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Congedo matrimoniale INPS

Congedo matrimoniale INPS: a chi spetta, come calcolare l’importo dell’assegno e come fare domanda di congedo matrimoniale.

L’INSP, istituto nazionale di previdenza sociale, riconosce una somma di denaro a chi si sposa con rito civile o concordatario. Il congedo matrimoniale INPS spetta ai lavoratori a domicilio, ai marittimi, agli apprendisti, ai disoccupati e lavoratori dipendenti. Vediamo in dettaglio quali sono i requisiti per avere il congedo matrimoniale INPS e come farne richiesta.

Il Congedo matrimoniale INPS consiste in un assegno elargito in occasione del congedo lavorativo di 7 o 8 giorni (a seconda delle categorie contrattuali) riconosciuto per consentire al lavoratore di sposarsi. L’unica condizione per accedere al congedo matrimoniale: entrambi i coniugi devono averne diritto!

L’assegno dell’inps elargito in caso di congedo matrimoniale spetta a diverse categorie professionali, in dettaglio:

  • operai
  • apprendisti
  • lavoratori a domicilio
  • marittimi 
  • dipendenti da industrie
  • artigiani
  • cooperative
  • disoccupati

Il congedo matrimoniale non spetta nel caso in cui uno dei coniugi non rientra in una delle categorie appena elencate. Quindi il congedo matrimoniale non spetta ai liberi professionisti e titolari di partita iva. Ancora, il congedo matrimoniale non spetta a:

  • dipendenti di enti locali e enti statali
  • dipendendi di aziende agricole, commercianti,
  • dipendenti di aziende di credito, assicurazioni o di imprese che non versano il relativo contributo alla Cassa Unica Familiare (CUAF)
  • 
Impiegati e dirigenti di aziende industriali, artigiane, cooperative o della lavorazione del tabacco.

Le categorie di lavoratori che hanno diritto al congedo matrimoniale devono rispettare ulteriori requisiti d’accesso al congedo matrimoniale, i requisiti sono:

  • avere un rapporto di lavoro da almeno una settimana
  • fruire del congedo entro 30 giorni successivi alla celebrazione delle nozze
  • aver detto “sì” con matrimonio civile o concordato

I disoccupati possono ottenere il congedo matrimoniale a patto che riescano a dimostrare di aver avuto un rapporto di lavoro di almeno 15 giorni nei tre mesi precedenti alla data di nozze. Il congedo matrimoniale spetta anche ai lavoratori che non stanno prestando servizio a causa di forma maggiore: sospensione, malattia, richiamo alle armi…

Calcolo assegno INPS congedo matrimoniale

Il congedo matrimoniale consiste in un assegno proporzione all’entità dello stipendio. Non è possibile eseguire un esempio di calcolo generale dell’importo dell’assegno inps di congedo matrimoniale perché gli importi variano in base alla categoria.

  • Per gli operai e gli apprendisti, l’importo dell’assegno equivale a 7 giorni di lavoro stipendiati.
  • Per i lavoratori a domicilio, l’assegno corrisponde a 7 giornate di guadagno medio giornaliero che il lavoratore ha dichiarato fino a quel momento.
  • Per i marittimi, l’importo dell’assegno congedo matrimoniale INPS equivale al salario medio di 8 giorni lavorativi.

Nel calcolo, dovrete detrarre la percentuale a vostro carico che corrisponde al 5,54% sulla retribuzione giornaliera. 

Congedo matrimoniale INPS, come fare domanda

La domanda per sfruttare i giorni di congedo e ottenere l’assegno dall’INPS va presentata dopo il matrimonio e in modalità diversa in base al tipo di lavoro. 

 

In genere la richiesta deve essere fatta a seguito del matrimonio ma entro 60 giorni dalla data delle nozze. Bisognerà quindi allegare il certificato di matrimonio e stato di famiglia oppure una dichiarazione sostitutiva (ma in secondo momento sarà ugualmente necessario presentare il certificato di matrimonio e lo stato di famiglia). I disoccupati, invece, hanno un anno di tempo per poter fare domanda di congedo matrimoniale INPS.

 

Detrazione fiscale per lavori in condominio

Detrazione fiscale condominio: detrazione al 50 o 65 per cento per interventi di ristrutturazione o manutenzione eseguiti in condominio. Procedura d’accesso, vincoli e novità.

