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Richiesta certificato di agibilità

 

L’acquisto di una casa richiede non pochi sacrifici; oltre a significare un grosso investimento, potremmo definirla la spesa più importante nella nostra vita. Se si tratta di un immobile a uso abitativo, sarà nostra premura assicurarci che la nostra casa sia idonea in ogni aspetto. Ogni casa, infatti, per essere abitata, necessita di alcune attestazioni che ne sanciscano l’idoneità. Una delle certificazioni più importanti è il certificato di agibilità

 

Certificato di agibilità, cos’è e a cosa serve

 

E’ un attestato rilasciato dal Comune di residenza che garantisce che lo stabile è sicuro e possiede ogni requisito di vivibilità: l’abitazione deve rispettare una serie di normative e regolamentazioni attinenti, che riguardano soprattutto l’igiene, la sicurezza, la regolamentazione degli impianti installati all’interno della stessa casa. La certificazione viene regolamentata dal Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/01)

In quali casi va richiesto il certificato di agibilità?


-In caso di nuova costruzione; 

-In caso di lavori di ristrutturazione a patto che si tratti di modifiche sostanziali

-In caso si desideri effettuare un ampliamento; 

-In caso si voglia costruire una sopraelevazione; 

-In caso si voglia modificare la destinazione d’uso dello stabile

 

Come richiedere il certificato di agibilità, documentazione necessaria

 

Per ottenere il certificato di agibilità è necessario fare riferimento a due aspetti: come richiederla e la tempistica.

La richiesta va presentata all’ufficio preposto del Comune di locazione ma è bene ricordare che il certificato di agibilità deve essere necessariamente richiesto almeno entro 15 giorni dalla data di ultimazione dei lavori effettuati. Il proprietario o la ditta che ha effettuato i lavori possono fare richiesta in carta bollata e unitamente a questa, vanno presentati altri documenti,  L’iter di richiesta prevede i seguenti documenti

  • – Dichiarazione di conformità inerenti all’accessibilità della struttura;
  • – Dichiarazione di conformità e salubrità degli ambienti;
  • 
- Dichiarazione di conformità e collaudo degli impianti;
  • 
- Ricevuta di accatastamento;

  • – Certificato di collaudo statico, solo se richiesto.


In caso di inadempienza della richiesta di attestazione di agibilità è prevista una sanzione amministrativa inoltre, se il certificato non viene richiesto per i casi in cui è previsto, si rischia di incorrere in una multa che può aggirarsi fino ai 500 euro
Il Comune, a sua discrezione può richiedere un’ispezione che verifichi l’esistenza dei requisiti.

È anche possibile fare richiesta per l’agibilità parziale di una parte di edificio di nuova o vecchia abitazione.

L’addetto al rilascio del certificato è il collaudatore.  A meno che l’immobile non abbia riportato danni strutturali, o vengano rilevate opere abusive, il rilascio del certificato verrà rilasciato senza alcuna opposizione.

Una volta ottenuto il certificato di agibilità, sarà possibile acquisire la propria residenza  e procedere all’attivazone di servizi quali telefono, acqua, luce, gas. Sarà possibile inoltre richiedere un mutuo o affittare lo stabile.

 

Certificato di agibilità revocato

 

Ci sono casi in cui il certificato può essere revocato. Ci si riferisce ai cas in cui la stabilità dello stabile viene compromesso.

In caso di danni strutturali, parziali o integrali provocati per esempio da un terremoto o da un incendio, il certificato viene revocato dai Vigili del Fuoco. Anche di fronte alla presenza di opere abusive, il certificato è revocato e rilasciato solo in seguito ad accertamenti.

NOTA BENE: È bene precisare che le norme vengono aggiornate e modificate periodicamente, pertanto bisognerà fare riferimento alle norme vigenti al momento in cui è avvenuta la richiesta del certificato di agibilità.

 

Estinzione anticipata del prestito

Estinzione anticipata del prestito: quando conviene e a quali penali si va incontro in caso si voglia procedere alla restituzione del capitale residuo in anticipo rispetto alla normale conclusione del piano di rimborso.

