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Arriva in Italia un nuovo farmaco contro la leucemia mieloide cronica

MILANO (ITALPRESS) – La complessità di essere costretti, a un certo punto della terapia, a cambiare strada: è l’esperienza di chi convive con la Leucemia Mieloide Cronica, un tumore raro del sangue che colpisce quasi 9mila italiani. Infatti, nonostante i progressi terapeutici, un alto numero di pazienti deve cambiare cura perchè sviluppa resistenza o intolleranza. Per rispondere ai bisogni di questi pazienti è ora disponibile una nuova opzione terapeutica. E’ rimborsato anche in Italia Scemblix (asciminib): capostipite di una nuova generazione di farmaci, i cosiddetti STAMP inibitori (Specifically Targeting the ABL Myristoyl Pocket), grazie al suo particolare meccanismo di azione, è in grado di legarsi in maniera altamente specifica al sito miristoilico sul dominio chinasico di BCR-ABL1 arrestando la progressione delle cellule tumorali in maniera altamente efficace e tollerabile. Asciminib è indicato per i pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica con cromosoma Philadelphia positivo in fase cronica (LMC-CP Ph+) con resistenza o intolleranza ad almeno due precedenti inibitori tirosin-chinasici.
Il nuovo farmaco è frutto della ricerca di Novartis, da oltre vent’anni impegnata nell’area dell’ematologia, dove è stata pioniera nello sviluppo di terapie mirate.
La Leucemia Mieloide Cronica è causata dalla proliferazione incontrollata delle cellule staminali del midollo osseo e gli inibitori tirosin-chinasici (TKI) sono i farmaci usati per il trattamento. “Ancora oggi molti pazienti in seconda linea sviluppano resistenza o intolleranza alla terapia. In questo scenario, è importante mettere a disposizione nuove opzioni terapeutiche in terza linea, efficaci, ben tollerate e capaci di garantire una buona qualità di vita. Questo – commenta Fabrizio Pane, Professore Ordinario, Università Federico II di Napoli, Direttore U.O.C. Ematologia e Trapianti di Midollo, AOU Federico II di Napoli – è molto importante per chi convive con la Leucemia Mieloide Cronica: i pazienti coinvolti in una survey internazionale in 11 Paesi, tra cui l’Italia, indicano nell’importanza di frenare la progressione di malattia e nel raggiungimento di una buona qualità di vita i principali obiettivi del trattamento”, conclude Pane.
Asciminib, ora rimborsato in Italia, vanta un nuovo meccanismo d’azione e si associa a minori eventi avversi, con conseguenze positive per i pazienti. “A differenza degli altri inibitori della tirosin-chinasi, il nuovo farmaco si lega in maniera altamente specifica alla tirosin-chinasi BCR-ABL1, l’interruttore che accende la malattia. Pertanto, risulta un trattamento efficace e con un buon profilo di tollerabilità: questo è un aspetto molto importante visti i rischi a cui possono essere esposti i pazienti a causa dei lunghi anni di trattamento e della frequente presenza di altre comorbidità”, spiega Fausto Castagnetti, Professore Associato, Università di Bologna, Istituto di Ematologia “Seràgnoli”, IRCSS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna.
Sempre Castagnetti riporta che “l’efficacia di asciminib è confermata dai dati dello studio registrativo di fase III ASCEMBL che ha evidenziato – dopo 24 settimane di trattamento – un tasso di risposta molecolare maggiore (MMR) quasi doppio (25,5% vs 13,2%) rispetto a un altro inibitore tirosin-chinasico, efficacia confermata anche a 96 settimane con un tasso di risposta molecolare maggiore del 37,6% per asciminib contro il 15,8% dell’altro TKI”.
I risultati positivi di asciminib sono confermati anche dall’esperienza nella pratica clinica. “Il trial di fase I ha valutato – per una durata mediana di 4 anni – gli effetti di asciminib in pazienti fortemente pre-trattati e ha dimostrato la sua sicurezza, tollerabilità ed efficacia a lungo termine. L’esperienza clinica italiana sull’utilizzo di asciminib nel programma di uso compassionevole condotto tra il 2019 e il 2023 ha poi messo in luce l’efficacia del farmaco nel mantenere e migliorare la risposta molecolare (MR) e il suo buon profilo di tollerabilità. Inoltre, una survey della Fondazione GIMEMA ha indagato il percepito degli ematologi italiani sull’uso di questa nuova opzione terapeutica: l’89% la utilizzerebbe come trattamento di terza linea nei pazienti resistenti e il 98% lo considera – proprio per la sua tollerabilità – un farmaco anche per gli anziani”, afferma Massimo Breccia, Professore Associato, Università La Sapienza di Roma, Ematologia Policlinico Umberto I.
Asciminib è frutto dell’attività di Ricerca e Sviluppo di Novartis, da molti anni impegnata nell’area dell’ematologia.
“Da oltre vent’anni siamo in prima linea per trasformare il paradigma terapeutico nel campo della Leucemia Mieloide Cronica e asciminib è solo l’ultima testimonianza del nostro impegno in supporto delle persone che convivono con questo tumore raro del sangue. Anche in questo caso siamo voluti partire dai bisogni non soddisfatti dei pazienti per sviluppare una nuova opzione terapeutica capace di trasformare il loro percorso di cura”, conclude Paola Coco, CSO & Medical Affairs Head IM Novartis Italia.

