FIRENZE (ITALPRESS) – Si è conclusa il 10 dicembre scorso, Giornata Mondiale dei Diritti Umani, la prima edizione dell’offerta formativa che il Robert F. Kennedy Human Rights Italia, in collaborazione con Amnesty International Italia, Fondazione Lelio e Lisli Basso, Cospe Onlus e ReDu, ha voluto offrire ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado per affrontare l’insegnamento dell’educazione civica, che la Legge 92/2019 ha reso obbligatoria a partire da questo anno scolastico. “CivicAttiva. L’educazione civica a scuola. Storie, valori e volti”, questo il titolo del corso online di 33 ore accreditato al MIUR (Dir. 170/2016) che si è svolto sulle piattaforme Microsoft Teams (per il sincrono) e WeSchool (per l’asincrono), ha affrontato tutte le tematiche indicate dal Ministero dell’Istruzione: la Costituzione Italiana ed il suo rapporto con le carte internazionali, l’educazione ai diritti umani ed allo sviluppo sostenibile, l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il contrasto al discorso d’odio e il ripensare gli ambienti di apprendimento durante l’emergenza Covid-19 e si è concluso con una sessione plenaria a cui ha partecipato, dialogando di impegno civile e Costituzione con più di 500 docenti collegati, anche Neri Marcorè.
E’ stata l’agenzia Ipsos a progettare (e poi a interagire con 502 docenti, praticamente la totalità dei partecipanti attivi al corso che ha visto 1438 iscrizioni iniziali) un questionario anonimo per valutare il livello dell’offerta formativa e comprendere il grado di soddisfazione, ma anche le opinioni sull’importanza dell’insegnamento dell’educazione civica a scuola. I dati mostrano che il Robert F. Kennedy Human Rights Italia e i suoi partner sono riusciti a coinvolgere docenti appartenenti a tutti gli ordini di scuola e provenienti da tutta Italia. Dal campione intervistato, composto da più dell’80% da docenti di ruolo, emerge la consapevolezza dell’importanza dell’insegnamento dell’educazione civica a scuola: il 97% considera questa materia di valore e quasi il 70% sostiene che sia meglio quanto integrata ad altri insegnamenti. Più della metà dei docenti ha dichiarato che il principale motivo di iscriversi al corso sia stata la necessità di imparare metodologie e tecniche per l’insegnamento della materia, mentre quasi tutta la restante metà necessitava di acquisire o approfondire i contenuti di questa. Obiettivi raggiunti, quindi, considerato che il 90% degli intervistati si è detto molto soddisfatto del corso e quasi la totalità ritiene di aver attinto a materiali utili per lo svolgimento della propria professione. Infine, emerge la voglia di continuare ad approfondire le tematiche affrontate in più del 70% degli intervistati, dando largo spazio all’utilizzo dei prodotti multimediali considerati necessari per potenziare l’educazione ai diritti umani da più dell’80%.
L’educazione civica ha bisogno quindi di strumenti e, chiaramente, i prodotti multimediali sono tra i più preziosi in particolare nell’ultimo e difficile anno in cui hanno coadiuvato i docenti nel loro lavoro quotidiano.
“Siamo soddisfatti dei risultati di questa indagine, perchè rafforza in noi la consapevolezza che oggi parlare di educazione civica è un dovere e siamo felici di raccontare questa esperienza proprio nel giorno in cui si celebra l’educazione in tutto il mondo. Sono rimasto colpito dalle parole scelte dai docenti per rispondere alla domanda di Ipsos su come spiegherebbero ai propri studenti il significato di ‘adoperarsi civilmentè: in tantissimi hanno risposto che essere attivi civilmente è avere ben chiari i propri diritti ed i propri doveri, cardini inscindibili della crescita consapevole e responsabile”, ha detto il presidente del Robert F. Kennedy Human Rights Italia, Stefano Lucchini.
