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Come richiedere la disoccupazione 2019

Sai che cosa è l’indennità di disoccupazione? E a chi spetta? E, ancora, quanto spetta? Ricostruire in poche parole un tema così importante non è facile, ma abbiamo comunque voluto compiere qualche chiarimento su un argomento sempre all’ordine del giorno, quale – appunto – quello dell’indennità di disoccupazione 2019.

Cerchiamo dunque di fare il punto della situazione, alla luce delle più recenti modifiche normative, con una piccola premessa: quando parliamo di indennità di disoccupazione ci riferiamo ovviamente alla “Nuova assicurazione sociale per l’impiego”, che ha sostituito dal 2015 la “vecchia” Aspi.

Cosa è l’indennità di disoccupazione

L’indennità di disoccupazione è una prestazione economica che è in vigore dal 2015 in sostituzione dell’Aspi, e che viene erogata in favore di tutti quei lavoratori dipendenti che hanno perso involontariamente il proprio posto di lavoro.

A chi spetta la Naspi

L’indennità di disoccupazione 2019 spetta a tutti i lavoratori che avevano un rapporto di lavoro subordinato, e che hanno perso involontariamente l’occupazione. Sono compresi in questo recinto anche gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperative (se hanno un rapporto di lavoro subordinato), il personale artistico (anch’essi, con rapporto di lavoro subordinato) e i dipendenti delle pubbliche amministrazioni a tempo determinato.

Di contro, non spetta l’indennità disoccupazione 2019 ai dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, gli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato, i lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale e i lavoratori titolari di trattamento pensionistico diretto.

Requisiti per l’indennità di disoccupazione 2019

Oltre allo status di lavoratore, quale sopra individuato, per poter avere diritto alla Naspi è necessario il possesso dei 3 seguenti requisiti:

Stato di disoccupazione involontario

La perdita del posto di lavoro deve essere involontaria, nel senso che non deve essere frutto di dimissioni. Può invece essere ammesso il ricorso alla Naspi in caso di risoluzione consensuale, a patto che la risoluzione sia intervenuta nell’ambito della procedura conciliativa presso la Direzione territoriale del lavoro, nell’ipotesi di licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione o in caso  di licenziamento a seguito del rifiuto del lavoratore a proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e/o raggiungibile in media in 80 minuti, o oltre con i mezzi di trasporto pubblici;

Requisito contributivo

Sono necessarie almeno 13 settimane di contribuzione contro la disoccupazione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione. Si considerano utili i contributi previdenziali, i contributi figurativi per maternità obbligatoria, i periodi di lavoro all’estero ove sia prevista la possibilità di totalizzazione e i periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli fino a 8 anni di età, nel limite di cinque giorni lavorativi nell’anno solare;

Requisito lavorativo

Infine, è necessario un periodo di almeno 30 giornate di lavoro effettivo – a prescindere dal minimale contributivo – nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

Come richiedere l’indennità di disoccupazione

La richiesta dell’indennità  di disoccupazione può essere effettuata inoltrando apposita domanda all’Inps, in via telematica, mediante servizi web accessibili tramite PIN sul portale dell’istituto, contact center INPS (risponde al numero 803 164 gratuito da rete fissa o da 06 16 41 64 da rete mobile), o enti di patronato, mediante i servizi telematici che vengono offerti dagli stessi.

Per quanto riguarda i tempi di presentazione della domanda, la richiesta Naspi 2019 deve essere inoltrata entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, del periodo di maternità indennizzato o del periodo di malattia indennizzato, o ancora dalla data di definizione della vertenza sindacale (o notifica della sentenza giudiziaria), dalla fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate o dal trentesimo giorno successivo dalla data di cessazione per licenziamento per giusta causa.

Da quanto spetta l’indennità di disoccupazione

La decorrenza della Naspi comincia dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro (se la domanda viene presentata entro l’ottavo giorno), o dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda (se viene presentata dopo l’ottavo giorno).

Per quanto spetta l’indennità di disoccupazione

La Naspi viene corrisposta ogni mese per un numero di settimane che è pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni.

Quando si perde la Naspi

La  prestazione viene sospesa in caso di rioccupazione con contratto di lavoro dipendente di durata non superiore a 6 mesi, nuova occupazione all’estero con contratto di durata non superiore a sei mesi, omessa comunicazione all’INPS del reddito annuo presunto, entro un mese della nuova attività di lavoro dipendente non superiore a 6 mesi.

A quanto ammonta l’indennità di disoccupazione 2019

La misura della prestazione di disoccupazione è fissata nel 75%  della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni, se questa è pari o inferiore ad un importo stabilito dalla legge e rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice Istat, o nel 75% dell’importo stabilito, oltre al 25% della differenza tra la retribuzione media mensile imponibile e l’importo stabilito, se la retribuzione media mensile imponibile è superiore all’importo stabilito stesso.

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Assegno protestato, cosa fare

Quando si parla di assegno protestato ci riferiamo a un assegno sul quale è stato avviato un procedimento di attestazione del suo mancato pagamento.