– foto f01/Italpress –
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Trapianto di tessuto adiposo, Ortopedici a confronto a Palermo

PALERMO (ITALPRESS) – Il “Trapianto di Tessuto Adiposo: la nuova frontiera in campo ortopedico” è il tema dell’incontro che si terrà presso l’Unità di Ortopedia del Policlinico domani, con inizio alle ore 9. L’incontro sarà presieduto dal professore Lawrence Camarda, direttore dell’Unità di Ortopedia dell’Azienda ospedaliera universitaria, e vedrà la partecipazione degli specialisti Laura De Girolamo, Massimo Ferruzza e Andrea Parlato, i quali discuteranno su questa tecnica innovativa di rigenerazione tessutale da applicare in specifici casi di artrosi lieve-moderata. In sala operatoria verranno eseguite in diretta tre procedure con la finalità di illustrare la tecnica chirurgica ai partecipanti e discutere sulle corrette indicazioni.
immagine ufficio stampa Policlinico Palermo
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Farmaceutica, Takeda annuncia la rimborsabilità di Maribavir

ROMA (ITALPRESS) – Takeda Italia annuncia che, con la pubblicazione della determina AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) n. 424 nella Gazzetta del 22 giugno 2023, è stata ufficializzata la rimborsabilità di maribavir, farmaco orfano per il trattamento dell’infezione/malattia da citomegalovirus (CMV) refrattaria (con o senza resistenza) a una o più terapie precedenti, tra cui ganciclovir, valganciclovir, cidofovir o foscarnet, in pazienti adulti che hanno ricevuto un trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT) o di organo solido (SOT)2. Con la decisione dell’agenzia regolatoria nazionale, maribavir, il primo trattamento orale che inibisce la proteina chinasi UL97 specifica del CMV e i suoi substrati naturali, è classificato in Fascia A-PHT, a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Il citomegalovirus è causa di una delle infezioni più comuni riscontrate nei pazienti riceventi trapianto, con un tasso di incidenza globale stimato tra il 16 e il 56% nei pazienti sottoposti a SOT e tra il 30 e l’80% nei riceventi HSCT3,4. In Italia, il tasso di incidenza è paragonabile; con una stima pari al 23,5% nei SOT5e tra il 18 e l’82% negli HSCT6.
Sebbene la prevenzione e la gestione dell’infezione da CMV, nei pazienti sottoposti a SOT e HSCT, con le terapie disponibili, possano contribuire a migliorare gli esiti3, anche con la profilassi possono verificarsi infezioni7 e alcune possono non rispondere al trattamento8. Inoltre, le terapie antivirali attualmente disponibili possono risultare inadeguate a causa delle gravi tossicità ad esse associate. “A seguito di un trapianto, i pazienti devono aderire a regimi di farmaci immunosoppressori, anche per tutta la vita. Questi farmaci tuttavia inibiscono la risposta immunitaria, rendendo l’organismo vulnerabile alle infezioni. In queste persone, le infezioni da CMV possono portare a diverse complicazioni, al rigetto dell’organo e ad un aumento dei tassi di ospedalizzazione, con un impatto significativo sulla vita del paziente e sul Sistema Sanitario3,9. La notizia della rimborsabilità di maribavir, dunque, è un grande traguardo per l’accessibilità di un farmaco che rappresenta un valore per questa categoria di pazienti e per il Sistema Salute”, ha spiegato Alessandra Fionda, Medical & Regulatory Head di Takeda Italia.
L’autorizzazione all’immissione in commercio si basa sullo studio di Fase 3 SOLSTICE, che ha valutato l’efficacia e il profilo di sicurezza di maribavir rispetto alle terapie antivirali convenzionali – ganciclovir, valganciclovir, cidofovir o foscarnet – per il trattamento di pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche o di organo solido con infezione da CMV refrattaria (con o senza resistenza) a una terapia precedente. “La rimborsabilità in fascia A di maribavir rappresenta un nuovo traguardo per Takeda Italia, che da sempre si pone come obiettivo centrale l’attenzione all’intero percorso del paziente. Il trapianto è un dono che deve essere preservato attraverso l’attenzione al paziente lungo tutto il percorso di cura: la gestione dei rischi post-trapianto, tra cui l’infezione da CMV, ne è una parte fondamentale e critica. Questo si traduce nella necessità di cambiare la prospettiva del trapianto, dal successo di una procedura chirurgica a un beneficio a lungo termine per la tutela della vita, affinchè la donazione sia una ricchezza non sprecata”, ha dichiarato Annarita Egidi, Amministratore Delegato di Takeda Italia.