“I dati di valutazione del corso mostrano un’altissima soddisfazione da parte dei docenti che vi hanno partecipato. E’ stato davvero un successo e un caso virtuoso di proficua collaborazione tra organizzazioni che si battono per diffondere la cultura dei diritti umani”, sostiene il Presidente Ipsos, Nando Pagnoncelli, che sottolinea: “In un momento storico di grande incertezza, educare le giovani generazioni al tema dei diritti e dei doveri, renderle consapevoli dell’importanza di trovare un equilibrio tra l’io e il noi, tra la dimensione individuale e quella collettiva, resta un pilastro fondamentale dell’istruzione. Pertanto, fornire ai docenti di tutti gli ordini di scuola gli strumenti necessari per condurre al meglio questo nobile compito è fondamentale: il Robert F. Kennedy Human Rights Italia e i suoi partner sono riusciti a rafforzare le competenze professionali dei docenti, un contributo importante alla scuola italiana”.
CivicAttiva proseguirà online fino a maggio 2021 con i moduli aggiuntivi per approfondire le tematiche del corso.
(ITALPRESS).
RFK Italia-Ipsos, oltre 500 insegnanti al corso sull’educazione civica
Psicologi, il 63% dei 14-19enni preferisce la scuola in presenza
ROMA (ITALPRESS) – Oltre 6 ragazzi su 10 fra i 14 e i 19 anni tengono “molto” alla didattica in presenza. Oltre il 54% ne soffre “molto” la mancanza. La scuola è associata a socialità, crescita, confronto, le lezioni a distanza a fatica, stress, noia. Questi i primi risultati dell’indagine portata avanti dal Centro Studi del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi nell’ambito delle attività congiunte con il Ministero dell’Istruzione per dare supporto alle istituzioni scolastiche nel periodo dell’emergenza. L’indagine è stata consegnata alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.
“Ascoltare le opinioni dei giovani, i loro vissuti, è importante. In questo caso i dati dell’indagine ci consegnano uno scenario molto chiaro: la didattica a distanza non attutisce i danni dell’impossibilità di andare a scuola e porta soprattutto stress, noia, fatica”, spiega il presidente del Cnop, David Lazzari. “Della scuola in presenza ai ragazzi piace la socialità, la possibilità di avere un confronto con gli altri e la possibilità di frequentare amici e compagni, che la didattica a distanza non garantisce. Mentre della scuola in presenza i giovani non apprezzano gli orari rigidi, marginale nota positiva della didattica a distanza”, prosegue. A tenere alla scuola in presenza, secondo il report realizzato dal Cnop, sono praticamente tutti i giovani intervistati, con una quota di “molto” davvero alta (63%), mentre ad apprezzare la didattica a distanza sono meno di 4 studenti su 10, e, in ogni caso, con un numero di “molto” decisamente più bassa (12%).
Si registra anche un sensibile calo della “fedeltà” alla partecipazione alle lezioni a distanza. L’86% dei giovani intervistati dichiara infatti di aver seguito tutte le lezioni a distanza durante il lockdown, mentre ora la quota scende al 70%.
“Ringrazio il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi per lo studio realizzato – spiega la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina -. Sono dati che devono farci riflettere e guidare il nostro operato. Uno spaccato di come i nostri ragazzi stanno vivendo questo momento. In questi mesi abbiamo dato alle scuole risorse per promuovere attività di sostegno psicologico per fare fronte a situazioni di insicurezza, stress, ma anche paura e tristezza fra gli studenti e il personale. Porteremo avanti questo tipo di attività, in collaborazione con l’Ordine degli psicologi. Anzi, le rafforzeremo. Non possiamo infatti assolutamente sottovalutare gli aspetti psicologici di questa crisi e che cosa voglia dire, per i nostri giovani, la prolungata mancanza di una socialità sana, come quella che si vive a scuola”.
Il 67% dei ragazzi intervistati afferma di non avere problemi con le dotazioni tecnologiche, gli altri, quelli che manifestano difficoltà, lamentano l’assenza o cattiva qualità della connessione. Quasi tutti i giovani intervistati (il 94% del campione fra chi risponde “molto”, 54%, e chi abbastanza, 40%), in definitiva, sentono la mancanza della scuola in presenza, e il 98% a settembre era felice di poter rientrare in aula. Il sentimento prevalente, in questo momento, tra i giovani italiani, è negativo, e si traduce soprattutto in tristezza, malinconia, paura, rabbia e distacco. I sentimenti positivi sono minoritari.
