”. Dal 1997 è presidente della sezione AIL Palermo-Trapani. Sotto la sua guida si realizzano il Centro Trapianti di Midollo Osseo, capace di effettuare oltre 100 trapianti l’anno, il completamento della Divisione di Ematologia dell’Ospedale “Cervello” di Palermo, le Case alloggio AIL per ospitare pazienti non residenti e familiari, il servizio di Cure domiciliari e l’informatizzazione della Divisione del Centro Trasfusionale degli Ospedali riuniti Volla Sofia – Cervello.
Già consigliere di amministrazione di AIL Nazionale e vicepresidente nazionale AIL, da febbraio 2021 a oggi è stato Presidente Nazionale facente funzioni.
Il nuovo Consiglio di Amministrazione AIL, eletto dall’Assemblea dei Soci nella seduta di sabato 24 giugno 2023, è così composto:
Alba Agostinelli, Patrizia Badini, Gaetano Bergami, Laura Cassetta, Laura Da Valle, Giuseppe Gioffrè, Mara Nigro,
Pierantonio Piazzini, Renzo Pili, Mario Tarricone, Elvira Tulimieri, Maria Luisa Rossi Viganò.

– foto Ail.it –

(ITALPRESS).

Sanofi lancia la campagna “Vacciconcura” per viaggiatori più consapevoli

MILANO (ITALPRESS) – Con l’arrivo della bella stagione torna anche la voglia di partire per staccare la spina. Rispetto al calo dovuto alla pandemia, nel 2023 si riscontra un ulteriore recupero, con l’89% degli italiani che ha in programma viaggio di vacanza nel corso di quest’anno, di cui il 20% oltre i confini europei. Fondamentale quindi, oltre al necessario da mettere in valigia, non dimenticare una corretta informazione sulle regole di prevenzione e le vaccinazioni raccomandate (o in alcuni casi obbligatorie) per la destinazione prescelta. E’ proprio a questo scopo che Sanofi lancia la campagna di sensibilizzazione “VacciConCura”, iniziativa promossa insieme a SIMVIM (Società Italiana di Medicina dei Viaggi e delle Migrazioni) che si svilupperà attraverso un portale dedicato e sui social network.
“Che si viaggi per lavoro o per vacanza, soprattutto per quanto riguarda le mete più “esotiche”, assume grande importanza informarsi con anticipo sui potenziali rischi e sulle patologie presenti nel Paese di destinazione, oltre che sulla possibilità di proteggersi da tali malattie – spiega Alberto Tomasi, presidente della SIMVIM -. A questo proposito, le vaccinazioni rappresentano un efficace metodo preventivo per molte delle malattie che si possono contrarre in viaggio. La necessità o raccomandazione a sottoporsi a tali vaccinazioni va sempre valutata con il proprio medico o presso gli ambulatori della Medicina dei Viaggi a seconda della destinazione, della tipologia di viaggio e delle proprie condizioni di salute. Gli strumenti dedicati all’informazione dei viaggiatori sono da ritenersi in ogni caso utili nell’ambito della prevenzione poichè facilmente consultabili da tutti coloro che amano viaggiare in modo responsabile. ‘Un viaggiatore ben preparato si godrà di più il viaggio e sarà presto pronto a partire di nuovò”.
Per rispondere alle esigenze delle persone che vogliono visitare paesi stranieri con meno preoccupazioni, Sanofi ha lanciato www.VacciConCura.it, il sito all’interno del quale i viaggiatori potranno trovare informazioni autorevoli sui vaccini necessari e sulle misure di prevenzione da prendere in vista delle partenze verso determinate mete internazionali. Inoltre, la campagna prende vita anche sui social network con tre focus dedicati: i tipi di viaggiatore, le destinazioni, le tipologie di viaggio. Per aumentare ulteriormente la consapevolezza su queste tematiche, sia all’interno delle famiglie che tra i più giovani, la campagna è veicolata anche attraverso la collaborazione con degli influencer.

– foto ufficio stampa Sanofi –

(ITALPRESS).