foto: ufficio stampa Takeda

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Realtà virtuale immersiva al Pronto soccorso del Gemelli ed i bimbi non piangono più

ROMA (ITALPRESS) – “Somministrare” a un bambino la realtà virtuale sotto forma di giochi o storie interattive, durante un trattamento o una procedura invasiva, contribuisce a ridurre la sensazione di dolore e la reazione d’ansia che li accompagnano. E’ quanto stanno osservando i pediatri del Pronto Soccorso Pediatrico del Policlinico Gemelli: facendo indossare ai piccoli pazienti un visore da realtà virtuale, si riescono a rimuovere schegge da una manina imprudente o a mettere dei punti senza che il bambino avverta dolore o si stressi oltre misura (e con lui, i genitori), urlando a pieni polmoni.
“L’ansia dei bambini, in Pronto Soccorso – spiega il dottor David Korn, Dirigente Medico di I livello, Pronto Soccorso Pediatrico e Responsabile dei Progetti di Digital Health per la Salute della Donna e del Bambino, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – può essere causata da molti fattori, tra cui il dolore e la paura per la procedura, e spesso si manifesta con pianto, aggressività o il rifiuto a eseguire visite e procedure diagnostiche o terapeutiche necessarie. Questi comportamenti possono essere difficili da gestire, sia per i genitori, che per il personale sanitario. Il personale medico e infermieristico è abituato ad affrontare tali situazioni; ma oggi, attraverso l’utilizzo di tecniche innovative come la realtà virtuale, è possibile ridurre per il tempo necessario, attraverso il gioco, lo stress e l’ansia dei piccoli pazienti”.
“Distrarre” il bambino da quello che il medico sta facendo, immergendolo nella realtà virtuale di un gioco o del suo cartone preferito o di un video-gioco, aiuta a contenere la sua ansia e ad alzare la soglia del dolore.
“Abbiamo osservato – prosegue il dottor Korn – che i bambini durante una procedura (per esempio rimozione di un corpo estraneo, punti di sutura, prelievo venoso e arterioso), non ritraggono la mano per il dolore; non è dunque necessario tenerli bloccati, perchè con il visore indosso, sono del tutto distratti e tranquilli; i genitori si tranquillizzano a loro volta e contribuiscono a non alimentare un clima di ansia. E i vantaggi si estendono anche a medici e infermieri, perchè un ambiente tranquillo riduce di molto il loro burnout”.
“Nel nostro Pronto Soccorso Pediatrico – ricorda il professor Antonio Chiaretti, Direttore del Pronto Soccorso Pediatrico di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, docente di Pediatria Università Cattolica, campus di Roma – stiamo utilizzando, in collaborazione con il dottor Cyril Sahyoun (Urgences Pediatriques – Hòpitaux Universitaires de Genève, HUG), la realtà virtuale completamente immersiva, grazie a un visore donato dalla Onlus Lollo 10, che opera attivamente all’interno del nostro Policlinico. In pratica, al momento dell’esecuzione di una procedura dolorosa, facciamo indossare al bambino un visore in grado di creare un’esperienza immersiva e interattiva, creando ambienti e situazioni rassicuranti, che lo distraggono dall’ambiente che lo circonda. Tale sperimentazione ci permette di eseguire tutta una serie di procedure dolorose (suture di ferite, riduzione di fratture, rimozione di corpi estranei o prelievi) e invasive (esami radiografici e specialistici) nei bambini che accedono al nostro pronto soccorso, senza ricorrere all’uso di farmaci o sedativi per tranquillizzarli. Ovviamente, tale metodica offre molteplici vantaggi, sia in termini di stress parentale e personale, che in termini di risparmio di tempo e di risorse, abbattendo in maniera significativa i tempi di permanenza e di esecuzione di tali procedure nel nostro PS. I primi risultati – conclude il professor Chiaretti – sono davvero sorprendenti, perchè i bambini, quando iniziano a giocare e a interagire con il visore, si estraniano completamente dal mondo esterno; questo permette loro anche di rimuovere l’esperienza traumatica legata alla permanenza in PS e agli operatori sanitari di lavorare senza alcun tipo di stress”.
“Distrarre” i piccoli pazienti è una parola chiave, ben nota da sempre ai pediatri che, tra tutti i medici, si distinguono per il camice pieno di spillette colorate e di penne sormontate da buffi pupazzetti che spuntano dal taschino. E dunque, il visore per un’esperienza immersiva da realtà virtuale è solo un’evoluzione di questo concetto. Che, a giudicare dalle prime esperienze, sembra davvero molto efficace.
La realtà virtuale è costituita da un ambiente artificiale che viene sperimentato dal bambino attraverso stimoli sensoriali (come immagini e suoni) forniti da un computer e in cui le proprie azioni e movimenti determinano, in parte, ciò che accade nell’ambiente circostante. Può essere classificata, in base al livello di isolamento dal mondo reale in: non-immersiva (basata, cioè, su computer o tablet), semi-immersiva (quando si utilizzi un grande schermo 3D), e completamente immersiva (nel caso in cui si utilizzi un display montato su un visore che consente interazioni multiple attraverso più canali sensoriali). In tal modo, la realtà virtuale crea ambienti illusori in cui il senso delle azioni è definito dalle contingenze e dagli stimoli neurosensoriali. L’interazione attiva dei pazienti con il mondo virtuale è necessaria per un’immersione completa; questo fa sì che il bambino si distacchi, temporaneamente, dal mondo reale.
foto ufficio stampa Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS
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Monaco “Enorme importanza educazione continua in Medicina”

