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Ristrutturazione bagno e detrazioni fiscali

Ristrutturazione bagno e detrazioni fiscali: info sulle agevolazioni disponibili per chi intende rinnovare il bagno di casa. Detrazioni fiscali al 50% e 65%. 

Chi vuole ristrutturare il bagno può contare sul bonus mobili, bonus ristrutturazione, ecobonus e conto termico. L’ecobonus è riservato a chi, nell’intervento di ristrutturazione, va a migliorare le prestazioni energetiche dell’abitato mentre il conto termico è dedicato a chi decide di sostituire la vecchia caldaia con un impianto più efficiente e a biomasse o per chi intende installare un sistema di collettori solari per la produzione di acqua calda sanitaria, per tutte le informazioni vi rimandiamo all’articolo dedicato al Conto Termico 2016. Vediamo insieme tutti gli interventi di ristrutturazione bagno che possono avvalersi delle detrazioni fiscali.

Innanzitutto chiariamo subito che possono usufruire delle detrazioni fiscali quali bonus mobili, bonus ristrutturazione ed ecobonus, tutti i contribuenti soggetti a IRPEF. Il conto termico è aperto a tutti e l’incentivo è erogato non in forma di detrazione fiscale bensì in forma di incentivo economico con un rimborso effettivo di parte della cifra investita per l’intervento oggetto del beneficio.

 

Ristrutturazione bagno e detrazioni fiscali

Le detrazioni fiscali sono volte a coprire parte della spesa (il 50%) necessaria per gli interventi di manutenzione straordinaria. Va da sé che per gli interventi di manutenzione ordinaria non è possibile accedere al beneficio. Quali sono gli interventi di manutenzione ordinaria che NON possono accedere alle detrazioni fiscali?

  • – Sostituzione dei sanitari
  • – Sostituzione delle piastrelle
  • – Trasformazione della vasca da bagno nel box doccia
  • – Tinteggiatura

Chi vuole ristrutturare il bagno, per accedere alle detrazioni fiscali, deve abbinare a opere di manutenzione ordinaria, lavori di manutenzione straordinaria quali:

  • – Rifacimento dell’impianto idrosanitario
  • 
- Modifiche alla rete idrica di varia entità 

  • – Rifacimento dell’impianto elettrico

  • – Spostamento di tramezze
  • 
- Adeguamento del bagno per le necessità di un disabile

La sostituzione della rubinetteria e dei sanitari (trasformazione della vasca in box doccia, sostituzione del wc, delle piastrelle…) può beneficiare delle detrazioni fiscali se accompagnata da un intervento di manutenzione straordinaria così come elencato sopra. Altri interventi di manutenzione straordinaria che possono accedere alle detrazioni fiscali per ristrutturazione del bagno sono:

  • – sostituzione degli infissi
  • 
- realizzazione di un sistema di ventilazione 

  • – realizzazione di un controsoffitto
  • 
- coibentazione
  • 
- realizzazione di lucernari
  • 
- risanamento delle vecchie murature 

  • – sostituzione della caldaia 

Se in casa, avete deciso di costruire un secondo bagno, qualsiasi tipo di intervento può beneficiare delle detrazioni fiscali al 50%. L’unica condizione per portare in detrazione la spesa per la realizzazione di un secondo bagno, consiste nello sfruttare il perimetro già disponibile dell’abitato, quindi, il secondo bagno non deve prevedere un ampliamento dell’edificio.

 

Arredo bagno e  bonus mobili

Chi effettua interventi di ristrutturazione (manutenzione straordinaria così come descritto in precedenza) può accedere al bonus mobili. 

L’acquisto dei mobili del bagno può contare sul bonus mobili sia se gli interventi di ristrutturazione si sono concentrati in bagno, sia se gli interventi di ristrutturazione hanno coinvolto altre parti dell’edificio (restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia…). Con l’accesso al bonus ristrutturazione è possibile portare in detrazione il 50% di tutte le spese sostenute per l’acquisto di mobili da bagno, letto, divano, tavolo, sedie, lampade…

 

Ristrutturazione bagno: come richiedere le detrazioni

La richiesta d’accesso alle detrazioni fiscali può essere effettuata al momento della dichiarazione dei redditi. E’ necessario pagare l’intervento con metodi tracciabili (carta di credito, carta di debito, bonifico bancario), non sono ammessi pagamenti con assegno o in contanti. Chi paga con il bonifico, nella causale del pagamento dovrà indicare il nome e codice fiscale del contribuente che vuole accedere al bonus e il nome e partita iva della ditta che esegue i lavori di ristrutturazione bagno o del venditore dei complementi d’arredo.