Non è necessario eseguire lavori straordinari per accedere alle detrazioni fiscali: la Legge di Stabilità 2016 (legge n. 208 del 28/12/2015) ha chiarito che, mentre le abitazioni singole e unifamiliari possono beneficiare delle detrazioni fiscali solo in caso di ristrutturazione e manutenzione straordinaria, gli interventi in condominio hanno diritto d’accesso alle detrazioni anche in caso di interventi di manutenzione ordinaria.

Interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria


E’ importante capire la differenza tra manutenzione ordinaria e straordinaria.
Gli interventi di ristrutturazione e quindi di manutenzione straordinaria sono quelli che vanno ad apportare delle modifiche alla struttura dell’edificio.

Gli interventi di manutenzione ordinaria sono quelli che puntano al mantenimento del buono stato dell’edificio senza apportare modifiche o miglioramenti. In caso di detrazione fiscale condominio, è possibile accedere allo sgravio per entrambi i tipi d’intervento.

Un esempio pratico?

Chi abita in una casa singola e vuole rifare la copertura del tetto senza eseguire interventi strutturali alla propria abitazione, non può sfruttare il bonus. Al contrario, chi abita in un condominio e vuole effettuare la sostituzione della classica guaina bituminosa, può accedere alla detrazione al 50% anche se non va a intervenire sulla struttura del condominio.

Condominio e credito d’imposta da cedere alla ditta

Per questo 2016 è stata introdotta una novità. I condomini incapienti possono cedere a chi ha eseguito i lavori, la loro quota di credito d’imposta cosicché la ditta che eseguirà i lavori, in base alle quote ottenute, potrà offrire uno sconto per i lavori eseguiti.

Detrazione fiscale per interventi in condominio

Gli interventi di riqualificazione globale dell’edificio, in ambito di applicazione del comma 344, vedono un ammontare massimo di detrazione pari a 100 mila euro. Solo in questo caso il tetto massimo da detrarre è unico e va ripartito per ogni condomino.

Negli altri casi, l’ammontare massimo di detrazione fiscale va a intendersi riferito a ogni unità immobiliare che compone il condominio.

Detrazione fiscale per lavori in condominio: modalità di pagamento, bonifico

Per poter accedere alle detrazioni fiscali, gli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, devono essere pagati con bonifico bancario o postale.

Dato che la detrazione fiscale dovrà essere ripartita tra i vari abitanti del condominio, il bonifico dovrà riportare il codice fiscale di tutte le persone interessate all’agevolazione. Per gli interventi sulle parti in comune del condominio, oltre al codice fiscale del condominio, servirà anche quello dell’amministratore o di altro condominio che effettua il pagamento.

Il bonifico bancario o postale, dovrà essere di tipo “parlante” e nella causale dovrà contenere i seguenti dati.

In caso di intervento eseguito da parte di un certo numero di condomini:

  • codice fiscale di tutti i condomini coinvolti.
  • Partita IVA dell’azienda che esegue i lavori.
  • Riferimento normativa per le detrazioni.

In caso di intervento sulle parti comuni del condominio:

  • codice fiscale del condominio.
  • Codice fiscale dell’amministratore di condominio o di colui che ha seguito i lavori e eseguito il pagamento.
  • Codice fiscale o partita IVA della ditta o azienda che ha seguito i lavori.
  • Riferimento normativa per le detrazioni.

Detrazione fiscale senza amministratore di condominio e assemblea condominiale 
In questa seconda ipotesi si evince che non è necessaria la figura dell’amministratore di condominio per accedere alle detrazione. L’unica regola fondamentale è che tutti i condomini siano favorevoli a eseguire l’intervento e che ne abbiamo espresso il consenso in ambito di assemblea condominiale.

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Parcheggio bici in condominio, cosa dice la legge

Parcheggio bici in condominio: si può parcheggiare la bicicletta nel cortile o in altri spazi in comune del condominio? Ecco cosa dice la legge.

La bicicletta è un mezzo di trasporto pulito sempre più diffuso ma spesso le circostanze non aiutano i ciclisti: mancanza di piste ciclabili, scarsità di rastrelliere e… chi abita in condominio potrebbe avere problemi anche nel parcheggio.

Non sempre è possibile lasciare la bici nel cortile del condominio. Non esiste una normativa o un quadro legislativo ben preciso, a oggi la situazione parcheggio bici in condominio può essere sintetizzata in tre punti:

1) Il cortile è una parte comune dell’edificio condominiale e se nello statuto condominiale non vi sono espliciti divieti, potrebbe essere possibile parcheggiare la bici se questa non ostacola le attività altrui.