ROMA (ITALPRESS) – L’importanza dell’educazione continua in medicina “è enorme perchè vuol dire dare ai nostri cittadini delle performance sanitarie di qualità. I nostri cittadini lo meritano, lo merita il nostro Paese e il rispetto della nostra Costituzione”. Così il presidente del Co.Ge.A.P.S. e segretario Fnomceo, Roberto Monaco, in occasione dell’evento “Prospettive e sfide dell’Educazione Continua in Medicina”, organizzato da Co.Ge.A.P.S. in collaborazione con A.Ge.Nas. “Lo sviluppo sarà quello di pensare a una formazione sempre più sul campo e vicina ai bisogni non soltanto dei cittadini, ma anche degli operatori sanitari che chiedono una formazione più verso la simulazione, valorizzando il lavoro di tutti i giorni che a volte è sconosciuto – osserva -, e dietro il quale c’è tantissima competenza e tantissimi saperi legati alla formazione che viene fatta quotidianamente dai nostri operatori sanitari”.
All’evento presenti, tra gli altri, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, è la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini. “Ho rivisto la Commissione nazionale per la formazione continua, la convocheremo nei primi giorni di luglio e dovrà focalizzare l’attenzione sulla qualità degli eventi formativi per migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali degli operatori sanitari, con l’obiettivo di assicurare efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza all’assistenza prestata dal Servizio sanitario nazionale”. Ha annunciato Schillaci, nell’aggiungere che “l’assolvimento dell’obbligo di acquisizione triennale dei crediti formativi non deve essere un mero adempimento formale, ma va inteso come metodo per migliorare realmente la propria professione. La formazione dovrà supportare la crescita della capacità multidisciplinare necessaria per le sfide sanitarie complesse a livello nazionale e internazionale”, conclude.
Per la ministra Bernini “il Covid ci ha dato grandi dolori ma anche grandi accelerazioni, sia tecnologiche che di sensibilizzazione deontologica rispetto a quella che viene definita life long learning, ovvero che gli esami non finiscono mai. Per tutta la vita dobbiamo acquisire dati, imparare e trasferirli. Questa, è insieme una norma di legge e un precetto deontologico che i medici conoscono bene. Questa sensibilità c’è, la qualità dei nostri medici è molto alta, sono sicura che si implementerà sempre di più”, aggiunge. Bernini, inoltre, torna sulla questione degli accessi alla Facoltà di Medicina spiegando che “il gruppo di studio che abbiamo da subito incardinato nel ministero, ha già detto che esiste la possibilità, e lo si farà dal prossimo anno, di un aumento progressivo e compatibile con i fabbisogni del numero degli iscritti al corso di Medicina e Chirurgia, nella misura del 30%. Quindi ci saranno progressivamente 30mila iscritti in più rispetto ad oggi” nell’arco di 7 anni. Naturalmente – prosegue – il lavoro del gruppo non è finito, perchè dopo aver aperto i corsi di laurea bisogna aprire anche le scuole di specializzazione. Il nostro impegno sarà quello di ottimizzare, sburocratizzare e migliorare la qualità delle scuole di specializzazione”.

