PALERMO (ITALPRESS) – Nel 2022, per la prima volta, le donazioni di organi solidi hanno superato quota 1.800 in un anno: sono state complessivamente 1.830 (+3,7%), 1.461 da donatori deceduti e 369 da viventi. Alla luce di questi dati, diffusi dal Ministero della Salute, e in occasione della Giornata Nazionale per la donazione degli organi IRCCS ISMETT-UPMC – Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione, l’ospedale nato 25 anni fa da una partnership tra UPMC – University of Pittsburgh Medical Center e la Regione Siciliana, lancia una campagna di informazione e sensibilizzazione sulla donazione di organi da vivente, in particolare di rene e fegato.
“Con questa iniziativa – si legge in una nota – l’ISMETT, l’unica struttura a praticare il trapianto di fegato da vivente in Sicilia, sia per pazienti adulti che pediatrici, vuole sensibilizzare e educare l’opinione pubblica sulla sicurezza e sull’efficacia della donazione da vivente, opzione alla donazione da cadavere. A fine 2022, l’Istituto contava 195 trapianti di fegato da donatore in vita, e 273 trapianti di rene da donatore. In genere, la donazione in vita avviene tra consanguinei o persone affettivamente correlate”.
Caratterizzata dal claim “Chi dona salva la vita degli altri senza cambiare la propria”, la campagna “fornisce informazioni scientifiche precise e condivide buone pratiche – sottolinea la nota -, puntando soprattutto sulla testimonianza diretta di alcuni donatori che con il loro gesto hanno salvato vite umane, dimostrando che la pratica è sicura per il donatore, la cui vita torna alla normalità in poche settimane, e altamente efficace per il ricevente. Si consideri poi che questo tipo di operazione, per esempio nel caso del fegato, avviene contemporaneamente nel ricevente e nel donatore, limitando al minimo i tempi di ischemia dell’organo e minimizzando i rischi”.
Attraverso video e immagini, IRCCS ISMETT-UPMC dà quindi spazio alle storie di persone e pazienti reali, raccolte nel sito dedicato al progetto https://www.ismett.edu/trapianti-da-donatore-vivente per un racconto senza filtri sui benefici e i bassi rischi dell’operazione.
“Stimolare una riflessione attorno al tema e diffondere informazioni corrette riguardo l’espianto di organi da donatore in vita è per noi una priorità e rientra nella visione di ISMETT e di tutta la rete UPMC. Da anni, infatti, lavoriamo in sinergia con i centri per incentivare pratiche sicure, innovative, efficaci ed efficienti che possano migliorare la vita e la salute delle persone. La campagna nasce proprio con l’obiettivo di dare voce alle persone che hanno donato per accendere un faro su questa pratica medica, mostrandone la sicurezza e i benefici”, ha dichiarato Angelo Luca, Direttore di IRCCS ISMETT-UPMC e VP Health Services, Scientific and Medical Director, UPMC Italy.
foto ufficio stampa IRCCS ISMETT-UPMC
(ITALPRESS).
Trapianti, campagna di informazione Ismett-Upmc sulla donazione di organi
Covid, 21.779 positivi e 129 decessi nell’ultima settimana
ROMA (ITALPRESS) – Nella settimana tra il 7 e il 13 aprile, in Italia, sono stati 21.779 nuovi casi positivi al Coronavirus con un aumento dell’8,5% rispetto alla settimana precedente, quanso i casi positivi furono 20.075. E’ quanto emerge dal bollettino settimanale emesso dal Ministero della Salute. Sono 129 i deceduti, il 25,4% in meno rispetto alla settimana precedente, quando furono 173. 316.436 i tamponi effettuati, con una variazione di -18,6% rispetto alla settimana precedente (quando furono 388.766). Tasso di positività del 6,9% con una variazione di +1,7% rispetto alla settimana precedente (5,2%). (ITALPRESS).
