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ANCI: “EDUCAZIONE CITTADINANZA NEI PROGRAMMI SCOLASTICI”

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È partita da Firenze ed è arrivata a Roma la proposta di legge di iniziativa popolare nata per volontà del sindaco Dario Nardella e della sua amministrazione e condivisa da molti sindaci nell’ambito di un lavoro di coordinamento dell’Anci, per introdurre un’ora alla settimana di educazione alla cittadinanza, come disciplina autonoma con propria valutazione, nei curricoli e nei piani di studio di ogni ordine e grado. La proposta di legge è stata portata questa mattina in Corte di Cassazione. Da oggi si avvia così la procedura di raccolta, in tutto il territorio nazionale, delle 50.000 firme necessarie per il deposito ufficiale della legge in Parlamento. La durata della campagna di raccolta è di centottanta giorni (6 mesi).

Ad adempiere all’atto formale oltre al sindaco Nardella, c’erano la vicesindaca e presidente della commissione nazionale scuola di Anci Cristina Giachi e alcuni sindaci e amministratori di varie città italiane. Che hanno voluto così rappresentare il loro sostegno alla proposta di legge di iniziativa popolare nata a Firenze. Della delegazione hanno fatto parte il sindaco di Empoli Brenda Barnini, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, il sindaco di Mantova Mattia Palazzi, il sindaco di Chieti Umberto Di Primio, il sindaco di Valdengo (Biella) Roberto Pella, il sindaco di Cerignale e coordinatore nazionale Anci piccoli Comuni Massimo Castelli, i vicesindaci di Bologna Marilena Pillati e di Gessopalena (Chieti) Mario Zulli e l’assessore alla Cultura del Comune di Casnate con Bernate (Como) Maria Grazia Sassi.

“Come sindaco sento l’urgenza di avere cittadini sempre più consapevoli di vivere una comunità e del fatto che le regole non sono un ostacolo alla libertà, ma uno strumento utile a ciascun individuo per esprimersi pienamente nella società. Il tema dell’educazione è fondamentale per insegnare questo perché altrimenti resta solo la repressione delle condotte incivili, che richiede sempre più energie e risorse – spiega Nardella -. È necessario che le famiglie capiscano, attraverso un voto per la materia, quanta importanza il sistema delle istituzioni riconosce a questo insegnamento, che produce competenze fondamentali perché i cittadini contribuiscano allo sviluppo civico delle città”.

Il presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro, che ha immediatamente fatto sua l’iniziativa del sindaco Nardella, rileva l’opportunità di un’azione coordinata da parte degli amministratori locali. “Noi sindaci – dice Decaro – riteniamo sia necessario rimodulare l’insegnamento dell’educazione civica in una più moderna concezione di educazione alla cittadinanza. Lo scopo è rendere questa attività funzionale a rafforzare il senso di appartenenza a una comunità. Che vuol dire non soltanto rivendicare diritti ma anche essere consapevoli dei propri doveri. Non soltanto conoscere la Costituzione e l’ordinamento dello Stato, ma accorgersi del contributo che ogni cittadino può dare o del danno che può provocare con il proprio personale comportamento. Come amministratori locali per primi registriamo l’acuirsi di certi fenomeni: una crescente noncuranza per i beni di tutti, una consapevolezza insufficiente delle conseguenze che certe proprie azioni, dall’imbrattare un muro a danneggiare una panchina, hanno sulla vivibilità di noi tutti. E appunto da sindaci, avanziamo questa proposta, da squadra che ha dato molte prove di coesione e di unità in nome delle comunità che rappresenta”.

La bozza di legge prevede l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione alla cittadinanza con voto autonomo e, dove non si optasse per l’introduzione di una nuova ora ai quadri orari, comporterà la rimodulazione degli orari delle discipline storico-filosofico-giuridiche.

Gli obiettivi specifici di apprendimento dovranno necessariamente comprendere, nel corso degli anni, lo studio della Costituzione e di elementi di educazione civica, delle Istituzioni dello Stato italiano e dell’Unione europea, dei diritti umani, dell’educazione digitale, dell’educazione ambientale, di elementi fondamentali di diritto e dell’educazione alla legalità.