Per l’acquisto di un bene che ha un costo piuttosto elevato si può ricorrere a un prestito presso una banca, ufficio postale, o servizi finanziari che si dovrà restituire in un tot di rate stabilite, con i dovuti interessi. Ogni prestito ha delle regole ben precise da rispettare fino alla sua scadenza ma non necessariamente  deve essere estinto fino alla scadenza del contratto. E’possibile infatti, chiedere l’estinzione anticipata del prestito ovvero la restituzione del capitale residuo in anticipo rispetto alla normale conclusione del piano di rimborso. Vediamo nel dettaglio come procedere.

Grazie alle riforme del 2011 sulle finanziarie, vi è una maggiore tutela in caso si voglia estinguere una finanziaria prima della scadenza del contratto. Una delle principali tutele riguarda le eventuali penali da pagare quando si richiede l’estinzione anticipata del credito

 

Quando è possibile richiedere l’estinzione anticipata

 

Da un punto di vista normativo, vi è sempre la possibilità di procedere anticipatamente all’estinzione del debito a patto che si possa disporre della liquidità necessaria per restituire l’importo dovuto all’agenzia di credito.

A quali penali si va incontro in caso di estinzione anticipata del prestito?

L’istituto di credito può o non può richiedere il pagamento di una penale nei seguenti casi:

1) Se il debito residuo è inferiore a 10.000 euro non vi è alcuna penale

2) Se il debito residuo è maggiore di 10.000 euroe manca più di un anno alla scadenza del prestito, la penale massima è dell’1% dell’importo residuo

3) Se il debito residuo è maggiore di 10.000€ e meno di un anno alla scadenza del prestito, la penale massima è dello 0,5% dell’importo residuo.

 

Quando e perché conviene l’estinzione anticipata

 

Prima di dare una risposta, è bene precisare alcuni aspetti che riguardano le caratteristiche del piano di ammortamento impiegato in Italia, noto nel mondo della finanza come “ammortamento alla francese”: questa formula prevede una ripartizione variabile di quota capitale e quota interessi. Questo significa che le prime rate da restituire sono costituite da un’alta percentuale di interessi e poi, man mano che ci si avvicina alla fine del rimborso, la rata diventa composta perlopiù da quota capitale.

Detto ciò, è semplice dedurre che estinguere in anticipo il finanziamento è tanto più conveniente quanto più tempo manca alla conclusione del contratto, dato che la maggior parte degli interessi non è ancora stata rimborsata.

 

Come procedere all’estinzione anticipata del prestito

 

Per prima cosa è bene dare una rilettura al contratto stipulato con la banca così da verificare quanti soldi bisogna ancora restituire alla banca: calcolate l’importo delle rate pagate poi quelle da pagare. Se ve ne  mancano più di 12, come detto nel paragrafo precedente, dovrete pagare una penale pari allo 0,5% su tutta la somma. Fatto ciò, dovrete recarvi presso l’istituto che ha emesso il contrato e compilare la richiesta per l’estinzione anticipata del prestito. In alternativa potete mandare una raccomandata con ricevuta di ritorno.

Se vi restano diversi anni da pagare e l’importo di ogni rata è piuttosto basso, potete scegliere di pagare meno rate con l’importo più alto. In questo modo ridurrete la durata del contratto.

Come cancellare un protesto

Come cancellare un protesto: per cancellare un protesto non basta pagare quanto dovuto, è necessario essere riabilitati dal tribunale competente a seconda della provincia di residenza, vediamo come procedere alla cancellazione del protesto, seguendo le nostre istruzioni passo per passo.

Quando viene emesso un assegno di pagamento, che sia postale o bancario, è bene assicurarsi che l’importo dovuto sia disponibile sul conto corrente, così che il beneficiario dell’assegno possa riscuoterlo tranquillamente al momento dell’emissione.

In caso di mancata copertura, scatta la levata del protesto, con conseguente annotazione del debitore nel “Registro informatico dei protesti“. 

E’ possibile cancellare un protesto?