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Trapianti di rene da vivente, il Gemelli 1^ centro nel Lazio e Centro-Sud
ROMA (ITALPRESS) – Domenica è la Giornata Nazionale per la Donazione di Organi e Tessuti, un momento importante per fare chiarezza e sensibilizzazione su un argomento ancora avvolto da molti pregiudizi e paure mal riposte. La Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, primo polo del Centro-Sud per il trapianto di rene da vivente, per celebrare la Giornata, ha organizzato un convegno sulla donazione di rene da vivente e, nelle giornate dal 17 al 19 aprile, allestirà un punto informativo, in un’area presso l’ingresso principale. Il desk, aperto dalle 10 alle 16, sarà presidiato da coordinatrici trapianti, medici (chirurghi, nefrologi), psicologi, infermieri della dialisi e del reparto trapianti e pazienti trapiantati, che daranno informazioni su donazioni e trapianti. Sarà inoltre disponibile materiale cartaceo esplicativo e saranno proiettati video illustrativi sulla donazione. Infine, ci sarà la possibilità di esprimere il proprio parere in vita, il consenso alla donazione, che poi verrà registrato nel sistema informativo del Centro Nazionale Trapianti, in collaborazione con l’Associazione Italiana per la Donazione di Organi Tessuti e Cellule (AIDO).
Donare un organo “è una procedura che si pratica da 70 anni – ricorda il professor Giuseppe Grandaliano, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Nefrologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCSS e Ordinario di Nefrologia all’Università Cattolica, campus di Roma -. Il primo trapianto è stato effettuato con un rene da vivente nel 1954; negli anni ’60 sono arrivati i trapianti di cuore, polmone, fegato. Nel caso della donazione da cadavere, con un singolo atto di donazione, si restituisce la vita ad almeno 9 persone (reni, cuore, polmoni, pancreas, intestino, fegato e cornee). E non bisogna avere paura a donare perchè ‘Italia ha una delle legislazioni tra le più stringenti del mondo, sia per l’accertamento della morte nei donatori. Da questo punto di vista siamo i più garantiti del mondo. Eppure, le opposizioni alle donazioni da cadavere anche al Gemelli sono ancora il 30%, in linea con il dato nazionale; solo il 70% delle famiglie interpellate dona”.
E’ possibile donare in vita un rene o una porzione di fegato e, dal 2012, è consentito in Italia anche il trapianto parziale tra persone viventi di polmone, pancreas e intestino. Grande copertura mediatica ha ricevuto di recente la storia di quel padre che ha donato un polmone al figlio di 5 anni. Ma i trapianti da vivente di più lunga tradizione e le migliori possibilità di riuscita sono quelli di rene.
“Le tre domande che riceviamo sempre in ambulatorio dai potenziali donatori di rene – rivela il professor Jacopo Romagnoli, responsabile della UOS Trapianti di Rene, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e docente di chirurgia generale, Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – sono: quanto dolore avrò? quanto resterò ricoverato? finirò in dialisi? Il prelievo del rene avviene in laparoscopia, è mininvasivo e questo garantisce la pressochè assenza di dolore (o comunque ben controllato dai farmaci); il ricovero per il donatore non dura dunque più di 3-4 giorni. E di certo non c’è alcun pericolo di finire in dialisi, visto che la selezione dei donatori è molto severa: solo la metà dei ‘candidati donatorì passa l’esame; gli altri vengono scartati. Chi supera questa selezione così ferrea è dunque un campione di salute; donare un rene, non pregiudicherà il suo stato di salute”. “I donatori entrano inoltre in un programma di follow up dedicato e sono seguitissimi nel tempo – aggiunge il professor Grandaliano -. Ci sono evidenze scientifiche molto solide che dimostrano come i rischi per un donatore siano bassissimi e che, a lungo termine, i donatori vivano in media più a lungo della popolazione generale. Abbiamo 320 pazienti in lista attiva per un trapianto di rene quest’anno; tutti sono stati informati anche sull’opzione della donazione da vivente (sono 50 le coppie donatore-ricevente in studio al momento). Il trapianto di rene da vivente ha un importante vantaggio, rispetto a quello da donatore deceduto: quello di evitare la dialisi al paziente. Certo, possiamo mettere in lista trapianto anche un paziente non ancora in dialisi, ma l’attuale algoritmo di allocazione, il criterio con il quale vengono assegnati i reni da donatore deceduto, sfavorisce le persone non in dialisi perchè a pesare molto, al di là della compatibilità, è l’anzianità dialitica. La donazione di un rene da vivente evita invece al malato di andare in dialisi, offrendogli un trapianto della migliore qualità, che garantisce i risultati migliori. Insomma, il trapianto di rene da donatore vivente prima della dialisi, dovrebbe diventare la regola”.