 

Maternità anticipata, richiesta 

Maternità anticipata: a chi spetta, come farne richiesta e tutte le informazioni utili. 

Il congedo per maternità, di norma, viene assegnato verso il settimo o ottavo mese, tuttavia vi sono delle condizioni che consentono alla donna gravida di accedere al congedo in anticipo. 

Gravidanza a rischio, condizioni di lavoro o ambientali potenzialmente dannose, lavori pericolosi, insalubri o faticosi… In questi e in altri casi è possibile fare richiesta di maternità anticipata. Vediamo bene di cosa si tratta e cosa dice la legge.

 

Maternità anticipata, a chi spetta

Il congedo obbligatorio di maternità è riconosciuto dalla legge con gli articoli 16 e 17 del D. Lgs 151/2001, Testo Unico maternità/patenità. Lo stesso testo prende in esame due casi molto diffusi, la proroga della meternità e l’astensione obbligatoria anticipata (maternità in anticipo). 

L’astensione obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi dalla presunta data del parto della lavoratrice se questa è impegnata in lavori rischiosi per donne in condizioni di gravidanza. 

E’ possibile usufruire della maternità anticipata solo a seguito degli accertamenti disposti dalla DPL (Direzione provinciale del lavoro). Il servizio d’ispezione della DPL, in genere, concede la maternità anticipata in queste circostanze:

– in caso di complicazioni della gravidanza o in caso di pre-esistenti patologie che possono essere aggravate dallo stato di gravidanza.

– Quando la donna gravida è impiegata nel trasporto e nel sollevamento di pesi e non può essere spostata ad altre mansioni.

– Quando la donna gravida è impiegata in lavori pericolosi, faticosi e insalubri e non può essere spostata ad altre mansioni.

– Quando le condizioni di lavoro o ambientali sono ritenute pregiudizievoli alla salute della donna o del bambino.

In sostanza, la maternità anticipata spetta a tutte le lavoratrici in gravidanza che svolgono attività agricole (bracciante agricola o similare) e domestiche.

Anche le donne in godimento dell’indennità di disoccupazione, oppure in cassa integrazione o in mobilità possono godere della maternità anticipata ma solo in caso di complicazioni gravi in gravidanza o in presenza di di forme morbose pre-esistenti che possono aggravare lo stato della gravidanza.

 

Maternità anticipata e partita IVA

 

Possono usufruire della maternità anticipata anche le donne titolari di partita IVA o comunque iscritte alla gestione separata Inps. In questo caso, essendo l’attività svolta come libero professionista o ditta individuale (etc…) possono usufruire della maternità anticipata solo nella prima ipotesi (gravidanza a rischio).

 

Maternità anticipata, la richiesta

 

La richiesta della maternità anticipata va fatta solo in caso di gravidanza a rischio perché negli altri casi è la Direzione Provinciale del Lavoro a occuparsene. In caso di gravidanza a rischio la lavoratrice dovrà presentare:

  • la domanda di interdizione anticipata
  • il certificato medico di gravidanza
  • il certificato medico che attesta le gravi complicanze della gravidanza oppure la preesistenza di forme morbose che potrebbero essere aggravate dallo stato di gravidanza
  • altre documentazioni ritenute utili al fine di validare la richiesta

Negli altri casi (lavori pesanti, lavori a rischio, ambienti di lavoro compromettenti…), il datore di lavoro o la lavoratrice possono presentare un’istanza di interdizione, la richiesta dovrà essere analizzata e accorta entro 7 giorni decorrenti dal giorno successivo a quello dell’inoltro della richiesta.

 

Riposo giornaliero per allattamento

 

Oltre alla maternità anticipata, la donna, dopo il parto, può ottenere dei giorni di riposo per allattamento. Questo provvedimento consente alla lavoratrice di astenersi dal lavoro durante il primo anno di vita del neonato con dei permessi particolari: due ore al giorno di permesso se l’orario contrattuale di lavoro è pari o superiore alle sei ore. Se l’orario contrattuale di lavoro è inferiore alle sei ore, il riposo per allattamento è di un’ora. 

 

  Assegni familiari arretrati

Assegni familiari arretrati: requisiti d’accesso, procedura, a chi rivolgersi e fino a quanti anni di arretrati è possibile richiedere.