L’insegnamento potrà essere affidato ai docenti abilitati nelle classi di concorso per l’italiano, la storia, la filosofia, il diritto e l’economia.

La proposta, rivista grazie al contributo del mondo della scuola, affida a una Commissione costituita ad hoc presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca (MIUR), sentito il Comitato scientifico per le indicazioni nazionali, il compito, tra l’altro, di “provvedere alla corretta collocazione della materia in seno ai curriculi e ai piani di studio dei diversi cicli di istruzione, nonché di optare per l’aggiunta di un’ora ai curriculi o per la sua individuazione nell’ambito degli orari di italiano, storia, filosofia, diritto”.

 

ANIEF, PACIFICO “DECRETO PER SALVAGUARDIA PRECARI”

“È la quarta volta quest’anno che scioperiamo e manifestiamo davanti al Miur perché da cinque mesi aspettiamo una risposta da parte della politica, che deve essere chiara, da parte del governo uscente e del Parlamento che si è insediato, sul precariato della scuola, non solo delle 50mila supplenti che insegnano nelle nostre scuole di infanzia e primaria ma anche delle 6mila maestre messe in ruolo con riserva, anche per i docenti abilitati delle scuole medie e superiori”. Lo ha detto il presidente di Anief, Marcello Pacifico, che a Roma, ha partecipato al presidio nazionale davanti al Miur, indetto dai rappresentanti del coordinamento dei docenti diplomati magistrale abilitati, contro il licenziamento dei diplomati magistrale che hanno superato l’anno di prova già assunti a tempo indeterminato.

“Tutti denunciano il licenziamento di 50mila maestre e maestri della scuola italiana dopo la sentenza dell’Adunanza Plenaria – ha spiegato Pacifico – . Si rischia, il prossimo anno, di non avere insegnanti in molte regioni. Si rischia un danno per le famiglie e per la continuità didattica. In tutto questo dobbiamo ricordare che la Buona Scuola, in tre anni, licenzia il personale piuttosto che metterlo in ruolo. Riteniamo – ha concluso Pacifico, prima di essere ricevuto al Ministero – che il governo approvi un decreto legge urgente, confermi nel ruolo gli insegnati che hanno superato l’anno di prova e riapra le graduatorie a tutto il personale abilitato e, dove le graduatorie siano esaurite, estenda il sistema del doppio canale di reclutamento, il sistema delle nomine annuali alle attuali graduatorie di istituto”.

 

MIUR: “NESSUN DIETROFRONT SU SCUOLA-LAVORO”

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“Nessuna deroga o dietro front sull’Alternanza Scuola-Lavoro”. Lo precisa il ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, secondo cui “le interpretazioni secondo le quali la recente circolare esplicativa inviata alle scuole sarebbe la prova della mancata obbligatorietà dell’Alternanza nel percorso scolastico sono destituite di ogni fondamento”.

“La circolare risponde, infatti, ad alcuni quesiti delle stesse istituzioni scolastiche in merito, in particolare, ai prossimi esami di Stato a cui parteciperanno, per la prima volta, studentesse e studenti che hanno completato il primo triennio di Alternanza secondo quanto previsto dalla legge 107 del 2015 – prosegue il Miur -. Proprio quella legge, va ricordato, prevede l’attuazione dei percorsi di Alternanza Scuola-Lavoro per 200 ore nei licei e 400 negli istituti tecnici e professionali negli ultimi tre anni di scuola, con 100 milioni all’anno stanziati per sostenere i percorsi. La partecipazione all’Alternanza non è facoltativa e rientra, come ricordano anche le Linee guida inviate alle scuole dopo l’approvazione della legge 107, nel curricolo del triennio finale della scuola secondaria di secondo grado. La certificazione finale delle competenze viene acquisita negli scrutini intermedi e finali degli ultimi tre anni di studio, concorre alla determinazione del profitto nelle discipline coinvolte nell’esperienza di Alternanza, del voto di condotta e, quindi, del credito scolastico con cui si arriva agli Esami ed è inserita nel curriculum dello studente”.