2) Il regolamento contrattuale può vietare esplicitamente il parcheggio delle bici negli spazi condominiali. 

3) E’ possibile installare una rastrelliera per biciclette nel cortile del condominio ma solo se durante le riunioni condominiali è stata eseguita regolare proposta con voto di maggioranza. 

Parcheggio bici in condominio, cosa dice la legge

Come premesso, non esiste un quadro normativo di riferimento, infatti la legge di riforma del condominio 220/2012, entrata in vigore a partire dal 2013, non accenna minimamente al problema della gestione dello spazio comune per parcheggiare la bicicletta

Dato che sono numerosi i contenziosi che affrontano tale questione, qualcosa si sta muovendo a livello comunale e regionale. Regioni e Comuni stanno eseguendo modifiche di regolamenti edilizi e d’igiene ma ancora manca una normativa condivisa chiara. L’unico quadro normativo condiviso che possa disciplinare l’uso del cortile in condominio è l’art. 1117 del Codice civile.

Stando all’articolo 1117 del Codice Civile, i cortili, a meno che i titoli non si esprimano diversamente, “sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o posizione di piani di un edificio”, fatta questa premessa, andiamo a citare l’articolo 1102 del Codice Civile che specifica come “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”

Anche il codice civile non afferma la questione e rimanda tutto all’assemblea condominiale. In caso di braccio di ferro tra condomini è possibile richiedere l’intervento dell’Amministrazione locale che dovrebbe esprimersi a favore del ciclista.

Il Comune può intervenire per cercare di risolvere il problema del parcheggio bici nel condominio, questione ignorata sia dalla Legge di riforma del Condominio sia dallo stesso Codice Civile. Il Comune, a seguito di una formale richiesta, può intervenire affinché ogni ciclista possa sistemare e parcheggiare la bicicletta nel cortile condominiale.

Alcune amministrazioni comunali, tra le prime citiamo la città di Torino e Milano, hanno modificato i loro regolamenti edilizi e d’igiene rendendo obbligatori spazi appositi per il ricovero delle biciclette.

Parcheggiare bici in condominio: Milano e Torino

Milano e Torino sono le prime città che hanno autorizzato il parcheggio delle biciclette nei cortili condominiali. Il regolamento della città di Milano recita che “in tutti i cortili esistenti o di nuova edificazione sia consentito il deposito delle biciclette di chi abita o lavoro nei numeri civici collegati al cortile”. Chi viola questa norma e impedisce il parcheggio bici nel cortile del condominio può essere soggetto a sanzioni da 50 a 150 euro. 

La città di Torino precisa che l’amministratore del condominio non può essere in nessun modo ritenuto responsabile in caso di danni o furto alle bici in sosta nel cortile del condominio. Le multi diventano più salate nel territorio del capoluogo piemontese dove si vedono sanzioni comprese tra i 25 e 500 euro.  

 

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Nuova Social Card, arriva la SIA

Nuova social card: si chiama SIA, sostegno per l’inclusione attiva ed è rappresenta la nuova social card per le famiglie in difficoltà economica. In questa pagina vedremo come ottenerla, requisiti necessari e come fare domanda. 

SIA, sostegno per l’inclusione attiva

Il sostegno per l’inclusione attiva è disponibile dal 2 settembre 2016 e consiste in un contributo mensile di 80 euro destinato a ogni componente delle famiglie economicamente svantaggiate. 

Il SIA va a sostituire la vecchia Carta acquisti (Social Card sperimentale) introdotta nel 2014. La nuova social card “SIA” consiste in un aiuto economico pari a 80 euro per ogni componente presente nello stato di famiglia ma vede un importo massimo di 400 euro. L’importo dovuto sarà erogato su una carta prepagata (proprio come la vecchia social card) e potrà essere impiegato per coprire le spese necessarie al mantenimento della famiglia. 

L’importo massimo di 400 euro della nuova social card è riducibile a fronte di altre misure di sostegno al reddito come il bonus bebè maggiorato, diritto all’assegno familiare per tre figli minori e la carta acquisti ordinaria. 

Per preservare il diritto al sussidio economico bisognerà partecipare al progetto di attivazione sociale e lavorativa sviluppato dai Comuni coordinati nei diversi ambiti territoriali di appartenenza. Chi non parteciperà al progetto di “attivazione sociale e lavorativa” rischierà di vedersi revocato il contributo dal proprio Comune di residenza.