Gli assegni familiari sono erogati sulla base del nucleo familiare e del reddito generato l’anno precedente a quello della richiesta. La richiesta dell’assegno familiare va effettuata al datore di lavoro che  verserà tale quota sulla busta paga recuperandoli, poi, in secondo momento, dall’INPS che coprirà interamente l’importo.

Non tutti sanno, però, che è possibile richiedere gli assegni familiari arretrati fino al quinto anno di arretrati… Ed è possibile farne richiesta anche in caso di licenziamento, cioè anche se il contribuente non lavora più per quella determinata azienda, potrà rivolgersi all’azienda per ottenere gli arretrati mai richiesti.

Ogni anno, l’INPS emette una circolare in cui fissa i limiti e gli ambiti dei livelli reddituali e i corrispondenti valori mensili per l’accesso agli assegni familiari. Quando si fa richiesta degli arretrati, si dovranno applicare i criteri evidenziati dalle tabelle allegate alle circolari INPS degli anni di riferimento.

Assegni familiari arretrati, a chi spettano

E’ possibile fare richiesta degli assegni familiari arretrati riferiti a un’occupazione (anche pregressa), solo se non è mai stata mossa la medesima richiesta in precedenza. Per accedere agli assegni familiari arretrati bisognerà rispettare tre requisiti specifici:

 

– La richiesta deli arretrati è presa in considerazione solo se fa riferimento ai 5 anni precedenti al mese in cui viene formulata la domanda.

– Il contribuente ha diritto all’assegno familiare arretrato solo qualora abbia sempre versato all’INPS quanto dovuto in termini di contributi. Questo punto non ha alcun problema per i lavoratori dipendenti ma i lavoratori iscritti alla gestione separata (liberi professionisti etc…) devono assicurarsi di non avere arretrati da versare all’INPS.

– Il contribuente può accedere all’assegno familiare arretrato solo se il suo livello di reddito (nel periodo oggetto di richiesta) era compatibile con le fasce economiche previste dall’INPS per quell’anno. Per verificare questo requisito è consigliato consultare le tabelle disponibili sul sito ufficiale dell’INPS.

 

Assegni familiari arretrati, come fare richiesta

La richiesta di riscossione degli assegni familiari arretrati può essere presentata sia al datore di lavoro sia direttamente all’INPS. 

La domanda va fatta compilando il modulo SR16/ANF (si può scaricare anche dal sito internet ufficiale dell’INPS oltre che richiedere presso gli sportelli delle sedi locali o presso i CAF) e allegando i documenti richiesti. In particolare, bisognerà disporre dei seguenti documenti:

 

 

  • documenti attestanti il reddito familiare relativo all’anno di richiesta degli arretrati.
  • Stato di famiglia del periodo di riferimento.
  • Ragione sociale dell’azienda per cui si lavorava nel periodo in questione.

 

 

Se avete dubbi su come compilare il modulo di richiesta, non esitate a rivolgervi ai CAF dove il personale (si spera esperto) potrà assistervi nella domanda e nel reperire la documentazione necessaria.

Nel caso in cui la richiesta fosse effettuata al datore di lavoro, questo potrebbe non riconoscere il vostro diritto; in questo caso il lavoratore si può rivolgere a uno studio legale che faccia valere i suoi diritti. Nel caso in cui, invece, si verificassero resistenze o preclusioni (richiesta respinta), il lavoratore potrà appellarsi alla DPL, Direzione Provinciale del Lavoro o effettuare un ricorso al Giudice di Pace.

 

Cedolare secca sugli affitti

Cedolare secca sugli affitti: come funziona l’imposta sostitutiva, come si calcola e a chi conviene. Vantaggi e svantaggi della cedolare secca affitto.

La cedolare secca è un’imposta sostitutiva unica che deve essere  versata da chi offre un immobile in locazione. E’ stata introdotta dal governo per limitare il fenomeno degli affitti in nero. Si tratta di una tassazione agevolata che a molti conviene, tuttavia non è priva di vincoli e in questa pagina esamineremo tutti i vantaggi e svantaggi.

 

Cedolare secca sugli affitti, che cos’è

La cedolare secca è opzionale e può essere adottata al posto del regime di tassazione ordinario. Si tratta di un’imposta fissa che, appunto, va a sostituire (se il proprietario lo vuole) le tassazioni ordinarie con le aliquote Irpef.