Può donare “chiunque, non solo i consanguinei all’interno di una famiglia – ricorda Romagnoli -. Abbiamo fatto trapianti tra amiche del cuore, tra amici d’infanzia con un forte legame emotivo. Non è vero che si possa fare solo tra consanguinei. E se la coppia aspirante donatore-ricevente non è compatibile, si può accedere al programma trapianti ‘cross over’, gestito dal Centro Nazionale Trapianti che prevede, uno scambio di donazione con un’altra coppia donatore-ricevente, con problema di compatibilità complementare”.
“Oggi la donazione di un rene per una persona sana – afferma Massimo Cardillo, direttore del Centro Nazionale Trapianti (CNT) – è un’operazione sicura. I donatori faranno una vita normale, senza alcun tipo di limitazione. Quando il paziente con insufficienza renale irreversibile si presenta al Centro Nefrologico deve essere informato di questa possibilità, valutando all’interno della famiglia se c’è la disponibilità di un donatore compatibile. Questo passaggio purtroppo non viene sempre fatto in Italia; ecco perchè la donazione di rene da vivente stenta a decollare, con numeri stabili da 5-6 anni. Il CNT ha promosso un piano di sviluppo del trapianto di rene da vivente che è diventato accordo di Conferenza Stato-Regioni nel 2018, ma che è ancora disatteso in molte Regioni perchè spesso i Centri Nefrologici non sono dotati di tutte le professionalità e competenze che servono per sviluppare questo programma. Il percorso di valutazione dell’idoneità della coppia donatore-ricevente è molto complesso: servono indagini approfondite e una figura dedicata, quella del transplant manager, che segua il percorso di valutazione della coppia, per portare il paziente al trapianto in tempi rapidi. E soprattutto serve l’integrazione di varie professionalità all’interno di un team multidisciplinare, di cui facciano parte non solo medici, ma soprattutto psicologi e infermieri specializzati come i transplant coordinator’.
In Italia si eseguono circa 2 mila trapianti di rene ogni anno; di questi, poco più di 300 da donatore vivente. Una quota ancora marginale rispetto a quello che accade in Francia, in Spagna, nel Regno Unito. “In Italia il fabbisogno di trapianto di rene è molto elevato – ricorda Cardillo – abbiamo in lista per un trapianto di rene circa 6.000 pazienti e spesso il tempo d’attesa supera i tre anni. Il Gemelli nel trapianto di rene, sia da vivente che da donatore deceduto – conclude Cardillo – rappresenta un polo di eccellenza e sta curando molto questo programma, come dimostrano anche i numerì.
“La cultura della donazione in Italia è molto cresciuta negli ultimi anni – afferma il professore Luciano Potena, Presidente della European Society for Organ Transplantation (ESOT) – ma c’è ancora molto da lavorare. Come numerosità dei trapianti e delle donazioni siamo nella media europea, che va dai picchi di donazione della Spagna, Francia del nord Europa, a realtà molto più limitate. L’Italia fa molto bene invece sui risultati: la sopravvivenza del trapianto e del trapiantato è tra le migliori d’Europa. La Spagna è campione europeo di donazioni perchè ha costruito una cultura della donazione che è entrata in profondità sia nella popolazione, che nella classe medica. Basti pensare che uno dei film spagnoli di maggior successo, ‘Tutto su mia madrè di Pedro Almodovar (1999), ha una trama imperniata su una storia di trapianto”.
“Donare un organo in vita – prosegue Potena – è un atto di grande responsabilità e altruismo. Ma forse anche un pò ‘egoistà. Di recente, una donna che si definiva ‘aspirante donatrice di un rene per suo maritò faceva appunto questa considerazione. “Grazie al mio rene donato, vivrò meglio con un marito trapiantato che sta bene, senza doverlo accompagnarlo tre volte a settimana a fare dialisi; senza trapianto inoltre, avrebbe una ridotta aspettativa di vita. Donandogli un rene insomma faccio del bene non solo a lui, ma a tutta la nostra famiglia”.