“Alla legge 107 del 2015 hanno fatto seguito, poi, alcuni decreti attuativi, approvati in modo definitivo nel mese di aprile 2017. Uno di questi, il decreto n. 62, quello sulla valutazione, ha stabilito che, a partire dall’anno scolastico 2018/2019, lo svolgimento delle attività di Alternanza è criterio di ammissione all’esame di Stato – spiega ancora il ministero -. Tutto questo è noto dalla data di approvazione del decreto, dunque dal 2017. E la circolare del 24 aprile non fa che ribadirlo. In attesa che a giugno 2019 vada a regime la nuova regola sull’ammissione agli Esami, già oggi il Consiglio di classe procede alla valutazione degli esiti delle esperienze di Alternanza e della loro ricaduta sugli apprendimenti disciplinari e sul voto di comportamento. E lo fa sulla base della certificazione delle competenze acquisite entro la data dello scrutinio di ammissione all’esame di Stato. Le proposte di voto dei docenti del Consiglio di classe – come ribadisce la circolare – tengono esplicitamente conto di questi esiti. E, secondo quanto ricordato anche nell’Ordinanza relativa agli esami di Stato, la Commissione d’Esame, in sede di predisposizione della terza prova scritta e di organizzazione del colloquio, terrà conto, ai fini dell’accertamento delle conoscenze, abilità e competenze, anche delle eventuali esperienze condotte in Alternanza Scuola-Lavoro, indicate nel documento del Consiglio di classe. Nessuno stop, nessun dietro front sull’Alternanza. Solo norme che vanno a regime secondo le scadenze già note”, conclude il Miur.

(ITALPRESS).

ONORIFICENZA A DOCENTE FERITA DA STUDENTE

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La ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, ha consegnato al MIUR un’onorificenza come Cavaliere dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana” a Franca Di Blasio, insegnante di italiano e storia all’Istituto superiore professionale Majorana-Bachelet di Santa Maria a Vico (Caserta), aggredita con un’arma da taglio da un alunno.

È stata la stessa Fedeli a richiedere al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’onorificenza per Franca Di Blasio, “come forma di riconoscimento per l’impegno e l’amore profusi ogni giorno nella sua professione”.

“Quella di Franca – ha detto la ministra – è un’interpretazione professionale della funzione docente che coglie tutta l’ampiezza del delicato ruolo dell’educatore nella società moderna. La sua reazione e il suo atteggiamento di fronte all’aggressione da parte di uno studente sono stati di grande responsabilità formativa ed educativa. Tutta la comunità scolastica e la società intera devono riconoscere in lei un modello. Abbiamo richiesto per lei al Presidente Mattarella l’onorificenza che le abbiamo consegnato oggi come giusto tributo alla sua professionalità. E come monito per noi tutte e tutti, soprattutto in tempi come quelli che viviamo, in cui, purtroppo, continuano a verificarsi episodi di violenza all’interno della scuola nei confronti delle docenti e dei docenti. Di fronte a questi casi non dobbiamo metterci a pensare a leggi particolari per contrastare l’odio. Le leggi ci sono già: i genitori che aggrediscono i docenti dei propri figli, oltre ad essere dei pessimi genitori, infrangono delle norme e vanno denunciati e perseguiti secondo la legge. Come ci sono anche sanzioni per quelle studentesse e quegli studenti che infrangono le regole o ricorrono alla violenza: la sospensione e, nei casi più gravi, anche la non ammissione allo scrutinio finale. Dobbiamo comunque educare al rispetto e all’assenza di violenza totale nelle relazioni sia dentro la scuola, sia tra adulti. Faccio un vero e proprio appello alle famiglie e alla società tutta: ripartiamo dal rispetto. Non rispettare le docenti e i docenti, non riconoscere il loro valore, significa non rispettare studentesse e studenti, non riconoscere il valore dei nostri giovani”.

“Sono molto onorata di ricevere questa onorificenza. Per prima cosa – ha commentato Franca Di Blasio -, voglio ringraziare lo Stato e le Istituzioni che mi sono state vicine in questo momento difficile della mia vita: il Presidente Mattarella, il Presidente Gentiloni, la Ministra Fedeli, il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Luisa Franzese, la preside della mia scuola, la scuola tutta. Grazie a loro sto superando, piano piano, questo episodio. Sono da poco rientrata nel mio istituto, tra i miei studenti: non è stato facile ovviamente, ma dalle ragazze e dai ragazzi ho avuto una grande accoglienza e l’atmosfera è stata molto familiare. Continuerò a educare i giovani e a insegnare perché credo che la scuola sia motore della civiltà, della nostra democrazia e sono orgogliosa di far parte di questo sistema. Noi docenti siamo portatori di cultura, insegniamo i valori, il confronto, la collaborazione, il rispetto”.