La cedolare secca sugli affitti è stata introdotta nel 2011; si pone come un’imposta agevolata più accessibile per i proprietari che vogliono dare in locazione un immobile. 

 

Cedolare secca sugli affitti, a chi spetta

Come premesso, la cedolare secca ad aliquota fissa sostituisce la tassazione ordinaria sull’affitto di un immobile. In particolare, chi sceglie di pagare la cedolare secca affitto, non dovrà versare:

– L’Irpef ad aliquote progressive 

– Le relative addizionali Irpef 

– L’imposta di registro

– L’imposta di bollo.

 

La cedolare secca può essere applicata agli affitti di immobili a uso abitativo nelle categorie catastali da A1 ad A11, fatta eccezione per la categoria catastale A10 che concerne i contratti d’affitto per uso commerciale (la A10 si riferisce a studi privati e uffici). In altre parole, la cedolare secca si può adottare in caso di contratto di locazione a uso abitativo. La cedolare secca interessa l’affitto delle relative pertinenze qualora fossero date in locazione insieme all’appartamento principale.

 

Chi può accedere alla cedolare secca sugli affitti?

 

  • Tutte le persone fisiche che possiedono un’immobile da dare in locazione a uso abitativo, nelle categorie catastali da A1 ad A9 o A11.
  • Il contratto d’affitto dovrà essere necessariamente a canone libero o canone concordato.
  • Il periodo del contratto d’affitto può andare dal classico 4+4 finanche a periodi inferiori a 30 giorni.
  • Il contratto d’affitto può riferirsi a un immobile o a un solo vano.

 

Chi non può accedere alla cedolare secca sugli affitti?

  • Persone giuridiche
  • Aziende
  • Liberi professionisti
  • Società commerciali

In caso di un immobile in comproprietà, ogni singolo proprietario può scegliere o meno di aderire al regime della cedolare secca a prescindere dalla scelta dell’altro o degli altri proprietari. 

 

Cedolare secca affitto, come funziona

La cedolare secca prevede solo due aliquote:

– Aliquota del 21% per i contratti a canone libero (riferita ai cosiddetti contratti 4+4)

– Aliquota del 15% per i contratti a canone concordato. 

 

Nel 2011, l’aliquota per i contratti a canone concordato ammontava al 19% ma con il decreto IMU del 2013 e il Piano Casa del 2014 ha visto una sostanziale riduzione. 

 

Come registrare un contratto di locazione con cedolare secca

 

Il titolare di un immobile che intende sfruttare il regime di tassazione agevolato della cedolare secca dovrà comunicarlo al suo inquilino mediante una raccomandata con ricevuta di ritorno. Questo passo preliminare è necessario altrimenti non potrà accedere alla cedolare secca.

La richiesta di tassazione agevolata può essere fatta contestualmente alla registrazione del contratto presso l’Agenzia delle Entrate. 

La documentazione da richiedere e compilare per registrare il contratto di locazione, è il modello RLI.

E’ possibile registrare un contratto di locazione con cedolare secca anche online, sfruttando i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, anche qui il modello da compilare sarà RLI online (formato Web). 

Per tutte le informazioni sulla registrazione del contratto d’affitto con cedolare secca vi invitiamo a visitare la pagina Come registrare un contratto di locazione

 

Come calcolare la cedolare secca

Nell’articolo appena citato (come registrare un contratto di locazione) sono riportati degli esempi pratici di calcolo dell’importo da versare con la cedolare secca. 

 

Cedolare secca sugli affitti, conviene?

La cedolare secca, a grandi linee, conviene ma ha un solo svantaggio. Scegliendo di registrare il contratto di locazione con cedolare secca, il proprietario (così come l’affittuario) rinunciano a modificare l’importo del canone mensile concordato per l’intera durata del contratto, è per questo motivo che il locatario dovrà avvisare l’affittuario di aver scelto la cedolare secca come tassazione agevolata. In altre parole, l’affittuario non può chiedere un aumento, incluso l’adeguamento istat.

 

Diritto di prelazione per l’inquilino

Diritto di prelazione in caso di appartamento in affitto: cosa fare se ci sono più inquilini, come funziona e che vantaggi ha l’inquilino.

Il diritto di prelazione spetta all’inquilino nel caso in cui il padrone di casa volesse vendere l’appartamento alla prima scadenza del contratto d’affitto. 