Nuova social Card, requisiti della SIA

Il Ministero, in un comunicato ufficiale, ha spiegato che per sfruttare tale beneficio economico, il nucleo familiare del richiedente dovrà aderire a un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa attivato dal Comune in coordinazione a una rete di servizi territoriali quali centri per l’impiego, servizi sanitari, scuole…. Oltre alla partecipazione a tali progetti, il richiedente dovrà rispondere a specifici requisiti quali:

-essere cittadini italiani o comunitari, oppure familiari con diritto di soggiorno o stranieri con permesso di soggiorno a lungo termine.

-Avere residenza in Italia da almeno 2 anni.

-Nello stato di famiglia deve necessariamente esserci un figlio minorenne, un disabile oppure una donna in stato di gravidanza.

-Nessun componente del nucleo familiare deve possedere un autoveicolo immatricolato entro i 12 mesi precedenti alla domanda.

– Nessun componente del nucleo familiare deve aver immatricolato un autoveicolo con cilindrata superiore a 1.300 cc o motocicli di cilindrata superiore a 250 cc entro 3 anni precedenti alla domanda.

– Bisogna disporre di un reddito ISEE non superiore a 3 mila euro.

– Nel nucleo familiare non devono figurare soggetti che percepiscono strumenti di sostegno al reddito per la disoccupazione come Naspi e Asdi.

– Gli appartenenti al nucleo familiare possono percepire altri aiuti economici ma solo per un importo inferiore a 600 euro al mese.

Nuova Social Card, come richiedere la SIA

Chi rispetta i requisiti appena elencati può fare richiesta della SIA presso il proprio Comune di residenza. L’amministrazione locale, entro 15 giorni dalla domanda, trasmetterà documentazione all’INPS che, a sua volta, entro 10 giorni, eseguirà ulteriori controlli e assegnerà un punteggio valutativo del bisogno del richiedente. 

L’INPS assegna un punteggio in centesimi: per ottenere il SIA occorrono almeno 45 punti.

La valutazione eseguita dall’INPS tiene conto dei carichi familiari, della situazione economica, lavorativa e del numero di minori. In genere, l’INPS favorisce nuclei con il maggior numero di figli minorenni, soprattutto di età compresa tra 0 e 3 anni. Nuclei in cui vive un unico genitore o in presenza di soggetti con gravi disabilità. 

 

Prescrizione bollo auto, tutte le info

 

Prescrizione bollo auto: decorrenza dei termini di prescrizione, ricorso, istanza di sospensione della cartella Equitalia e tante informazioni.

Se non avete pagato la tassa automobilistica per diversi anni, potreste vedervi arrivare a casa una cartella di pagamento Equitalia che vi richiede di saldare il vostro debito. In molti casi, però, Equitalia arriva tardi, quando il diritto alla riscossione del bollo auto è ormai caduto in prescrizione. 

Bollo auto, pagamento prescritto dopo quanto tempo?

La prescrizione del bollo auto vede una scadenza più breve rispetto ad altre tasse: il pagamento del bollo auto va prescritto solo dopo 3 anni. 

Il bollo auto non pagato, se in prescrizione, non è più dovuto. La richiesta di pagamento di un bollo auto prescritto e dei suoi arretrati è illegittima se il termine di prescrizione (3 anni) è passato. 

Il bollo auto si prescrive dopo 3 anni ma in questo periodo, non dovrà esservi pervenuto alcun sollecito di pagamento da parte di Equiatlia. Ogni sollecito di pagamento aumenterà i tempi di prescrizione, non solo quelli da parte di Equitalia. Anche se l’Agenzia delle Entrate o la Regione sollecita il contribuente al pagamento, la notifica ha la capacità di interrompere la prescrizione e farla decorrere da capo a partire dal giorno successivo.

La prescrizione non va calcolata dal momento in cui la tassa di possesso è dovuta, ma dal 1° gennaio dell’anno seguente. 

Proprio come il pagamento del bollo auto, anche la cartella esattoriale di Equitalia che richiede di pagare gli arretrati della tassa automobilistica, cade in prescrizione dopo tre anni. 