“Probabilmente, il dato più allarmante è che solo il 2% dei giovani italiani, in questo momento, riferisce di provare gioia o allegria. Un malessere psicologico che deriva dall’isolamento e dalla assenza o carenza delle attività educative ma anche ludiche e sportive”, afferma Lazzari. Sono dati che riscontrano quanto emerso in altre indagini (ad esempio Unicef nel novembre 2020) dove un ragazzo su tre ha chiesto la presenza di reti di ascolto e sostegno psicologico nella scuola.
Questo lungo periodo di lontananza dalla scuola come spazio fisico ha fatto riscoprire la valenza della scuola come “spazio psicologico”, terreno fondamentale per il percorso di crescita dei futuri adulti. “La scuola non è solo trasmissione di informazioni e contenuti ma un luogo di relazioni, di costruzione di socialità, di educazione emotiva. E’ ora fondamentale aiutare le ragazze ed i ragazzi a recuperare e a superare il malessere psicologico che si è creato con azioni efficaci e, al contempo, attrezzarci meglio per il futuro, perchè la scuola possa valorizzarsi come luogo di crescita psicologica per la vita”, conclude il presidente del Cnop.
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Scuola, Azzolina “Il ritorno in classe è un atto di responsabilità”
ROMA (ITALPRESS) – “Oggi il Comitato Tecnico Scientifico si è riunito, su richiesta del Ministero della Salute, per esprimersi sul rientro in classe di studentesse e studenti delle scuole superiori, previsto dal Governo. Ne è emerso un parere molto netto. Il Cts ha ricordato che le scuole hanno un ruolo limitato nella trasmissione del virus. E ribadito – non è la prima volta che lo dice – che l’assenza prolungata da scuola può provocare conseguenze gravi nei ragazzi, per gli apprendimenti e per la sfera emotiva e relazionale”. Lo scrive su Facebook la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.
“Queste valutazioni rappresentano una guida chiara che mi auguro possa garantire a scuole e studenti le certezze di cui hanno bisogno. Il rientro in classe è un atto di responsabilità nei confronti dei nostri giovani”, aggiunge.
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Azzolina “Lavorare uniti per il bene della scuola”
ROMA (ITALPRESS) – “Sono lieta di celebrare un nuovo e importante inizio all’insegna di una proficua collaborazione, al servizio della scuola. Sono certa che ciascuno darà un apporto di massimo livello e che ce la metterà tutta da un punto di vista sia professionale, che umano affinchè al nostro Paese non si assicuri soltanto una Scuola migliore, ma la Scuola migliore: quella che tutto il Paese merita”. Lo ha detto questa mattina la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, in occasione dell’insediamento del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.
“Ci tengo a ricordare – ha aggiunto Azzolina – che le difficoltà e le sfide cui siamo chiamati a rispondere ci rendono più forti se siamo uniti e possono rivelarsi una straordinaria opportunità per diventare più consapevoli su quanto sia necessario fare, al fine di fornire alla scuola italiana basi solide per rinnovarsi ancora e guardare lontano, al futuro. Nel giro di un anno, la scuola ha cambiato pelle e ha risposto a testa alta alle tante e varie sollecitazioni cui è stata sottoposta”.
Nel corso del suo messaggio di augurio di buon lavoro, inoltre, la ministra Azzolina ha sottolineato che, nel nuovo mandato, grazie anche alle recenti designazioni, il CSPI raggiunge, per la prima volta, un’altissima rappresentanza femminile, con una presenza di donne pari a oltre il 66% dei componenti.
Il decreto e gli elenchi dei rappresentanti della componente elettiva e della componente non elettiva insediati oggi sono pubblicati sul sito del Ministero dell’Istruzione.
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Scuola, Miozzo “Si apre se le condizioni esterne sono compatibili”
ROMA (ITALPRESS) – Sulla scuola non è necessario “rischiare, bisogna fare delle cose con intelligenza. Comprendendo che siamo nel pieno di una pandemia, ci sono dei rischi cosiddetti accettabili: a scuola si può andare se le condizioni sono compatibili”. Così a Buongiorno, su Sky TG24, il coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo.
“Trovo molto positivo – ha aggiunto – che il dibattito politico sulla scuola abbia raggiunto livelli di attenzione che raramente in passato aveva. Dopodichè dobbiamo considerare le criticità esistenti. La scuola non è esente da rischi ma si può convivere con il rischio. Dobbiamo valutare area per area se le condizioni esterne alla scuola sono state soddisfatte. Se non si entra nella logica del rischio accettabile la scuola resterà chiusa con la didattica a distanza fino a settembre – ottobre, quando l’immunità di gregge sarà raggiunta”.