È possibile ottenere la cancellazione del protesto nei seguenti casi:

  • Cancellazione per erroneità od illegittimità del protesto;
  • Riabilitazione del debitore protestato da parte del Tribunale competente.

 

Come cancellare un protesto, procedura

Dopo aver regolarizzato il pagamento dovuto, il protestato dovrà aspettare almeno un anno dall’ultimo protesto. Se il termine non è ancora trascorso, il tribunale può riservarsi di rigettare la richiesta. Vediamo nel dettaglio come procedere alla cancellazione.

Presentare domanda al Presidente della Camera di Commercio appartenente alla propria provincia di residenza; la domanda dovrà essere accompagnata da un bollo di 14,62€. Bisognerà poi aggiungere 8,00 euro per diritto di segreteria.

Allegare alla domanda il titolo in originale, l’atto di protesto e la quietanza di pagamento che deve indicare sia l’importo originale del debito che gli interessi e le spese. Altri documenti da allegare sono la copia dei documenti d’identità e copia del certificato di residenza storico.

Se il soggetto protestato dovesse avere difficoltà a rintracciare il titolo per effettuare il pagamento, potrà costituire un deposito vincolato con l’esplicita indicazione dello scopo del pagamento del titolo. In questo caso, alla domanda, bisognerà allegare anche un certificato della banca che attesti l’esistenza del deposito vincolato.

Accertata la regolarità e la completezza della documentazione presentata, verrà disposta la cancellazione del nominativo  entro 20 giorni dalla presentazione dell’istanza di cancellazione 

NOTA BENE: se il pagamento del titolo avviene oltre l’anno dalla levata del protesto, non è possibile richiedere la cancellazione dei dati dal Registro Informatico dei Protesti, ma solo l’annotazione dell’avvento pagamento. In questo caso si dovrà allegare all’apposita domanda, anche la documentazione attestante il pagamento e la marca da bollo da 14,62 euro.

 

Cancellazione per illegittimità o erroneità del protesto

In questo caso sarà sufficiente allegare all’apposita domanda di cancellazione, tutta la documentazione che comprovi  l’illegittimità o l’erroneità della levata del protesto.

Cancellazione per riabilitazione

È possibile avere la cancellazione del protesto nel caso in cui il soggetto abbia ottenuto la Riabilitazione dal Presidente del Tribunale ai sensi dell’art. 17 della L. 108/96. Insieme alla domanda di cancellazione si dovrà allegare anche la copia conforme del provvedimento di riabilitazione. La cancellazione avrà esito positivo solo se il soggetto non ha avuto altri protesti.

Se il protesto riguarda una società, la richiesta deve essere sottoscritta dal legale rappresentante. Per eseguire l’iter si hanno massimo 5 anni. In caso di esito negativo si potrà proporre ricorso in Corte d’Appello entro 10 giorni dalla formalizzazione dell’esito negativo.

Come cancellare un protesto dopo 5 anni

Il protesto decade automaticamente per legge dopo 5 anni dalla levata, anche se il titolo non è stato pagato e scompare senza alcun intervento dal registro informatico della camera di commercio.
Questo vuol dire che non sarà necessario incaricare nessuno per la relativa cancellazione, visto che allo scadere del quinto anno il protesto non sarà più visibile sul registro informatico dei protestati della camera di commercio, in pratica sarà come se non fosse mai avvenuto.
 Questa procedura non esime il debitore dal pagare il debito contratto,  il creditore potrà sempre rivendicare il proprio credito in sede giudiziaria.

Come richiedere il permesso di soggiorno

Come richiedere il permesso di soggiorno: chi ha l’obbligo, entro quanto tempo è necessario fare la richiesta, dove recarsi, quanto costa e periodo di validità.

Il permesso di soggiorno è un documento che consente agli stranieri di poter soggiornare in Italia per più di tre mesi, nel rispetto delle leggi vigenti; esso costituisce il presupposto per una richiesta di residenza di medio o lungo periodo nel territorio italiano. Va richiesto al Questore della provincia in cui si intende soggiornare, entro otto giorni dall’ingresso in Italia. 