Pagare il bollo auto in ritardo

Se il bollo auto non è stato prescritto è possibile “ravvedersi” al mancato pagamento del bollo. Il ravvedimento operoso è possibile solo entro un anno di ritardo dal pagamento. Se il ritardo del pagamento si perpetua da più di un anno sarà necessario pagare una multa. Vediamo tutti i dettagli in caso di bollo auto pagato in ritardo:

  • se il bollo auto si paga in ritardo di 14 giorni, il ravvedimento operoso ammonta allo 0,1%. Al 14° giorni di ritardo scatta un ravvedimento del 1,4%.
  • Se il bollo auto si paga dal 15° al 30° giorno, il ravvedimento si riduce a 1/10 e il contribuente dovrà pagare una maggiorazione dell’1,5%.
  • Il bollo auto pagato con un periodo di ritardo compreso tra 30 e 90 giorni vede un ravvedimento dell’1,67%.
  • Dal 90° giorno di ritardo fino a un anno, il ravvedimento è di 3,75%.

Se il ritardo di pagamento bollo auto supera un anno, come premesso, non è possibile sfruttare alcun ravvedimento e bisognerà pagare una multa pari al 30% dell’importo più un interesse dello 0,5% dovuto per ogni 6 mesi di ritardo.

Bollo auto prescritto e cartella Equitalia illegittima 

Se il pagamento del bollo auto è ormai stato prescritto e la cartella notificata da Equitalia è illegittima, potete chiedere un’istanza di sospensione entro 60 giorni dalla notifica della cartella. Con la notifica di sospensione, Equitalia avrà il dovere di rispondervi entro 220 giorni, in questo periodo, la cartella si considera sospesa quindi Equitalia non potrà procedere con il fermo amministrativo ne’ con il pignoramento del bene. Se, dopo 220 giorni, Equitalia non ha risposto alla vostra richiesta di sospensione della Cartella esattoriale, vale la regola del “silenzio assenso”; la mancata risposta equivale all’accettazione del ricorso e la cartella si considera annullata. 

Al contrario, se Equitalia non accetta il ricorso, avrete bisogno di rivolgervi al Giudice. Fate attenzione però: per via cautelativa è sempre bene eseguire i due ricorsi contemporaneamente, sia quello presso il giudice sia presso la stessa equitalia, l’istanza di sospensione non allunga i termini per la proposizione del ricorso giudiziale!

Il ricorso in Commissione Tributaria Provinciale va eseguito entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale. Per somme fino a 3.000 euro, il contribuente può procedere senza la necessità dell’assistenza legale o del commercialista.

Per un approfondimento su come sospendere le cartelle Equitalia per il pagamento dei “bolli auto arretrati” vi invitiamo a leggere la nostra pagina dedicata alla Sospensione delle cartelle Equitalia.

 

Canone Rai per la seconda casa

Canone Rai seconda casa: chi deve pagarlo? Come funziona l’abbonamento Rai per la seconda casa e autocertificazione dell’Agenzia delle Entrate.

Canone rai seconda casa: novità 2016

Canone rai 2016Come saprete quest’anno tante sono state le novità relative al canone rai. A partire da luglio 2016 infatti cambiano le carte in regola e il pagamento del canone rai avverrà tramite la bolletta elettrica.
Tanti sono i dubbi riguardanti il nuovo metodo di pagamento. In questo articolo cercheremo di fornirvi dei chiarimenti riguardanti il pagamento del canone Rai seconda casa.

Abbonamento Rai per seconda casa

Canone rai in bolletta: come funziona con la seconda casa?

Con l’ introduzione del canone rai in bolletta non sono stati pochi i dubbi, le perplessità ed i disguidi. In particolar modo per quanto riguarda i versamenti riguardanti l’abbonamento rai per la seconda casa.
Può accadere infatti che in un nucleo familiare, l’utenza elettrica sia intestata nella prima casa per esempio al marito e nella seconda alla moglie. Anche in questo caso il pagamento è dovuto una sola volta ma è opportuno seguire uno specifico iter indicato dall’Agenzia delle Entrate.

Canone rai seconda casa addebito in bolletta, chiarimenti 

In primis è bene ricordare che il corrispettivo da versare per il canone rai va versato una sola volta per tutti gli apparecchi appartenenti allo stesso contribuente o dai membri appartenenti al medesimo nucleo familiare.
Tra le faq sul sito www.abbonamento.rai.it spicca il seguente quesito al quale è stata fornita una risposta chiarificatrice:

“Ho una seconda casa devo pagare un altro canone tv?”

Risposta:
 “No. Il canone è dovuto una sola volta per tutti gli apparecchi detenuti nei luoghi adibiti a propria residenza o dimora dallo stesso soggetto e dai soggetti appartenenti alla stessa famiglia anagrafica.”