Se il locatore decide di vendere l’appartamento che ha dato in locazione, in caso di regolare contratto d’affitto, dovrà attendere i tempi di scadenza del contratto (per esempio, 4 + 4). Alla prima scadenza del contratto, è l’inquilino che ha il diritto di prelazione sull’acquisto del bene. In altre parole, il padrone di casa dovrà preferire l’inquilino, a parità di condizioni di vendita, rispetto ad altri soggetti interessati all’acquisto.

Il diritto di prelazione è soggetto a diverse condizioni ma in nessun caso, nel contratto d’affitto, può essere specificato che il conduttore rinuncia al diritto di prelazione, ne’ altre clausole che prevedono l’automatica risoluzione del contratto di affitto in caso di vendita dell’immobile oggetto. Se nel contratto d’affitto è inserita una clausola riferita alla rinuncia del diritto di prelazione, sappiate che è nulla! Qualsiasi rinuncia al diritto di prelazione può essere messa per iscritto solo al momento della risoluzione del contratto e della vendita dell’immobile.

Diritto di prelazione all’inquilino, quando spetta

Il diritto di prelazione sull’acquisto dell’immobile in affitto spetta all’inquilino quando:

  • il proprietario intende, alla prima scadenza del contratto, vendere l’immobile a terzi;
  • il conduttore (inquilino) non è proprietario di altri immobili a uso abitativo oltre a quello che usa come abitazione principale.
  • L’inquilino ha diritto di prelazione anche rispetto ai co eredi nel caso di un immobile caduto in comunione ereditaria. 

 

Il diritto di locazione decade quando:

  • L’immobile viene venduto al coniuge del proprietario.
  • L’immobile viene venduto ai familiari del proprietario entro il secondo grado di parentela.

  • Per i trasferimenti non volontari (espropriazioni).

  • Per le donazioni o i trasferimenti a titolo gratuito.

  • Se il proprietario intende vendere in blocco l’intero edificio nel quale sia ubicata l’unità locata, salvo che l’inquilino dimostri che il locatore ha simulato la vendita in blocco solo al fine di eludere il diritto di prelazione.
  • Per atti di trasferimento diversi dalla vendita.
  • 
In caso di vendita dell’immobile a terzi, negli anni successivi alla prima scadenza contrattuale.

 

Diritto di prelazione non rispettato, cosa succede

L’inquilino ha diritto a un risarcimento danni se il proprietario non rispetta il diritto di locazione. Il locatore deve seguire la procedura imposta dalla legge per consentire all’inquilino l’acquisto dell’immobile. Il locatore è punibile anche se comunica un prezzo di vendita superiore a quello concordato con un terzo interessato perché commette un illecito. 

Il conduttore (inquilino) che non ha potuto esercitare il diritto di prelazione, può riscattare la casa nei confronti del nuovo acquirente entro il termine di 6 mesi dalla trascrizione del contratto di vendita stipulato tra il locatore (proprietario) e il terzo (nuovo acquirente). Il “terzo”, cioè il nuovo acquirente non dovrà opporsi e potrà avere rivalse contro il venditore che ha omesso il rispetto del diritto di prelazione a favore dell’inquilino.

Una volta esercitato il riscatto, l’inquilino deve pagare al terzo (nuovo acquirente) il prezzo per l’acquisto della casa entro il termine di 3 mesi. Il prezzo da versare è quello indicato nel contratto d’acquisto, anche se il prezzo indicato nell’atto stipulato tra locatore e il nuovo acquirente è un prezzo simulato.

In caso di più inquilini 

Se ci sono più conduttori nell’immobile oggetto di vendita, il locatore deve comunicare l’intenzione di vendere l’immobile separatamente a ciascun conduttore (la procedura si chiama “prelazione congiunta”). La prelazione, in questo caso, può essere esercitata da tutti gli inquilini o, se qualcuno rinuncia, dagli inquilini rimanenti.

 

Auto cointestata, tutte le informazioni

Auto cointestata: come funziona in caso di passaggio di proprietà, decesso di uno degli intestatari, assicurazione, multe o pignoramento.

Intestare l’auto a due persone è possibile e, talvolta, per l’assicurazione, anche vantaggioso. I problemi potrebbero sorgere in caso di pignoramento ma per quanto riguarda la vendita, il passaggio di proprietà o i casi in cui l’auto è cointestata con un defunto, la procedura da seguire è molto semplice.