Tutti gli stranieri hanno l’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno in Italia?

Hanno l’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno solo i cittadini di paesi extraeuropei e gli apolidi, ovvero, coloro che non hanno una nazionalità. Non è necessario per i cittadini europei, che possono entrare nel territorio italiano senza l’obbligo del passaporto o di visto d’ingresso. 

Di quali diritti possono beneficiare gli stranieri con permesso di soggiorno?

Con il permesso di soggiorno, gli stranieri potranno svolgere le attività che sono indicate nel permesso stesso e accedere ai diritti e ai servizi riconosciuti agli stranieri. Avranno diritto al rilascio della carta di identità e del codice fiscale, documenti necessari per poter richiedere l’assistenza sanitaria, aprire un conto corrente bancario, ecc.

 

Permesso di soggiorno, documentazione richiesta

Ecco la documentazione necessaria per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno:

  • – Domanda di richiesta;
  • – Passaporto o  altro documento equipollente, in corso di validità con il relativo visto di ingresso, se richiesto;
  • – Fotocopia di tutte le pagine del documento stesso;
  • – 4 foto  tessera, identiche e recenti;
  • – Contrassegno telematico o marca da bollo da € 16,00;
  • – Documentazione che attesti il motivo di soggiorno: lavoro subordinato, lavoro autonomo, studio, turismo, ecc.
  • – Versamento di un contributo compreso tra € 80 e € 200

Dove si richiede il permesso di soggiorno

La domanda va presentata presso l’Ufficio Immigrazione della Questura che provvederà alla consegna di una copia della richiesta. Sulla copia del documento, potrete osservare diverse informazioni, tra queste non manca la data prevista per il ritiro del permesso di soggiorno definitivo, in quel lasso di tempo, la Questura provvederà a eseguire gli opportuni accertamenti per verificare l’idoneità del rilascio. In alternativa alla questura, la richiesta potrà essere consegnata tremite gli uffici postali.

La domanda deve essere firmata dall’interessato; al momento della presentazione sarà chiesto un documento di riconoscimento. 

Permesso di soggiorno, periodo di validità 
La validità del permesso di soggiorno è la stessa del visto d’ingresso:

  • fino a sei mesi per lavoro stagionale e fino a nove mesi per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione;
  • fino ad un anno, per la frequenza di un corso per studio o formazione professionale ovviamente documentato;
  • fino a due anni per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari.

Kit per il permesso di soggiorno

Il kit di Poste italiane è una valida alternativa alla procedura vista in alto, i costi per la richiesta e il rilascio sono inferiori.

E’ possibile richiedere il permesso di Soggiorno sfruttando la convenzione tra il Ministero dell’Interno e Poste Italiane. In questo contesto, il cittadino straniero dovrà presentare l’istanza presso l’Ufficio Postale, questa volta la richiesta va presentata sfruttando un apposito Kit a banda gialla che può essere ritirato gratuitamente sempre all’ufficio postale di riferimento. Una volta compilato il kit, il cittadino straniero dovrà sostenere la spesa di richiesta pari a 30 euro.

Il pagamento dovrà essere sostenuto mediante appositi bollettini di c/c postale premarcati. Anche i bollettini potranno essere ritirati presso gli uffici postali. Con procedure similari, presso gli Uffici Postali di Poste Italiane sarà possibile richiedere, oltre il rilascio della carta di soggiorno, anche:

  • – il rinnovo della carta di soggiorno
  • – aggiornamento e modifica del permesso di soggiorno in caso di cambio domicilio, variazione dello stato civile, inserimento di figli o cambio passaporto
  • – conversione della carta di soggiorno
  • – richiesta di un duplicato della carta di soggiorno
  • – rilascio del permesso di soggiorno.

 

 

 

Vietato fumare in condominio

Fumo di sigaretta in condominio: è vietato fumare in condominio? Tutte le informazioni su come esercitare il divieto di fumare in condominio e quando, invece, non vale questa regola. 