Nel momento in cui vi sono più abitazioni dunque, non è necessario pagare due volte il canone rai.

Canone rai nucleo familiare

Canone rai in bolletta: i controlli dell’Agenzia delle Entrate

Se il contribuente risulta proprietario di più immobili e se le utenze elettriche sono intestate al medesimo soggetto, sarà direttamente l’Agenzia delle Entrate a verificare la situazione evitando di addebitare il canone rai due volte. In questo caso quindi non è necessario compilare alcuna autocertificazione per evitare il versamento del canone rai sulla seconda casa.

Canone rai seconda casa: cosa fare se le utenze sono intestate a persone diverse

Come anticipato, il canone rai va pagato solo per la prima casa. Con l’ addebito del canone nella fattura dell’utenza elettrica tuttavia può capitare (nel momento in cui le utenze sono intestate a due diversi membri familiari) che l’ imposta venga addebitata due volte per lo stesso nucleo familiare. Niente paura! Vi basterà compilare un’ apposito modello (scaricabile alla fine di questa pagina) messo a disposizione dall’ Agenzia delle Entrate per evitare di incorrere in questa problematica.

Canone rai: residenza seconda casa

E’ bene ricordare che nel momento in cui la residenza ufficiale di uno dei partner dovesse risultare nella seconda casa, questi sarà costretto a pagare sua volta un nuovo abbonamento. In questo caso due sono i possibili escamotage:
• fare in modo che entrambi i soggetti risultino residenti nella medesima abitazione.
• dimostrare la non detenzione di apparecchi televisivi compilando la sezione A del modello di autocertificazione.
Vi ricordiamo che le false dichiarazioni sono soggette a sanzioni economiche ( importi fino a 5 volte i canoni non versati) senza contare le sanzioni penali.

Canone rai seconda casa, autocertificazione

Alla fine di questa pagina potrete scaricare la cosiddetta “Dichiarazione sostitutiva unica relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato”.
I contribuenti appartenenti alla medesima famiglia anagrafica ma titolari di utenze elettriche separate, non dovranno far altro che compilare il quadro B del modello in modo da richiedere “il non addebito del canone in alcuna delle utenze elettriche intestate al dichiarante”.
Ovviamente il modello di autocertificazione sarà valido solo se il coniuge titolare della bolletta elettrica della seconda casa, ha la residenza nell’ immobile considerato come abitazione principale (prima casa), (l’autocertificazione non ha valore nel momento in cui la casa al mare per esempio è stata dichiarata come abitazione principale del richiedente).

Canone rai seconda casa comodato

Seconda casa, residenza dei figli. Quando la seconda casa è concessa in comodato ai propri figli, intestatari di bolletta enel e residenti nel secondo immobile, non vige più l’ esenzione dal pagamento del canone rai per la seconda casa. In questo specifico caso dunque i figli sono tenuti comunque a versare l’ imposta sulla detenzione dell’ apparecchio televisive. Se l’immobile è considerato in quanto abitazione principale, il pagamento sarà addebitato con la bolletta elettrica, in caso contrario si dovrà procedere con il pagamento tramite bollettino.

Canone Rai seconda casa affitto

Chi possiede una seconda casa, ma la concede in affitto non è tenuto a versare il canone rai. Saranno gli inquilini residenti a dover versare l’imposta, almeno che questi non risultino già titolari di altra utenza elettrica (e quindi risultino già pagatori dell’imposta per l’ abitazione principale), in questo caso non sono tenuti ad effettuare il versamento.
Fondamentalmente il canone rai è legato alla residenza anagrafica dei contribuenti e alla natura dell’immobile (adibito ad abitazione principale o seconda casa). Se l’immobile è adibito ad abitazione principale è obbligatorio versare l’imposta televisiva (a meno che non si compili un’autocertificazione per il mancato possesso di apparecchi televisivi).

 

Imposta di registro: cos’è e come si calcola

Imposta di registro cos’è e come si calcola. Info e dettagli su come funziona l’imposta di registro atti giudiziari, sulle  aliquote dell’imposta di registro per i contratti di locazione e sul pagamento dell’imposta di registro legata all’acquisto della prima casa.

Imposta di registro: cos’è e come si calcola

L’ imposta di registro rientra nella categoria delle cosiddette imposte indirette. La tassa in pratica riguarda il trasferimento di ricchezza ed è dovuta per la registrazione di tale operazione (attraverso registrazione pubblica o privata). Scopriamo in questo articolo come funziona l’ imposta di registro e come si calcola a seconda dei casi.