L’Italia, sottolinea una nota, nel contesto Europeo si colloca al terzo posto per le donazioni dopo Spagna e Francia; la Toscana è la Regione con il più alto tasso di donazioni. Lo scorso anno le donazioni di organi solidi hanno superato il numero di 1.800 e questo ha portato ad un aumento del numero dei trapianti (3.887, +2,5%) e fatto segnare un record per i trapianti di fegato (1,474, + 5,6%) e di polmone (138, +17,9%). Nel 2022 è stato inoltre registrato il miglior risultato di sempre in Italia per la donazione di midollo osseo e staminali ematopoietiche (329 donazioni e 961 trapianti). Fin qui le buone notizie. Purtroppo, i ‘nò, cioè le opposizioni alla donazione sono ancora troppi, intorno al 30%. Per questo è necessario far luce su questo argomento, sgombrando il campo da dubbi e paure. Nel Lazio ci sono 21 donatori per milione di abitanti, poco sotto la media nazionale (24 per milione). Per quanto riguarda i trapianti di rene da vivente, Padova e Bologna sono i primi centri in Italia; il Gemelli è il terzo in Italia e il primo del Lazio e del Centro-Sud, conclude la nota.
foto ufficio stampa Policlinico Gemelli, da destra Salvatore Agnes, Massimo Cardillo, Giuseppe Grandaliano, Jacopo Romagnoli, Mariano Feccia
(ITALPRESS).
Covid, incidenza stabile. Quattro regioni a rischio alto
ROMA (ITALPRESS) – Sostanzialmente stabile l’incidenza settimanale a livello nazionale del Covid in Italia, con 37 positivi ogni 100.000 abitanti (07/04/2023 -13/04/2023) contro i 34 ogni 100.000 abitanti (31/03/2023 -06/04/2023) della settimana precedente. E’ quanto emerge dai risultati del monitoraggio della Cabina di Regia dell’Istituto Superiore della Sanità. Nel periodo 22 marzo – 4 aprile 2023, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,97 (range 0,90-1,03), in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente e al di sotto della soglia epidemica. L’indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero è anche in lieve diminuzione e sotto la soglia epidemica: Rt=0,91 (0,86-0,97) al 04/04/2023 vs Rt=0,97 (0,92-1,02) al 28/03/2023. Il tasso di occupazione in terapia intensiva è sostanzialmente stabile allo 0,8% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 13 aprile) vs lo 0,9% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 06 aprile). Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale sale leggermente al 4,2% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 13 aprile) vs il 3,8% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 6 aprile). Quattro Regioni sono a rischio alto a causa di molteplici allerte di resilienza. Undici sono a rischio moderato, di cui quattro a causa di molteplici allerte di resilienza, e cinque sono classificate a rischio basso.(ITALPRESS).
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Inail, proclamato sciopero nazionale. Sindacati “servono risposte”
ROMA (ITALPRESS) – I lavoratori di Inail hanno proclamato tre ore di sciopero nazionale per il prossimo 21 aprile. L’iniziativa sindacale è stata presentata oggi a Roma dai rappresentanti di Fp Cgil, Cisl Fp, Uilpa, Confsal, Usb Pi, Dirstat, Anmi, Flp. I lavoratori invocano da tempo risposte riguardo alla grave crisi degli organici, al default delle procedure, che ne mettono a rischio l’efficacia dell’azione sociale e delle prestazioni per l’utenza. La crisi degli organici, le difficoltà inedite nel reclutamento di personale dovute alla contingente crisi del lavoro pubblico, una dissennata gestione decennale delle assunzioni, con il tracollo delle procedure informatiche, sulle quali è stato concentrato un investimento di centinaia di milioni di euro con esiti disastrosi in termini di resa in efficacia e miglioramento delle condizioni di lavoro, l’aumento esponenziale della pressione psicofisica sui lavoratori e le lavoratrici dell’Ente, che continuano a garantire le prestazioni all’utenza, pagando personalmente un prezzo in termini di sovraccarico quantitativo e qualitativo: sono tutti temi che da mesi sono al centro della mobilitazione dei vari sindacati. Si tratta di un problema che coinvolge tutto il Paese, perchè molte province attualmente non sono presidiate da organici sufficienti, nelle aree sanitarie e non solo. Ciò significa che migliaia di cittadini che hanno subito un danno alla salute per causa del proprio lavoro non trovano