Lo sappiamo tutti: nei locali pubblici e nei posti chiusi come un cinema o un ristorante, è vietato fumare. L’utente può fumare negli spazi aperti come giardinette e spiagge pubbliche a patto di smaltire correttamente la cicca di sigaretta, infine, non vi sono vincoli in ambito delle quattro mura domestiche: in casa propria, l’utente può fumare anche in presenza di bambini e, sempre restando in ambito delle mura domestiche, è possibile fumare anche in condominio. 

Il discorso cambia per gli spazi in comune con gli altri condomini: il fumatore deve evitare di fumare nelle scale, nel giardino e nel garage in comune. Le aree condominiali sono in comune e ogni abitante può usarle liberamente nel rispetto altrui. Il divieto di fumo nei condomini si applica in tutti gli spazi comuni e nei locali chiusi come androne, scale e ascensore.

Il Ministero della Salute e della sanità ha chiarito che il diviedo di fumo nel condominio è motivato dall’esigenza di garantire la tutela della salute dal fumo passivo, al pari degli ambienti di lavoro. 

L’ascensore così come le scale e l’ingresso del palazzo non possono essere equiparati agli spazi di un’abitazione privata perché frequentati da altri condomini ai quali deve essere garantita la tutela prevista dalla legge.

Preso atto di ciò, è compito dell’Amministratore del Condominio far rispettare questo divieto e esporre, nell’androne dell’immobile, nelle scale e nell’ascensore, l’apposito cartello che prescrive il divieto di fumo. Spetta sempre all’Amministratore di condominio vigilare affinché la prescrizione venga rispettata. 

Se l’amministratore del condominio non fa rispettare il divieto di fumo in condominio, potrebbe risponderne personalmente e accollarsi il pagamento di sanzioni pecuniarie così come disposto dalla legge n. 3 del 16.01.2003. 

I condomini possono vigilare  in partnership con l’Amministratore del Condominio ed eseguire richiami verbali. In caso di inosservanza prolungata della legge, gli stessi condomini possono segnalare i trasgressori allertando le autorità competenti. 

 

Vetato fumare in condominio, balconi e terrazze

 

I condomini possono fumare nella proprietà individuale, cioè negli spazi privati comprese eventuali terrazze e balconate. 

Se il fumo di sigaretta si propaga da un balcone a quello adiacente, il condomino non fumatore non potrà fare nulla per difendersi se non chiudere le finestre della propria abitazione. Il discorso cambia quando a fumare non è un singolo individuo ma un insieme, seppur limitato, di persone. A stabilirlo è la Corte di Cassazione che, interrogata dal proprietario di un primo piano di un condominio, gli ha riconosciuto un risarcimento del danno per l’ammontare di 10 mila euro. In dettaglio, il caso sottoposto alla Corte di Cassazione che si è chiuso con la sentenza n. 7875 del 2009, riguardava il proprietario di un primo piano situato nell’area soprastante a un bar. I frequentatori del bar posto a piano terra, fumando, danneggiavano per fumo passivo l’utente che abitava al piano soprastante. L’utente non ha dovuto dimostrare alcun problema respiratorio, l’ingente propagazione di fumo di sigaretta è, infatti, un danno risarcibile e per questo che la Corte di Cassazione ha dato ragione alla famiglia dell’inquilino danneggiato per via delle immissioni moleste di fumo di sigarette.

 

Conto termico 2016

Conto termico 2016, come funziona: quali sono gli interventi finanziabili da conto termico 2016, i requisiti e le modalità di accesso. Conviene di più il conto termico o l’ecobonus dello stato? Ecco tutte le informazioni.

Il conto termico esiste già da 3 anni e dal 31 maggio 2016 si è confermato ponendosi agli italiani in una veste aggiornata e di più facile accessibilità. Fino a oggi, chi voleva accedere al conto termico doveva eseguire macchinose pratiche e accumulare una fitta documentazione di richiesta.

Con la versione del Conto Termico 2016, i requisiti d’accesso sono stati semplificati, così come la procedura per inviare la richiesta. E’ stato anche ampliato il ventaglio delle tipologie di interventi finanziabili e non mancano interessanti novità per chi intende acquistare stufe a pellet o impianti a pompa di calore. 