Imposta di registro atti giudiziari: come funziona

Per quanto riguarda l’ imposta di registro applicata sugli atti giudiziari è doveroso fare dei chiarimenti. Per legge l’ Agenzia delle Entrate può fare richiesta di pagamento dell’imposta a tutte le parti in causa, al di la dell’esito dell’ udienza. Dunque tutte le parti, agli occhi dello Stato, possono essere soggette al pagamento dell’imposta di registro (e sono tenute  obbligatoriamente a pagarla). Tuttavia nell’ambito delle parti coinvolte vige il principio di soccombenza. In base a tale principio , la parte condannata al versamento delle spese legali, è tenuta anche al pagamento dell’ imposta di registro. In pratica lo Stato può richiedere il versamento dell’ imposta di registro a tutti i soggetti protagonisti degli atti giudiziari, ma successivamente è possibile, sempre previo consulto di un legale, richiedere il rimborso dell’imposta alla parte condannata al pagamento delle spese legali.

Calcolo imposta registro atti giudiziari

Attraverso il servizio online messo a disposizione dal portale dell’ Agenzia delle Entrate (raggiungibile tramite questo link) è possibile accedere al “calcolo degli importi per la tassazione degli atti giudiziari” ed effettuare tutto il calcolo dell’ imposta di registro direttamente online.

Imposta di registro atti giudiziari: come si paga

Tramite il servizio online dell’ Agenzia delle Entrate è possibile generare i codici tributo ed i relativi importi da versare attraverso il modello F/23.

Imposta di registro acquisto prima casa

Anche coloro che acquistano un immobile da adibire a prima casa devono pagare l’imposta di registro. Gli importi dell’ imposta di registro prima casa variano in base all’ entità dell’acquirente (società o privato cittadino).

Imposta di registro calcolo

Come si calcola l’imposta di registro per l’acquisto della prima  casa?

I privati cittadini che acquistano la loro prima casa dovranno versare un imposta di registro la cui aliquota risulta proporzionale, calcolata al 3% rispetto al valore dell’ immobile. Quando ad acquistare un immobile da adibire a prima casa è una società (come ad esempio un’ impresa costruttrice), l’ imposta da versare è l’iva, agevolata al 4% e calcolata sulla base imponibile determinata dal valore dell’ immobile.

Imposta di registro contratti di locazione

Quanto costa l’imposta di registro per registrare un contratto di affitto? La registrazione di un contratto di locazione prevede una serie di contributi da versare, tra questi figura l’ imposta di registro.

Imposta di registro locazione: come funziona e quanto costa

L’imposta di registro da versare per la registrazione dei contratti di locazione, varia in base alla tipologia degli immobili. Per maggiori informazioni: come registrare un contratto d’affitto.

Contratto di locazione: calcolo imposta di registro

Imposta di registro: come si calcola? Fabbricati ad uso abitativo Per i fabbricati ad uso abitativo, l’aliquota dovuta per l’imposta di registro è pari al 2% calcolato sul canone annuo (e moltiplicato per il numero di anni di contratto). Fabbricati strumentali per natura In questo caso l’imposta di registro è uguale: • All’1% del canone annuo, se il contratto di locazione è effettuato da cittadini passivi di iva. • Al 2% calcolato sul canone annuo, per gli altri casi. Fondi rustici In questo caso l’imposta di registro è uguale allo 0.50% del canone annuo moltiplicato per il numero di annualità Altri Immobili L’importo dell’imposta è calcolato sul 2% del corrispettivo annuo moltiplicato per il numero di annualità del contratto. Vi ricordiamo inoltre che il versamento dovuto per il primo anno non può risultare inferiore ad euro 67.

Imposta di bollo per registrare i contratti di locazione

Quando si registra un contratto di locazione, oltre all’imposta di registro, è obbligatorio versare anche un’altra tassa, la cosiddetta imposta di bollo. Il costo di ogni imposta di bollo è di 16 euro ma è bene ricordare che va versata la quota di un imposta ogni 100 righe (dunque per un contratto di 200 righe andranno versate 2 imposte di bollo, quindi il costo raddoppia).

Donazione in denaro: tasse e info

Donazione in denaro: come funziona la donazione in denaro da padre in figlio,  tra fratelli e tra privati. Info sulla donazione in denaro senza atto pubblico e sulle imposte di donazione.