accoglienza alle loro necessità di tutela e assistenza. Daniela Mencarelli di Usb ha commentato “Questa mattina abbiamo convocato nella Sede della Direzione Generale dell’Inail a Roma una conferenza stampa per illustrare i motivi della nostra protesta che va avanti ormai da circa due mesi e che porterà allo Sciopero di tre ore, le ultime tre di ogni turno di lavoro, il 21 aprile. I motivi di questa protesta sono stati già evidenziati in molte assemblee che abbiamo fatto anche sul territorio. L’ultima ieri mattina in Emilia Romagna alla quale hanno partecipato tantissimi lavoratori e lavoratrici. I motivi sono da ritrovare sulla questione della carenza di organico spaventosa che ormai è diventata insostenibile, su quella del malfunzionamento delle procedure informatiche che non permettono di rendere un servizio efficace all’utenza e in questo modo si lavora male. Ci sono poche persone, pochi lavoratori all’interno delle sedi del territorio e procedure che non funzionano e che stanno causando grossi disagi ai lavoratori e alle lavoratrici dell’Istituto. Non abbiamo avuto una serie interlocuzione con la Dirigenza dell’Inail per avere delle risposte concrete, tangibili ed efficaci rispetto alle problematiche che stiamo ponendo ma che si dovrebbero porre loro in prima persona. In questo contesto pensiamo che lo sciopero sia inevitabile e dobbiamo andare avanti per avere le riposte che vogliamo, rispetto alla salvaguardia della funzione che questo Istituto ha e che tutela una parte fragile della popolazione italiana, costituita dai lavoratori che subiscono infortuni, malattie professionali e molto spesso come la cronaca ci dice ogni giorno infortuni mortali. Siamo qui per rendere noti i motivi di questa protesta e per dire che l’INAIL deve avere un futuro capace di dare risposte concrete alla nostra utenza”. Francesco Savarese Confsal-Unsal ha spiegato: “Siamo preoccupati per l’Istituto. La preoccupazione va oltre le difficoltà che oggi tutta la pubblica amministrazione sta avendo in ordine alla mancanza di personale e alle procedure di reclutamento perchè l’INAIL che un tempo aveva una autonomia maggiore, ha impegnato forti capitali nell’informatizzazione e contemporaneamente ha anche ridotto gli organici in ragione dell’informatizzazione che aiutava e aiuta. Il problema è che quando ci sono stati tagli lineari ci sono state delle riduzioni di personale che oggi ci lasciano al lumicino. Gli organici che abbiamo sono sottostimati ed è impossibile mantenere questi livelli. Tra l’altro abbiamo difficoltà da mesi con le procedure informatiche che invece di aiutarci ci rallentano. Il personale è stressato, da una parte dall’utenza che chiede servizi e dall’altra dalle procedure che non vanno. Chiediamo che ci sia una rivisitazione in termini effettivi del fabbisogno”. Ha poi aggiunto “Rischiamo di non garantire più i servizi. Già oggi abbiamo difficoltà a farlo. Ci battiamo soprattutto per la funzione sociale dell’Istituto che vediamo in crisi e anche per la salute dei lavoratori che oggi stanno soffrendo tantissimo. Abbiamo bisogno di Assistenti Sociali, non ne abbiamo più uno per ogni sede e provincia. Non abbiamo psicologi per quei familiari colpiti da un lutto. Ci mancano avvocati. Ci fanno acquistare ospedali, caserme e non riusciamo a gestirli perchè non abbiamo architetti e ingegneri. Non si fa più un progetto di ristrutturazione. La Sede di Aosta non ha un medico, in quella di Massa Carrara le pratiche sono giacenti e non riusciamo dare risposte all’utenza. Credo che qualcuno debba prendersi la responsabilità” e sui medici ha detto “Siccome al Servizio Sanitario Nazionale guadagnano di più stanno facendo dei concorsi per andare altrove. Non li abbiamo e rischiamo di perdere quelli che abbiamo. Credo che qualcuno debba intervenire, noi stiamo gridando alla politica a chi deve operare con le modifiche legislative con le risorse che bisogna mettere a disposizione. Tra l’altro l’INAIL ha enormi risorse che sono infruttifere presso la Tesoreria dello Stato oppure viene obbligato a investire in caserme e ospedali e non può avere il personale adeguato per gestire anche questo filone. E’ un dramma”. In ultimo ha parlato anche Gabriele Norcia dirigente medico Anmi “Da molti mesi i lavoratori dell’Inail sono in agitazione, questo perchè è evidente che il futuro