Auto cointestata, assicurazione e legge Bersani

Avere un’auto in comproprietà conviene per sfruttare determinate agevolazioni sull’assicurazione RC Auto. Grazie alla Legge Bersani, infatti, i neopatentati possono usufruire della classe di merito di un genitore semplicemente cointestando l’auto tra genitore e figlio. 

Un neopatentato che vuole intestarsi un’auto e stipulare un contratto assicurativo, dovrà partire dalla 14° classe di merito, cioè quella più cara. Se il neopatentato decide di prendere un veicolo in comproprietà con un genitore o un fratello che risulta già assicurato e automobilista esperto, potrà sfruttare la classe di merito del familiare. L’unica condizione per sfruttare questo beneficio è che i due familiari vivano sotto lo stesso tetto.

Auto contestata con un amico o estraneo dal nucleo familiare

 

Chi decide di cointestare l’auto con un amico, dal 2014, ha l’obbligo di segnarlo sul libretto di circolazione del veicolo. Questo obbligo non scatta se il cointestatario dell’auto è un familiare ma se si tratta di un utente esterno al nucleo familiare, bisognerà registrarlo presso la Motorizzazione Civile inserendo il nome del secondo intestatario sul libretto di circolazione dove devono essere presenti entrambi i nomi dei conducenti.

Auto cointestata e passaggio di proprietà

Se intendete vendere un’auto cointestata è necessaria la firma di entrambi gli intestatari. Tuttavia, se uno dei due proprietari è irreperibile (a causa di decesso o semplicemente perché è fuori città), bisognerà eseguire il passaggio di proprietà recandosi al Pubblico Registro Automobilistico.

I documenti che occorrono, oltre ai documenti di riconoscimento dell’intestatario, son il certificato di proprietà o il foglio complementare originale. Con questi documenti sarà possibile ottenere la trascrizione al PRA del proprio veicolo così come prevede l’Art. 2699 del Codice Civile. 

Per la trascrizione, bisognerà presentarsi presso gli uffici dell’ACI e allegare alla pratica una dichiarazione unilaterale di vendita in bollo. In questo documento si certificherà che la vendita (passaggio di proprietà) viene fatta da un proprietario al 50% e da un intestatario al 50% e che la trascrizione avverrà così come previsto dai termini di legge.

Auto cointestata, multa

La multa dovrà essere pagata da chi, nel momento della contravvenzione, guidava la vettura. Se la multa non consiste solo in una sanzione pecuniaria ma anche amministrativa (decurtazione dei punti patente) sarà necessario comunicare alle forze dell’ordine che hanno emesso la multa, i dati dell’automobilista che ha commesso l’infrazione (nome, cognome, luogo e data di nascita, numero di patente). 

Auto cointestata, pignoramento

Il pignoramento di un veicolo non è un’azione di riscossione coattiva molto efficace: il cointestatario non debitore può rapidamente recarsi presso gli uffici del PRA per un passaggio di proprietà e presso la motorizzazione Civile per aggiornare il libretto. In teoria, in caso di pignoramento, gli agenti di riscossione possono pignorare l’intero veicolo e non solo il 50% del cointestatario così come per ogni bene indiviso. 

Il comproprietario non debitore, al momento del pignoramento, realizzerà il 50% del ricavato (in valore economico) della vendita della vettura e potrà rivalersi sul comproprietario debitore per gli eventuali danni di valore subiti. 

 

 

Incassare assegno senza conto corrente

Incassare assegno senza conto corrente, è possibile? Sì, ecco la procedura per incassare un assegno senza avere un conto corrente.

Posso riscuotere un assegno senza conto corrente? La risposta è sì anche se spesso in banca vi dicono il contrario.

Anche chi non dispone di un conto corrente ha diritto di incassare un assegno e quindi prelevare la corrispettiva somma in contanti. La condizione è unica: l’assegno deve avere un valore inferiore ai 3.000 euro perché la legge impone questo come limite di tracciabilità.

Spesso le banca si rifiutano di pagare un assegno circolare all’utente che si reca allo sportello senza disporre di un conto corrente. Eppure la legge stabilisce che l’assegno è un titolo di credito pagabile a vista, cioè, alla banca dovrebbe bastare ritirarlo presso uno sportello contestualmente al controllo dei documenti di chi intende incassarlo.