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34 mila studenti delle superiori a rischio dispersione scolastica
ROMA (ITALPRESS) – Alla incerta vigilia della ripresa delle scuole, gli adolescenti che vivono e studiano nel nostro Paese tracciano un bilancio dei mesi di didattica a distanza che ha coinvolto oltre due milioni e mezzo di ragazze e ragazzi delle scuole superiori di secondo grado. Un quadro critico quello che emerge dagli studenti che fa suonare un campanello d’allarme sul rischio di dispersione scolastica. Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni (tra questi, un quarto ritiene che siano addirittura più di 3 i ragazzi che non partecipano più alle lezioni). Questi alcuni dei dati emersi dall’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da IPSOS per Save the Children su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni, che sono stati intervistati per comprendere le loro opinioni, stati d’animo e aspettative. Una voce, quella dei ragazzi e delle ragazze che mette in luce il vero impatto, spesso sottovalutato, della chiusura delle scuole e del loro funzionamento a singhiozzo. A partire dal fenomeno delle assenze prolungate che sono, di fatto l’anticamera della dispersione: dai dati raccolti, Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado potrebbero aggiungersi a fine anno ai dispersi della scuola.
Secondo gli adolescenti intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla DAD, vi è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo.
Difficoltà che sembrerebbero avere un duro impatto nella loro preparazione scolastica: più di uno studente su tre (35%) si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un caleidoscopio di sensazioni negative di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che per più di 1 su 5 rimangono un pesante fardello da tenersi dentro, senza condividerlo con nessuno (22%).
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Slitta all’11/1 la riapertura delle scuole superiori,weekend “arancione”
ROMA (ITALPRESS) – Slitta all’11 gennaio la ripresa dell’attività in presenza per il 50 per cento degli studenti delle superiori. E’ quanto prevede il dl approvato dal Consiglio dei ministri, che introduce ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Il testo prevede: per il periodo compreso tra il 7 e il 15 gennaio 2021, il divieto, su tutto il territorio nazionale, di spostarsi tra regioni o province autonome diverse, tranne che per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute. E’ comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, con esclusione degli spostamenti verso le seconde case ubicate in altra regione o provincia autonoma; nei giorni 9 e 10 gennaio 2021, l’applicazione, su tutto il territorio nazionale, delle misure previste per la cosiddetta “zona arancione” (articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020).
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Covid, nelle scuole il 2% dei focolai italiani
ROMA (ITALPRESS) – Nel periodo tra il 31 agosto e il 27 dicembre 2020 sono stati rilevati 3.173 focolai di Covid-19 in ambito scolastico, il 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale. E’ quanto emerge dal rapporto su “Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di SARS-CoV-2: la situazione in Italia”, online sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il documento analizza l’andamento epidemiologico nazionale e regionale dei casi di COVID-19 in età scolare (3-18 anni) nel periodo compreso tra il 24 agosto e il 27 dicembre 2020 e descrive le evidenze attualmente disponibili sull’impatto della chiusura/riapertura della scuola sulla trasmissione di COVID-19 a livello di comunità, anche con una rassegna dei principali studi in merito condotti nel mondo.
La percentuale dei casi in bambini e adolescenti è aumentata dal 21 settembre al 26 ottobre (con un picco del 16% nella settimana dal 12 al 18 ottobre) per poi tornare ai livelli precedenti. Le percentuali di casi in età scolare rispetto al numero dei casi in età non scolare oscillano tra l’8,6% della Valle d’Aosta e il 15,0% della Provincia Autonoma di Bolzano. La maggior parte dei casi in età scolare (40%) si è verificata negli adolescenti di età compresa tra 14 e 18 anni, seguiti dai bambini delle scuole primarie di 6-10 anni (27%), dai ragazzi delle scuole medie di 11-13 anni (23%) e dai bambini delle scuole per l’infanzia di 3-5 anni (10%). La percentuale dei focolai in ambito scolastico, sottolinea il rapporto, si è mantenuta sempre bassa e le scuole non rappresentano i primi tre contesti di trasmissione in Italia, che sono nell’ordine il contesto familiare/domiciliare, sanitario assistenziale e lavorativo.
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