foto: xb1/Italpress

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Rapporto Crea sanità, 8 regioni promosse

ROMA (ITALPRESS) – Otto Regioni/Province autonome (di cui tre migliori delle altre) promosse, sette “rimandate” e sei “bocciate” alla prova delle Performance 2023, valutate su sei dimensioni: appropriatezza, equità, sociale, esiti, economico-finanziaria, innovazione. Un quadro che sottolinea la nuova impostazione di ammodernamento dell’assistenza che punta sul territorio e sulla domiciliarità, come prescritto dal PNRR
e dal Decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza territoriale e che si affianca (suggerendone anche alcuni criteri di implementazione) al Nuovo Sistema di Garanzia per il controllo dei Livelli essenziali di assistenza.
A disegnarlo è l’XI edizione del rapporto “Le Performance Regionali” del CREA Sanità, Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità.
L’analisi dei risultati delle Regioni e le relative valutazioni sono state assegnate quest’anno da oltre 100 esperti raggruppati in un Panel multistakeholder diviso in cinque grandi gruppi: istituzioni, management aziendale, professioni sanitarie, utenti, industria medicale, che hanno anche ideato un sistema di monitoraggio ‘dinamicò degli effetti dell’autonomia differenziata, che da oggi è oggetto di valutazione da parte del CREA e dei suoi esperti: oltre ai rappresentanti del
Panel, il CREA si avvale di docenti universitari nei campi dell’economia, del diritto, dell’epidemiologia, dell’ingegneria biomedica, della statistica medica.
Veneto, Trento e Bolzano hanno ottenuto il miglior risultato 2023 (con punteggi che superano la soglia del 50% del risultato massimo ottenibile, rispettivamente: 59%, 55% e 52%).
Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia e Marche vanno abbastanza bene, con livelli dell’indice di Performance compresi tra il 47% e il 49 %.
Ma le buone notizie finiscono qui: se Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Umbria, Molise, Valle d’Aosta e Abruzzo raggiungono livelli di Performance abbastanza omogenei, seppure inferiori, compresi nel range 37-43%, Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria, hanno livelli di
Performance che risultano inferiori al 32%.
In sostanza la valutazione divide in due l’Italia, con circa 29 milioni di cittadini nelle prime otto Regioni che possono stare relativamente tranquilli
e altri 29 milioni nelle Regioni rimanenti che potrebbero avere serie difficoltà nei vari aspetti delle dimensioni considerate.
Sulle sei dimensioni, a loro volta suddivise ciascuna in tre indicatori – ognuno con un suo peso che ha determinato le differenze finali -, la valutazione degli stakeholder è stata abbastanza omogenea (ma i ‘votì più bassi sono stati quelli degli utenti).
Le tre dimensioni appropriatezza, equità e sociale contribuiscano per oltre il 60% alla Performance: 24,9%, 22,6% e 15,6% rispettivamente; segue la dimensione esiti (13,9%); le dimensioni economico-finanziaria e innovazione, contribuiscono rispettivamente per il 12,1% e l’11,5 per cento.
Con alcune differenze quantitative, equità e appropriatezza (quest’ultima con l’eccezione dei rappresentanti delle istituzioni) sono nelle prime tre posizioni per tutte le categorie di stakeholder; la dimensione sociale anche, ad eccezione però, dei rappresentanti dell’Industria medicale.