Quello di oggi tra la ministra Fedeli e Franca Di Blasio non è stato il primo incontro al MIUR. Si erano già incontrate lo scorso 5 febbraio, poco dopo il terribile episodio, nello stesso giorno in cui la docente era stata ricevuta dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni. Lo scorso 14 marzo, poi, la Ministra Fedeli ha accolto al Ministero oltre all’insegnante anche le sue studentesse e i suoi studenti della classe quarta A, indirizzo Meccanica e Meccatronica: si trattava del loro primo incontro dopo l’aggressione in classe. Come annunciato oggi al MIUR, Franca Di Blasio da pochi giorni è rientrata in classe e ha ripreso la sua attività.

 

FIRMATO NUOVO CONTRATTO SCUOLA E UNIVERSITÀ

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Siglato in via definitiva all’Aran il contratto del comparto “Istruzione e Università”, che coinvolge 1,2 milioni di dipendenti. La ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, ribadisce la propria soddisfazione “per il traguardo raggiunto, che ci consente di dare il giusto riconoscimento professionale ed economico, dopo oltre 8 anni di attesa, alle donne e agli uomini che lavorano con passione e serietà nel comparto della conoscenza”. Il nuovo contratto “è un primo passo che consente di offrire migliori condizioni alle dipendenti e ai dipendenti, di proseguire nella valorizzazione e nel riconoscimento della professionalità fondamentale delle docenti e dei docenti  mettendo al centro, così, l’interesse delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, delle famiglie e di tutto il Paese. Con il rinnovo abbiamo mantenuto un impegno preciso. Abbiamo segnato una pagina importante. Abbiamo lavorato nel solco dell’intesa siglata il 30 novembre del 2016, andando oltre, convinti come siamo che valorizzare chi opera nei settori della conoscenza significhi impegnarsi per garantire un futuro di qualità alle nostre giovani e ai nostri giovani”.

Sono coinvolti dal rinnovo 1.191.694 di dipendenti, oltre un milione nella sola scuola, 53.000 nelle Università (esclusi le docenti e i docenti universitari), 24.000 negli Enti di ricerca e 9.500 nell’AFAM. Il nuovo contratto si riferisce agli anni 2016, 2017 e 2018. In particolare il comparto e l’area dirigenziale dell’Istruzione e della Ricerca comprendono i dipendenti della Scuola: docenti, educatori, amministrativi, tecnici ed ausiliari; 

dell’AFAM: direttori, docenti, coordinatori, assistenti, coadiutori; dell’Università: dirigenti, elevate professionalità e personale amministrativo; degli Enti pubblici di ricerca: personale amministrativo e tecnico, tecnologi e ricercatori di 21 enti.

A tutti i lavoratori sarà riconosciuto l’aumento stipendiale previsto dall’intesa del 30 novembre 2016 tra Governo e Organizzazioni sindacali, anche grazie alla previsione di un apposito intervento perequativo, che interessa soprattutto le qualifiche iniziali. Il contratto, inoltre, per valorizzare ulteriormente la professionalità delle docenti e dei docenti delle istituzioni scolastiche e dell’AFAM e il fondamentale ruolo che rivestono nella società, assegna loro un ulteriore riconoscimento economico, che consente di giungere a un incremento stipendiale complessivo medio di 96 euro al mese per i docenti delle scuole (gli aumenti vanno da 80,40 euro a 110) e di 105 euro al mese per i docenti dell’AFAM. Più di quanto previsto dall’intesa di novembre. Per gli ATA delle scuole l’incremento medio è di 84,5 euro (si va da un minimo di 80 a 89 euro), per l’università di 82 euro, per ricercatori e tecnologi di 125 euro, per l’area amministrativa della ricerca di 92 euro, per l’ASI di 118 euro. Salvaguardato, per le fasce retributive più basse, il bonus di 80 euro.