Donazione in denaro: cos’è e come funziona

A livello giuridico regalare denaro significa fare una “donazione”. L’atto di donazione dunque non è altro che il trasferimento di beni a titolo gratuito. Ovviamente il tutto deve essere effettuato seguendo precise disposizioni e ove previsto, pagando determinate imposte.

Donazione in denaro a figli

I genitori possono donare soldi ai figli? Esiste una tassazione? Cosa succede se un genitore regala soldi a un figlio?

L’atto di donazione di denaro in vita è molto frequente tra familiari. La donazione in denaro da padre in figlio infatti potrebbe dirsi quasi all’ordine del giorno. Chi non ha mai ricevuto una somma di denaro dai propri genitori? Tuttavia quando le somme donate diventano più significative ci si domanda se esistono delle imposte da pagare. La risposta è si, vi è un regime di tassazione anche per la donazione in denaro ai figli. Anche se in verità sono state fissate delle franchigie molto alte (1.000.000 di euro). Dunque nella realtà dei fatti sono davvero pochi coloro che devono versare imposte (sempre per quanto riguarda la donazione in denaro da padre in figlio).

Donazione in denaro tra fratelli

Anche per la donazione in denaro tra fratelli è previsto un regime di tassazione. In questo caso tuttavia l’ importo della franchigia (quindi della soglia di denaro oltre la quale è necessario versare l’imposta) è inferiore rispetto a quello previsto per gli atti di donazione padre-figlio. La franchigia per la donazione in denaro tra fratelli è pari a 100.000 euro , oltre i quali è obbligatorio pagare la tassa.

Donazione in denaro senza atto pubblico

L’atto di donazione per poter essere considerato valido da un punto di vista civilistico deve essere effettuato attraverso un atto pubblico, dunque in presenza di un notaio d’avanti a due testimoni. La donazione in denaro senza atto pubblico è possibile per le donazioni di modico valore. Tuttavia la legislazione non specifica qual è l’importo delle “somme modiche”. Ogni singolo caso quindi dovrà essere valutato da un giudice, che valuterà la somma in base alle condizioni economiche delle parti. (Se per esempio io dono 20.000 euro a mio figlio e tale somma rappresenta l’intero mio patrimonio, la cifra non è considerata modica e l’atto di donazione dovrà essere registrato con un atto pubblico.). L’atto pubblico, più che un obbligo fiscale, è un modo per assicurarsi da possibili reclami da terzi, le cosiddette impugnazioni, (in assenza di una registrazione pubblica infatti l’atto non ha valore civilistico ed in caso di impugnazione la somma ricevuta dovrà essere restituita).

Donazione in denaro, tassazione

Come già anticipato esiste un regime di tassazione anche per gli atti di donazione familiare. Lo stesso discorso vale nel momento in cui si dona una somma di denaro per permettere al proprio familiare di acquistare un immobile (donazione in denaro per acquisto casa). Scopriamo nel dettaglio quali sono le imposte da pagare per gli atti di donazione in denaro.

Donazione in denaro imposte

Come già vi abbiamo anticipato le aliquote previste per le imposte di donazione e l’ eventuali franchigie, variano in base al legame di parentela presente tra soggetto donante (“colui che dona”) e donatario (colui che riceve la somma di denaro).

Donazione in denaro tra figli coniugi e genitori: imposte

Per gli atti di donazione tra genitori e figli o coniugi la franchigia è pari a 1.000.000 di euro. Oltre questa cifra dovrà essere versata una somma pari al 4% del denaro ricevuto in dono.

Imposte di donazione in denaro tra fratelli e sorelle

Quando l’atto di donazione in denaro avviene tra fratelli e/o sorelle l’importo della franchigia è pari a 100.000 euro. Oltre questa cifra dovrà essere versata un’ imposta pari al 6% della somma ricevuta in dono.

Atto di donazione tra parenti fino al quarto grado

Nel momento in cui l’atto di donazione in denaro avviene tra parenti fino al quarto grado (nipoti, nonni, zii, e cugini) non sono previste franchigie. Le imposte dunque andrebbero versate sempre, a prescindere dall’ entità della somma di denaro ricevuta in dono. L’ aliquota della tassazione in questo caso è del 6%.

Donazione denaro tra privati: imposta di donazione

Per tutti i soggetti non vincolati da legami di parentela (o con un grado di parentela che va al di la del quarto grado) l’aliquota della tassazione per l’atto di donazione è pari all’ 8%. Anche in questo caso non è prevista alcuna franchigia.