di questo importantissimo Istituto, che garantisce una parte fondamentale del Paese è a rischio perchè stiamo vivendo una pericolosa crisi degli organici. L’Istituto come tutte le altre pubbliche amministrazioni fa fatica a reclutare personale, generico, specializzato e altamente specializzato nelle aree sanitarie come in tutte le altre funzioni. Ha difficoltà a reclutare perchè la Pubblica Amministrazione vive una crisi generale, ma in particolare il nostro Istituto come gli Enti previdenziali non economici fa fatica a garantire delle condizioni adeguate a chi vi lavora. In assenza di reclutamento non siamo in grado di garantire le prestazioni all’utenza. Alcune importanti realtà provinciali dalla Valle d’Aosta, al Veneto alla Lombardia, al Meridione cominciano a non essere in grado di rispondere alle richieste dell’utenza. Sappiamo che l’utenza Inail è di lavoratori che hanno gravi problemi di salute legati al lavoro che hanno svolto e che hanno bisogno di prestazioni socio-sanitarie e mediche fondamentali. Questo non è più garantito. I lavoratori hanno segnalato questa gravissima criticità al nostro management. La risposta è stata molto ambigua. E’ in elaborazione nell’Esecutivo un Disegno di Legge che dovrebbe implementare gli organici però in misura assolutamente non sufficiente e in cambio di un aumento delle prestazioni. Quindi l’allargamento della platea degli assicurati, la sorveglianza sanitaria delle colf e delle badanti. Tutti provvedimenti che sono nella Direzione di un allargamento delle tutele che ci vedono favorevoli ma che necessitano di un supporto concreto e pratico degli organici che sono in grave crisi. E’ come se un paziente in arresto cardiaco fosse rianimato con una defibrillazione e poi gli si chiedesse di fare la Maratona di New York. Un Istituto in queste condizioni non può sobbarcarsi di ulteriori funzioni. La situazione è divenuta critica per cui è veramente il momento di fare qualcosa e per questo abbiamo deciso di proclamare uno sciopero nazionale di tre ore per richiamare l’attenzione del Paese su questi temi. Perchè il rischio è che tra sei mesi, un anno l’Inail ce garantisce questi diritti dei cittadini non sia più in grado di farlo”.(ITALPRESS).
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Dolore alla mano, artrosi e tunnel carpale le cause più frequenti
MILANO (ITALPRESS) – Ventisette ossa più trenta muscoli, innumerevoli legamenti e ben ventimila recettori tattili. Sono i numeri che definiscono ogni singola mano, un organo fondamentale innanzitutto perchè, più di ogni altro, permette di entrare in contatto con il mondo che ci circonda. Nella vita quotidiana moderna si calcola che venga usato solo il 30% della possibilità di movimento delle mani, una possibilità spesso limitata dal dolore. L’artrosi, il tunnel carpale e la tenosinovite stenosante, meglio nota come “dito a scatto”, sono le cause più frequenti del dolore alla mano, un sintomo che può avere un impatto notevole sulla qualità della vita. Nella grande maggioranza dei casi, il dolore appare dopo i cinquant’anni, anche se attività che comportano movimenti ripetitivi e traumi possono anticipare notevolmente la comparsa dei sintomi. Nel caso dell’artrosi a fare male sono proprio le articolazioni delle dita, che appaiono rosse, gonfie e rigide. Quando il problema è il tunnel carpale, invece, il sintomo principale è il formicolio alle dita, unito alla perdita di forza. Questo è uno dei temi affrontati da Luca Vaienti, direttore di Chirurgia Plastica dell’Istituto Ortopedico Galeazzi Sant’Ambrogio di Milano, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Con i nuovi sistemi di accesso diagnostico – ha spiegato Vaienti – queste sindromi vengono conosciute sempre meglio. Un tempo erano generalmente definite artrosi e i pazienti erano sottoposti ad anni di dolore senza che venisse fatta una diagnosi certa”.
Per Vaienti “il paziente può dare un grosso aiuto allo specialista se focalizza il tipo di disturbo che ha” e se riesce a “spiegare esattamente il tipo di sintomatologia”.
In caso di artrosi, “si erode quella componente cartilaginea che evita che l’osso entri in contatto con l’altro capo. Sostanzialmente le artrosi avvengono soprattutto in quelle parti del corpo e in particolare della mano dove l’articolazione è sottoposta a maggior lavoro”.