Sempre stando a ciò che dice la legge, l’addetto allo sportello, può rifiutarsi di pagare un assegno circolare solo se il titolo di credito presenta irregolarità quali:

  • assegno alterato
  • assegno rovinato
  • firma non conforme, al controllo visivo, rispetto a quella del titolare del conto corrente.

L’assegno non può essere liquidato anche nell’ipotesi che questo risulti scoperto. Incassare un assegno scoperto non è affatto facile, al contrario, incassare un assegno circolare senza avere il conto corrente non solo è facile ma anche legalissimo: il corrispettivo danaroso dovrà esservi consegnato a vista! In altre parole, se l’assegno non presenta irregolarità vi basterà mostrarlo allo sportello della banca per ottenere il suo corrispettivo economiche in banconote.

Non sono rari i casi in cui le filiali bancarie rifiutino il pagamento di un assegno al relativo possessore in quanto questo non dispone di conto corrente. In genere, le motivazioni avanzate dalla banca sono vaghe, spesso la anca afferma che l’importo da corrispondere è superiore alla soglia della circolazione dei contanti.

A tal proposito, all’addetto ai lavori in banca, va ricordato che dal primo gennaio 2016 l’importo è stato incrementato passando dalle vecchie 1.000 euro agli attuali 3.000 euro, quindi qualsiasi assegno può essere liquidato purché di valore inferiore ai 3.000 euro.

Come incassare un assegno senza conto 

Per incassare un assegno non trasferibile o circolare, vi basterà recarvi in banca dotati di un documento di riconoscimento. Se dovessero sorgere ulteriori difficoltà d’incasso di altra natura o per assegni superiori ai 3.000 euro, è possibile sfruttare una strategie a costo zero ma più lunga.

Per incassare un assegno non siete obbligati ad aprire un conto corrente per poi chiuderlo dopo aver atteso i tempi di valuta per sostenere tutte le spese del caso. Per incassare un assegno potrebbe bastare l’apertura di un libretto postale. Il libretto postale vi consente di incassare qualsiasi tipo di assegno fatta eccezione per gli stessi assegni postali.

Come procedere? Recatevi presso lo sportello degli uffici postali più vicini a casa vostra, ricordate di portare con voi carta di identità e codice fiscale. Chiedete l’apertura di un libretto di risparmio che è assolutamente gratuito. 

Contestualmente all’apertura versate l’assegno e, una volta attesi i tempi di valuta, provvedete al prelievo. La tempistica è piuttosto lunga, potrebbero essere necessari all’incirca 15 giorni necessari affinché la somma diventi liquidamente disponibile. Una volta attese le tempistiche di valuta, potete prelevare la somma desiderata presso gli sportelli postali oppure sfruttare una carta di libretto che vi sarà rilasciata dalla posta: al momento dell’apertura del libretto l’addetto ai lavori dell’ufficio postale vi chiederà se desiderate una carta per i prelievi, dopo qualche giorno dalla richiesta, a casa, vi sarà notificata la disponibilità di quella carta che dovrete ritirare alla posta mostrando la notifica che avete ricevuto a casa. Insomma, la procedura è un po’ lunga ma vi consentirà di ottenere il pagamento di un assegno senza disporre di conto corrente. 

 

Sollecito pagamento dello stipendio

Sollecito pagamento dello stipendio: fac simile del modello di sollecito per ottenere gli stipendi arretrati dall’azienda per la quale lavorate.

La crisi, purtroppo, ha costretto diverse imprese alla chiusura o alla morosità. Il classico caso è quello del mancato pagamento della busta paga di un onesto lavoratore. In questi casi, il lavoratore può tutelarsi inviando una lettera di diffida per ottenere il pagamento dello stipendio arretrato (o addirittura degli stipendi arretrati nel caso in cui la morosità si è protratta per molto tempo).

Prima di vedere come eseguire il sollecito del pagamento dello stipendio, è importante che vengano rispettate alcune condizioni. Potrebbero incorrere problemi se, pur non avendo ottenuto lo stipendio, avete firmato per quietanza il cedolino di pagamento. Date un’occhiata al cedolino, se vi è stato versato solo un acconto ed è richiesta la firma per “ricevuta e quietanza”, non firmate. Potete apportare la firma se sul cedolino è presente solo la dicitura “per ricevuta”. Se il datore di lavoro esercita pressioni al fine di farvi firmare il cedolino, potete aggiungere in calce, la dicitura “per ricevuta del solo cedolino”.