Le performance sono chiaramente indicate Regione per Regione nel modo più semplice: i valori degli indicatori sono stati
associati a due colori differenti: verde se il valore è migliore della media nazionale e rosso se è peggiore. Un triangolo rivolto verso l’alto è indicativo di un miglioramento dell’indicatore rispetto al 2019, verso il basso di un peggioramento. L’assenza
del triangolo significa una sostanziale invarianza del valore.
Così, ad esempio, il Veneto (Regione che ha ottenuto i risultati migliori) presenta tutti gli indicatori delle prime quattro dimensioni per importanza “verdi”.
E solo nella dimensione economico-finanziaria ha due ‘rossì per quanto riguarda la spesa sanitaria pubblica e l’incidenza dei consumi sanitari sul totale dei consumi; e nella dimensione innovazione non va l’attuazione del fascicolo sanitario elettronico. La Calabria (la Regione coi risultati peggiori) è quasi tutta “rossa”; su diciotto indicatori, in verde ha solo quelli sull’ospedalizzazione evitabile per malattie croniche (unico nelle dimensioni maggiori), l’indice di salute mentale, la spesa pro-capite standardizzata, l’implementazione della rete oncologica e lo sviluppo del fascicolo sanitario elettronico.
In prospettiva, obiettivo del CREA e degli oltre 100 stakeholder sarà verificare che con l’autonomia differenziata non si generino arretramenti regionali (almeno rispetto ai LEA, ma anche rispetto alla Performance complessiva), ovvero che tutte le Regioni procedano in un processo di miglioramento, evitando peggioramenti attribuibili al rischio che l’autonomia diventi più competitiva che cooperativa.
Come? Osservando le variazioni di un nucleo di indicatori “permanenti”, onde permettere l’apprezzamento delle dinamiche in essere, grazie a tre indicatori: il primo, basato sulle variazioni dell'”area” delle Performance peggiori regionali;
il secondo, sul numero di miglioramenti o peggioramenti di tali
Performance; ed il terzo, sulla diversa dinamica registrata dagli indicatori nelle Regioni a cui sarà stata riconosciuta un’autonomia differenziata in Sanità, rispetto alle restanti.
Nel primo caso l’aspettativa è che, coerentemente con la logica del rispetto dei LEA e del miglioramento complessivo della
Performance (effetto “traino” descritto nel Ddl sull’autonomia differenziata) l’area (rossa nel grafico: gli indicatori sono quelli riportati nelle schede regionali per ogni dimensione) generata fra il valore medio nazionale e i risultati peggiori regionali (ovvero il risultato delle Regioni posizionate in corrispondenza del valore minimo o, in alternativa, del primo quartile della distribuzione) diminuisca negli anni (ovvero crescano i livelli minimi di Performance regionali sui singoli indicatori). Nel secondo, che utilizzando le preferenze sviluppate nell’ambito del progetto “Le Performance Regionali”, sia possibile raffinare ulteriormente l’indicatore, elaborando una “area standardizzata” in base ai pesi attribuiti alle diverse dimensioni o ai diversi indicatori prescelti.
La terza necessità emersa dal Panel richiede un adeguato investimento per migliorare i sistemi informativi: infatti, spesso i sistemi di monitoraggio adottati nell’ambito del SSN sono stati costruiti (anche) sulla base della disponibilità dei flussi informativi che, peraltro, sono stati originariamente sviluppati per altre necessità, per lo più di tipo amministrativo.
-foto ufficio stampa Crea Sanità-
(ITALPRESS).