Il conto termico 2016 può vantare 900 milioni di euro da destinare al rimborso di determinati interventi. Di questo fondo, 700 milioni di euro sono destinati alla copertura degli interventi tra soggetti privati. 

 

Conto termico 2016, interventi finanziabili

Con la nuova versione del conto termico 2016, gli interventi finanziabili sono, in tutto, 12 e possono essere classificati in due differenti categoria. La prima interessa alla sola Amministrazione Pubblica e la seconda è rivolta ai soggetti privati. I soggetti privati possono sfruttare il conto termico 2016 per incentivare:

  • l’acquisto di impianti di climatizzazione con pompa di calore fino a 2 mila kW. L’impianto per accedere ai benefici previsti dal conto termico dovrà essere installato in sostituzione di un impianto obsoleto.
  • l’acquisto di caldaie ad alta efficienza, stufe a pellet e altre stufe a biomassa (alimentate a legna, cippato, pellet…). Anche in questo caso, l’acquisto di una stufa a pellet o di una caldaia, deve andare a sostituire il vecchio impianto di riscaldamento.
  • l’acquisto e installazione di collettori solari termici. In questo contesto, l’utente può coprire la spesa di un impianto solare termico che copre fino a 2.500 mq di superficie.
  • l’acquisto di scaldaacqua a pompa di calore in sostituzione ai vecchi scaldabagni elettrici.
  • l’acquisto di nuovi sistemi di climatizzazione ibridi che uniscono la tecnologia della condesazione alla pompa di calore. Anche in questo caso l’acquisto è finalizzato alla sostituzione di un impianto pre-esistente e meno efficiente..

 

Conto termico 2016, come funziona

Il conto termico, al contrario del bonus ristrutturazione o dell’eco-bonus, non prevede un’agevolazione erogata in termini di detrazione fiscale, bensì un contributo economico erogato mediante un rimborso di una parte della spesa sostenuta. 

Le quote del rimborso vanno calcolate in base al tipo di intervento e possono variare in base all’efficienza dell’impianto acquistato. Talvolta, per il calcolo del rimborso previsto dal conto termico, oltre alle caratteristiche dell’impianto, si prende in considerazione anche la zona climatica di appartenenza. 

L’incentivo è erogato mediante un rimborso economico con rate annuali che possono essere spalmate, in caso di grandi spese, fino a 5 anni. 

Se il contributo a cui si ha diritto non supera i 5.000 euro, il rimborso sarà evaso in un’unica soluzione con un bonifico bancario che vi sarà accreditato sul vostro conto corrente dopo 90 giorni a partire dall’accettazione della vostra richiesta d’accesso al Conto Termico. 

 

Meglio il Conto termico o l’Ecobonus?

Conto Termico (erogato dal GSE) ed Ecobonus (erogato dallo stato), sono due sistemi di agevolazioni differenti, non cumulabili tra loro. Al momento di un acquisto è importante chiedersi se conviene più accedere a uno o all’altro sistema di incentivazione. 

Diciamo subito che l’Ecobonus è disponibile solo per i contribuenti soggetti a IRPEF o INPAP, quindi non vale per i pensionati, lavoratori in regime forfettario e titolari di partita iva con regime dei minimi. Chi non versa l’IRPEF non ha diritto all’ECOBONUS perché questo incentivo è basato sul sistema dei crediti statali e sulle detrazioni fiscali. 

Il conto termico è disponibile per tutti coloro che sostituiscono un impianto con un sistema a fonte rinnovabile (biomassa, energia solare, pompa di calore, impianto ibrido con condensazione e pompa di calore…). 

L’Ecobonus offre un rimborso in termini di sgravio fiscale che va a coprire il 65% dell’investimento sostenuto. Il Conto Termico può arrivare fino al 65% ma nella realtà dei fatti, il calcolo del rimborso da ottenere, si attesta su valori più bassi perché tarato sull’energia producibile dal nuovo impianto. Il Conto termico è molto più attento a premiare chi punta sull’efficienza quindi potrebbe erogare un rimborso inferiore rispetto all’Ecobonus che prevede un rimborso fisso al 65%. 