La sindrome del tunnel carpale “è molto frequente nelle donne, perchè spesso è conseguenza della gravidanza”, ha sottolineato.
“Durante la gravidanza – ha continuato – c’è una ritenzione idrica molto importante e, nel momento in cui i liquidi accumulati nel corpo si riassorbono, nei punti dove ci sono strettoie anatomiche si creano specie di fibrosi. Dopo la gravidanza il canale si stringe e il legamento del polso si ispessisce”. L’intervento viene svolto “attraverso varie metodiche: un tempo si facevano incisioni lunghe, adesso sono mini-accessi mirati, piccole incisioni sulla cute e un lavoro più esteso all’interno. Il concetto è quello di decomprimere il nervo mediano”.
“Il dito a scatto è una tendinite delle dita”, ha detto Vaienti, spiegando che si tratta di “tendiniti abitualmente non importanti ma che continuano. I tendini che corrono dentro i canali creano un attrito con le pareti e piano piano si crea una sorta di strettoia”.
Come ci si può difendere? “Per il tunnel carpale – ha affermato – c’è poco da fare perchè c’è una causa tutto sommato precisa. Per le tendiniti lo stretching delle dita è la prima terapia che i fisioterapisti della mano fanno fare, soprattutto quello in estensione”.
Nel mondo si parla di trapianto della mano. Sono stati compiuti passi in avanti? “Sono stati fatti grandi passi avanti. Ormai – ha spiegato – c’è un numero considerevole di persone trapiantate. C’è stata una fase pionieristica in cui si è cominciato con i mezzi e le conoscenze che c’erano soprattutto dal punto di vista immunologico e del rigetto. Adesso sono controllati meglio, soprattutto il tipo e il numero di pazienti”.
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Donazione degli organi, Geraci Siculo il comune più generoso d’Italia
PALERMO (ITALPRESS) – Geraci Siculo, in provincia di Palermo, è ancora una volta il comune più generoso d’Italia in tema di donazione di organi. Lo certifica l’ultima edizione dell’Indice del Dono, il rapporto realizzato dal Centro nazionale trapianti che analizza i numeri delle dichiarazioni di volontà alla donazione di organi e tessuti registrate nel 2022 all’atto dell’emissione della carta d’identità elettronica nelle anagrafi dei 7.028 Comuni italiani in cui il servizio è attivo. L’Indice è stato pubblicato in vista della 26ma Giornata nazionale della donazione degli organi che si celebra domenica prossima 16 aprile: i valori sono espressi in centesimi e tengono conto di alcuni indicatori come la percentuale dei consensi, quella delle astensioni e il numero dei documenti emessi.
Geraci Siculo ha confermato il primato raggiunto nel 2021 con un indice del dono di 94,58/100, un tasso di consensi del 96,8% e un’astensione al 6,9%: in totale, su 102 CIE emesse, sono stati registrati 92 sì alla donazione, 3 no e 7 astenuti. Si tratta in assoluto del miglior risultato tra tutti i comuni italiani, frutto di una sensibilità scaturita da una vicenda avvenuta nel 2021, alla morte di una bambina geracese di 11 anni, Marta Minutella, i cui genitori avevano voluto simbolicamente firmare il consenso alla donazione degli organi anche se poi il prelievo non era stato possibile per ragioni cliniche. La commozione generata da questa tragedia ha radicato in paese una profonda cultura della donazione.
Ma gli ottimi risultati tra i comuni siciliani non si limitano solo a quello di Geraci. Nella stessa classifica dei piccoli comuni c’è al sesto posto nazionale Marianopoli (CL), con un indice del dono di 87,18/100 e il 100% dei consensi, così come tra i comuni medio-piccoli (5-30mila abitanti) al quarto posto c’è Corleone (PA) con un indice del dono di 82,05/100: anche qui, al netto del 42,9% di astenuti, nessuno ha registrato un no alla donazione nel 2022. Nella stessa classifica nazionale al decimo posto c’è anche Ribera (AG), mentre sempre al decimo posto, ma tra i comuni medio-grandi (30-100mila abitanti) c’è Monreale (PA).