Covid, aumentati i casi di disturbi della sessualità

APPIANO GENTILE (ITALPRESS) – L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la fine dell’emergenza Covid 19, ma paure, restrizioni e cambiamento dello stile di vita hanno lasciato conseguenze visibili anche nella sfera sessuale. “Con l’isolamento – spiega la psicoterapeuta e sessuologa Elena Vittoria Longhi, esperta del Centro di medicina sessuale dell’ospedale San Raffaele di Milano – patologie latenti sono diventate improvvisamente evidenti. Si sono presentati tratti narcisistici esasperati e persecutori, come l’ossessione di avere un membro perfetto, una compulsività sessuale che va oltre la normale sessualità, fino agli atteggiamenti autodistruttivi come tagliarsi e ferirsi di proposito”.
Un’emergenza che è stata affrontata insieme allo psichiatra Furio Ravera nel seminario “Sessualità è…” alla Clinica Le Betulle di Appiano Gentile (Como) con focus su comportamenti narcisistici e ossessivi compulsivi. Le più interessate da questi effetti post pandemici sono le nuove generazioni, così come le persone che avevano una personalità fluida latente, che hanno cercato l’evasione attraverso droghe, alcol e cibo o, per l’appunto, sesso online, soprattutto come effetto della mancata socialità e affettività.
La pandemia ha generato conflitti anche nella vita di coppia alle prese con disfunzioni sessuali di natura psicogena, ovvero legate a specifici accadimenti che hanno stravolto l’equilibrio degli individui. “Si pensi alle conseguenze economiche della pandemia con perdita di lavoro, cassa integrazione, o alle conseguenze personali, come la perdita o la morte del partner: bruschi cambiamenti negativi che hanno inciso fortemente sulla sfera sessuale delle persone”.
Per ognuna di queste situazioni, che richiedono di essere studiate in una prospettiva multidisciplinare e ad hoc su ciascuna persona, l’intervento di un sessuologo è fondamentale. “Il sessuologo – è la metafora scelta dalla dottoressa Longhi – è come un sarto che deve saper cucire l’abito giusto per il suo paziente, in un’èquipe formata di volta in volta da una serie di professionisti, che ne richiedono l’intervento. Al paziente il medico curante non dice hai bisogno di un sessuologo, ma ho bisogno che tu vada da un sessuologo. In questo modo il paziente si sente co-terapeuta nella ricerca del suo benessere psico fisico. Il sessuologo in questo senso è un facilitatore di processo”.

– foto ufficio stampa Gruppo Ginestra –
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Inaugurato “Open Space”, primo polo interculturale di Roma

ROMA (ITALPRESS) – E’ stato inaugurato “Open Space” il primo polo interculturale di Roma per la creazione di reti e ponti con il mondo della cultura, dell’arte e del mondo produttivo, aperto alla cittadinanza. Lo spazio si trova in Corso Vittorio Emanuele II, al civico 343, ed è realizzato nell’ambito del progetto Psic – Percorsi Sanitari Integrati Complessi cofinanziato dalla Unione Europea attraverso il Fami, Fondo Asilo Migrazione e Integrazione, e che vede capofila Roma Capitale, attraverso il dipartimento delle Politiche sociali, e il coinvolgimento delle 3 aziende sanitarie locali ASL Roma 1, 2 e 3.
“Open Space” è un luogo dove si incrociano linguaggi, competenze tecniche, arti, culture, e dove si incontrano anche persone con esperienze di esclusione e di traumi sociali connessi allo stigma e alle migrazioni. L’obiettivo di questo nuovo polo interculturale cittadino è di sostenere un nuovo modello di inserimento sociale di persone troppo spesso “confinate” negli specifici settori d’intervento dei relativi servizi o escluse dal mondo culturale, formativo e produttivo.
Alla inaugurazione, organizzata da Giancarlo Santone, Direttore del Centro di Salute per Migranti Forzati (SAMIFO) della ASL Roma 1, hanno partecipato tantissime persone, tra le quali Padre Camillo Ripamonti, Presidente del Centro Astalli, servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia e Barbara Funari, Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma.
“Oggi inauguriamo uno spazio non sanitario ma che è strettamente collegato con la salute – ha dichiarato Santone -. Perchè la salute non è solo accertamenti, visite e medicinali ma è anche benessere che si può raggiungere attraverso la possibilità di esprimere ed esprimersi in diversi modi. Open Space sarà uno spazio aperto a tutti; un aeroporto di arrivi e partenze! Di arrivi perchè è un luogo di alta visibilità e qui ci sarà la possibilità, per chi fa delle cose belle inerenti il nostro progetto, di potersi far vedere; di partenze, invece, perchè qui vorremmo avviare diversi laboratori di attività multimediali, gioiello etico e tanto altro. Se gli altri partner saranno d’accordo – ha aggiunto Santone – vorrei che questo spazio fosse una sorta di mostra permanente dove organizzare tante altre iniziative nel corso dell’anno, una specie di museo moderno interattivo sulle migrazioni”.
foto ufficio stampa ASL Roma 1
(ITALPRESS).