 

Aranzulla inserito su Wikipedia… NO cancellato!

Aranzulla inserito su Wikipedia… NO cancellato! Salvatore Aranzulla, divulgatore informatico e ideatore di un blog che da anni “macina” milioni di contatti ogni mese, rispondendo ai dubbi e alle curiosità più diverse del popolo internauta, è stato cancellato da Wikipedia.

La voce enciclopedica, che riassumeva attività e “curriculum” di Aranzulla è stata cancellata dalla comunità italiana di Wikipedia, sollevando non poche polemiche.

 

Aranzulla inserito su Wikipedia non stupiva

Aranzulla inserito su Wikipedia non stupiva certo chi, almeno per una volta, si è affidato alle sue guide per risolvere un problema legato al funzionamento del computer, di un software o della connessione Internet. Per molti, il 26enne esperto informatico siciliano è come il signor Wolf di Tarantino: risolve problemi. Piccoli, forse non insormontabili per gli addetti ai lavori, però li risolve. Ma per i contributor di Wikipedia Italia non è sufficiente: per loro – non è dato sapere quanti – il profilo di Salvatore Aranzulla non può essere inserito su Wikipedia perché non è abbastanza rilevante da meritare un posto all’interno dell’enciclopedia.

 

Aranzulla inserito su Wikipedia perché molto popolare

Aranzulla inserito su Wikipedia… NO cancellato! Eppure è il fondatore di un blog di tutorial informatici che ha fatto “scuola”, le sue guide sono tra le più cliccate e gode di un’indiscutibile popolarità.

Che spiegazione ti sei dato?
– Vorrei partire da qualche numero. Nel mio sito internet fornisco la soluzione a più di 6.500 quesiti e secondo Google Analytics realizzo ogni mese circa 13.000.000 di visite. Complessivamente, la quota di mercato che ho raggiunto nel segmento Computer News è del 40%. Quando è stata avviata la procedura di cancellazione della pagina Aranzulla da Wikipedia ho avuto un attimo di tristezza, ma mi sono subito reso conto che la decisione, tra le righe, era stata già presa e che i pochi utenti partecipanti alla discussione stavano cercando qualche cavillo burocratico per eliminarmi. Ho cercato di intervenire, producendo fonti e materiali che giustificassero il mantenimento della pagina, ma chiunque abbia tentato di esprimere un parere positivo è stato zittito e la discussione ha preso la piega che conosciamo.

 

Proprio su Wikipedia, come tu stesso hai detto, si è acceso un dibattito tra chi è scandalizzato dalla decisione di “Aranzulla inserito su Wikipedia” e chi invece sostiene – riportiamo testualmente – che “Aranzulla è un tema troppo scottante perché non è ben visto dalla maggior parte dei professionisti che si occupano di informatica”. Perché ti vogliono così male?
– Cerco solo di fornire soluzioni ai problemi che l’utente medio ha con la tecnologia: per intenderci, sul mio sito, non verranno mai pubblicati articoli sulla programmazione o su argomenti molto tecnici, perché non sono in linea con il mio pubblico di riferimento. Il mio unico obiettivo è fornire una risposta alle persone che hanno conoscenze medio-basse su questi argomenti. Per questo credo di meritarmi il titolo di “divulgatore informatico”.

 

Aranzulla inserito su Wikipedia: Una petizione

In molti hanno proposto di avviare una petizione per “riabilitare” Aranzulla su Wikipedia.

– Non serve, non essere su Wikipedia per me non ha alcun impatto in termini lavorativi. La mia vicenda, più che altro, ha evidenziato l’aspetto meno trasparente del funzionamento della comunità italiana di Wikipedia, ovvero i criteri di enciclopedicità.