“Geraci Siculo deve essere il lievito che faccia maturre tra i nostri concittadini, che dire Si alla donazione diventi un gesto naturale, un Si alla Vita, che sconfigge la morte – sottolinea Giorgio Battaglia, coordinatore del Centro Regionale Trapianti (nella foto) -. Il dato emerso dall’ultima edizione del rapporto de “L’indice del Dono” mi riempie di orgoglio come siciliano e come Coordinatore del Centro Regionale Trapianti. Il comune virtuoso di Geraci Siculo rappresenta e simboleggia l’anima bella della nostra isola e sono certo che farà da apripista di una nuova geografia che stiamo ridisegnando in Sicilia in tema di donazione e trapianti. Il mio pensiero va a questi giorni della Pasqua appena trascorsi e vorrei usare questa cifra spirituale per dire che a volte la vita può procedere dalla morte e fare risorgere la speranza in chi attende il gesto generoso di un fratello”.
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Tumore alla prostata, mortalità in calo e migliora qualità della vita
MILANO (ITALPRESS) – La prostata è una ghiandola dell’apparato genitale maschile che ha il compito di produrre e immagazzinare il liquido seminale. Si trova sotto la vescica e davanti al retto, dal quale dista pochi millimetri. Il tumore della prostata è il cancro più diffuso nella popolazione maschile in Italia e rappresenta il 18,5% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo. Nonostante l’incidenza elevata, il rischio che la malattia abbia un esito infausto è basso, soprattutto se si interviene in tempo. La prognosi è sempre più incoraggiante: confrontando i dati del 2020 con quelli del 2015, la riduzione del tasso di mortalità è del 15,6%. Uno dei principali fattori di rischio è l’età. Le possibilità di ammalarsi sono scarse prima dei 40 anni ma aumentano notevolmente dopo i 50 anni e ancora di più dopo. Circa due tumori su tre sono diagnosticati in persone con più di 65 anni. Un altro fattore da non trascurare è la familiarità, come in molti tipi di tumore. Il rischio di ammalarsi è pari al doppio per chi ha un parente consanguineo, come il papà o un fratello, con la stessa patologia. Il tumore della prostata è uno dei temi affrontati da Aldo Bocciardi, direttore del reparto di urologia dell’Ospedale Niguarda di Milano, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
“Non è un tumore particolarmente aggressivo, mediamente parlando: la mortalità è scesa notevolmente ma soprattutto è migliorata la qualità di vita”, ha spiegato Bocciardi.
Quali cambiamenti ha portato l’impiego del robot nella chirurgia della prostata? “Il robot ha dato qualcosa di nuovo per tutte le chirurgie – ha detto – ma in particolare per la chirurgia urologica. Non è il futuro ma il presente e ha dato vantaggi in termini di benessere per i pazienti che sono indiscutibili e irrinunciabili”. Tra le altre cose, ha sottolineato, “in termini di salute ha ridotto la lunghezza del ricovero. In particolare sui risultati funzionali dell’intervento per il carcinoma prostatico è stata una rivoluzione perchè si è passati da otto giorni e mezzo in media di ricovero a due giorni”.
Per Bocciardi “la chiave di lettura va vista nella diagnosi precoce. Sulla prevenzione – ha continuato – c’è poco da dire: il cancro della prostata è una malattia asintomatica per cui è fondamentale che si faccia il Psa, l’esame del sangue tutti gli anni”. Per quanto riguarda il valore, “ognuno può avere un suo Psa più o meno basso o alto. Se c’è una crescita costante – ha proseguito – si fa un esame specifico, che è una risonanza magnetica particolare, poi si procede con una biopsia mirata”.
Come cambia la qualità della vita di un sessantenne dopo l’intervento? “Per un sessantenne alcune volte la qualità della vita è migliore”, ha evidenziato. “La qualità di vita – ha aggiunto – per un sessantenne è ottimale. Per esempio un paziente dopo sette giorni dall’intervento è andato al matrimonio della figlia, una cosa che era impensabile venti anni fa”.
Quali miglioramenti potrebbero esserci in futuro nella terapia della prostata? “Una diagnosi più precoce possibile”, ha affermato Bocciardi. “Ci sarà sicuramente – ha aggiunto – un miglioramento della diagnosi istologica e spero in futuro la possibilità di fare terapie focali e quindi localizzare esattamente il tumore all’interno della prostata”.
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