Se, purtroppo, avete già firmato e non per accettazione ma per quietanza, potete tentare chiedendo l’intervento di testimoni e portando come “prova” il vostro estratto conto per dimostrare che nella realtà dei fatti il pagamento dello stipendio non è mai avvenuto. 

Sollecito pagamento dello stipendio o degli stipendi arretrati

Non vi serva l’auto di un avvocato o del sindacato per eseguire un primo sollecito di pagamento dello stipendio. Il sollecito di pagamento può essere inviato a partire dal quattordicesimo giorno dopo la scadenza del consueto termine di pagamento e varrà per determinare la mora del debitore. 

Su un piano giuridico, il sollecito di pagamento ha lo stesso valore legale sia se è stato sottoscritto dal lavoratore, sia se è stato sottoscritto da un suo rappresentante legale.

Inoltre, in caso di insoluti da parte della vostra azienda, fareste bene a richiedere l’intervento della Direzione Territoriale del Lavoro. Questa scelta non è obbligatoria ma è consigliata (è anche gratuita): si può agire in autonomia inviando all’ufficio della Direzione Territoriale del Lavoro (per mezzo di posta raccomandata con ricevuta di ritorno o con posta elettronica certificata) un’istanza di convocazione della Commissione di conciliazione.

Per scrivere un sollecito di pagamento dello stipendio o degli stipendi arretrati, non bisogna far decorrere il termine di prescrizione (pari a 5 anni). Non sono necessarie grosse competenze legali: dovrete conoscere la sede legale dell’azienda presso cui lavorate, l’indirizzo viene riportato su tutte le buste paga o sul contratto di lavoro che avete firmato all’inizio della vostra carriera. 

Anche in questo caso la lettera di sollecito di pagamento degli arretrati può essere inoltrata con posta elettronica certificata o con posta raccomandata con ricevuta di ritorno.  Chi preferisce può consegnare il sollecito personalmente ma, in tal caso, sarà necessario che il soggetto che la riceva sia autorizzato a ritirare la posta e bisognerà farsi rilasciare una copia della lettera controfirmata per accettazione.

 

Modulo di sollecito di pagamento stipendio

Indicate sulla lettera il mittente e il destinatario, proprio come fareste con la classica corrispondenza. Se non possedete carta intestata, in alto a destrata inserite i dati del destinatario Al Dirigente dell’azienda…”  Come oggetto (si indica al primo rigo della lettera), va inserita la voce sollecito di pagamento dello stipendio.

Non esistono formule predeterminate per scrivere una diffida di pagamento dello stipendio. L’importante è che nella lettera siano presente questi dati:

  • – numero delle mensilità non corrisposte di cui si chiede il pagamento
  • – modalità per il pagamento inserendo gli estremi del conto corrente 
  • – avviso che, qualora in pagamento non dovesse pervenire entro un termine prefissato (di norma sono 10 giorni) si procederà per vie giudiziali richiedendo, quindi, l’intervento del giudice per un pagamento in via coattiva.
  • – Data e frima

Non è necessario indicare l’importo preciso da accreditare. Il sollecito di pagamento dello stipendio è necessario per mettere il mora il debitore facendo scattare il diritto agli interessi. 

 

Modello fac simile di lettera di sollecito di pagamento dello stipendio

La firma non occorre se la lettera è inviata per mezzo di posta elettronica certificata, così come il riferimento sulla “prescrizione” del mancato pagamento non è necessaria se il sollecito è effettuato entro i 5 anni dall’arretrato.

 

Spett.le Società…

Via…

Comune…

Il sottoscritto sig. …, residente in …, codice fiscale …, assunto presso la vostra azienda in data…, con qualifica di …, svolgente funzioni di …, ad oggi non ha ricevuto il pagamento delle mensilità di … per il lavoro prestato presso di Voi. 

La presente lettera è redatta per sollecitarvi al pagamento dell’importo dovuto, entro e non oltre 10 giorni dal suo ricevimento. Con riserva, in difetto di quanto sopra, di ricorrere all’autorità giudiziaria, con ulteriore aggravio di spese e oneri a vostro carico. 

Qualora abbiate già provveduto al pagamento di cui sopra, Vi chiedo di non tenere conto della presente. Diversamente, Vi invito ad effettuare il pagamento secondo le modalità a Voi già note, cioè con accredito sul conto corrente intestato al sottoscritto, alle seguenti coordinate IBAN…

La presente è valevole anche ai fini dell’interruzione della prescrizione.

Data, luogo, firma