Cioè?
– I problemi che sono emersi sono essenzialmente due. Il carattere obsoleto di alcuni criteri, che non tengono conto di nuovi fenomeni e che quindi lasciano ampi margini alla discrezionalità di chi partecipa alla discussione su Wikipedia, e la tendenza da parte di alcuni utenti a piegare le norme della comunità ai propri umori personali. Solo lavorando su questi due aspetti, la comunità italiana di Wikipedia potrà migliorare.

In compenso, però, su “Nonciclopedia” Aranzulla è inserito ancora
– Spero quantomeno di rimanere lì! E’ stata una delle prime parodie!

Super ammortamento auto 2016

Come funziona il super ammortamento auto 2016? Quali sono i requisiti d’accesso e i benefici per l’acquisto di auto aziendali, auto prese in leasing, auto concesse ai dipendenti e auto acquistate con partita IVA. Per accedere a questa agevolazione fiscale, il titolare di partita IVA può rispettare il regime dei minimi o anche il regime forfettario.

Il maxi ammortamento al 140% è previsto dalle Legge di Stabilità 2016 ed è stato introdotto per stimolare aziende e liberi professionisti a investire. 

 

Super ammortamento auto 2016

Il super ammortamento al 140% può essere sfruttato in modalità diverse in base al tipo di contratto d’acquisto e destinazione dell’auto. I benefici economici sono diversi a seconda che si tratti di auto a deducibilità integrale, auto concesse ai dipendenti, auto acquistate in leasing o auto disponibili nel parco aziendale ma non assegnate. 

 

Super ammortamento auto a deducibilità integrale

Quali sono le auto a deducibilità integrale? 
A questa categoria appartengono i veicoli usati al 100% come beni strumentali, cioè beni mobili finalizzati allo svolgimento dell’attività. Vale a dire le auto degli autonoleggi, l’auto del taxista, l’auto per l’autoscuola o il veicolo per trasporto passeggeri dell’azienda.

La deduzione fiscale, per le auto a deducibilità integrale sarà pari al 140% del costo da ripartire in un arco di tempo previsto per l’ammortamento. In termini di agevolazione sulle imposte, il superammortamento al 140% si traduce in:

  • – Risparmio sulle imposte fino al 18% per i redditi d’impresa più elevati per i contribuenti assoggettati a IRPEF
  • – Risparmio dell’11% dell’aliquota del 27,5% per i contribuenti assoggettati a IRES.

 

Super ammortamento auto concesse in benefit ai dipendenti

Per le auto concesse in benefit ai dipendenti, il super ammortamento è sempre al 140% del costo dell’auto ma con deduzione fiscale limitata al 70% del costo. In termini di agevolazioni fiscali, tale provvedimento si traduce in un risparmio pari al 28% del costo con un’agevolazione IRES pari a circa l’8%.

 

Super ammortamento auto non assegnate

Calcolare il beneficio fiscale per le auto non assegnate è più macchinoso, questo perché le auto non assegnate hanno un limite superiore di deducibilità fiscale. Il limite è pari a 25.823 per le auto destinate agli agenti e 18.076 euro per le altre auto non assegnate. Grazie al super ammortamento, tali limiti sono incrementati del 40%. 

– Se il costo dell’auto è pari o superiore al limite visto in precedenza, il super ammortamento sarà del 40%. 

– Se il costo dell’auto non assegnata supera i limiti visti in precedenza, allora il super ammortamento sarà pari a 7.230 euro con riferimento al limite generale di 18.076 euro e pari a 10.329 euro con riferimento al limite specifico per gli agenti di 25.823 euro.

La deducibilità fiscale del TUIR resta immutata al 20%.

 

Super ammortamento auto in leasing 

Anche per le auto acquistate in leasing è previsto un superammortamento, sia se ad acquistarle è un’azienda, un titolare di partita iva o un titolare di partita iva che rientra nel regime dei minimi o in regime forfettario. In questo contesto si possono configurare differenti tipi di benefici fiscali. Per le auto a deducibilità integrale o quelle comprate in leasing da assegnare come benefit ai dipendenti, il super ammortamento consente di accelerare il recupero dell’agevolazione fiscale in 24 mesi e non nell’arco di tempo previsto dall’ammortamento (che in genere è pari a quattro anni).