In termini più chiari, si va incontro a un assegno protestato quando sul conto corrente di colui che lo ha emesso (traente) non ci sono somme disponibili sufficienti per coprirne l’integrale pagamento. L’assegno è in altri termini “scoperto”, e le conseguenze di ciò mirano soprattutto a tutelare il creditore, “punendo” chi ha emesso l’assegno protestato e gli eventuali giranti. Cerchiamo allora di riassumere tutto quello che dovete sapere sull’assegno protestato, cosa fare e come rimediare!

Quando può essere pagato un assegno

Per poter capire quali siano le conseguenze dell’assegno protestato e cosa fare, iniziamo con il ricordare che l’assegno bancario è pagabile a vista, e può essere presentato per il pagamento nel termine di:

  • 8 giorni, se l’assegno è su piazza, ovvero è pagato nello stesso comune in cui l’assegno è stato emesso;
  • 15 giorni, se l’assegno è fuori piazza, ovvero è pagato in altro comune rispetto a quello di emissione.

Nota bene: il decorso di questi giorni inizia a partire dal giorno indicato nell’assegno bancario, ovvero dalla data d’emissione del titolo.

Cosa succede quando l’assegno è scoperto

Quando si emette un assegno scoperto, l’istituto di credito chiederà al traente l’immediata copertura dei fondi. In caso contrario, comunicherà al presentatore del titolo l’insoluto di prima presentazione, informandolo che l’assegno non ha somme disponibili sufficienti a coprirlo.

Se il traente non provvede entro il termine concesso per ripristinare i fondi, il titolo potrebbe essere protestato: la banca invierà cioè l’assegno a un notaio / ufficiale giudiziario, affinché costui provveda all’iscrizione del protesto nel relativo registro, cui seguirà poi l’iscrizione del debitore nell’elenco dei Protestati CAI, la Centrale di Allarme Interbancaria.

Il protesto rimarrà nel registro informatico fino alla sua cancellazione o, in sua mancanza, per 5 anni dalla data della registrazione. Pertanto, anche nel caso in cui il debitore provveda al suo pagamento dopo il protesto, la traccia del provvedimento rimarrà comunque nel registro informatico dei protesti.

Cancellazione del protesto

Può invece ricorrere alla cancellazione dal registro informatico dei protesti, su specifica richiesta, a condizione che abbia integralmente pagato il proprio debito, non abbia subito un ulteriore protesto e abbia ottenuto un provvedimento di riabilitazione, con ricorso al Presidente del Tribunale della provincia di residenza.

Ancora, nel caso in cui il traente provveda al pagamento oltre il temine di 12 mesi, può domandare alla Camera di Commercio l’annotazione sul registro informatico dei protesti di un’informazione aggiuntiva, consistente – appunto – nell’annotazione “pagato dopo il protesto”.

Una ipotesi diversa è quella in cui il debitore dimostri di aver subito il protesto in modo illegittimo, o a causa di errori formali: in questo caso, previa opportuna dimostrazione, potrà effettivamente ottenere la cancellazione dell’atto.

Ad ogni modo, si tenga conto che l’assegno bancario non pagato per mancanza di provvista non comporta “solamente” il protesto, quanto anche l’applicazione di sanzioni amministrativa pecuniarie, da 516 a 3.098 euro, o da 1.032 a 6.197 euro se l’importo dell’assegno è superiore a 10.329 euro o nel caso di violazioni reiterate.

Sono altresì previste sanzioni amministrative accessorie nell’ipotesi in cui il debitore, entro 60 giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione del titolo, non provveda a pagare l’assegno: interessi al tasso legale, penale del 10% della somma dovuta e non pagata e eventuali spese per il protesto.

Il pagamento potrà alternativamente essere effettuato sia nelle mani del creditore, cioè del portatore del titolo o presso l’istituto di credito (trattario) o ancora presso il pubblico ufficiale che ha levato il protesto. In ogni caso, si dovrà disporre di opportuna quietanza che possa dimostrare univocamente l’avvenuta regolarizzazione.

Cosa fare in caso di assegno protestato

Riassumendo le valutazioni che sopra abbiamo avuto modo di formulare, la cosa migliore che si possa fare in caso di protesto è regolarizzare il titolo scoperto entro 60 giorni dalla data di presentazione del titolo, pagando la penale, gli interessi e le spese di protesto. In questo modo sarà possibile evitare le ulteriori sanzioni che la Prefettura potrebbe infliggere, e le segnalazioni in CAI.

Come abbiamo visto, l’importo dovuto potrà essere versato sia direttamente al portatore del titolo, che alla filiale della propria banca, mediante costituzione di deposito vincolato in favore del creditore: lo svincolo avverrà solamente nel momento in cui il titolo oggetto di mancato pagamento arriverà presso la filiale bancaria in cui è costituito il deposito.

E se non si provvede entro i 60 giorni dalla presentazione del titolo per l’incasso? In questo caso le conseguenze sono più serie, poiché il pagamento tardivo comporterà comunque l’iscrizione del protesto nel relativo registro informatico tenuto dalla Camera di Commercio.

La cancellazione dal registro informatico dei protesti tenuto dalla Camera di Commercio potrà avvenire solo con la riabilitazione, e solo dopo che sia trascorso almeno 1 anno dal protesto, previa formulazione di apposita istanza (tranne l’ipotesi – sopra rammentata – in cui vi siano vizi formali o sostanziali della procedura di protesto).

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